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Unabhängigkeit
27.04.1997
26.04.1997
12a Assemblea generale ordinaria dell’ASNI
Determinazione della posizione del 26 aprile 1997 Cari soci, Gentili signore, Egregi signori, quando abbiamo fondato, ben dieci anni fa, l'Azione per una Svizzera neutrale e indipendente, non potevamo prevedere quanto urgente diventasse la difesa della sovranità, dell'indipendenza, dell'autodeterminazione e della neutralità del nostro paese. A quel tempo non potevamo prevvedere come le nostre autorità, i politici, il Consiglio federale e il Parlamento in poco tempo venissero meno alla difesa del nostro paese contro degli attacchi dall'estero. Da quando ho tenuto, il 1o marzo 1997, un discorso a Zurigo sul tema "La Svizzera e la Seconda guerra mondiale - un chiarimento", che nel frattempo è stato diffuso in più di 50'000 esemplari in lingua tedesca, francese, italiano ed inglese, sento quanto è diventato grande il dilemma del nostro paese: dal grande numero di lettere che ho ricevuto in merito, quelle da Svizzeri all'estero d'oltremare mi hanno toccato maggiormente. Molti hanno comandato parecchi esemplari in lingua inglese alla volta e scrissero: "Finora nessuno della Svizzera ufficiale è stato capace di spiegarci ciò che attualmente succede e quale faccende cattive sono veramente successe durante la Seconda guerra mondiale." O, come ci ha scritto un medico svizzero dal Canada: "Ci sentiamo piantati in asso ignominiosamente dalla Svizzera ufficiale." Minaccia, e ricevi dei soldi! Mi domando perché la Svizzera ufficiale non si è opposta in modo più energico contro le accuse ed i vituperi smisurati e infondati da parte di circoli indigeni ed esteri? Perché il nostro Governo ed il Parlamento non hanno respinto decisamente fin dall'inizio le pretese monetarie ricattatorie da New York? è diventato ricattabile il nostro paese? Le Autorità svizzere ed il Parlamento si comportano come dei giudici seduti in comode poltrone che giudicano la Svizzera come degli osservatori internazionali. Ma il compito del Consiglio federale e del Parlamento è tutt'altro e cioè di impegnarsi quali avvocati e difensori della Svizzera - di parteggiare per la Svizzera. Solamente uno Stato che difende i propri interessi giustificati e che è capace di difendersi, soltanto uno Stato che si impegna per i suoi cittadini ed i loro interessi merita di essere rispettato nella comunità internazionale. Anche essendo un piccolo paese la Svizzera non ha bisogno di lasciarsi insudiciare! Ma per sapersi imporre e per difendere gli interessi della Svizzera bisogna certamente accettarla con i suoi valori! Se non si prende più sul serio la neutralità, se si richiama sempre l'adattamento, se si sprezza chiaramente cchio la democrazia diretta e la volontà popolare, se si cerca di "relativare" o addirittura rendere impossibile la neutralità integrando la Svizzera nell' Unione Europea, se si dubita della sovranità stessa del paese, non si hanno più le premesse e la forza per salvaguardare gli interessi della nazione. Gentili signore, egregi signori, dove questi valori non vengono più rispettati, dove non si ha più la forza di rappresentare e mantenere questi valori, un paese diventa ricattabile. Il discorso del 5 marzo 1997 del Presidente della Confederazione ha chiaramente dimostrato che la Banca Nazionale Svizzera ed il Consiglio federale sono diventati ricattabili. Nell'interesse del paese bisogna porre freno a questa situazione. L'ASNI è più necessaria che mai Come succede spesso nella storia, anche in questo caso si pone la questione: resi-stenza o adattamento? E perciò oggigiorno l'Azione per una Svizzera neutrale e indipendente è molto attuale. Difendere la Svizzera ed i suoi valori è diventato il suo compito più nobile. è consolante che sempre più cittadine e cittadini riconoscono questo compito. Attualmente la nostra organizzazione conta già più di 25'000 membri. Soltanto l'anno scorso il numero dei soci è aumentato ulteriormente del 10%! Sempre più per-sone in questo paese comprendono che la difesa dei nostri pilastri nazionali è diven-tato il compito politico più importante di questi tempi. Gli avvenimenti degli ultimi mesi hanno nuovamente dimostrato che mai in questo secolo l'indipendenza, la neutralità e l'autodecisione della Svizzera sono state più minacciate che in questi anni - e ciò dall'interno, da parte del Governo e del Parlamento. La politica su strade false Gentili signore, egregi signori, sebbene il popolo negli anni passati in tutte le votazioni su progetti che - secondo il Consiglio federale o degli inizianti - dovrebbero limitare l'indipendenza e la neutralità (adesione all'ONU, progetto SEE, progetto Caschi blu, iniziativa popolare per una Svizzera senza aerei da combattimento, riforma del governo e dell'amministrazione, naturalizzazione facilitata, acquisto d'im-mobili da parte di stranieri, iniziativa degli alpi) ha sempre chiaramente deciso in favore dell'indipendenza e della neutralità, il Consiglio federale e il Parlamento perseverano nella meta dell'adesione all'UE. Per ragioni tattici, a Berna si cerca di non parlarne più a voce troppo alta. Fa piacere invece che i circoli economici com-prendono sempre più che un'adesione all'UE non può essere messa in discussione e che - eccetto poche ditte soprattutto amministrate malamente - non si è più entusiasti per un'adesione allo SEE o all'UE. Le attuali difficoltà nell'Unione Europea, la disoccupazione addirittura gigantesca ed i problemi con l'Unione monetaria economicamente equivoca, fanno si che persone con un pò di giudizio economico e di lungimiranza riconoscono che un'adesione all'UE non può essere presa in considerazione. Presso i politici questo accorgimento prende più tempo. Per essi l'adesione all'UE significherebbe un aumento di potere, ed a questo non vogliono rinunciare. E perciò, gentili signore ed egregi signori, dobbiamo restare vigilanti. Indubbiamente saremo sfidati da altre votazioni popolari in merito. Dobbiamo restare pronti per poter inter-venire quando si tratta di respingere un risultato non isfacente delle trattative bilaterali, un'eventuale rinnovata adesione allo SEE, un'adesione all'UE. Riguardo alle trattative bilaterali Vi ricordate gli scenari d'orrore che sono stati diffusi prima della votazione sullo SEE? Vi ricordate, ad esempio, la profezia che nel caso di un rifiuto dello SEE sarebbe massicciamente calata la fiducia nel nostro paese e nella sua moneta, che il franco verrebbe indebolito e che gli interessi aumenterebbero fortemente? Nessuno - così predissero al popolo Svizzero - comprerebbe più franchi svizzeri nel caso di un No allo SEE. E oggi? Il nostro problema non è la debolezza del franco svizzero, bensì la sua forza. Il paese e la sua moneta godono di fiducia, fra altro proprio a causa del No allo SEE. In quel tempo dicevano pure al popolo svizzero che il nostro paese verrebbe isolato, perché nel caso di un No allo SEE non si potrebbero più concludere delle trattative internazionali (cioè bilaterali). E che cosa è successo? Eventuali svantaggi che avrebbero potuto risultare dal No allo SEE sono già stati eliminati bilateralmente. Nel 1992, ad esempio, sono entrati in vigore: - la convenzione sulle assicurazioni - la regolazione concernente la certificazione dei prodotti destinati ai paesi dell'UE; è persino stato sistemato in Svizzera un proprio ufficio di certificazione - mediante un accordo amministrativo il conteggio dell'Imposta sul valore aggiunto è regolato in modo che oggi la Svizzera può conteggiare l'IVA quasi come un paese dell'UE. Con il 1o gennaio 1997 l'accordo sulla cumulazione paneuropea riguardante i rapporti di raffinamento, non solo è firmato, ma è entrato in vigore. Questo doveva essere lo svantaggio più serio per un paese che vuole commerciare con l'UE. Questi sono alcuni esempi di accordi importanti che sono stati raggiunti alla chetichella. Fin dal 6 dicembre 1992 è pure stato negoziato di nuovo il GATT (WTO), eliminando gli svantaggi principali concernenti i concorsi pubblici. Le questioni non ancora risolte (soprattutto riguardo al transito stradale, la libera cir-colazione delle persone e la ricerca scientifica) sono quasi esclusivamente nell'interesse dell'Unione Europea oppure costano molto alla Svizzera apportando poco utile. In questo contesto la Svizzera quindi non ha alcuna ragione per cedere sconsideratamente e vale la pena di restare coerente nelle trattative bilaterali. Nel caso che il Consiglio federale ed il Parlamento dovessero cedere ed accet-tare un trattato bilaterale non soddisfacente, ci sarà il referendum. Così ha deciso l'ASNI già nel 1995. SEE II Gentili signore, egregi signori, ci sono dei pessimi perdenti sotto la cupola di Palazzo federale che sognano lo SEE II. Uno SEE II significherebbe accettare più di 7'000 pagine di legislazione che sono state aggiunte soltanto dal 1992. Significherebbe inoltre firmare un contratto di stampo coloniale e soprattutto accettare il libero transito stradale nord/sud e la libera circolazione delle persone. Oggi un rigetto dello SEE II sarebbe possibile più facilmente che nel 1992; allora il libero transito nord/sud e la libera circolazione delle persone hanno rivestito un ruolo secondario. Oggi il popolo certamente non direbbe Si al progetto. Adesione all'UE Si può domandarsi se ci sono ancora nel nostro paese dei circoli da prendere sul serio, che vogliono l'adesione all'UE. Oggi gli svantaggi per la Svizzera sono molto più evidenti che nel 1992 quando c'era soltanto la CE. Pronti al combattimento Grazie alle quote dei soci e a delle elargizioni, come pure all'impiego economico dei mezzi, abbiamo potuto aumentare la nostra cassa di propaganda di ulteriori 650'000 franchi a 2,6 milioni di franchi. Ciò rappresenta una fondazione considerabile per la lotta delle votazioni, pur sapendo che queste somme non basteranno. Ricordiamoci che l'avversario è un club finanziariamente molto forte e che non esita a servirsi in modo veramente impertinente della cassa federale e dei soldi dei contribuenti. Concentrarsi sull'essenziale Una premessa per riuscire nel nostro compito principale, cioè la difesa dell' indipendenza e della neutralità, è che vogliamo e dobbiamo concentrarci sull'es-senziale. Dobbiamo pure provvedere a non fare delle sciocchezze e a non lasciarci indurre su binari laterali. Gentili signore ed egregi signori, questa è la ragione perché dobbiamo respingere molte richieste, anche se assolutamente giustificate, dei nostri membri. Uno di questi binari secondari, e quindi un indebolimento del nostro lavoro e del nostro compito, è costituito dall'iniziativa popolare Adesione all'UE - che decida il popolo dei Democratici Svizzeri e della Lega dei Ticinesi. Già prima della raccolta delle firme, la nostra Azione ha deciso, in occasione di un'Assemblea dei membri, di non appoggiare quest'iniziativa popolare e di non partecipare a questa raccolta di firme, perché essa segue una via politicamente insostenibile. Sfortunatamente a quel tempo gli iniziativisti non hanno considerato i nostri dubbi. Anche se la ragione dell'iniziativa, cioè l'incomprensibile presentazione di una domanda d'adesione all'UE da parte del Consiglio federale, corrisponde alle nostre idee, non dobbiamo muoverci in una direzione secondaria. L'iniziativa conduce ad una spartizione delle competenze, problematica dal punto di vista della politica nazionale e che - secondo l'esperienza - il popolo non comprenderebbe. L'appoggio a questa iniziativa significherebbe combattere con molta forza per niente e ci indebolirebbe verso il nostro compito principale. L'Assemblea dei membri avendo deciso già allora di non appoggiare l'iniziativa, il Comitato direttivo dell'ASNI ha risolto di perseverare in questo senso. Diritti popolari Constatiamo con grande preoccupazione che dappertutto ci sono coloro che cercano di indebolire con vari modi la democrazia diretta. Chiaramente vogliono pre-parare la Svizzera all'integrazione nell'UE, perché i nostri diritti popolari rappresentano un grande e grave ostacolo ad un'adesione all'UE. Perciò si cerca di ridurre adagio adagio questi diritti popolari. A questo dobbiamo opporci decisamente. Perciò il pomeriggio odierno sarà dedicato ai problemi dei diritti popolari.
26.04.1997
«Ist unser Land erpressbar?»
Standortbestimmung anlässlich der 12. ordentlichen Mitgliederversammlung der AUNS vom 26. April 1997 in Bern Liebe Mitglieder Meine Damen und Herren Als wir die Aktion für eine unabhängige und neutrale Schweiz vor gut 10 Jahren gründeten, konnten wir nicht ahnen, wie dringend die Verteidigung der Souveränität, der Unabhängigkeit, der Selbstbestimmung und der Neutralität unseres Landes werden würde. Wir konnten damals nicht ahnen, wie sehr Behörden, Politiker, Bundesrat und Parlament in dieser kurzen Zeit bei der Verteidigung unseres Landes gegen Angriffe von aussen versagen werden. Seitdem ich am 1. März 1997 in Zürich zum Thema "Die Schweiz und der Zweite Weltkrieg - Eine Klarstellung" einen Vortrag gehalten habe, der seither in über 50'000 Exemplaren auf deutsch, französisch, italienisch oder englisch verschickt worden ist, spüre ich erst richtig, wie gross das Dilemma in unserem Land geworden ist: Von der Grosszahl von Zuschriften haben mich diejenigen von Auslandschweizern in Übersee am meisten berührt. Sie bestellten die englische Fassung gleich in mehreren Exemplaren und teilten mir mit: "Bisher konnte uns niemand der offiziellen Schweiz sagen, was heute eigentlich passiert und was während des Zweiten Weltkrieges schlimmes passiert sein soll". Oder - so schreibt ein Auslandschweizer-Arzt aus Kanada: "Wir fühlen uns von der offiziellen Schweiz schmählich im Stich gelassen". Drohe, dann bekommst Du Geld! Warum nur - so frage ich - ist die offizielle Schweiz gegenüber den masslosen, unbegründeten Anschuldigungen und Verunglimpfungen in- und ausländischer Kreise nicht entschiedener aufgetreten? Warum hat unsere Regierung, unser Parlament die erpresserischen Geldforderungen aus New York nicht von allem Anfang an entschieden zurückgewiesen? Ist unser Land erpressbar geworden? Die Schweizer Behörden und das Parlament führen sich auf wie Richter in weichen Plüschsesseln, die als internationale Beobachter über die Schweiz zu Gericht sitzen. Die Aufgabe von Bundesrat und Parlament ist aber eine andere, nämlich die, sich als Fürsprecher und Advokaten für die Schweiz einzusetzen - für die Schweiz Partei zu nehmen. Nur ein Staat, der sich für seine berechtigten Anliegen wehrt und auch wehren kann, nur ein Staat, der sich für seine Bewohner und deren Interessen einsetzt, verdient in der internationalen Gemeinschaft Respekt. Auch als kleines Land muss sich die Schweiz nicht jeden Dreck über den Kopf schütten lassen. Um entschieden und überlegen aufzutreten und die Interessen der Schweiz zu verteidigen muss man allerdings zur Schweiz und ihren Werten stehen! Wenn man die Neutralität nicht mehr ernst nimmt, überall nach Anpassung ruft, die direkte Demokratie und den Wählerwillen zusehends missachtet, sich im Ausland für Volksentscheide entschuldigt, die direkte Demokratie und die Neutralität durch die Eingliederung der Schweiz in die Europäische Union "relativieren" oder gar verunmöglichen will, wenn man an der Souveränität des Landes selbst zweifelt, besitzt man die Voraussetzung und die Kraft nicht mehr, die Interessen des Landes zu wahren. Meine Damen und Herren, wo diese Werte nicht mehr respektiert werden, wo man nicht mehr die Kraft besitzt, diese Werte zu vertreten und hochzuhalten, wird ein Land erpressbar. Die Rede des Bundespräsidenten am 5. März 1997 hat gezeigt: Nationalbank und Bundesrat sind erpressbar geworden. Dem ist im Interesse des Landes Einhalt zu gebieten. AUNS - nötiger denn je Auch hier stellt sich heute - wie so oft in der Geschichte - wieder die Frage: Widerstand oder Anpassung? Deshalb ist die Aktion für eine unabhängige und neutrale Schweiz heute so aktuell. Die Verteidigung der Schweiz und ihrer Werte ist zur vornehmsten Aufgabe geworden. Es ist erfreulich, dass immer mehr Bürgerinnen und Bürger dieses Anliegen erkennen. Heute gehören unserer Organisation bereits über 25'000 Mitglieder an. Allein im letzten Jahr hat sich der Mitgliederbestand wieder um 10 % erhöht! Immer mehr Menschen in diesem Land sehen ein, dass die Verteidigung unserer Staatssäulen zum wichtigsten politischen Anliegen unserer Zeit geworden ist. Die letzten Monate haben erneut bewiesen, dass noch nie in diesem Jahrhundert Unabhängigkeit, Neutralität und Selbstbestimmung der Schweiz stärker bedroht waren als in diesen Jahren - und zwar von innen, von Seiten der Regierung und des Parlamentes. Die Politik auf Abwegen Meine Damen und Herren, obwohl das Volk in den vergangenen Jahren bei allen Vorlagen, bei denen die Unabhängigkeit und Neutralität nach Antrag des Bundesrates oder von Initianten hätte eingeschränkt werden sollen (UNO-Beitritt, EWR-Vorlage, Blauhelm-Vorlage, Volksinitiative für eine Schweiz ohne Kampfflugzeuge, Regierungs- und Verwaltungsreform, erleichterte Einbürgerung, Grundstückerwerb für die Ausländer, Alpeninitiative), hat sich das Volk klar für die Unabhängigkeit und Neutralität entschieden. Trotzdem halten Bundesrat und Parlament am Ziel des EU-Beitrittes fest. Zwar versucht man in Bern - aus taktischen Gründen - nicht mehr allzu laut davon zu sprechen. Erfreulich ist dagegen, dass wirtschaftliche Kreise heute mehr und mehr einsehen, dass ein EU-Beitritt nicht in Frage kommen kann und dass mit wenigen Ausnahmen - es sind vor allem schlecht geführte Firmen - nicht mehr von einem EWR- oder EU-Beitritt geschwärmt wird. Die heutigen Schwierigkeiten in der Europäischen Union, die fast gigantische Arbeitslosigkeit, die Probleme mit der ökonomisch fragwürdigen Währungsunion haben Leute mit einigermassen wirtschaftlichem Sachverstand und Überblick einsehen lassen, dass der EU-Beitritt nicht in Frage kommen kann. Bei den Politikern dauert diese Einsicht wesentlich länger. Ein EU-Beitritt bringt ihnen Machtzuwachs, darauf wollen sie nicht verzichten. Deshalb haben wir, meine Damen und Herren, wachsam zu bleiben. Zweifellos werden erneut Volksabstimmungen auf uns zukommen, die uns fordern. Wir haben uns bereitzuhalten und müssen jederzeit eingreifen können, wenn es darum geht, ein unbefriedigendes Ergebnis der bilateralen Verhandlungen, einen allfälligen erneuten EWR-Beitritt, einen EU-Beitritt zurückzuweisen. Zu den bilateralen Verhandlungen Erinnern Sie sich an die Schreckensszenarien, die im Vorfeld der EWR-Abstimmung verbreitet worden sind? Erinnern Sie sich beispielsweise noch an die Prophezeiung, bei einer Verwerfung des EWR werde das Vertrauen in unser Land, unsere Währung massiv sinken, der Schweizerfranken werde schwach werden und die Zinsen massiv steigen? Niemand - so wurde dem Schweizervolk vorausgesagt - wolle bei einem EWR Nein noch Schweizerfranken kaufen. Und heute? Unser Problem ist nicht die Schwäche des Schweizerfrankens, sondern vielmehr dessen Stärke. Land und Währung haben Vertrauen, unter anderem gerade wegen des EWR Neins. Auch wurde dem Schweizervolk damals gesagt, das Land werde isoliert, denn im Falle eines EWR Neins sei es vorbei mit dem Abschluss zwischenstaatlicher (d.h. bilateraler) Verträge. Was ist passiert? Allfällige Nachteile, die sich aus dem EWR Nein für die Wirtschaft hätten ergeben können, wurden bereits bilateral erledigt. So sind seit 1992 beispielsweise in Kraft getreten: - das Versicherungsabkommen - die Regelung betreffend Zertifizierung der Produkte für die EU-Länder, indem sogar in der Schweiz eine eigene Zertifizierungsstelle eingerichtet worden ist indem durch Verwaltungsvereinbarung die Mehrwertsteuer-Abrechnung so geregelt worden ist, dass die Schweiz heute fast wie ein EU-Staat die Mehrwertsteuer abrechnen kann - dass ab 1. Januar 1997 der Vertrag betreffend die paneuropäische Kumulation - und damit der bisher schwerste Nachteil eines Staates im Verkehr mit der Europäischen Union nämlich betreffend den passiven Veredlungsverkehr nicht nur unterschrieben, sondern in Kraft gesetzt ist. Dies sind ein paar Beispiele bedeutungsvoller Abkommen, die in aller Stille entstanden sind. Zudem ist seit dem 6. Dezember 1992 auch das GATT neu ausgehandelt worden (WTO), so dass die Hauptnachteile bei den öffentlichen Ausschreibungen bereits beseitigt sind. Die noch ausstehenden Fragen (insbesondere betreffend Verkehr, Personenfreizügigkeit und Forschung) sind fast ausschliesslich noch im Interesse der Europäischen Union oder kosten die Schweiz viel Geld und bringen wenig Nutzen. Die Schweiz kann sehr gut ohne diese Abkommen leben - auf jeden Fall besser, als mit unbefriedigenden Abkommen. Die Schweiz hat also keinen Grund, hier leichtfertig nachzugeben. Es lohnt sich, in den bilateralen Verhandlungen konsequent zu bleiben. Der Bundesrat wird aufgerufen, in den Verhandlungen standhaft zu bleiben. Sollten Bundesrat und Parlament nachgeben und einem unbefriedigenden bilateralen Vertrag zustimmen, wird das Referendum ergriffen. So hat es die AUNS bereits 1995 beschlossen. EWR II Meine Damen und Herren, schlechte Verlierer unter der Bundeshauskuppel träumen vom EWR II. Ein EWR II hiesse, über 7'000 Seiten Gesetzgebung, die allein seit 1992 dazugekommen sind, zu übernehmen, es hiesse zudem, einen Kolonialvertrag zu unterzeichnen und insbesondere freie Durchfahrt auf den Strassen und Personen-Freizügigkeit. Eine Verwerfung des EWR II ist heute leichter möglich als 1992. Freier Nord-/Südverkehr und Personenfreizügigkeit spielten 1992 eine untergeordnete Rolle. Heute wird das Volk nicht mehr Ja dazu sagen. EU-Beitritt Gibt es eigentlich noch ernstzunehmende Kreise in unserem Land, die das wollen? Die Nachteile für die Schweiz sind heute wesentlich offensichtlicher als 1992, als es erst eine EG gab. Bereit zum Kampf Auch im vergangenen Jahr konnten wir dank den Mitgliederbeiträgen und Spenden sowie dank sparsamem Einsatz der Mittel die Kampfkasse unserer Vereinigung um weitere Fr. 650'000.- aufstocken, so dass Fr. 2,6 Mio. vorhanden sind. Ein ansehnlicher Grundstock für solche Abstimmungskämpfe, auch wenn wir wissen, dass diese Beträge nicht ausreichen. Bedenken wir: Wir haben es beim Gegner mit einem äusserst finanzkräftigen Club zu tun, der sich nicht scheut, sich auch in unverschämtester Weise unserer Bundeskasse und unserer eigenen Steuergelder zu bedienen. Auf das Wesentliche konzentrieren Voraussetzung ist aber auch, dass wir uns auf das Wesentliche konzentrieren müssen und wollen, damit wir mit unserem Hauptanliegen - der Verteidigung der Unabhängigkeit und Neutralität - Erfolg haben. Es gilt auch dafür zu sorgen, dass wir keine Dummheiten machen und uns nicht auf Nebengeleise verführen lassen. Das ist der Grund, meine Damen und Herren, weshalb wir so viele Begehren unserer Mitglieder, auch an sich meist gerechtfertigte, ablehnen müssen. Eines dieser Nebengeleise und eine Schwächung unserer Arbeit und unseres Auftrages bedeutet die Volksinitiative EU-Beitritt vors Volk der Schweizer Demokraten und der Lega. Bereits vor der Unterschriftensammlung hat unsere Vereinigung bei einer Mitgliederversammlung beschlossen, diese Volksinitiative nicht zu unterstützen und beim Unterschriftensammeln nicht mitzumachen, weil die Initiative einen staatspolitisch unhaltbaren Weg beschreitet. Leider haben die Initianten unsere Bedenken damals in den Wind geschlagen. Auch wenn der Grund der Initiative, nämlich das unverständliche Einreichen eines EU-Beitrittsgesuches durch den Bundesrat, unserem Gedankengut entspricht, dürfen wir uns jetzt nicht auf diesen Nebenkriegsschauplatz hinausbegeben. Die Initiative führt zu einer staatspolitisch fragwürdigen Kompetenzaufteilung, für welche das Volk erfahrungsgemäss kein Verständnis aufbringen kann. Die Unterstützung dieser Initiative würde uns viel Kampfkraft für nichts kosten und uns für unser Hauptanliegen schwächen. Nachdem die Mitgliederversammlung bereits damals die Nichtunterstützung beschlossen hat, hat der Vorstand der AUNS entschieden, für die kommende Volksabstimmung an diesem Entscheid festzuhalten. Volksrechte Mit allergrösster Sorge stellen wir fest, dass überall Kräfte vorhanden sind, welche die direkte Demokratie an den verschiedensten Orten schwächen wollen. Es ist klar: Die Schweiz soll für die Eingliederung in die Europäische Union sturmreif gemacht werden, denn unsere Volksrechte stellen ein ganz grosses, schwerwiegendes Hindernis für einen EU-Beitritt dar. Deshalb sollen die Volksrechte leise abgebaut werden. Hier muss man entschieden Gegensteuer geben. Darum ist der heutige Nachmittag dem Problemkreis Volksrechte gewidmet.
11.04.1997
«Keine Mühe mit Auserwähltheit der Juden»
Interview mit dem Israelitischen Wochenblatt vom 11. April 1997 "Poltervater der Nation" nannte ihn die renommierte deutsche Wochenzeitung "Die Zeit" in ihrer letztwöchigen Ausgabe. Die Rede ist von Christoph Blocher, Zürcher Nationalrat der Schweizerischen Volkspartei (SVP) und seit seinen Äusserungen zur Rolle der Schweiz im Zweiten Weltkrieg und der geplanten Solidaritätsstiftung auch mit dem Vorwurf des Antisemitismus konfrontiert. Grund genug für das IW, sich mit Christoph Blocher ausführlich zu unterhalten. Interview: Peter Bollag und Billy Meyer Am 24. Januar, im Rahmen der Albisgüetli-Tagung, sagten Sie, dass Sie zum Thema "nachrichtenlose Vermögen" keine Stellung beziehen, da Sie sich grundsätzlich mit der Zukunft und nicht mit der Vergangenheit beschäftigen. Nun haben Sie am 1. März in Oerlikon doch Stellung bezogen. Was ist zwischen dem 24. Januar und dem 1. März geschehen? Christoph Blocher: Zur ganzen Auseinandersetzung "nachrichtenlose Vermögen" habe ich während Wochen nichts gesagt, weil ich der Ansicht war, es sei Sache des Bundesrates. Im Laufe des Februars merkte ich jedoch, dass der Bundesrat nicht die Kraft besitzt, die Situation, in welcher dieses Land während den Kriegsjahren gestanden ist, so darzustellen, wie sie war. Und so entschied ich, darüber einen Vortrag zu halten. Dafür brauchte ich Zeit. Den konnte ich nicht einfach aus dem Ärmel schütteln. Die Darstellung dieser Vergangenheit ist für die Zukunft unseres Landes wichtig geworden. Christoph Blocher, es gibt Menschen, die vor Ihnen Angst haben. Haben Sie manchmal Angst vor sich selbst? Blocher: Jeder Mensch hat manchmal Angst vor sich selbst, wenn er das Gefühl hat, dass er einer Sache nicht gewachsen ist. Ich habe auch Angst vor Menschen, vor meinen Gegnern. Zum Beispiel vor denjenigen, die uns in die EU hineinführen möchten. Da habe ich doch Angst für unser Land. Angst, dass das noch gelingen könnte. Und die, welche sogenannt Angst vor meiner Person haben, wie sie sagen, die haben Angst, dass sie ihre Meinung nicht durchsetzen können. Spüren Sie Angst vor sich selbst manchmal auch im Zusammenhang mit Ihrer Wirkung? Blocher: Nein, das nicht. Denn ich weiss, was ich will. Und ich weiss, dass ich nichts Schlechtes will, also muss ich keine Angst haben. Es ist mir aber klar, dass es nicht einfach ist, einen Saal mit 2000 Leuten im Griff zu behalten. Macht Ihnen das Spass? Blocher: Nein. Das ist eine hohe Anforderung. Ich habe vor jeder Rede Angst und Lampenfieber. Weshalb? Wie die Rede ankommt? Was sie bewirkt? Blocher: Dass ich nichts Falsches sage, dass es richtig verstanden wird. Weil Sie es allen im Saal recht machen wollen? Blocher: Nein, Sie wissen, dass ich keiner bin, der es allen recht machen will. Diese Rolle scheint Ihnen zu behagen? Blocher: Nein. Ich bin kein Masochist. Weshalb behalten Sie dennoch diese Rolle? Blocher: Als Politiker habe ich eine Verantwortung. Meine Angst besteht darin, die Verantwortung nicht tragen zu können. Plötzlich so fad zu sein, dass man überall 'beliebt' ist. Aber Sie sind doch beliebt? Blocher: Ich!? Ja, in bestimmten Kreisen sind sie sogar sehr beliebt. Blocher: Das ist so mit Persönlichkeiten. Sie werden anerkannt oder total abgelehnt. Ihnen gegenüber gibt es keine neutrale Haltung. Damit bin ich aber nicht alleine. Nehmen wir ausländische Beispiele: Wie war dies zum Beispiel mit Churchill, de Gaulle, Strauss oder Wehner? An einer Veranstaltung der Aargauischen Vaterländischen Vereinigung in Lenzburg hat sich der Gesprächsleiter, der Chefredakteur des "Zofinger Tagblatts", Paul Ehinger, am Anfang der Veranstaltung ganz klar und unmissverständlich vom Antisemitismus distanziert. Wieso haben Sie das am 1. März in Ihrer Rede nicht gemacht? Blocher: Ich habe über den Zweiten Weltkrieg geredet und nicht über den Antisemitismus. Der Zweite Weltkrieg war auch das Thema in Lenzburg. Blocher: Ich war in Lenzburg nicht dabei. Weshalb haben Sie sich am 1. März nicht vom Antisemitismus distanziert? Blocher: Ich distanziere mich doch nicht von etwas, wo keinerlei Verdacht besteht. In meiner Rede vom 1. März hat es nichts Antisemitisches gegeben. Aber wie erklären Sie sich dann, dass auch in Oerlikon Anhänger der rechtsextremen Szene dabei waren? Zum Beispiel der Revisionist Andres J. Studer. Blocher: Entschuldigung. Solche Unterschiebungen nehme ich nicht entgegen. Im Saal war kein Herr Studer. Er soll in Oerlikon auf der Strasse etwas verteilt haben. Aber Andres Studer würde nicht an eine Veranstaltung der SP gehen? Blocher: Da klingt eine Standard-Unterschiebung an: Jetzt werden Sie dann sagen: Ihre Veranstaltungen ziehen solche Leute an. Haben wir aber nicht. Blocher: Aber das ist die Clichéfrage. Herr Studer, den ich nicht kenne, ist nicht mein Problem. Er ist wahrscheinlich auch ein Spinner. Es gibt in der Schweiz ein paar Holocaust-Leugner. Das ist zu verurteilen. Leider haben diese Spinner mit dem Antirassismus-Gesetz Auftrieb erhalten. Ich habe vor dem Antirassismus-Gesetz gewarnt. Ich wusste, dass so etwas passieren kann. Wenn man beginnt, dem Schweizer den Mund zuzukleben, dann gibt das eine Gegenströmung. Und wieso haben Sie das Gesetz nicht politisch bekämpft? Blocher: Bei Dingen, die aus fragwürdigen Motiven vorgelegt werden, können Sie auf irgend einer Seite sein, und Sie wissen, dass es falsch ist. Ich habe dann das kleinere Übel gewählt und gesagt: Mit diesen Rassisten möchte ich nichts zu tun haben. Die Diskussion um die Rolle der Schweiz im Zweiten Weltkrieg trieb auch wüste antisemitische Blüten. Zum Beispiel in Leserbriefspalten. Blocher: Die Äusserungen, die im Zusammenhang mit den nachrichtenlosen Vermögen gefallen sind, bedauere ich sehr. Nicht alles ist aber Antisemitismus. Antisemitismus ist für mich eine viel stärkere, grundlegende Fehlrichtung, als wenn jemand gegen einen Juden etwas Negatives sagt. Da der Jüdische Weltkongress schon dem Namen nach den Eindruck erweckt, er spreche für alle Juden der Welt, wird von vielen Leuten das unverständliche Verhalten des Weltkongresses gegenüber den Juden schlechthin angelastet. Wo ich Gelegenheit dazu habe, trete ich dem entgegen. Nun macht Sie der Zürcher Polizeivorstand Robert Neukomm u. a. sogar mitverantwortlich für die Ausschreitungen von Skinheads im Niederdorf. Was sagen Sie dazu? Blocher: Die Ausrede Neukomms, weil er als Polizeivorstand nicht einmal fertig bringt, 100 Betrunkene Skinheads in Schach zu halten, ist etwa gleich zu werten wie Aussagen der Holocaust-Lügner. Für die linksgrüne Stadtregierung sind immer andere Leute an den Fehlern schuld: bei der Ausgabenflut ist es die Zürcher Landschaft, beim Polizeivorstand die Herren Delamuraz und Blocher. Wenn es den ausländisch jüdischen Organisationen nur ums Geld gehen würde, warum haben sie denn nicht schon lange eine Summe genannt? Blocher: Es wurden ja schon Summen genannt. Aber nicht vom Jüdischen Weltkongress. Blocher: Von welcher Organisation dann? Doch Sie können es anschauen, wie Sie wollen. Gegenüber der Schweiz steht diesen Organisationen das Geld im Vordergrund. Und sie sind ja auch ehrlich und sagen es. Herr Bronfman hat gesagt: Wenn ihr nicht bald zahlt, dann geht das Kesseltreiben gegen die Schweiz weiter. Ich empfinde das als eine Erpressung. Doch bei einer Erpressung ist nie derjenige schlimm, der es macht, sondern derjenige der nach- gibt. In der Schweiz führen in dieser Sache im Moment leider viele Moralisten das Wort. Wie meinen Sie das? Blocher: Ich habe in meiner Rede in Oerlikon von den 'selbstgerechten Heuchlern und anderen Moralisten' gesprochen. Den Verantwortlichen aber geht es um die Erfüllung des Auftrages. Die Juden sind für Sie das "auserwählte" Volk. Aber die Juden selber sprechen ja nicht über ihre "Auserwähltheit". Blocher: Das ist eine biblisch feststehende Tatsache: Die Juden sind das Volk Gottes. Ob sie darüber sprechen oder nicht. Mit der Auserwähltheit des jüdischen Volkes habe ich keine Mühe, ich finde das schön. Darum lesen wir Christen ja u. a. auch das Alte Testament. Ich denke, auch der Jude hat kein Problem mit seiner 'Auserwähltheit'. Ich weiss, dass gewisse Leute mit dieser Auserwähltheit Mühe haben: Christen und Juden. Wir hier fühlen uns nicht besonders auserwählt... Blocher: Das spielt keine Rolle. Wer auserwählt ist, hat dazu nichts zu sagen. Das ist keine Entscheidung des Menschen, sondern Gottes. Also Sind Sie ein gläubiger Mensch? Blocher: Wissen Sie, das höre ich nicht so gerne. Gerade diejenigen Menschen, welche sagen, sie seien gläubig, meinen oft, sie könnten das selber entscheiden. Aber Gott hat sich für die Menschen entschieden. Nach der biblischen Auffassung ist der Glaube der Zuspruch Gottes. Und wie gehen Sie denn damit um, dass die Juden die Erlösung Jesus', von der Sie gesprochen haben, nicht akzeptieren? Blocher: Da habe ich auch wieder keine Mühe damit. Den Juden, wie ausnahmslos allen Völkern ist die göttliche Erlösung gegeben. Nun noch ein paar Fragen an den "Historiker" Blocher Blocher: Ich bin kein Historiker. Wir haben es auch in Anführungsstriche gesetzt. Doch Sie befassen sich mit Geschichte. Wir sind überrascht, dass Sie den Fall Grüninger aufgegriffen haben, nachdem Sie sich bislang eher nicht dafür interessierten. Es ist uns beispielsweise nicht bekannt, dass Sie sich für seine Rehabilitation eingesetzt haben. Geht es Ihnen nicht einfach darum, aus diesen Ereignissen, oder wie Sie diese jetzt in die politische Diskussion eingebaut haben, Kapital zu schlagen? Blocher: Es stimmt, dass ich mich nicht für die Rehabilitation von Herrn Grüninger eingesetzt habe. Ich habe die Rehabilitierung eher problematisch empfunden. Weshalb? Blocher: Es gibt im Leben viele Situationen, in welchen Sie etwas machen müssen und von der Gesellschaft dafür geächtet werden. Ein Zeichen wird gerade dadurch gesetzt. Bei Handlungen, bei denen es um Leben und Tod geht? Blocher: Ja, sehr wohl. Wer meint, dass er, wenn er den richtigen Weg geht, von der Gesellschaft immer anerkannt, rehabilitiert oder gar glorifiziert wird, der irrt. Aber zwischen eine Stelle verlieren, wie es im Fall Grüninger geschehen ist, und einer Glorifizierung, wie es im Fall Grüninger nicht geschehen ist, liegt viel Ermessens-Spielraum. Blocher: Denken Sie einmal daran. Johannes Hus musste auf den Scheiterhaufen. Wir leben nicht mehr in dieser Zeit. Blocher: Aber nur weil er auf dem Scheiterhaufen gestorben ist, konnte er ein Zeichen setzen. Sonst wäre die Reformation nicht zustande gekommen. Ohne Hus wäre auch Luther, wäre die ganze Reformation unmöglich gewesen. Dann wäre vielleicht auch ein Teil des Antijudaismus nicht weitergeführt worden. Blocher: Ich spreche einen anderen Gesichtspunkt an. Aber es ist typisch, wenn Sie Luther hören, dass Sie dann an das denken und ich an etwas anderes. Uns kommt noch seine Frauenfeindlichkeit in den Sinn. Blocher: Sie können natürlich bei jedem Menschen, der etwas Grosses getan hat, auch Fehler, Schattenseiten und Unvollkommenheiten sehen. Wer Schattenseiten auch bei sich verneint, ist ein himmeltrauriger Heuchler und selbstgerechter Moralist. Und das ist ja heute Mode. Was würden Sie sagen, wenn mir beim Namen König David nichts anderes in den Sinn käme als Davids Geschichte mit der badenden Bathseba? Auch dieser Ehebruch kann doch die Grösse König Davids nicht schmälern. Sie werfen Sidney Dreifuss vor, er habe Paul Grüninger verraten. Was hätte er denn Ihrer Meinung zufolge tun sollen? Blocher: Sidney Dreifuss ist für mich kein Fall. Aber Sie haben ihn aufgegriffen? Blocher: Ja, aber warum habe ich das Thema aufgegriffen? Sehen Sie den Gesamtzusammenhang: In der Problematik Flüchtlingspolitik/Judenstempel stellt sich die Frage: Wer hat eigentlich versagt? Und ich sagte: leider alle. Und nachdem Herr Sigi Feigel - natürlich sehr selbstgerecht - die damals fehlerhafte Flüchtlingspolitik des Krieges allein der nichtjüdischen Bevölkerung zugeschoben hat, musste ich ihm sagen: 'Alle trifft hier die Schuld. Auch die Verantwortlichen des SIG - wie den damaligen Präsidenten Saly Mayer und ebenfalls den in Verantwortung stehenden Sidney Dreifuss. Das habe nicht ich erfunden. Sidney Dreifuss hat Paul Grüninger denunziert. Und nicht nur 'belastet', wie Frau Dreifuss sagt. Wobei Frau Dreifuss ja gar nicht für das geradestehen muss, was ihr Vater gemacht hat. Wir müssen doch nicht geradestehen für das, was unsere Väter gemacht haben. In der Schweiz gibt es keine Sippenhaft! Wir dürfen deshalb auch nicht verlangen, dass alle anderen für ihre Väter, die während des Krieges Massnahmen getroffen haben, geradestehen müssen. Nur insofern interessiert mich Sydney Dreifuss. Sie sagten, versagt haben alle. Ich möchte noch auf einen Artikel eingehen, den der Historiker Christoph Mörgeli am 14. März im "Schweizer Bauer", dem Organ der SVP des Kantons Zürich, publizierte. Sinngemäss spricht auch aus diesem Artikel, dass die Juden mit den damaligen Behörden ein "Päckli" gemacht haben. Sie wissen doch, dass die jüdische Gemeinschaft jener Zeit in der Schweiz sich in einer Notlage befunden hat und auch erpresst worden ist. Blocher: Es wird immer wieder gesagt, auch die Juden in der Schweiz seien unter Druck gestanden. Aber das sind sie doch auch! Blocher: Aber wer ist in dieser Zeit nicht unter Druck gestanden? Aber bei den Jüdinnen und Juden wäre es doch ums Leben gegangen! Blocher: Allen Schweizern wäre es ums Leben gegangen. Die Schweizer hatten Angst vor Hitler. Sie tun jetzt so, als hätte die nichtjüdische Bevölkerung keine Angst haben müssen. Nein, aber sie wären nicht deportiert und vergast worden. Blocher: Deshalb können wir alle zusammen dankbar sein, dass die Schweiz vom Kriege verschont blieb, und deshalb finde ich es auch richtig, dass die Schweiz sich nicht dafür schämt, dass sie es fertig gebracht hat, sich aus dem Krieg fernzuhalten. Was sagen Sie zum Verhalten der Schweiz nach dem Krieg, dass eben zum Beispiel Paul Grüninger so lange nicht rehabilitiert worden ist, dass die Banken sich nicht um nachrichtenlose Vermögen kümmern wollten usw.? Blocher: Dass die Banken das Problem mit den herrenlosen Vermögen vor sich hergeschoben haben, ist ein Fehler. Vielleicht wurden auch gewisse Aufräumarbeiten nach dem Krieg nicht gemacht. Weshalb wurden sie nicht unternommen? Blocher: Sie müssen sehen, dass wenn Sie aus so einer Extremsituation herauskommen, wie die Schweiz nach dem Zweiten Weltkrieg, wie übrigens andere Länder auch, dann wird doch in die Zukunft geblickt. Wie geht es weiter? Wie bekommen wir Vollbeschäftigung hin? Wie bringen wir es zustande, dass es den Menschen besser geht und so weiter... Und die Moral bleibt auf der Strecke? Blocher: Nein, aber was war, können Sie ja nicht mehr rückgängig machen. Deshalb schauen alle in die Zukunft. Zur Einrichtung der vom Bundesrat vorgeschlagenen und von Ihnen missbilligten Solidaritätsstiftung bedarf es einer Volksabstimmung. Haben Sie Angst davor, dass es im Abstimmungskampf zu rassistischen und antisemitischen Tönen kommen könnte? Blocher: Ich hoffe es nicht. Wir werden den Kampf so führen, dass es nicht dazu kommt. Es wird auf verschiedenen Schienen gefahren werden. Zum einen die Problematik der Nationalbank, was damit zu tun hat, dass für diese Stiftung die Notenbankkasse ausgenommen werden soll. Das zweite ist: Wie weit soll sich ein Land erpressen lassen? Die Einrichtung dieser Stiftung ist die Reaktion auf eine Erpressung. Und das merkt sonst niemand? Blocher: Im Februar habe ich gemerkt, dass niemand in der Schweiz sagt, wie die Situation für die Schweiz während des Zweiten Weltkrieges war. Also, habe ich gedacht, mache ich es halt. Dass das Echo so gross sein wird, habe ich allerdings nicht geahnt. Sie kennen doch Ihre Wirkung in bestimmten Kreisen? Blocher: Sie kennen sie vielleicht besser als ich. Ich wusste nicht, dass über 22'000 Reden bestellt würden und ein solches Bedürfnis besteht. Natürlich bin ich sehr glücklich über die Breitenwirkung. An dieser Rede gibt es auch nicht viel auszusetzen. Trotzdem bin ich sehr erstaunt über die schwache Kritik an dieser Rede. Was heisst schwache Kritik? Blocher: Die Kritik, die ich gehört habe, ist so dünn. Ich weiss gar nicht, weshalb man nicht mehr daran aussetzen konnte. Vorher wurde doch zum Teil das Gegenteil verzapft. Wo sind jetzt jene, die das Gegenteil behaupteten? Stefan Keller kritisierte Ihre Rede. Wäre es eine Seminararbeit gewesen, sagte er, wäre sie im Rahmen eines Geschichtsstudiums nicht angenommen worden. Blocher: Stefan Keller ist ein Journalist der 'WoZ'. Die Reaktion eines anderen Kritikers - eines Hochschulprofessors - war, die Rede verdiene die Note 6. Es ist Stefan Keller heute peinlich, dass viel Interessantes in seinem eigenen Buch steht. Um Frau Dreifuss als SP-Bundesrätin zu schützen, rückt er jetzt plötzlich vom eigenen Buch ab. Weshalb? Blocher: Weil er beim Schreiben des Buches noch nicht gewusst hat, dass der Vater von Frau Dreifuss einmal der Vater einer SP-Bundesrätin sein würde, und zweitens, weil es ihm natürlich höchst peinlich ist, dass ausgerechnet ich sein Buch zitieren muss. Haben Sie ihn und Jacques Picard nicht zitiert, um gewissen Kritikern den Wind aus den Segeln nehmen zu können? Blocher: Wenn ich den ganzen Krieg darstellen muss, bin ich auch verpflichtet, diesen Teil darzustellen.
18.03.1997