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Unabhängigkeit

01.01.2001

Discorso di capodanno 2001

1 gennaio 2001 Care Concittadine Cari Concittadini È terminato il primo anno con la cifra iniziale 2. Prima che iniziasse l'ormai trascorso anno 2000, alcuni erano convinti che ci attendeva una difficile fase transitoria, quasi come se dovesse subentrare la fine del mondo. Altri, invece, hanno accolto quest'anno con un'enorme euforia. Ma non è accaduto niente di particolare! Ciò significa, in fondo, che il mondo non cambia secondo le nostre aspettative. Il che, probabilmente, è anche tranquillizzante. Se consideriamo l'anno trascorso, possiamo constatare con gratitudine che per la Svizzera si è trattato, globalmente, di un anno positivo dal lato economico. Abbiamo un livello d'occupazione che non raggiungevamo più da anni. E nell'ambito economico sono numerosi i miglioramenti perseguiti in Svizzera. Se la nostra posizione oggi è migliore di quella dei paesi confinanti, se abbiamo il più basso tasso di disoccupazione di tutti i paesi industrializzati, se si rileva un incremento del benessere del popolo, lo dobbiamo al fatto che la ricetta della Svizzera - ovvero l'indipendenza e il ricavare il meglio da ciò che si ha - si è comprovata. L'euforia cede il passo al disincanto Il risultato raggiunto è un invito a proseguire su questa via. Naturalmente si profilano nuovamente nuvoloni minacciosi all'orizzonte - anche all'orizzonte economico. Penso alle notizie negative dall'America. Ma anche a quelle dalla Svizzera e dall'Europa. Penso alle grandi fusioni degli ultimi anni, con il conseguente confronto con grandi sfide. Ora si delinea la fase del disincanto, concatenata a ristrutturazioni e a licenziamenti. Quando si esita troppo a lungo a reagire o dove - al solo scopo di raggiungere una certa grandezza - si forzano i tempi nel modo sbagliato, le cose riescono inevitabilmente male. Questo da adito a preoccupazioni. Anche in Svizzera. Per esempio quando giungono notizie su imprese quali Sulzer e Feldschlösschen. Si tratta di ditte che per troppo tempo non hanno intrapreso cambiamenti, con dolorose conseguenze! È però incoraggiante il fatto che quelle ditte che per anni hanno prestato un lavoro ineccepibile e serio, possono anche contare su un sicuro, continuativo sviluppo. Nemmeno i grandi possono far miracoli Considerando l'anno passato sul piano politico, nel corso delle elezioni americane si constata che anche i colossi non possono far miracoli! La modestia dovrebbe essere all'ordine del giorno, sia per i grandi sia per i piccoli! Se avete seguito le grandi, imponenti conferenze - nell'UE, a Nizza: al mattino si vedevano i volti assonnati dei ministri e, dopo le loro lotte durate intere giornate, non si riusciva a sapere niente: avevano deciso qualcosa o no? È successo qualcosa di bello o di brutto? Qual è infine il risultato dei dibattiti? - Il risultato era praticamente nullo. Un fatto frequente per strutture così mastodontiche. Se avete osservato ciò che è accaduto l'altr'anno in Austria, il piccolo paese dell'UE, avrete notato che i grandi stati erano dell'opinione di dover boicottare questo stato. - Anche se avrebbe dovuto essere un amico! Ciò dimostra, che è meglio rimanere attenti e fedeli a se stessi! Ci attendono importanti decisioni E questo dovrebbe anche essere il motto per l'anno appena iniziato! Nel 2001 sono previsti importanti progetti politici. Riguardano l'autonomia e l'indipendenza del nostro paese: ci sarà una votazione sull'UE. Qui, per noi svizzeri, è vantaggioso votare No. Dimostrate al Consiglio federale che la Svizzera deve rimanere anche in futuro un paese che lascia ai suoi cittadini la libertà di decidere autonomamente il loro destino. In un'ulteriore votazione dovremo decidere se i soldati svizzeri, l'esercito svizzero, debbano accedere a nuove zone di combattimento all'estero facendosi coinvolgere in conflitti di maggiori dimensioni, e se devono partecipare all'OTAN: Dobbiamo decidere quindi se un assetto che per 200 anni ci ha assicurato la pace - ovvero la costante neutralità armata - debba essere eliminato. Ci sarà anche una votazione sull'ONU politica, secondo la quale dovremmo assoggettarci alla volontà del consiglio di sicurezza. Dappertutto si fa appello al popolo. Il parlamento e il consiglio federale, purtroppo, hanno preso le decisioni sbagliate. Spetta ora al popolo prendere le redini in mano! Consolidare le istituzioni sociali Penso che nell'anno nuovo in Svizzera staremo bene, economicamente e con i posti di lavoro. Premesso che reagiamo conseguentemente. Gli esorbitanti aumenti di tasse, imposte e tributi stabiliti negli ultimi 10 anni a Berna, ma anche nei cantoni e in molti comuni, devono essere annullati. Ciò concederebbe maggior libertà a cittadini e cittadine. Molti si preoccupano - a ragione - in merito alla sicurezza della previdenza della vecchiaia, o in merito agli elevati premi delle casse malati. Per quanto riguarda l'AVS: è importante che i soldi vengano finalmente gestiti correttamente. Così i fondi basteranno per tutti. La riserva in oro della Banca Nazionale deve essere convogliata all'AVS. I soldi che sono stati previsti per l'AVS, devono anche esserle concessi. Non devono fluire nella cassa federale. Se l'AVS venisse finalmente gestita come si deve, possiamo preservare, senza nuovi tributi e oneri, la rendita AVS per tutti. Il segreto sta infatti nella gestione corretta dei mezzi disponibili! Per quanto riguarda i premi delle casse di malattia: il consiglio federale e il parlamento hanno promesso che se accettiamo la nuova legge sulle casse di malattia, sarebbero stati abbassati i premi. Ora la legge è in vigore, ma è accaduto il contrario: i premi continuano a salire costantemente. Questo deve essere corretto! Il catalogo delle prestazioni nella sanità non può continuare ad essere com'è. Dobbiamo ridimensionarlo per rendere possibile una correzione. Ciò significa però anche più responsabilità a proprio carico per ogni singolo. Lo stato ha il dovere di sostenere coloro che hanno veramente bisogno d'aiuto. È necessario accedere finalmente a questa via. Piano piano, si stanno svegliando tutti, anche i più reticenti. Care Cittadine e cari Cittadini Anche nell'anno a venire avete in pugno la possibilità di scegliere le opzioni giuste per le questioni decisive. Credo che se la Svizzera rimane sulla propria via, concentrandosi sull'essenziale e facendo dal mattino alla sera ciò che deve fare in modo giusto, supereremo bene il 2001. Dobbiamo contare sulle nostre forze e sui nostri lati forti. Noi svizzeri dobbiamo affrontare il futuro con fiducia in noi stessi. Su questa base abbiamo fatto buone esperienze finora. Auguro a tutti voi un buon anno - un buon 2001! Christoph Blocher, membro del Consiglio nazionale, UDC (SVP)

01.01.2001

Neujahrsansprache 2001

1. Januar 2001 Liebe Mitbürgerinnen und Mitbürger Das erste Jahr, das mit einer 2 beginnt, ist zu Ende. Bevor wir in das abgelaufene Jahr 2000 eingestiegen sind, glaubten die Einen, dies müsse ein besonderes schwieriger Übergang werden, die Welt würde beinahe untergehen. Die Anderen gingen dieses Jahr mit einer riesigen Euphorie an. Geschehen ist nichts Besonderes! Das heisst nichts anderes, als dass sich der Weltenlauf nicht nach unserer Gesinnung richtet. Das ist wahrscheinlich auch tröstlich. Wenn wir das vergangene Jahr betrachten, dürfen wir mit Dankbarkeit feststellen, dass es der Schweiz, gesamthaft gesehen, wirtschaftlich gut ging. Wir haben eine Vollbeschäftigung, wie wir sie in den letzten Jahren nie mehr hatten. Wirtschaftlich verbesserte sich vieles in der Schweiz. Wenn wir heute besser dastehen als die umliegenden Länder, wenn wir die niedrigste Arbeitslosigkeit aller Industrieländer haben, wenn sich der Volkswohlstand verbessert hat, so deshalb, weil sich das Rezept der Schweiz - auf eigenen Füssen zu stehen und aus dem, was wir haben, das Beste zu machen - bewährt hat. Euphorie weicht der Ernüchterung Das muss für uns heissen, auch so weiter zu gehen. Natürlich zeichnen sich wieder düstere Wolken ab - auch am wirtschaftlichen Himmel. Ich denke an die Hiobsbotschaften aus Amerika. Ich denke aber auch an jene aus der Schweiz und aus Europa. Denke an Firmen, die in den letzten Jahren fusioniert und sich mit grossen Plänen hervorgewagt haben. Jetzt zeichnet sich Ernüchterung ab: Restrukturierungen und Entlassungen sind angesagt. Wo allzu lange nichts gemacht oder auch zu früh etwas Falsches erzwungen wurde - nur um eine bestimmte Grösse zu erreichen - dort muss es schlecht heraus kommen. Das gibt Anlass zu Besorgnis. In der Schweiz zum Beispiel bei Nachrichten über Unternehmen wie Sulzer und Feldschlösschen. Das sind Firmen, die zu lange nichts unternommen haben. Das hat dann schmerzliche Korrekturen zur Folge! Es ist jedoch tröstlich, dass jene Firmen, die über Jahre hinweg eine gute und seriöse Arbeit geleistet haben, auch ein gesichertes Fortkommen aufweisen können. Auch die Grossen kochen nur mit Wasser Wenn ich das vergangene Jahr politisch betrachte, so wurde im Rahmen der amerikanischen Wahlen deutlich: Auch die ganz Grossen kochen nur mit Wasser! Bescheidenheit ist angezeigt, für die Grossen wie auch für die Kleinen! Wenn Sie die grossen, wuchtigen Konferenzen verfolgt haben - in der EU; in Nizza: Morgens sah man die verschlafenen Gesichter dieser Minister und wusste nach deren tagelangen Kämpfen schliesslich nicht: Haben Sie jetzt etwas beschlossen oder nicht? Ist es etwas Gutes oder etwas Schlechtes? Was ist eigentlich das Resultat dieser Debatten? - Es kam dabei praktisch nichts heraus. Das ist bei so grossen Strukturen häufig der Fall. Wenn Sie im vergangenen Jahr beobachtet haben, was in Österreich, dem kleinen Land in der EU, geschah. Man beobachtete, dass die grossen Staaten der Meinung waren, sie müssten diesen Staat boykottieren. - Obwohl es ja ein Freund sein sollte! Das zeigt, dass man besser wachsam und sich selber bleibt! Wichtige Entscheidungen stehen bevor Dies soll auch die Devise sein für das neue Jahr! 2001 stehen grosse politische Vorlagen an. Sie betreffen die Selbständigkeit und Unabhängigkeit unseres Landes: Es wird eine EU-Abstimmung geben. Hier ist es für uns Schweizer vorteilhaft, Nein zu stimmen. Zeigen Sie damit dem Bundesrat, dass es auch in Zukunft in der Schweiz so sein muss, dass wir unser Schicksal selber bestimmen können. In einer weiteren Abstimmung haben wir darüber zu befinden, ob die Schweizer Soldaten, die Schweizer Armee, in neue ausländische Kampfgebiete gehen und sich einbeziehen lassen soll in Grosskonflikte, und ob sie in der NATO mitmachen soll. Wir haben über die Frage zu befinden, ob etwas, das uns während 200 Jahren den Frieden gesichert hat - nämlich die dauernd bewaffnete Neutralität - nun preisgegeben werden soll. Es gibt auch eine Abstimmung über die politische UNO, bei der wir uns dem Willen des Sicherheitsrates unterstellen sollen. Überall ist das Schweizer Volk aufgerufen. Das Parlament und der Bundesrat haben leider falsch entschieden. Da kann nur das Volk selber das Heft in die Hand nehmen! Sozialwerke sichern Im neuen Jahr glaube ich, dass es uns in der Schweiz wirtschaftlich und mit den Arbeitsplätzen gut gehen wird. Sofern wir es richtig anpacken. Die exorbitanten Steuererhöhungen, Abgaben und Gebühren, die in den letzten 10 Jahren in Bern, aber auch in den Kantonen und in vielen Gemeinden beschlossen wurden, müssen rückgängig gemacht werden. Das gibt mehr Freiheit für die Bürger und Bürgerinnen. Viele Leute sind - zu Recht - beunruhigt über die Sicherung der Altersvorsorge, oder über die hohen Krankenkassenprämien. Zur AHV: Es ist wichtig, dass endlich das Geld richtig bewirtschaftet wird. Dann reicht es für alle. Die Goldreserve der Nationalbank muss in die AHV. Die Gelder, die für die AHV beschlossen wurden, müssen ihr auch zugeführt werden. Sie dürfen nicht in die Bundeskasse abfliessen. Wenn die AHV endlich gut bewirtschaftet wird, können wir ohne neue Abgaben und Gebühren die AHV-Rente für alle aufrechterhalten. Hier liegt das Geheimnis: In der richtigen Bewirtschaftung der Mittel! Zu den Krankenkassenprämien: Der Bundesrat und das Parlament haben versprochen, wenn wir das neue Krankenkassengesetz annehmen würden, so hätte dies eine Senkung der Prämien zur Folge. Jetzt, wo das Gesetz in Kraft ist, ist das Gegenteil der Fall: Die Prämien steigen ununterbrochen weiter. Das muss korrigiert werden! Der Leistungskatalog im Gesundheitswesen kann so nicht weitergeführt werden. Wenn dieser wieder auf das richtige Mass zurückgestutzt wird, ist eine Korrektur möglich. Dies bedeutet aber auch mehr Eigenverantwortung für den Einzelnen. Der Staat soll jene unterstützen, die wirklich Hilfe nötig haben. Dieser Weg muss endlich beschritten werden. Langsam, langsam erwacht auch der Letzte und Hinterste. Liebe Stimmbürgerinnen und Stimmbürger Sie haben nächstes Jahr wieder das Heft in der Hand, um in den Hauptfragen die Weichen richtig zu stellen. Ich glaube, wenn die Schweiz auf ihrem Weg bleibt, sich auf das Wesentliche konzentriert, und von morgens bis abends ihre Sache richtig macht, werden wir das Jahr 2001 gut überstehen. Wir müssen auf unsere Kräfte und unsere Stärken zählen. Wir Schweizer tun gut daran, wenn wir mit Selbstvertrauen in die Zukunft gehen. Damit sind wir gut gefahren. Ich wünsche Ihnen ein gutes neues Jahr - ein gutes 2001! Christoph Blocher, Nationalrat, SVP

30.12.2000

Der Geist weht, wo er will

Mein Beitrag für den Tages Anzeiger vom 30. Dezember 2000 Es ist erfreulich, dass Moritz Leuenberger als Bundespräsident des Jahres 2001 die SVP des Kantons Zürich anlässlich der 13. Albisgüetli-Tagung mit einer Ansprache beehrt. Als Freund der gepflegten Kultur wird er sich über einen hoch stehenden Anlass des offen und ehrlich ausgetragenen politischen Disputs freuen können. Angst vor Veränderungen Im Interview mit dem "Tages-Anzeiger" (27. Dezember) geht der künftige sozialdemokratische Bundespräsident der Frage nach, weshalb die Mitglieder der SVP so sehr Angst vor Veränderungen hätten. Die SVP - die Partei des Mittelstandes - vertritt selbstständig Erwerbende, Angestellte und Arbeiter, die ihr Brot im täglichen Konkurrenzkampf auf dem freien Markt verdienen. Sie haben Veränderungen bis jetzt gemeistert und werden es auch in Zukunft tun. Aber sie lehnen sinnlose Veränderungen - durch die Politiker aufgezwungen - ab. Viele dieser Regulierungen bedrohen ihre Lebensexistenz und komplizieren ihr Leben. Gerade die starken Veränderungen der Welt fordern, dass die Politiker endlich aufhören, altbekannte Verhaltensmuster weiterzuverfolgen. Deshalb lehnt die SVP die zunehmenden Regulierungen, höhere Steuern, Abgaben und Gebühren entschieden ab. Abwanderung von Wählern Der Verbund SP/FDP/CVP - die selbst ernannte so genannte "Koalition der Vernunft" - hat die Staatsquote in den letzten Jahren ausserordentlich in die Höhe getrieben und stets neue Belastungen für die Bürger durchgesetzt. Das zeugt davon, dass die alltäglichen Sorgen jenes Bevölkerungsteils, der nach wie vor für die Wertschöpfung im Staate sorgt und dadurch die Finanzierung des Sozialstaates ermöglicht, nicht ernst genommen werden. Es ist deshalb nicht verwunderlich, dass viele Bürgerinnen und Bürger den anderen Regierungsparteien untreu geworden sind und an der Urne die SVP wählen. Abwanderung von Wählern Leuenberger fragt sich, warum so viele ehemalige SP-Wähler darunter sind. Die Antwort ist relativ einfach: Die Arbeiter und Angestellten in der freien Wirtschaft sehen und spüren, wie es um Arbeitsplätze und Einkommen steht, wenn sich die SP fast nur noch um höhere Staatsangestellte, um die Staatswirtschaft (genannt Service public) sowie um eine möglichst hohe Staats- und Steuerquote kümmert. Stimme eines ehemaligen SP-Wählers So teilte mir kürzlich einer dieser früheren SP-Wähler brieflich mit, die SP sei "immer mehr zu einem Tummelplatz akademischer Salonsozialisten, arrivierter 68er und links-grüner Frauenrechtlerinnen verkommen. Statt sich um die vielfältigen Sorgen und Nöte ihrer schmal gewordenen Basis zu kümmern, macht sich die Parteiführung für EU-Mitgliedschaft, Uno-Beitritt, Ausländerstimmrecht und Mutterschaftsversicherung stark - alles Dinge, die den Arbeitnehmer heute nur am Rande interessieren. Das Schweizer Volk darf verlangen, dass seine Anliegen den Politikern in Bern wichtiger sind als das Lob ausländischer Staatschefs." Das politische Programm und die politischen Aktionen der SP mit utopischen Gesetzes-, Verbots- und Steuerforderungen, geprägt von Benzinpreiserhöhungen, Energieverteuerungen, höheren Lohnabzügen, Mehrwertsteuersteigerungen, mehr Staat und weniger Freiheit, vermögen auch die ehemaligen Anhänger nicht mehr hinter sich zu scharen. Wo steht der Geist? Trotzdem findet Bundespräsident Leuenberger, dass "der Geist immer noch links" stehe. Unter uns Pfarrerssöhnen dürfen wir uns wohl an die biblische Weisheit erinnern, wonach der Geist weht, wo er will. Kein Bundespräsident - nicht einmal ein sozialdemokratischer - kann letztlich darüber urteilen, bei wem der Geist ist und bei wem er fehlt. Im Vergleich zur SP steht die SVP rechts, d.h., sie tritt für mehr Freiheit des Bürgers ein und betont die Eigenverantwortung, belässt ihm aber auch Selbstbestimmung und nimmt ihm nicht den wesentlichen Teil seines Einkommens wieder weg, um es umzuverteilen. Wo steht der Geist? "Linke" Politik - die Betonung des Kollektivs, die staatliche Planung der wirtschaftlichen und persönlichen Lebensumstände, die starke Regelungskompetenz des Staates - lehnt die SVP hingegen als lebensfremd und erfolglos ab. Was soll nach all den Erfahrungen mit dem Sozialismus denn bei den Linken so geistvoll sein? Dort, wo in der Vergangenheit die angeblich so "geistvollen" linken Rezepte in Politik und Wirtschaft in die Realität umgesetzt wurden, waren die Resultate für die betroffenen Menschen jedenfalls weder geistnoch wohlstandsfördernd. Demokratie und Freiheit Vielleicht stehen wir uns aber näher, wenn Leuenberger Demokratie, Menschenrechte, Solidarität und Freiheit beschwört. Eigenartigerweise bezeichnet er diese Güter kurzerhand als "linke Grundsätze". So beschwört die Linke einerseits die Demokratie, fordert aber gleichzeitig den EU-Beitritt, der nicht nur die Wohlfahrt, sondern gerade auch die Demokratie für die Bürgerinnen und Bürger massiv einschränken würde. Menschenrechte ohne Privateigentum und weitestgehenden Schutz vor der staatlichen Allmacht sind undenkbar. Echte Solidarität besteht für die SVP darin, mit eigenen Mitteln freiwillig für Not Leidende hinzustehen. Die SP versteht darunter staatlichen Zwang zur Umverteilung. Wer Solidarität mit dem Geld anderer Leute betreibt, hat kein Recht, sich zu rühmen. Zur Freiheit: Die Linke hat den Massen eine Freiheit von Not versprochen, indem sie die wirtschaftlichen Unterschiede zwischen den Menschen beseitigen wollte. Das führt zur zentral gelenkten Einkommensverteilung, ja die gesamte Wirtschaftstätigkeit funktioniert nur, wenn der Staat sämtliche Bedürfnisse der Menschen bewertet, lenkt und befriedigt - dies ist der sicherste Weg zur Vernichtung der Freiheit! Wundert es da jemanden, dass immer mehr Bürgerinnen und Bürger genug davon haben?

22.08.2000

Nicht das Gescheiteste

Christoph Blocher bedauert das Ja der SVP zur 18-Prozent-Initiative. Er selbst wird Nein stimmen. Interview mit dem Tages-Anzeiger vom 22. August 2000 Autor: Mit Christoph Blocher sprach Iwan Städler Herr Blocher, haben Sie mit dem Ja der SVP-Delegierten zur 18-Prozent-Initiative gerechnet? Blocher: Ich musste damit rechnen, erwartete aber eine Nein-Parole. Die Vorlage war ja bereits in der Bundeshausfraktion umstritten. Wir verlangten damals einen Gegenvorschlag, der im Parlament abgeschmettert wurde. Der Entscheid der Delegierten ist ein Aufbegehren gegen die verfehlte Ausländerpolitik des Parlaments und des Bundesrats. Wie erklären Sie sich, dass Ihre Zürcher SVP mit der Nein-Parole für einmal regierungsfreundlicher ist als die Schweizer SVP mit der Ja-Parole? Blocher: In Zürich sind wir programmatisch weiter. Wir haben die Frage einer Ausländerquote schon vor Jahren ausgiebig diskutiert und sie in unserem Kantonalprogramm verworfen. In Genf sprachen aber Ulrich Schlüer und Hans Fehr für eine solche Quote. Sie, Herr Blocher, fehlten in Genf. Warum? Blocher: Ich war an der Generalversammlung unserer börsenkotierten Firma. Dieser Termin muss schon ein Jahr im Voraus festgelegt werden. Ich bedaure diese Terminkollision. Die Parteileitung hat ihre Basis offensichtlich nicht mehr im Griff. Blocher: Nur Diktatoren haben "die Basis im Griff". Wenn die Delegiertenversammlung immer der Parteispitze folgen würde, müsste man die Versammlung gar nicht mehr durchführen. Bei der SVP bestimmt aber die Basis. Da werden die Parolen nicht von oben her konstruiert wie bei den anderen Parteien. Nun hat die Basis etwas beschlossen, das meines Erachtens nicht das Gescheiteste ist. Werden Sie die Geister nicht mehr los, die Sie gerufen haben? Blocher: Wie kommen Sie denn darauf? Das Messerstecher-Inserat, das Plakat mit dem Ausländer, der eine Schweizer Fahne zerreisst… Blocher: Ich habe diesen saudummen Kommentar im "Tages-Anzeiger" gelesen. Das Messerstecher-Inserat hatte nichts mit Ausländern zu tun, sondern mit Kriminellen schlechthin. Auch das Plakat gegen Asylmissbrauch zeigt einen Verbrecher - das sieht jeder. Wollen Sie bestreiten, dass Ihre Politik bei der Basis eine Ausländerfeindlichkeit geschürt hat, die nun bei Fragen wie der 18-Prozent-Initiative unangenehm wird? Blocher: Nicht jeder, der für diese Initiative stimmt, ist ein Ausländerfeind. Sonst wäre auch der Bundesrat und das Parlament ausländerfeindlich, wenn sie die Zuwanderung aus Nicht-EU-Staaten begrenzen. Ich kenne kein Land, das die Einwanderung nicht begrenzt. Warum sind Sie gegen die 18-Prozent-Initiative? Blocher: Die Hauptprobleme sind die illegale Einwanderung und der Asylrechtsmissbrauch. Beides wird durch eine Quote nicht gelöst. Mit dieser Initiative würden ja die illegal Eingewanderten bleiben, neue legal Einreisende dürften aber nicht kommen. Das scheint mir eine komische Ausländerpolitik zu sein. Würde die Annahme der Initiative der Schweiz schaden? Blocher: Das kommt auf die Umsetzung an. Für die Wirtschaft wäre sie wohl nicht eben förderlich. Glauben Sie, dass die SVP mit ihrer Ja-Parole bei der Wirtschaft an Rückhalt verlieren wird? Blocher: Dieser Entscheid hat ihn sicher nicht gefestigt. Dennoch ist die SVP klar die wirtschaftsfreundlichste Partei. Sie hat sich stets gegen neue Steuern gewehrt. Befürchten Sie, dass die Wirtschaft der SVP jetzt weniger Spendengelder zukommen lässt? Blocher: Wenn dies der Fall wäre, würden die übrigen Parteien schon lange nichts mehr erhalten. Werden Sie selbst die 18-Prozent-Initiative ablehnen? Blocher: Selbstverständlich werde ich Nein stimmen. Werden Sie auch für ein Nein kämpfen? Blocher: Nicht an vorderster Front. Ich muss mich auf jene Vorlagen konzentrieren, wo ich alleine kämpfe. Bei der 18-Prozent-Initiative gibt es genügend andere Parlamentarier, die dagegen sind. Ich werde die Energieabgaben bekämpfen. Die sind für die Wirtschaft weit schädlicher.

14.07.2000

«Herr Cavalli, ich möchte Sie bitten, sauber zu denken»

Streitgespräch mit Nationalrat Franco Cavalli im Tages Anzeiger vom 14. Juli 2000 Ein Streitgespräch zwischen dem Zürcher SVP-Nationalrat Christoph Blocher und dem Tessiner SP-Fraktionschef Franco Cavalli zu Faschismus und Sozialismus - und zur Frage, ob die Sozialdemokraten immer noch darauf hinarbeiten, den Kapitalismus zu überwinden. Autor: Das Gespräch führten Jean-Martin Büttner und Markus Somm Franco Cavalli, Ihre Partei wird von Christoph Blocher heftig kritisiert. In seiner Streitschrift "Freiheit statt Sozialismus" wiederholt er seine Faschismusvorwürfe an die SP. Und in der Sommersession, nach den Bundesrichterwahlen, hat er Ihre öffentlichen Kommentare zu zwei SVP-Kandidaten sehr scharf verurteilt. Nehmen Sie solche Anwürfe politisch oder persönlich? Franco Cavalli: Ich behaupte von mir, tolerant zu sein und die Diskussion nicht zu personalisieren. Es passiert sehr selten, dass ich mich persönlich getroffen fühle. Aber als Herr Blocher und SVP-Fraktionschef Walter Frey mich in der Bundesversammlung so angegriffen haben, habe ich mich persönlich getroffen gefühlt in einer Weise, die ich nicht akzeptieren kann. Christoph Blocher, Ihre Kritik war tatsächlich heftig, auch Herrn Cavalli gegenüber. Geht es Ihnen um Politik, oder spielt Persönliches mit hinein? Christoph Blocher: Politik hat immer auch mit Personen zu tun. Sie ist nicht nur Sache des Verstandes, sondern auch der Emotionen, das ist auch gar nicht schlimm. Das Vorgehen von Herrn Cavalli bei der Bundesrichterwahl erfüllte mich mit Wut, das sage ich offen. Und ich habe das Vorgehen als absolutistisch verurteilt, typisch für die politische Geisteshaltung der SP. Aber warum denn diese Verletztheit? Was teilte denn die SP alles aus, beispielsweise auf die Wahlen hin und vor der Bundesratswahl? Aber das darf auch sein. Doch selbst wenn ich wütend war auf Herrn Cavalli, auch wenn ich seine politische Grundhaltung verurteile, ist er für mich kein Feind. Immerhin haben Sie ihn uns gegenüber als Stalinisten bezeichnet. Blocher: Jawohl, Franco Cavalli ist Marxist, und Stalin hat den Marxismus vollzogen; Karl Marx hat dazu die philosophische Grundlage geliefert. Es musste zur Katastrophe kommen, denn das Kennzeichen des Marxismus ist, das Kollektive über das Individuum zu stellen. Die Reaktionen von Herrn Cavalli auf meine Streitschrift, seine angedrohte Strafklage, der Gesprächsboykott seiner Partei, die Aufforderung zur kollektiven Entschuldigung, die Diffamierungskampagne gegen unseren Bundesgerichtskandidaten, den er im Zusammenhang mit dem Grossvater seiner Frau in Sippenhaft nahm - das alles halte ich für ein stalinistisches Vorgehen. Herr Cavalli nimmt für sich in Anspruch, tolerant zu sein, aber gerade das ist er nicht. Toleranz gilt nicht nur der eigenen Meinung gegenüber. Cavalli: Ich halte Sippenhaft für abscheulich und weise den Vorwurf in aller Form zurück. Ich habe nie gegen die Bundesgerichtskandidaten der SVP intrigiert. Was den Marxismus betrifft, so habe ich mich nie als Marxisten bezeichnet. Es gibt einige grosse Denker, die meinen intellektuellen Werdegang beeinflusst haben, darunter Marx, Darwin oder Freud. Marx hat Prozesse beschrieben, die heute Allgemeingut sind, sogar in den Reden von Christoph Blocher. Wenn dieser zum Beispiel seinen Gegnern vorwirft, nur ihre Interessen zu vertreten, dann nimmt er eine marxistische Erkenntnis auf. Marx war der Erste, der sagte, die Politik sei nichts anderes als ein Kampf gegensätzlicher Interessen. Also anerkenne ich Marxens Einfluss. Aber ich war nie Mitglied einer kommunistischen Partei, und hätte ich in der Sowjetunion unter Stalin leben müssen, wäre ich mit meinem frechen Mundwerk höchstwahrscheinlich in einen Gulag gesteckt worden. Blochers intellektueller Fehler liegt in seiner Behauptung, Stalin habe nur ausgeführt, was Marx gefordert hatte. Doch Marx dachte libertär und sagte, letzten Endes müssen wir den Staat abschaffen. Für mich stellt der Stalinismus, kurz gesagt, eine autoritäre und diktatorische Entartung des sozialistischen Gedankens dar, genauso wie der Faschismus eine totalitäre und diktatorische Entartung des Kapitalismus ist. Von diesen Zusammenhängen müsste man ausgehen, und von diesen Zusammenhängen schweigt Christoph Blochers Schrift. Blocher: Sicher wäre es eine Unterschiebung zu behaupten, Karl Marx habe das erreichen wollen, was Stalin später angerichtet hat. Aber die Philosophie des Marxismus hat dorthin geführt. Genauso wie der Nationalsozialismus von seiner Lehre her zum Absolutismus führen muss, das ist gar nicht anders möglich. Dasselbe gilt auch für den Sozialismus, jedenfalls wenn er absolut in die Praxis umgesetzt wird. Der Liberalismus dagegen lehnt das Absolute ab - und zwar aus Prinzip, auch das Verabsolutieren des Richtigen. Dass Menschen ihre eigenen Interessen vertreten, war schon immer so, dazu brauche ich nicht Marx zu lesen, das ist nicht das Entscheidende an seiner Lehre. Sein Ziel war ganz klar die Überwindung des Kapitalismus, also die Abschaffung der freien Marktwirtschaft und des Privateigentums. Das wollte er überwunden haben, und interessanterweise steht dieser Satz im heute noch gültigen Parteiprogramm der schweizerischen Sozialdemokraten von 1982. Und auch wenn sie ihn nicht besonders ernst nehmen mögen, halte ich fest: Die SP hat bis heute nicht die Kraft gehabt, diesen Satz aus ihrem Parteiprogramm zu streichen; moderne sozialdemokratische Parteien in anderen Ländern haben sich davon distanziert. Cavalli: Typisch, wie Sie mit verschiedenen Begriffen um sich werfen, ohne Sie richtig zu definieren; so wird das Ganze völlig irrational. Zunächst: Marx hat vor allem eine wissenschaftliche Methodologie entwickelt, wie man die kapitalistische Gesellschaft untersucht. Er hat diese Untersuchung geführt und dabei verschiedene Gesetzmässigkeiten dieser Gesellschaft beschrieben. So unter anderem die Entwicklung von der Sklaverei über die Feudalgesellschaft zur kapitalistischen Gesellschaft hin zu einer sozialistischen Gesellschaft. Aber was für eine? Es ist fast lächerlich, wie zerstritten die sozialistischen Bewegungen immer gewesen sind. Es gibt keine absolute Lehre, ganz im Gegensatz zum Faschismus. Die skandinavische Sozialdemokratie hat ein ganz anderes Gesellschaftsmodell aufgebaut als der sowjetische Stalinismus; und auch sie beruft sich auf Marx. Herr Cavalli, will die SP Schweiz nun den Kapitalismus überwinden oder nicht? Cavalli: Das Wesen des Kapitalismus ist die stetige Vermehrung des Kapitals; Privateigentum und Marktwirtschaft hat es schon vorher gegeben. Wie viel Marktwirtschaft möglich ist in einer Gesellschaft, in der das Kapital nicht mehr vorherrschend ist, wird von Sozialisten seit jeher diskutiert. So gesehen spielt dieser Satz für uns derzeit keine Rolle. Blocher: Warum streichen Sie ihn dann nicht? Cavalli: Weil die Mehrheit der SP-Mitglieder diesen Satz immer noch als utopische Vision des Sozialismus empfindet - genau wie die Christen an den Himmel glauben. Was der amerikanische Politikwissenschaftler Francis Fukuyama behauptet hat, dass nämlich der Kapitalismus die letzte gesellschaftliche Entwicklung darstelle, ist pure ideologische Verblendung. Ich denke, dass sich noch andere Gesellschaftsmodelle entwickeln werden, warum nicht ein genossenschaftlicher Sozialismus? So gesehen stört mich dieser Satz nicht; er hat auch keinen Einfluss auf unsere jetzige Politik. Blocher: Herr Cavalli, Sie versuchen sich herauszureden. Sie haben erklärt, dass die Mehrheit in Ihrer Partei nach wie vor von der Überwindung des Kapitalismus träumt. Damit wollen Sie letztlich die Aufhebung von Privateigentum und Marktwirtschaft. Darum haben die sozialistischen Länder, und nicht nur die stalinistischen, das Privateigentum aufgehoben und verstaatlicht. Und auch die Schweizer Sozialdemokraten haben für dieses Vorgehen grosse Bewunderung gehabt. Man darf jetzt nicht so tun, als sei das irgendeine Nebensächlichkeit. Dass die Planwirtschaft als Alternative zur Marktwirtschaft nicht funktioniert hat, ist wahrscheinlich auch der Grund, weshalb die meisten westlichen Sozialdemokratien davon Abschied genommen und erkannt haben: Es kann nicht unser Ziel sein, den Kapitalismus zu überwinden. Denn erst der Liberalismus garantiert das individuelle Recht auf Privateigentum sowie die Handels- und Gewerbefreiheit für alle. Cavalli: Ein extremer Neoliberalismus, wie ihn Herr Blocher verteidigt, ist fast nur in einer Diktatur wie in Chile durchsetzbar. Und dass der erste grosse Versuch, schnell und radikal den Kapitalismus zu überwinden, in Russland gescheitert ist, hat mit der extremen Rückständigkeit dieses riesigen Landes zu tun, ein Land, das die Demokratie nie gekannt hatte und bis heute nicht kennt, ein Agrarland fast ohne Industrie, ohne Erfahrungen mit Kapitalismus und Liberalismus. Schon Marx hat anerkannt, dass der Kapitalismus im Vergleich zum Feudalismus einen riesigen Fortschritt darstellte. Nur hören wir nicht auf zu glauben, dass noch etwas Besseres kommt. Blocher: Herr Cavalli, ich möchte Sie bitten, sauber zu denken. Erstens wurde an Ihrem Parteitag für diesen Programmpunkt gekämpft, der Satz war keine Nebensache. Zweitens bleibt die Überwindung des Kapitalismus Ihr Ziel, weil viele SP-Mitglieder gar nicht auf dieses Ziel verzichten wollen. Und das werfe ich Ihnen vor; denn die Verwirklichung führt zum Absolutismus und zur Armut. Beides beweist die Geschichte. Immerhin kann man bei Marx nachlesen, dass diese Überwindung nur möglich sei, wenn eine Mehrheit diese auch wolle. Blocher: Selbst wenn die Mehrheit das demokratisch bestimmen würde, ist das absolutistisch. Wenn Sie kein Privateigentum zulassen und keine Marktwirtschaft, dann steht das Kollektiv dermassen im Mittelpunkt, dass der Einzelne missachtet wird. Es ist mein Anliegen, das auszudrücken, weil Sie, Herr Cavalli, das nicht wahrhaben wollen. Im Grunde sprechen Sie der SP rundweg ab, eine demokratisch gesinnte Partei zu sein. Blocher: Nein, aber ich stelle fest: Die SP grundsätzlich zu kritisieren, wie ich das in meiner Schrift getan habe, kommt offenbar einer Gotteslästerung gleich: Links ist so gut, dass man es auch absolutistisch durchsetzen darf. Cavalli: Die sozialdemokratische Idee ist es gerade, eine Politik im Interesse der Mehrheit zu machen. Weil wir behaupten, dass der Kapitalismus in seinen extremen Formen nur dem Interesse einer kleinen Minderheit dient und alle anderen weltweit verarmen lässt. Wir wollen auch nicht, dass - wie heute - die 380 reichsten Männer der Welt, zu denen auch Herr Blocher gehört, genauso viel haben wie die Hälfte der übrigen Menschheit. Das finden wir nicht zulässig. Das heisst doch nicht, dass wir den Leuten das Haus wegnehmen wollen oder das Auto. Blocher: Mit Ihrer Steuerpolitik tun Sie es weitgehend. Cavalli: Lassen Sie mich ausreden. Wir sind weder für noch gegen das Privateigentum und die Marktwirtschaft. Wir sagen nur: Wenn wir eine Gesellschaft wollen, in der so viele Menschen wie möglich die gleichen Chancen haben sollen, dann gibt es gesellschaftliche Bereiche, in denen der Markt sehr gut funktioniert. Und eben andere, wo er überhaupt nichts taugt - etwa im Gesundheitswesen, aber auch in der Bildungspolitik. Also muss die Frage lauten: Welches Modell funktioniert am besten im Interesse der Mehrheit der Bevölkerung? Und noch etwas zum Privateigentum: Sie behaupten immer, sowohl die Sozialisten wie die Nationalsozialisten hätten das Privateigentum verstaatlicht. Der Faschismus hat das Privateigentum nie beschränken wollen. Er hat der Grossindustrie vielmehr Sklaven zur Verfügung gestellt. Er hat alles getan im Interesse der Privatwirtschaft. Blocher: Der Faschismus hat das Privateigentum nicht respektiert. Cavalli: Ach was! Blocher: Warten Sie. Das Privateigentum ist ein Schutz des Einzelnen vor der Enteignung durch den Staat. Der Faschismus hat ganzen Bevölkerungsgruppen, etwa den Juden oder den Regimegegnern, das Eigentum weggenommen. In keinem Programm der NSDAP wird das Privateigentum in Frage gestellt, im Gegenteil. Und dass die Juden enteignet wurden, hat nichts mit Sozialismus und alles mit Antisemitismus zu tun. Blocher: Tatsache ist, dass die Nationalsozialisten das Privateigentum nicht für alle geschützt und garantiert haben. Und der Sozialismus hat das Eigentum allen weggenommen. Was jetzt schlimmer ist, lassen wir beiseite. Ausserdem haben beide Systeme Meinungsäusserungsfreiheit und Gedankenfreiheit unterdrückt. Und sie haben unvorstellbar gemordet. Auch darüber gibt es nichts zu diskutieren. Die geistigen Wurzeln beider Systeme führen zum Absolutismus; darum geht es mir. Der Nationalsozialismus ist zum Glück diskreditiert bis zum Letzten; aber der Sozialismus bleibt hoch im Kurs. Cavalli: Faschismus und Sozialismus lassen sich ganz einfach auseinander halten: Der Faschismus zeichnet sich dadurch aus, dass eine kleine herrschende Schicht mit Gewalt ihre Macht verteidigt. In allen Ländern, die faschistisch geworden sind, in Deutschland, Italien, Spanien, gelang dies nur, wenn die wirtschaftlich führenden Kreise, kurz: das Grosskapital, das gewollt haben. Darum stellte der Faschismus das Privateigentum eben gerade nicht in Frage.Das hätten diese Kreise nie und nimmer akzeptiert. Wahr ist aber auch, dass die SP sich offiziell sehr zurückhaltend über die kommunistischen Regimes im Osten äusserte. Die Dissidenten dieser Länder wurden konsequent ignoriert. Cavalli: Im Rückblick ist diese Kritik sicher berechtigt. Aber man muss auch verstehen, in welchem Kontext es zu diesen braven Verlautbarungen kam: Es herrschte der Kalte Krieg, man befürchtete die atomare Katastrophe. Daher war uns jedes Mittel recht, etwas zur Entspannung beizutragen. Und ich denke, das war auch völlig richtig, man musste die Verständigung fördern. Blocher: Es geht hier nicht um Verständigung, sondern um die Bewunderung für diese Unrechtsregimes. Sie rechtfertigen alles. Cavalli: Überhaupt nicht. Ich will es bloss erklären. Zum zweiten Punkt: Es gab zweierlei Dissidenten. Die einen waren gute Demokraten, andere aber - das sehen wir jetzt, gerade im Osten - waren schlicht Nationalisten, Reaktionäre, die den Zar zurückholen wollten. Es war damals nicht so einfach, die Lage richtig einzuschätzen. Ähnliches gilt übrigens selbst für die Sowjetunion. Zum Beispiel die Befreiungskriege in der Dritten Welt: Ohne die Unterstützung der UdSSR hätten viele antikoloniale Bewegungen doch keine Chance bekommen, und viele Völker hätten sich nie emanzipiert. Blocher: Die Sowjetunion unterstützte sie aus reinen Machtinteressen. Cavalli: Selbstverständlich. Dennoch kann man das Ergebnis dieser Politik nicht einfach leugnen. Oft geschah dies unter entsetzlichen Umständen. Warum sagt die Linke nicht: Wir haben die kommunistische Unterdrückung nicht sehen wollen, und das war ein grosser Fehler? Cavalli: Ich möchte nur daran erinnern, warum so viele Linke, aber auch fortschrittliche Bürgerliche, Staatsmänner wie Roosevelt und andere, gerade die Sowjetunion zunächst ganz anders betrachtet haben. Selbst unter Stalin: Als dieser Diktator es in den Zwanzigerjahren fertig brachte, sein Land, ein rückständiges armes Land, innert fünfzehn Jahren zu industrialisieren, waren sehr viele Menschen im Westen tief beeindruckt. Von den Massenmorden wussten sie nichts. Das erinnert fatal an die Aussage, Hitler habe immerhin gute Autobahnen gebaut. Cavalli: Nein, es geht nicht um Autobahnen, sondern um die Geschichte. Und die Geschichte hat eben gezeigt, dass jede Industrialisierung Opfer gefordert hat, auch im England des 18. und 19. Jahrhunderts. Blocher: Es ist unerträglich, wie Sie die kommunistischen Gräueltaten verherrlichen. Cavalli: Unsinn. Ich verherrliche überhaupt nichts. Ich versuche bloss zu erklären, warum die Linke auf einem Auge blind war. Und wie gesagt: nicht allein die Linke. Aber wenn ein Bürgerlicher heute die neoliberalen Reformen unter Pinochet in Chile lobt, hielten Sie dies für ebenso unerträglich. Cavalli: Auch hier würde ich Ethik und Geschichte unterscheiden. Ich habe linke Freunde, die bei der Weltbank arbeiten. Die sagen mir: Pinochet war ein Metzger, keine Frage. Aber er hat, verdammt noch mal, wirtschaftlich etwas zu Stande gebracht. Und Chile ist diesbezüglich weiter als manch anderes lateinamerikanische Land. Herr Blocher, wir schreiben das Jahr 2000. Was haben Stalin, Mussolini und Hitler mit der aktuellen politischen Debatte zu tun? Blocher: Sehr viel. Meine Schrift ist eine Auseinandersetzung mit dem Sozialismus. Äusserer Anlass waren die dauernden Vorwürfe der SP, die SVP habe irgendetwas mit faschistischen Strömungen gemein. Der Grund der Schrift ist aber ein anderer: Ich möchte die Grundfrage stellen: ob unser Staat sozialistisch oder freiheitlich sein soll. Ich könnte auch liberal sagen, aber dieser Begriff ist so abgedroschen: Alle sind liberal, die SP, die Berner SVP und so weiter. Wie Franco Cavalli wurde ich politisch in den Sechzigerjahren an der Uni geprägt: Sie waren auf der damals vorherrschenden sozialistischen Seite, ich auf der freiheitlichen. Wir sind alle 68er. Während Sie Marx lasen, stützte ich mich auf die grossen Liberalen wie Ludwig von Mises, Röpke oder Hayek. Kurz, es waren grundsätzliche Haltungen, die wir uns aneigneten. Heute werden solche Grundsatzfragen in allen Parteien kaum mehr diskutiert, und daher übersieht man, wie die Grundfrage nach der persönlichen Freiheit in der Realität grundsatzlos entschieden wird. Zum Beispiel bezeichnet man das, was man dem Bürger als Einkommen belässt, als Steuergeschenk. Offensichtlich sind wir bereits so weit, dass man davon ausgeht, dass alles zuerst dem Staat gehört. Das Gegenteil ist der Fall: Alles, was der Bürger erarbeitet, gehört zunächst ihm. Cavalli: Das ist doch Wortklauberei. So wie Sie behaupten, die Nazis seien Sozialisten, weil sie sich Nationalsozialisten nannten. Wie viele Volksparteien, die sich so bezeichnen, haben mit dem Volk zu tun? Blocher: Es ist doch interessant, wie sich der Sprachgebrauch entwickelt. Das sind schleichende Tendenzen. So hat vor kurzem ein freisinniger Nationalrat, Marc F. Suter, gar vorgeschlagen, der Staat müsse entscheiden, ob ein Argument, das in einer Abstimmungskampagne vorgebracht wird, wahr oder falsch ist. Der Staat bestimmt die Wahrheit einer Meinung. Dabei sind die Menschen nicht böse, die das fordern. Cavalli: Danke. Blocher: Aber es ist verwerflich. Es verrät eine Denkweise, gegen die ich einschreiten muss. Ed zeigt, dass Sie den Menschen nichts zutrauen; Sie pflegen ein pessimistisches Menschenbild. Für einen Liberalen ist es unerträglich, wenn der Staat bestimmen soll, welche Meinung wahr ist und welche nicht. Cavalli: Aber in gewissen Fragen kann für Sie der Staat nicht genug einschreiten und verbieten: In der Abtreibung zum Beispiel, in der aktiven Sterbehilfe, bei den Drogen: Da rufen gerade Sie lauthals nach dem Staat. Im Grunde sind Sie es, auch wenn Sie das Gegenteil behaupten, der ein pessimistisches Menschenbild hat. Sie glauben nicht an das Gute im Menschen. Blocher: Lassen Sie mich das begründen: Nach meinem Staatsverständnis muss der Staat Leben schützen. Wenn er dies nicht tut, schlägt der Stärkere den Schwächeren zu Tode - willkürlich. Als schützenswertes Leben gilt für mich auch das ungeborene. Daraus erkennen Sie auch, dass ich nicht einen unbegrenzten Liberalismus befürworte: Ich bin kein Anarchist. Aber die Sozialisten sind die Pessimisten, weil Sie mit ihrer Ideologie den Menschen von der Wiege bis zur Bahre betreuen, schützen und bevormunden wollen. Cavalli: Kein Sozialdemokrat sagt so etwas. Blocher: Aber sie tun es. Alles, oder fast alles muss nach Ihrer Auffassung geregelt werden, weil die Menschen es sonst nicht selber schaffen. Cavalli: Ich möchte auf diese Vorwürfe gar nicht weiter eingehen. Sondern bloss festhalten: Herrn Blocher geht es in erster Linie darum, eine gewissermassen irrationale Stimmung in der Öffentlichkeit herzustellen. Auch seine Schrift dient diesem Zweck: Die Bürger wissen bald nicht mehr, was wahr oder falsch ist - können nicht mehr rational entscheiden. Alle wissen zum Beispiel, dass die Sozialdemokraten in ihrer überwiegenden Mehrheit antifaschistisch eingestellt waren. Darüber besteht weder in der historischen Forschung noch in der Öffentlichkeit ein Zweifel. Blocher stellt diese Tatsache einfach auf den Kopf und behauptet das Gegenteil. Das verwirrt die Menschen, und darum geht es ihm. Herr Blocher, Sie kritisieren vergangene SP-Kontakte mit kommunistischen Regimes. Gleichzeitig machen Sie heute Geschäfte mit China - und helfen mit, ein kommunistisches Regime zu stabilisieren, ein Regime, das systematisch die Menschenrechte verletzt. Blocher: Ich kritisiere nicht vergangene SP-Kontakte, sondern die Bewunderung der kommunistischen Regimes. Ich gebe mich nicht der Illusion hin, allein mit guten Menschen oder anständigen Ländern Geschäfte zu machen. Dies bedeutet aber nicht, dass ich die dortigen Verhältnisse bewundere. Ich lehne kommunistische Systeme ab. Aber wegen Kontakten verurteile ich niemanden. Unterstütze ich mit meinen Geschäften das chinesische Regime? Die gleiche Diskussion führten wir früher in Bezug auf den Osthandel. Soll man mit dem Ostblock wirtschaftliche Beziehungen pflegen oder nicht? Ich war auch damals der Meinung, man sollte dies tun. Denn die Erfahrung zeigt, dass der freie Handel absolutistische Regimes meist untergräbt. Handel führt immer zu Beziehungen - und man kann diese nicht in wirtschaftliche oder politische oder kulturelle aufspalten. Beziehungen sind Beziehungen - man macht ein Geschäft, und bald redet man auch über Menschenrechte und über Politik. Dem widerspricht zum Beispiel Amnesty International: Bis heute hat sich die Menschenrechtssituation in China in keiner Weise gebessert - trotz der Tatsache, dass es seit 1983 westlichen Handel und westliche Fabriken zulässt, die dann die Arbeiter zu oft härtesten Bedingungen schuften lassen. Blocher: Ich selbst erlebe in China das genaue Gegenteil. Doch ich halte es ohnehin nicht für meine Aufgabe, in China andere Verhältnisse herzustellen - übrigens auch in Amerika. Mir gefällt die Todesstrafe in den USA auch nicht. Trotzdem mache ich in Amerika Geschäfte. Können Sie diese Position nachvollziehen, Herr Cavalli? Cavalli: In der Tat ist der Fall China gar nicht so einfach. Je rückständiger ein Land ist, desto grösser ist die Wahrscheinlichkeit, dass es autoritär oder undemokratisch regiert wird - das zeigt die historische Erfahrung. So gesehen ist es zu begrüssen, wenn sich China wirtschaftlich - auch mit Hilfe des Westens - entwickelt. Das schafft immerhin die Möglichkeit, dass sich einmal demokratischere Verhältnisse einstellen. Doch dies ist keine zwingende Folge - wohlverstanden. Einen anderen Fall stellte Südafrika dar: Hier war offensichtlich, dass jede wirtschaftliche Entwicklung bloss das Apartheid-Regime stabilisiert. Daher waren wir für den Boykott. Blocher: Das ist nicht wahr. Die multinationalen Unternehmen haben sehr viel dazu beigetragen, dass die Apartheid überwunden wurde. Gute Politiker sind zu Selbstkritik bereit. Was bedauern Sie im Nachhinein? Was haben Sie in der Debatte der vergangenen Monate falsch gemacht? Blocher: Ich sehe nicht ein, warum öffentlicher Streit ein Unglück sein soll. Im Gegenteil, Konflikte werden zu selten ausgetragen, zu oft und zu früh beigelegt. Mir ging es darum, eine meiner Meinung nach verhängnisvolle Entwicklung zum Thema zu machen: Die schleichende Versozialisierung unserer Gesellschaft. Dies ist mir nur teilweise gelungen. Ich müsste das Thema in Zukunft noch viel stärker lancieren, noch breiter streuen. Das als Kritik an meinem Vorgehen. Cavalli: Selbstkritik? Nur zum Teil. Ich glaube, es war völlig richtig, dass sich unsere Partei gewehrt hat. Denn viele Leute schienen bald zu glauben, was Blocher behauptet. Seine Vorwürfe, seine Vergleiche waren für uns schlicht inakzeptabel. Deshalb haben wir von der SVP eine Klarstellung, eine Distanzierung verlangt. Und Parteipräsident Ueli Maurer hat diese zu unserer Befriedigung auch geleistet. Was aber haben wir falsch gemacht? Ich bedaure, dass es uns bisher nicht gelungen ist, eine eigene Gegenschrift zu verfassen. Ich hoffe, dass wir sie noch zu Stande bringen.