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03.04.2000

Libertà al posto di socialismo

Documento per la conferenza stampa del 3 aprile 2000 Appello ai socialisti di tutti i partiti Consigliere nazionale Christoph Blocher In occasione del congresso Albisgüetli dell'UDC del Cantone Zurigo, tenutosi il 21 gennaio 2000, ho preso posizione sull'intento della sinistra politica, culturale e sociale - situazione in atto da diversi mesi - di voler relegare a movimento fascista gran parte della popolazione svizzera. A quei socialisti che parlano tanto disinvoltamente di fascismo avevo chiesto di rendersi conto che con la loro beatificazione dello Stato onnipresente, con l'accentuazione eccessiva del collettivo e con la violazione della libertà del singolo individuo erano ben più vicini alla concezione che il mondo ha del fascismo che non l'UDC. Come conseguenza, il PSS ha tentato di ostacolare - attraverso minacce e ultimatum - un dibattito sui valori reali alla base del socialismo e sul totalitarismo del secolo appena trascorso. Ciò che a prima vista può essere considerato un batti e ribatti politico tra l'UDC e il PSS, costituisce in realtà un importante chiarimento di fondamentali posizioni politiche e sociali. In un appello fondamentale ai socialisti di tutti i partiti dal titolo "Libertà al posto di socialismo" approfondisco le mie affermazioni fatte in occasione del congresso Albisgüetli. Evidenzio come le radici ideologiche comuni di nazionalsocialismo e socialismo andavano ricercate nei seguenti obiettivi: un potere possibilmente illimitato dello Stato in ogni settore della vita (statalismo), l'accentuazione eccessiva della collettività (collettivismo) e la violazione della libertà delle singole persone (antindividualismo, antiliberalismo). Contrariamente al totalitarismo bruno e rosso, chiediamo libertà al posto di repressione, democrazia invece di dittatura, economia di mercato al posto di economia pianificata, concorrenza tra più partiti invece di un sistema a partito unico, stato di diritto al posto di terrore, libertà di pensiero al posto di censura. Sia il nazionalsocialismo, sia il fascismo sono stati vinti militarmente e, quindi, banditi legalmente. Il socialismo, invece, ha vissuto solo una bancarotta sul fronte economico e intellettuale e può dunque risorgere in ogni momento e dappertutto. Contrariamente alle atrocità commesse dai nazisti, quelle dei regimi socialisti, con i suoi 100 milioni di morti, sono conosciute solo a una piccola parte dell'opinione pubblica. E questo benché diversi grandi pensatori del 20° secolo avessero già analizzato seriamente le radici comuni del totalitarismo di entrambi i terribili sistemi. Le reazioni dei socialisti a tali riconoscimenti sono stati e sono tuttora sentimenti di rabbia, in quanto è doloroso dover constatare di avere sostenuto o minimizzato un sistema politico che ha numerosi punti in comune con il nazionalsocialismo. Negli ultimi tempi, sotto la guida di teorici di sinistra, il PSS si è allontanato sempre più dai principi riformatori della socialdemocrazia trasformandosi in un partito socialista a tutti gli effetti. Contrariamente alla socialdemocrazia britannica o tedesca, questo partito è molto meno disposto a intraprendere nuove vie più moderne. Il suo programma di partito del 1982, con la sua richiesta di "superamento del capitalismo", è tuttora in vigore. Si tratta di un aspetto alquanto inquietante, poiché senza proprietà privata e senza libero mercato non vi è né libertà per i cittadini, né benessere, né sicurezza sociale. Agli inizi del 1937, la "Neue Zürcher Zeitung" riportava: "L'antifascismo dei comunisti e l'anticomunismo dei fascisti - in fin dei conti si tratta di una lite di famiglia nell'ambito del settore totalitario del mondo". Che il PSS sia rimasto immune alle cause fatali del fascismo, del nazionalsocialismo e del socialismo - l'"anticapitalismo" e i sentimenti rivoluzionari e antidemocratici, come vuole darci a intendere, è una storiella ben orchestrata dalla sinistra. Negli anni Ottanta il PSS cercò la vicinanza delle dittature socialiste dell'Europa orientale, fino al crollo die regimi nel 1989. Oltre al collettivismo e all'onnipotenza dello Stato, la causa del terrore seminato dal nazionalsocialismo e dal socialismo parte da un'immagine pessimistica dell'uomo, stando alla quale l'uomo è troppo debole per provvedere a sé stesso, e ha bisogno di una costante assistenza possessiva dello Stato. L'economia dirigista e il centralismo rappresentano insieme mali fondamentali tanto quanto la solidarietà prescritta dall'alto. Occorre rimanere all'erta, in quanto anche la politica svizzera mostra crescenti tendenze verso il totalitarismo: l'indottrinamento della propaganda di Stato fa scuola anche nel nostro Paese, mentre la richiesta di un "primato della politica" non lascia più spazio privato al singolo individuo. La proposta presentata recentemente al Consiglio nazionale in merito alla creazione di un'istanza pubblica che esamini la veridicità e la falsità degli argomenti presentati nelle campagne elettorali, ricordano il "ministero della verità" totalitario descritto da George Orwell. Negli ultimi vent'anni il nostro Paese si è gradatamente allontanato dalla via della libertà per incamminarsi sempre più su sentieri socialisti. Oltre a riconsiderare il passato della loro ideologia e le sue radici comuni con altre correnti totalitarie, i socialisti di tutti i partiti sono chiamati a occuparsi della questione di come sarà il socialismo del futuro. Alle soglie del 21° secolo occorre liberarsi, in qualità di uomini liberi in una società democratica retta dell'economia di mercato, da quel socialismo che prova disprezzo per l'umanità. Il nostro Paese non deve farsi integrare in un'Unione europea dalle strutture prevalentemente socialiste, bensì tornare a essere un modello del liberalismo grazie alle prestazioni straordinarie dei nostri cittadini e, quindi, a un caso speciale. In tal modo torniamo al concetto fondamentale dello Stato svizzero: la libertà! Allegato:

03.04.2000

Freiheit statt Sozialismus

Aufruf an die Sozialisten in allen Parteien Nationalrat Christoph Blocher, 3. April 2000 „Es sind jetzt bald vierzig Jahre, seit ein Sozialismus, der sich das schmückende Wörtchen ‚national‘ vorgehängt hatte, die freie Beweglichkeit in Europa unterbrochen ... hatte.“ [1] (Friedrich August von Hayek, Nobelpreisträger 1974) Erscheint deutsch, französisch, italienisch und englisch. Die Originalfassung ist deutsch. I. Der aktuelle Anlass In einer politischen Standortbestimmung anlässlich der 12. Albisgüetli-Tagung vom 21. Januar 2000, die in alle Schweizer Haushalte verteilt wurde, habe ich wörtlich festgehalten: „Den grössten Unglaubwürdigkeitsspagat führen zur Zeit die Sozialdemokraten auf: Der von unseren Kritikern so lange bejubelte Sozialismus hat 1989 seinen vollständigen wirtschaftlichen, politischen und moralischen Zusammenbruch erlebt. Heute wollen die schiffbrüchig gewordenen Sozialisten davon ablenken, indem sie mit dem Faschismus-Vorwurf um sich werfen. Haben die Sozialdemokraten vergessen, dass die Schweiz 1933-1945 die Souveränität, die Neutralität, die direkte Demokratie und den Föderalismus gegen die braune Flut verteidigte? Die SVP stand damals in der ersten Reihe und kämpft auch heute noch dafür wie keine andere Partei. Ausgerechnet die Linke, die diese Werte heute verachtet, wirft nun der SVP extremistisches Gedankengut vor. Unsere Gegner wollen verdrängen, dass es zwischen den braunen und den roten Massenmördern dieses Jahrhunderts nicht den geringsten Unterschied gibt. Jene Sozialisten, die ihre Faschismus-Vorwürfe heute so leichtfertig austeilen, müssten sich eigentlich bewusst sein, dass sie mit ihrer Vergötterung des allumfassenden Staates, der ständigen Betonung des Kollektivs und der Missachtung der Freiheit der einzelnen dem faschistischen Weltbild weit näher stehen als wir. Die braunen Horden haben sich nicht zufällig ‚Nationalsozialisten‘ genannt [...].“ [2] Aktueller Anlass dieser Stellungnahme war das seit Monaten andauernde Bemühen der politischen, kulturellen und gesellschaftlichen Linken, die Bürgerlichen - vor allem die Schweizerische Volkspartei - in eine rechtsextreme, totalitäre Ecke zu stellen und auszugrenzen. Diese systematische Diffamierung geschah nicht nur in Inseraten und Stellungnahmen im Inland, sondern unter Mitwirkung des Schweizer alt Nationalrats Victor Ruffy (SPS) auch im Europarat in Strassburg. [3] Damit wurden unzählige Anhänger der wählerstärksten Partei dieses Landes beleidigt, beschimpft und verletzt. Meine wohlüberlegte Aussage, welche die Sache schonungslos beim Namen nennt, hat erfreulicherweise grosse Diskussionen ausgelöst. Die Sozialdemokratische Partei aber hat mit Ultimaten, mit Entschuldigungsforderungen und mit der Boykott-Ankündigung der Gespräche unter den Bundesratsparteien reagiert. [4] Das Ziel der SP ist klar: Eine sachliche Diskussion und offene intellektuelle Auseinandersetzung soll mit Drohungen unterbunden, gegnerische Argumente sollen von Anfang an unterdrückt werden. Eine wichtige „Grundwertedebatte“ über den Totalitarismus und über den Sozialismus darf in der Öffentlichkeit nicht stattfinden. Die SP-Präsidentin schrieb dem Präsidenten der SVP Schweiz: „Wie Sie vermutlich der Presse entnommen haben, rückt Herr Dr. Blocher die SP in die Nähe der nationalsozialistischen Bewegung.“ Dies ist eine absurde Unterstellung, damit sich die SP zu den konkreten Vorwürfen nicht äussern muss: Zu den Tatsachen nämlich, dass die Überbetonung der Staatsallmacht und des Kollektivs und die Geringschätzung des Individuums sowohl im Sozialismus wie im Nationalsozialismus die Wurzeln für deren spätere Greueltaten bilden. Selbstverständlich habe ich nie den Unsinn behauptet, die Schweizer Sozialdemokraten seien Nationalsozialisten oder Faschisten. Dies wäre eine ungeheuerliche Verharmlosung von politischen Massenmördern. Ich habe nie in Abrede gestellt, dass auch zahlreiche Vertreter der Sozialdemokratie mit Mut und Zivilcourage im Kampf gegen den Naziterror standen und unter ihm zu leiden hatten oder starben - genau wie etwa Liberale, bekennende Christen, Angehörige des Adels oder im Widerstand engagierte Offiziere. Ich forderte aber jene Sozialisten (nicht nur unter den Sozialdemokraten!), die uns heute mit einer totalitären Gesinnung in Verbindung bringen, unmissverständlich auf, ernsthaft über die gleichen ideologischen Wurzeln von Nationalsozialismus, Faschismus und Sozialismus nachzudenken. Diese ideologischen Wurzeln sind die Ursachen des Totalitarismus und bestehen im Ziel einer möglichst unbeschränkten Staatsmacht in jedem Lebensbereich (Etatismus), der Überbetonung der Gemeinschaft (Kollektivismus) und der Missachtung der Freiheit des Einzelmenschen (Antiindividualismus, Antiliberalismus). Dies gilt sowohl für den Nationalsozialismus wie auch den Sozialismus - hüben und drüben - genau gleich. * * * II. Schluss mit dem Totalitarismus im 21. Jahrhundert Im Jahre 1945 ist der Nationalsozialismus in Deutschland zusammengebrochen. Unter den Trümmern dieses totalitären Systems lagen Millionen von Toten als Opfer von unvorstellbarem Rassenhass - die Opfer des braunen Holocaust. In den Jahren 1989-1991 sind die sozialistischen Diktaturen in Osteuropa zusammengebrochen. Unter ihren Trümmern lagen Millionen von Toten als Opfer von unvorstellbarem Klassenhass - die Opfer des roten Holocaust. Während der braune Totalitarismus glücklicherweise politisch und moralisch vollkommen diskreditiert, geächtet und überwunden ist, findet der rote Totalitarismus im linken Lager - bei Sozialisten und bei Sozialdemokraten - immer wieder Verteidiger oder zumindest Verharmloser. Im Gegensatz zu den nationalsozialistischen Greueltaten sind die sozialistischen Massenmorde, die Dezimierung ganzer Volksgruppen (wie Kosaken und Ukrainer) durch bewusst inszenierte Hungerkatastrophen, die Vernichtung der bäuerlichen "Klassenfeinde" (Kulaken) und der "Konterrevolutionäre", die Deportationen, die Zwangsarbeit, die Sippenhaft und der sozialistische Gulag-Terror in Arbeits- bzw. Konzentrationslagern einer breiten Allgemeinheit noch immer viel zu wenig bekannt. [5] Seriöse Forscher schätzen, dass der Kommunismus annähernd 100 Millionen Tote (!) gefordert hat. [6] Lenin, seine Genossen und seine Nachfolger verstanden sich als Vollstrecker eines gnadenlosen Klassenkampfs, in dem politische und ideologische Gegner, ja sogar widerspenstige Bevölkerungsteile rücksichtslos ausgemerzt wurden. Nur wer den Begriff „Links“ mit moralisch „Gut“ gleichsetzt, wird sich mit Händen und Füssen gegen den Vergleich von Rot und Braun sträuben. Der Hinweis auf die gemeinsamen Ursachen des Terrorismus beider totalitärer Systeme rührt offenbar an den Grundlagen des linken Selbstverständnisses und zeigt einen moralisch und geistig bedenklichen Dogmatismus. Wenn ich im folgenden nicht das Trennende der beiden grossen totalitären Ideologien des 20. Jahrhunderts in den Vordergrund rücke, so deshalb, weil die Ursache des Totalitarismus bildet bei beiden Systemen gleich ist. Die Gefährlichkeit des Sozialismus muss endlich wieder bewusst werden. Es gilt, sich an der Schwelle zum 21. Jahrhundert als freie Menschen in einer demokratischen und marktwirtschaftlichen Gemeinschaft vom menschenverachtenden Sozialismus zu befreien. Angesichts des sich schleichend ausbreitenden Sozialismus ist dies ein dringender Aufruf an die Sozialisten in allen Parteien. Was oberflächlich gesehen als parteipolitischer Schlagabtausch zwischen SVP und SP betrachtet werden mag, stellt in Wirklichkeit eine wichtige Klärung grundlegender politischer und gesellschaftlicher Positionen - also eine eigentliche „Grundwertedebatte“ - dar. Dieser Aufruf ist gleichzeitig die Warnung vor dem sozialistischen Irrweg und seinen verheerenden Auswirkungen für die Menschen. Die Warnung ist so eindeutig und für manche hart in der Sache, wie es der Ernsthaftigkeit des Themas entspricht. Es ist kein Angriff auf die Sozialisten als Personen, sondern auf das sozialistische System und die sozialistische Ideologie. Es geht darum, im politischen Denken den teilweise nach wie vor beliebten und bewunderten Sozialismus zu überwinden und diesen als gefährliche, totalitäre und überholte Ideologie zu bekämpfen. Gerade deshalb richtet sich dieser Aufruf auch an die Verharmloser des Sozialismus in den bürgerlichen Reihen. Trotz der offensichtlich negativen Folgen ist unser Land in den letzten zwanzig Jahren immer mehr vom Weg der Freiheit abgekommen und wandelt auf zunehmend sozialistischen Pfaden. * * * III. Zwei Wege zur Knechtschaft Der Gegensatz zwischen einer freiheitlichen und einer totalitären Ordnung ist letztlich unversöhnlich. Es ist offenkundig, dass sozialistische und kommunistische Politik einerseits mit nationalsozialistischer oder faschistischer Politik, andererseits die gleiche ideelle Basis haben. Die gros-sen Denker des 20. Jahrhunderts haben die Gemeinsamkeiten der beiden furchtbaren totalitären Systeme längst erkannt und wissenschaftlich überzeugend nachgewiesen. Ludwig von Mises - ein massgeblicher Vordenker der liberalen Gesellschaft und einer der bedeutendsten Ökonomen seines Jahrhunderts - hat bereits 1932 festgehalten: „Beide – Marxismus und Nationalsozialismus - stimmen in der Gegnerschaft gegen den Liberalismus und in der Ablehnung der kapitalistischen Gesellschaftsordnung überein. Beide streben eine sozialistische Gesellschaftsordnung an.“ [7] Wilhelm Röpke schrieb 1937 in der „Neuen Zürcher Zeitung“: „Der Antifaschismus der Kommunisten und der Antikommunismus der Faschisten - im Grunde ist das ein Familienstreit innerhalb des totalitären Sektors der Welt.“ [8] Vor fast fünfzig Jahren hat der Ökonom und Nobelpreisträger Friedrich August von Hayek mit seinem Werk „Der Weg zur Knechtschaft“ eine äusserst fundierte Abrechnung mit den „rechten“ und den „linken“ Diktaturen geliefert. [9] Hayek zeigte auf, dass nur eine liberale Ordnung zu einer Gesellschaft freier und wohlhabender Menschen führen kann. Fast gleichzeitig entlarvte der Philosoph Sir Karl R. Popper die Nationalsozialisten wie die Sozialisten als Feinde der „offenen Gesellschaft“. [10] In der Schweiz hat Carl Böckli im „Nebelspalter“ unentwegt auf den gemeinsamen Nenner der „roten Fäuste“ wie der „braunen Fäuste“ und auf die Tatsache hingewiesen, dass beide Ideologien Zwang und Gewalt im Hinblick auf angeblich „höhere Zwecke“ rechtfertigen und zulassen. Die Soziologin und Politologin Hannah Arendt hat die gemeinsamen ideologischen Grundlagen von Nationalsozialismus und Sozialismus mit dem Begriff „Totalitarismus“ treffend erfasst. [11] In zwei grundlegenden Werken von 1968 und 1986 beschäftigte sich der britische Historiker Robert Conquest mit den verbrecherischen Untaten des Stalinismus. [12] Der deutsche Historiker Karl Dietrich Bracher beschrieb 1982 die Gemeinsamkeiten der beiden grossen, verführerischen Bewegungen des 20. Jahrhunderts. [13] Der französische Intellektuelle André Glucksmann befasste sich als scharfer Kritiker mit dem Gemeinsamen von totalitären Systemen jeglicher Couleur. [14] In Frankreich sind die Wesensverwandtschaft und das Komplizentum des roten und des braunen Totalitarismus 1995 durch François Furet im Werk „Das Ende einer Illusion“ [15] und 1997 durch Stéfane Courtois in einem „Schwarzbuch des Kommunismus“ vorbildlich erforscht und dargestellt worden. [16] In diesen Wochen ist in Paris das Buch „Die grosse Parade, Essay über das Fortleben der sozialistischen Utopie“ erschienen. Der Philosoph Jean-François Revel zeigt darin die Gründe für die wütenden sozialistischen Reaktionen auf das „Schwarzbuch des Kommunismus“ auf: „Es ist nicht angenehm, zugeben zu müssen, dass man fast ein Jahrhundert lang den Typus eines politischen Regimes unterstützt hat, der im Grunde identisch ist mit demjenigen, den man als Verkörperung des Bösen bekämpft hat (den Nazismus). Der Schmerz dieses Bekenntnisses wird von der ganzen Linken befürchtet." [17] Die Ursachen der beiden totalitären Systeme sind die gleichen: Der Glaube an die Staatsallmacht und die Verachtung des Einzelnen. Notwendig dazu sind eine alle Lebensbereiche umfassende Ideologie, eine einzige Massenpartei, ein Terrorsystem, ein Monopol der Massenkommunikation sowie ein umfassender „Antikapitalismus“, d.h. ein Eintreten für die möglichst zentrale Lenkung der Wirtschaft und die damit verbundene wirtschaftliche Abhängigkeit des Einzelnen vom Staat. Beide Ideologien befürworten die Allgegenwart und Allmacht des Staates, der alles weiss, alles regelt, alles zerstört und unterdrückt, was jenseits seiner Normen liegt. Wer diese wahren Ursachen der beiden Menschheitskatastrophen des 20. Jahrhunderts nicht erkannt hat, ist nicht gefeit vor künftigen Katastrophen oder Gefahren ähnlicher Art. In der politischen Sprache, im politischen Stil gibt es Unterschiede: Beim Nationalsozialismus und Faschismus wurden Brutalität und Menschenverachtung hinter ethisch schön tönenden Begriffen wie „Volksgemeinschaft“, „Heimat“ oder „Gemeinwohl statt Eigennutz“ versteckt. Der Sozialismus operierte mit ebenso wohl klingenden, heute noch nicht hinterfragten und deshalb um so gefährlicheren Wörtern wie „Solidarität“ „Friede“, „soziale Gerechtigkeit“ und „Volksdemokratie“. Als „süsses Gift“ sind Sozialismus und Kommunismus vielleicht noch perfider, ihre Bekämpfung ist schwieriger. Nationalsozialismus und Faschismus wurden militärisch niedergekämpft und danach gesetzlich geächtet. Der Sozialismus erlebte aber lediglich einen wirtschaftlichen und intellektuellen Bankrott und kann jederzeit und überall wieder auferstehen. Wir wollen im Gegensatz zum braunen und roten Totalitarismus Freiheit statt Unterdrückung, Demokratie statt Diktatur, Marktwirtschaft statt Planwirtschaft, Mehrparteienkonkurrenz statt Einparteiensystem, Rechtsstaatlichkeit statt Terror, Meinungsfreiheit statt Zensur. Es gibt nur eine Freiheit, und diese beruht auf dem Wert der persönlichen Einzigartigkeit jedes Menschen und auf der Vielgestaltigkeit der Ansichten (Pluralismus). * * * IV. Wo steht der Sozialismus heute? Am meisten Sozialisten gibt es hierzulande in der Sozialdemokratischen Partei; die SPS steht der sozialistischen Ideologie eindeutig am nächsten. Die Sozialdemokratische Partei der Schweiz hat unter der Führung linker Theoretiker in letzter Zeit im Gegensatz zu früheren Jahrzehnten immer weniger zwischen Sozialdemokratie und Sozialismus unterschieden. Während sich die Sozialdemokratie klar vom Totalitarismus losgesagt hat und ihre politischen Ziele im Rahmen der Demokratie im Wettbewerb der Parteien den Wählern offen anbietet, widerspricht der Sozialismus als Ideologie den Prinzipien von Demokratie und Marktwirtschaft. Anders als die Sozialdemokraten etwa in Grossbritannien oder in Deutschland hat es die SPS bis heute leider viel weniger für nötig befunden, sich klar vom Sozialismus abzugrenzen und neue, modernere Wege zu beschreiten. Noch immer singen die Teilnehmer an SP-Parteitagen dieselbe „Internationale“, die auch in sozialistischen Diktaturen gesungen werden musste. Der heutige SP-Fraktionschef Francesco Cavalli gilt als „marxistischer Theoretiker von Format“ [18] und steht damit zu einer Ideologie, deren Verwirklichung Terror, Krieg, Hunger und unendliches Leid über die Menschheit gebracht hat. Ein Genfer Parteifreund nennt Cavalli einen „Mann des Komintern, Version 1920“, [19] also einen Anhänger der moskauhörigen Dritten Kommunistischen Internationale. Welch unvorstellbare kriminelle Energie diese Organisation entfaltet hat, ist im Kapitel „Komintern in Aktion“ im „Schwarzbuch des Kommunismus“ nachzulesen. [20] Damit entfernen sich führende Schweizer SP-Politiker vom reformerisch-demokratischen Verständnis der Sozialdemokraten und huldigen teilweise wiederum der totalitären Stossrichtung des Sozialismus. Sie bekennen sich stolz als Freunde von ehemaligen oder gegenwärtigen totalitären Regimes in Kuba, Nordkorea, Kambodscha oder Nicaragua. Manche von ihnen bejubeln „arme“ blutrünstige sozialistische Diktaturen der Dritten Welt, während sie die „reichen“ westlichen Demokratien verteufeln. [21] Die marxistisch-leninistische POCH ist fast vollständig in der Sozialdemokratischen Partei aufgegangen. Das Zürcher Erst-Mai-Komitee, in dem auch die SP vertreten ist, hat für die Maifeier des Jahres 2000 skandalöserweise die ostdeutsche Stalin-Verteidigerin Sahra Wagenknecht eingeladen, ohne dass dies in den Medien auf grosse Kritik gestossen wäre. [22] Was - so frage ich - unterscheidet die Verharmloser oder Leugner von roten Massenmorden von Leugnern der braunen Massenmorde? Im noch heute gültigen SP-Parteiprogramm von 1982 steht wörtlich: „Diese Grundsätze sind auf die langfristige Zielsetzung einer Gesellschaft in solidarischer Freiheit ausgerichtet. Dazu gehören die Überwindung des Kapitalismus [...].“ [23] Es zeugt von nicht geringer geistiger Unordnung, wenn die Schweizer Sozialdemokraten den „Kapitalismus“ und damit das Privateigentum und den freien Markt bekämpfen und gleichzeitig die Freiheit verlangen. Vor dem damaligen grossen Programmparteitag in Lugano erklärte SPS-Präsident Helmut Hubacher der kommunistischen Zeitung „Vorwärts“ voller Stolz: „Der Bruch mit dem Kapitalismus wird im Mittelpunkt der Debatten stehen.“ [24] Auch wenn gemäss neueren SP-Wirtschaftspapieren die Überwindung des Kapitalismus nicht mehr zur Debatte steht, ist das Programm der Regierungspartei SPS von 1982 trotz dem vollständigen Bankrott der „antikapitalistischen“ Staaten nie widerrufen worden. Ohne Privateigentum und ohne freien Markt - dies ist theoretisch und praktisch längst erwiesen - gibt es weder Freiheit für die Bürger noch Wohlstand und soziale Sicherheit. Nicht zuletzt die abgewirtschafteten sozialistischen Staaten haben dies der Welt ein für allemal vor Augen geführt. * * * V. Die Faschismuskeule der Linken Die SP reagiert bei Kritik an ihre eigene Adresse überaus sensibel und versucht, die sachlichen Argumente mit Beschimpfungen und Drohungen gegenüber der SVP und deren Exponenten zu widerlegen. Tatsache ist: Die SVP ist entschieden angetreten, als ausländische Organisationen und teilweise auch amerikanische Regierungs-Stellen mit verzerrten historischen Fakten ein widerwärtiges Kesseltreiben gegen die Lebensleistung der ganzen Aktivdienstgeneration veranstaltet haben. [25] Wir haben uns nie als makellose Moralisten aufgespielt, wir haben nie behauptet, es seien in den bürgerlichen Reihen in den Jahren 1933 bis 1945 keine Fehler gemacht worden. [26] Wir haben nie geleugnet, dass es damals in den führenden Kreisen von Politik, Wirtschaft und Gesellschaft Anpasserei, Leisetreterei und sogar zuweilen Sympathien für totalitäre Systeme gegeben hat – wahrscheinlich sogar wesentlich mehr als in der breiten Bevölkerung. Dass die Linken gegen die verhängnisvollen Ursachen des Nationalsozialismus - den „Antikapitalismus“ und die revolutionäre und antidemokratische Gesinnung - so immun gewesen seien, wie sie heute behaupten, ist ein von ihnen sorgfältig gepflegte Geschichtsfälschung. Die Behauptung vieler Sozialisten, sie besässen gewissermassen das alleinige Monopol auf Demokratie, Menschlichkeit und Recht, ist durch die Geschichte längst widerlegt. Wenn Schweizer Sozialdemokraten und Sozialisten heute in Anspruch nehmen, sie seien gegen Faschismus und Nationalsozialismus am entschiedensten aufgetreten, müssen sie sich die Frage gefallen lassen, womit sie diese Totalitarismen denn bekämpft hätten. Bis weit in die 1930er Jahre hat die SP Schweiz die Armee und alle Anstrengungen des SVP-Bundesrates Rudolf Minger für deren zeitgemässe Bewaffnung abgelehnt, obwohl die Armee damals fast ausschliesslich der Abwehr von Nationalsozialismus und Faschismus diente. Letztlich hat erst die Verbrüderung von Nationalsozialismus und Sozialismus im Hitler-Stalin-Pakt von 1939 den Ausbruch des Zweiten Weltkriegs möglich gemacht. Wie sehr sich die freiheitsfeindlichen Diktaturen von Kommunismus und Nationalsozialismus bzw. Faschismus die Hände reichten, zeigt der Ausspruch Hitlers, er habe als „einfacher Arbeiter“ angefangen und sei Sozialist. [27] Hitler rechtfertigte die Verfolgung der Juden nicht zuletzt dadurch, dass er diese als angebliche Vertreter des „bösen Kapitalismus“ brandmarkte. Er tat dies, um sich nach „sozialistischen“ Kriterien rechtfertigen zu können. Mussolini rief beim Ausschluss aus der sozialistischen Partei aus, man könne ihn nicht loswerden, weil er ein Sozialist sei und dies immer bleiben werde. [28] Von Anfang an beanspruchten Nationalsozialismus und Faschismus die Rolle einer betont „antikapitalistischen“, „sozialen“ Arbeiterbewegung. Ludwig von Mises schrieb in seiner ökonomischen und soziologischen Analyse des Sozialismus: „Es gab keine besseren Schüler von Lenin, Trotzki und Stalin, als es die Nazis waren.“ [29] Der 1933 durch die Nazis vertriebene Ökonom und Soziologe Wilhelm Röpke hat festgehalten, dass es die dem deutschen Charakter angemessene Form der Sozialdemokratie mit ihrer Idee des wohl organisierten Wohlfahrts- und Polizeistaates und mit ihrer straffen Organisation gewesen sei, „von der dann der Nationalsozialismus wesentliche Züge übernahm“. [30] Die Tatsache, dass die eine politische Gruppierung die andere verfolgt und bekämpft, bedeutet nicht, dass die ideologischen Wurzeln nicht identisch sein können. Hitler verbündete sich mit Stalin, um sich wieder mit ihm zu verkrachen. Die Stalinisten ihrerseits verfolgten die Trotzkisten, die Nationalsozialisten SA-Angehörige als Abweichler in der eigenen Parteiorganisation. Bis 1989, dem Jahr des Untergangs der sozialistischen Diktaturen, unterhielt die SPS freundschaftliche Beziehungen zu den totalitären Regimes Osteuropas. Um von der blutigen Geschichte des Sozialismus und Kommunismus abzulenken, schwingen zahlreiche linke Politiker, Intellektuelle und Medienschaffende in bedenklicher Weise die Faschismuskeule: Der Antifaschismus diente auch den sozialistischen Regimes seit je als Mythos, Kampfmittel und Legitimation. Sie unterstellen ihren liberalen und konservativen bürgerlichen Gegnern eine Gemeinsamkeit mit dem Faschismus. Die Machthaber der DDR strichen das Wort „Nationalsozialismus“ aus ihrem Wortschatz, da sie der Begriff „Sozialismus“ darin störte, und beschimpften fast alle Gegner ihres Systems als „Faschisten“. Damit wollten sie ihrem nicht weniger totalitären Regime einen höheren moralischen Anspruch geben. Die Absage an die Demokratie unter dem Deckmantel des „Antifaschismus“ verführte in den 1970er Jahren namentlich in Deutschland („Rote Armee Fraktion“) und Italien („Rote Brigaden“) totalitäre Sozialisten zum offenen Terrorismus und zum politischen Mord. Dennoch tun noch immer viele so, als ob es im 20. Jahrhundert nur eine einzige totalitäre Herrschaftsform gegeben hätte. Der längst erledigte braune Totalitarismus und die noch immer nicht erledigte rote Spielart wird dabei mit höchst ungleichen Ellen gemessen. Bei uns werde der Pfannkuchen immer nur auf einer Seite gebacken, deshalb stinke er auch so angebrannt, sagte Wilhelm Röpke. [31] * * * VI. SP-Faszinationen gegenüber Faschismus und Nationalsozialismus Die Schweiz hat – trotz wirtschaftlicher Bedrängnisse und politischen Bedrohungen – insgesamt ein äusserst erfolgreiches Jahrhundert hinter sich; vielleicht das erfolgreichste Jahrhundert, das je ein Land in der Geschichte der Menschheit durchlebt hat! Dies nicht zuletzt deshalb, weil unser Land das Lämpchen der Freiheit hochgehalten, den braunen und roten Verlockungen und Machtdrohungen widerstanden hat. Die Geschichte der Schweiz in den letzten hundert Jahren ist geprägt von einem einzigartigen Zuwachs an Wohlstand und Prosperität. Dennoch mussten wir unlängst erleben, wie unser Land und seine Bürger wegen der jüngeren Geschichte in einer masochistischen, selbstzerfleischenden Weise angeklagt wurden, die ihresgleichen sucht. Als besonders tugendsame, unbefleckte Moralisten und Geschichtspolitiker traten dabei die schweizerischen Linken auf. Selbstverständlich fiel es ihnen leicht, bei einigen bürgerlichen Exponenten vor und während des Zweiten Weltkriegs eine wankelmütige, wenig mutige Haltung gegenüber den benachbarten Diktaturen nachzuweisen. Der Frage, ob sich sämtliche sozialdemokratische Wortführer und Publizisten jederzeit als mutige Widerstandkämpfer und standfeste Demokraten erwiesen haben, gingen sie tunlichst aus dem Weg. Zahlreiche ihrer Aussagen würden das Gegenteil belegen. Dies gilt noch in den gefährlichen 1940er Jahren - als im Gegensatz zu den dreissiger Jahren - der für die Schweiz existenzbedrohende Charakter des Faschismus und des Nationalsozialismus feststand. Die Tatsache, dass Hitler und Mussolini auch die Sozialisten und Sozialdemokraten bekämpft haben, schliesst nicht aus, dass wichtige Stimmen der Schweizer SP den ideologischen Grundlagen der braunen Diktaturen nicht mit einem gewissen Verständnis oder gar mit Bewunderung gegenüberstanden. Den Ursachen von Unfreiheit, Verfolgung und Terror - der Staatsallmacht, dem Kollektivismus und dem Antikapitalismus - brachte die SPS durchaus Gefühle der Faszination entgegen. Deutliche Verachtung gegenüber der Demokratie und damit eine unverhohlen totalitäre Einstellung kommt in folgenden Zeilen in der „Berner Tagwacht“ - dem offiziellen Publikationsorgan der SPS - zum Ausdruck: „Von den geographischen Umwälzungen ahnt man zwar etwas. Von den politischen und den sich anbahnenden geistigen wenig. Kaum beobachtet wurde, dass Mussolini seine Kriegserklärung mit dem Appell ‚an das proletarische Italien‘ verband. Gegen die veralteten und verkalkten ‚plutokratischen‘ Demokratien...“ [32] SP-Nationalrat Ernst Reinhard würdigte das faschistische Italien in der „Tagwacht“ als „eine junge, eine aufstrebende und eine ganz unerhört tüchtige Nation“, der ebenfalls das Recht zugebilligt werden müsse, „sich sein eigenes Regierungssystem zu schaffen, genau wie es Russland hatte und wie wir es für uns in Anspruch nehmen“. Und weiter hiess es da, Italien sei „aus eigenem und wohlverstandenem Interesse ein guter und aufrichtiger Freund der Schweiz geworden“. Nach der eigenartig völkischen Rangliste im SP-Organ erhielt Italien einen Spitzenplatz: „Wir halten aus guter Kenntnis der Dinge das italienische Volk für eines der wertvollsten Völker der Welt. [...] Es wäre ein Gebot der Klugheit gewesen, sich gerechten Lebensforderungen Italiens nicht zu verschliessen.“ [33] Noch am 26. August 1943 (!) sprach das offizielle SP-Organ in einem Geburtstagsartikel für den Duce von der „grossen Begabung Mussolinis, die ihn in weiten Bezirken auf stolze Höhen führte [...]. Wie auch das letzte Ende sei, ihm gebührt ein Platz in der Weltgeschichte und das letzte Urteil wird ihm persönliche Sauberkeit, Tatkraft und eminente Fähigkeiten zubilligen. Ein politisches Genie von grosser dynamischer Kraft.“ [34] Mit welch deutlicher Sympathie das offizielle Organ der SP Schweiz die europäischen Diktaturen beurteilte, wie stark es dem Kollektivismus huldigte und wie sehr es der Anpassung der Schweiz das Wort redete, belegt folgende erschreckende Aussage: „Das arbeitende Volk der Schweiz gewinnt heute auf alle Fälle zusehends mehr Verständnis für das Beispiel der autoritären Staaten, die Wirtschaft und den Reichtum, das Wissen und das Können dem Volksganzen unterzuordnen [...]. Das wäre eine Anpassung, die wir uns alle gefallen lassen könnten und mit der wir auch im neuen Europa zu bestehen vermöchten.“ [35] Nicht nur das faschistische Italien, auch das nationalsozialistische Deutschland erhielt wegen seiner antikapitalistischen Tendenz von den Schweizer Sozialdemokraten Streicheleinheiten. Die „Tagwacht“ schrieb im Sommer 1940 über den NS-Staat: „Er ist kein kommunistischer, kein sozialistischer Staat, er siegt aber mit der Devise Nationalsozialismus [...]. Wir sehen auf allen Wegen eine Welt im Umbruch; wo ihn der Krieg oder die Revolution nicht bringt, sieht sich die kapitalistische Gesellschaft selbst zur Korrektur gezwungen – zur Regulierung ihrer Wildwasser und Sumpftümpel.“ [36] Einen Leitartikel über „Das deutsche Wirtschaftssystem“ zierte das offizielle SP-Publikationsorgan mit folgenden bekenntnishaften Phrasen: „Die neue Wirtschaftsordnung, die hier im Werden ist, kann erst in der Nachkriegszeit ihre volle Bedeutung erlangen. Sie tritt der alten Ordnung gegenüber, die ihre Form im vorigen Jahrhundert erhielt und die nicht nur in Deutschland als überlebt erkannt worden ist.“ Kaufkräftig sei das Geld „nur im Rahmen der dem Geldbesitzer vom Staat zugebilligten Gütermenge“. „Dadurch“ - freute sich das SP-Blatt - sei im nationalsozialistischen Deutschland auch „der Begriff des Eigentums gewandelt“. [37] In auffallender ideologischer Verbundenheit lobte die „Berner Tagwacht“ das Dritte Reich: „Mit der Ablösung der alten liberalen Wirtschaftsordnung durch bewusste staatliche Lenkung vollzieht sich auch ein Wandel in den grundsätzlichen wirtschaftspolitischen Anschauungen. [...] Ein kapitalarmes Land wie Deutschland ist jetzt nicht mehr darauf angewiesen, ins Ausland zu laufen und dort ausländisches Kapital zu borgen. Um deutsche Arbeitskräfte mit deutschen Naturschätzen zu vermählen, braucht man nicht mehr die Segnung des englischen Bankiers. Das heisst aber, das Kapitalvorurteil zu brechen. Deutschland hat der ganzen Welt nicht nur die Brechung der Zinsknechtschaft, sondern auch der Kapitalknechtschaft überhaupt geschenkt. Selbstverständlich stellt auch die deutsche Technik des Kapitalersatzes durch innere Kreditausweitung eine grosse Kunst dar, deren Geheimnisse im Ausland noch nicht genau bekannt wurden.“ [38] Am 4. Januar 1941 schliesslich bejubelte die „Tagwacht“ den revolutionären Charakter der totalitären Regimes in Deutschland und in Italien: „Die Revolution 1918 ist steckengeblieben, zurückgeschlagen worden. In anderem Sinne haben der Faschismus und der Nationalsozialismus die Dinge wieder ins Rollen gebracht. Beide Bewegungen wachsen über ihre Anfangszwecke hinaus, sind darüber hinausgewachsen. Einst reaktionär wirkend, sind sie heute Träger der Revolutionen. Einzig wahr, was der Sozialismus immer sagte: die soziale Idee stirbt nie und nie die Arbeiterklasse als revolutionärer Massenfaktor.“ [39] Der Hinweis auf solche höchst bedenkliche Aussagen der offiziellen SP-Parteipresse wird heute von den Sozialdemokraten fast fanatisch bekämpft. Wann arbeiten eigentlich die Schweizer Sozialdemokraten ihre Geschichte auf? Oder noch klarer gefragt: Was unterscheidet die Verharmloser und Leugner von roten Massenmorden von Leugnern der braunen Massenmorde? * * * VII. Nähe der SP zu sozialistischen Diktaturen Mit den zunehmenden militärischen Erfolgen der Alliierten seit 1942 stieg innerhalb der Schweizer Linken die Sympathie für Stalins Regime. Kommunisten und linke Sozialdemokraten gründeten Ende 1944 die „Partei der Arbeit“ und erhofften sich vom Vormarsch der Roten Armee eine neue Chance für den Sozialismus. Allerdings führte das Klima des Kalten Krieges und die gewaltsame Unterdrückung von Volksaufständen in der DDR, in Ungarn und in der Tschechoslowakei in der Nachkriegszeit zu einer deutlichen Distanzierung der Sozialdemokraten von den sozialistischen Diktaturen. Dies änderte sich teilweise im Gefolge der Studentenunruhen von 1968 mit einer neuen Betonung des „Antikapitalismus“, des „Antiimperialismus“ und der namentlich gegen die USA und gegen Israel gerichteten „Friedensbewegung“. In den 1980er Jahren pflegte die SPS rege, gegenüber der Öffentlichkeit allerdings überaus diskret behandelte freundschaftliche Kontakte zu totalitären Staaten des Ostblocks. Im Wunsch, den sozialistischen Staaten aktiv zu Hilfe zu kommen, verkannte die SPS die totalitäre kommunistische Ideologie. Vom 30. Juni bis 4. Juli 1982 weilte eine sechsköpfige Delegation der SPS auf Einladung der Sozialistischen Einheitspartei Deutschlands (SED) in der DDR. Das dortige kommunistische Gewaltregime warf damals politische Gegner ins Gefängnis und befahl seinen Grenzpolizisten, sogenannte „Republikflüchtlinge“ zu erschiessen. Der Staatsratsvorsitzende Erich Honecker empfing die Schweizer zu einem Treffen, wobei SP-Präsident Hubacher gleich zu Beginn stolz erklärte, dass Lenin Mitglied der Sozialdemokratischen Partei der Schweiz gewesen und dass dessen Mitgliederbuch im Landesmuseum in Zürich zu besichtigen sei. Man einigte sich nach dem vierstündigen Gespräch auf die Veröffentlichung eines gemeinsamen Communiqués. Laut SED-Organ „Neues Deutschland“ brachten „Erich Honecker und Helmut Hubacher ihre grosse Besorgnis über die von den aggressiven Kreisen des Imperialismus verursachte gefährliche Zuspitzung der internationalen Lage zum Ausdruck“. [40] Hubacher verurteilte in einer mündlichen Erklärung den Krieg Israels im Libanon. In Honeckers Auftrag führte Politbüromitglied Hermann Axen mit Hubacher ein „vertrauliches Gespräch“ über Kreditrestriktionen von Schweizer Grossbanken gegenüber der DDR. Hubacher wandte sich gegen solche Restriktionen und befürwortete eine Verstärkung der ökonomischen Beziehungen zwischen der Schweiz und der DDR. Er versprach, mit SP-Finanzminister Ritschard und mit den Präsidenten der Schweizer Grossbanken zu sprechen. Später wollte sich Hubacher an eine solche Vereinbarung nicht mehr erinnern und verweigerte die Einsicht in die seine Person betreffenden Akten. [41] Vom 4. bis 7. Juni 1984 kam es zum Gegenbesuch einer Delegation des Zentralkomitees der SED bei der SP Schweiz. Bei diesem neuerlichen Treffen mit Vertretern des wichtigsten der totalitären Satellitenregimes der UdSSR betonte SP-Präsident Hubacher wiederholt die Nützlichkeit des Besuchs von 1982 und unterstrich, dass er trotz Angriffen der Bürgerlichen diese Reise in die DDR jederzeit wiederholen würde. Im gemeinsamen Communiqué hiess es: „In diesem Sinne sprachen sich beide Seiten für das Zusammenwirken von kommunistischen und sozialistischen Parteien sowie aller anderen an der Erhaltung des Friedens interessierten Kräfte in einer breiten Koalition der Vernunft aus.“ [42] Den gemeinsam mit der SED geprägten Begriff „Koalition der Vernunft“ verwendet die SP noch heute – diesmal bei ihren Avancen an die FDP und an die CVP! Am 23. August 1984 „beehrte“ sich die SPS zu folgendem Schreiben an Nicolae Ceausescu, den Generalsekretär der Kommunistischen Partei Rumäniens und einer der schlimmsten Verbrecher unter den totalitären Machthabern: „Die Sozialdemokratische Partei der Schweiz beehrt sich, der sozialistischen Republik Rumäniens zu ihrem 40. Geburtstag, der gleichzeitig auch Nationalfeiertag ist, die herzlichsten Glückwünsche auszusprechen. Die SP Schweiz ist überzeugt, dass die bestehenden guten Beziehungen zwischen der Kommunistischen Partei Rumäniens und ihr auch künftig zum Wohle beider Staate gepflegt werden können.“ [43] Im August 1985 wurde der Plan einer fünftägigen Bulgarienreise publik, die eine Fünferdelegation der SPS unter Leitung von Helmut Hubacher auf Einladung der dortigen Kommunistischen Partei in aller Stille vorbereitet hatte. [44] Wie sehr beispielsweise der damalige SPS-Vizepräsident und heutige Nationalrat Peter Vollmer der totalitären Wirtschaftspolitik huldigte und was er von den Demokratien des freien Westens hielt, geht aus seiner Rede am Parteitag der SED von 1986 hervor: „Wir in unserem eigenen Lande, obwohl wir Regierungspartei sind, stehen in sehr kritischer Distanz, ja in klarer Opposition zu unserem ökonomischen System. Und auch zu der politischen Heuchelei, wie sie in der westlichen Demokratie immer wieder zum Ausdruck kommt. [...] Ich war beeindruckt von der Rede Eures Generalsekretärs, des Genossen Erich Honecker, über den Leistungsausweis Eurer Ökonomie und Eurer Gesellschaft. Als Vertreter der SPS und als Gast an Eurem Parteitag bin ich aber auch beeindruckt zu sehen und zu spüren, wie die Menschen hier in diesem Land für Frieden und Gerechtigkeit eintreten und wie sie mit ganz konkreter Arbeit einen Beitrag für eine menschengerechte Welt und Gesellschaft leisten.“ [45] Am 13. Parteitag der kommunistischen „Partei der Arbeit“ vom 27. Februar bis 1. März 1987 trafen die dazu geladenen SED-Funktionäre SPS-Vizepräsident Peter Vollmer und Sekretär Degen. Die beiden Schweizer betonten ihr Interesse am Meinungsaustausch mit der SED und äusserten den Wunsch, zur gegebenen Zeit eine Delegation in die DDR zu entsenden. [46] SP-Nationalrat Peter Vollmer sah anlässlich eines Besuchs im totalitär-sozialistischen Nordkorea „eine Ethik, die dem westlichen Humanismus nicht fremd ist“ und erklärte die Ernährungsfrage im Entwicklungsland kurzerhand als gelöst. [47] Noch im Monat September des Jahres 1989, kurz vor dem Berliner Mauerfall, gratulierte die SPS dem DDR-Staats- und Parteivorsitzenden Honecker in einem hochoffiziellen Schreiben zum 40. Geburtstag seiner zerfallenden sozialistischen Diktatur. [48] Am 16. November 1989, wenige Wochen vor dem Sturz des furchtbaren Rumänischen Terrorregimes, schickte die SPS der Kommunistischen Partei Rumäniens folgende Glück-wunschadresse: „Liebe Genossen. Im Namen des Zentralkomitees der Sozialdemokratischen Partei der Schweiz haben wir das Vergnügen und die Ehre, Ihnen die lebhaftesten Glückwünsche zu Ihrem nächsten Kongress zu übermitteln. Da wir alle mit der Vorbereitung und der Abwicklung des Treffens der Sozialistischen Internationalen in Anspruch genommen sind, sind wir nicht in der Lage, eine Delegation an Ihre wichtige Kundgebung zu entsenden. Durch diese Botschaft möchten wir Euch fruchtbare Verhandlungen wünschen und Euch der Solidarität der Genossen unserer Partei versichern. Brüderlich Euer Jean-Pierre Métral, Sekretär für Internationale Beziehungen.“ [49] Wahrlich, es wäre für die Sozialdemokratische Partei der Schweiz eine grosse Aufgabe, endlich die Geschichte ihres Verhältnisses zum Totalitarismus aufzuarbeiten! Um die Ungeheuerlichkeit dieser sozialdemokratischen Liebedienerei gegenüber dem menschenverachtenden DDR-Regime zu veranschaulichen, haben wir uns der Parallelen zu erinnern: Die staatliche Vereinnahmung geschah bei Nationalsozialisten und Sozialisten so früh wie möglich, führte über Jugendorganisationen ("Hitler-Jugend" bzw. "Freie Deutsche Jugend") zu den Parteiorganisationen und Indoktrination der Erwachsenen in den Betrieben sowie zur staatlich organisierten Freizeitgestaltung. Wirtschaftliches Wohlergehen hing vom Wohlverhalten gegenüber dem Staat und seiner Ideologie ab. Jedes von der Parteilinie abweichende Reden oder Handeln wurde durch Geheimdienste ("Gestapo" bzw. "Stasi") bespitzelt, denunziert und durch den Staat bestraft. Jede freie Meinungsäusserung wurde in beiden Systemen unterdrückt; der Staat bestimmte, was die Bürger lesen, schreiben, sehen und hören durften. Die Bewegungsfreiheit der Bürger wurde massiv eingeschränkt. Nicht konforme Bürger wurden eingekerkert, in Konzentrationslagern, Todeszellen oder Irrenhäusern gequält oder umgebracht. Zahlreiche Menschen wurden auf der Flucht erschossen. Es herrschte ein unvorstellbarer Führerkult gegenüber Hitler bzw. gegenüber Ulbricht oder Honecker). Die Kirchen wurden in den Dienst des Staates gestellt, ihre Vertreter im Falle des Widerstandes gegen die totalitäre Staatsmacht massiv beargwöhnt, benachteiligt und ausgeschaltet. In beiden Regimes wurde der Sport zur Staatssache; sportliche Wettkämpfe dienten fast ausschliesslich der ideologischen und nationalistischen Propaganda. Dasselbe galt für Kultur und Kunst, die sich vollständig in den Dienst des Staates stellen mussten. Das Militär diente der ideologischen Schulung, der Stechschritt der DDR-Volksarmee war der Taktschritt der Wehrmacht in der Nazi-Zeit. * * * VIII. Kollektivismus und Staatsallmacht als Ursachen des Terrors All dieses ungeheuerliche Unrecht ist nur möglich, wenn die Grenzen des Staates nicht erkannt und der Kollektivismus in den Mittelpunkt gestellt wird. So entsteht der Totalitarismus, und so war denn der Kollektivismus auch das entscheidende Merkmal sowohl des Sozialismus wie des Nationalsozialismus. Darunter versteht man ein Gruppendenken, das verlangt, dass der Staat, eine herrschende Partei oder ein politischer Führer über allem steht. Die Bürger haben dem Staat, dem Führer oder der Partei zu dienen. Die „Klassengemeinschaft“ bzw. die „Rassengemeinschaft“ ist alles, der einzelne Mensch ist Teil davon und seine Rechtfertigung leitet sich nur daraus ab. Bei allen Unterschieden sind Kollektivismus und Allmacht des Staates bzw. ihrer politischen Repräsentanten die gemeinsamen Hauptmerkmale der totalitären Strömungen des 20. Jahrhunderts. Die antikapitalistische, antidemokratische und antibürgerliche Stossrichtung galt sowohl bei den Nationalsozialisten wie bei den Sozialisten als progressiv gegenüber der angeblich „verstaubten“ bürgerlichen Gesellschaft. Fast alles am „Faschismus“ mit seinem unfreiheitlichen, zentralistischen Führerprinzip ist sozialistisch: Seine Entstehungsgeschichte und seine geistigen Quellen, seine Leitfiguren und seine Agitationsmechanismen. [50] Gemeinsam war beiden totalitären Ideologien, dass der Staat jedem Menschen den ihm zukommenden Platz in der Gesellschaft zuweisen sollte. Solcher Kollektivismus führt - die Geschichte hat dies eindrücklich gezeigt - zu Unfreiheit, Tyrannei, Terror, Rechtswillkür und obendrein zu schwerer materieller Enttäuschung. Beide Systeme schufen im Namen einer „höheren Moral“ eine kollektivistische Ordnung, wobei die Menschen immer mit Polizei und Strafen zu tugendsamem Gehorsam angehalten werden mussten. Die Freiheit des Einzelnen wurde durch alle totalitären Regimes geknechtet: 1917 bis 1989 durch den Kommunismus, 1922 bis 1944 durch den Faschismus, 1933 bis 1945 durch den Nationalsozialismus. Es geht um die Alternative zwischen Freiheit und Knechtschaft. Darum muss die Freiheit des Einzelnen im Zentrum unseres Bestrebens stehen. Die Freiheit des Einzelnen ist das wichtigste Anliegen der Schweizerischen Bundesverfassung. Politische Parteien und die Politiker haben dem Bürger zu dienen - nicht umgekehrt. Deshalb setze ich mich für ein Gemeinwesen ein, das auf der Freiheit des Einzelnen beruht, und wehre mich gegen den Kollektivismus. * * * IX. Das pessimistische Menschenbild Die den totalitären Systemen eigene Staatsallmacht, der Etatismus, geht von einem pessimistischen Menschenbild aus: Der Mensch zu schwach, um für sich selber zu sorgen, er bedarf der ununterbrochenen beherrschenden und besitzergreifenden Fürsorge des Staates und seiner Funktionäre. Die Freiheit des Einzelnen wird der Organisation, der Machtkonzentration, der Lenkung und dem Apparat untergeordnet. Der Einzelmensch wird - oft im Namen schön tönender Phrasen - zum Mittel des Staates erniedrigt. Dabei ist doch jeder Mensch etwas Unvergleichliches, Unvertauschbares, Unschätzbares. Der Sozialismus wie der Faschismus will immer und überall alles regeln. Er ist geprägt vom Vertrauen in die Verordnung statt vom Vertrauen in die Freiheit. Dieser übersteigerte Kollektivismus zerstört den Charakter, führt zu krummen Rücken und geschlossenen Lippen gegenüber dem Unrecht, denn die nackte Existenz jedes Einzelnen ist in diesem System von der Obrigkeit abhängig. Es ist keinerlei Kritik mehr möglich ohne Gefährdung an Leib und Leben. Unsere Absage an den staatlichen Totalanspruch ist der Schutz der Freiheit des Bürgers, der beste Schutz gegen einen übertriebenen Nationalismus - den Chauvinismus - und damit gleichzeitig Schutzwall gegen die Verachtung von Angehörigen anderer Staaten und Völker. Die von den Schweizer Sozialdemokraten und Sozialisten gegenwärtig verfolgte Politik geht in eine verhängsnisvolle Richtung. Sie schränkt die Entscheidungsfreiheit des Bürgers ein, sie will Befugnisse und Zwangsgewalt des Staates erweitern. Diese Politik fördert den Kollektivismus und Etatismus, die Allmacht des Staates. * * * X. Kommandowirtschaft und Zentralismus als Grundübel Die Sozialisten wie die Nationalsozialisten bekämpften die Marktwirtschaft und befürworteten eine zentralistische Kommando- und Planwirtschaft. Alle Kompetenzen sollten bei einer zentralen obersten Instanz angesiedelt sein. Mit dem „Antikapitalismus“ verfügten beide Ideologien über ein wirkungsvolles Propagandainstrument während der Wirtschaftskrise. Der Sozialismusbegriff blieb ein wichtiger Bestandteil des nationalsozialisischen Selbstverständnisses. Die nationalsozialistische Diktatur nahm jenen Bürgern, die ihren „rassenethischen“ Kriterien nicht genügten, das Eigentum kurzerhand weg. Die sozialistischen Diktaturen hoben das Privateigentum ganz auf. Hätten die beiden Systeme das Privateigentum garantiert, wäre das Unrecht nicht möglich gewesen. Die sozialistischen Staaten und der NS-Staat hielten beide an ihrem Anspruch auf staatliche Lenkung und Intervention fest. [51] Heute ist die ökonomische und moralische Überlegenheit der Marktwirtschaft, in welcher der Staat die Souveränität der Konsumenten möglichst wenig antastet, sowohl praktisch wie auch theoretisch längst erwiesen. Jede Beeinträchtigung der wirtschaftlichen Freiheit, jeder Staatseingriff, jede Planung und Lenkung bedeutet Zwang. Wenn der Staat die Wirtschaft lenkt, muss der Staat entscheiden, welche Bedürfnisse seiner Bürger er befriedigen will und welche nicht. Damit bestimmt der Staat auch, welche Werte höher oder niedriger sind, woran die Menschen glauben und wonach sie streben müssen. In der Marktwirtschaft geschieht die Beurteilung der Leistung nicht (wie im sozialistischen oder im nationalsozialistischen Staat) durch eine bürokratische Behörde oder eine politische Partei, sondern auf eine demokratische Weise: Durch die freie Wahl der Konsumenten. Wir werden diese wissenschaftlich belegte Tatsache so häufig wiederholen, bis auch die Sozialisten dieses Landes sie begriffen haben! >In der Planwirtschaft sind die Ziele der politischen Massnahmen so weit gesteckt, dass man mit einer gewaltigen Bürokratie versucht, den Riesenapparat in den Griff zu bekommen. Daher finden wir bei allen totalitären Systemen einen grenzenlosen bürokratischen Leerlauf sowie unzählige rivalisierende Amtsstellen. Gemeinsam ist dem Faschismus und dem Sozialismus die Tendenz, das menschliche Zusammenleben bis ins Privateste hinein zu reglementieren und zu organisieren. So muss die schöpferische Kraft des Einzelnen erlahmen. Sozialistische Politik hat weder Computer noch Geschirrspülmaschinen oder Mountainbikes erfunden. Dies tat allein der Markt. Die Wirtschaftsfreiheit ist kein untergeordnetes Freiheitsrecht: Der Verlust der Wirtschaftsfreiheit bedeutet Verlust jeder Freiheit. Die Möglichkeit auf den Erwerb von Privateigentum ist eine wichtige Garantie für die Freiheit und gegen die Willkür des Staates, und zwar nicht nur für die, die Eigentum besitzen, sondern auch für die, die (noch) keines haben. Auch der Wettbewerb zwischen Arbeitgebern gegenüber den Arbeitnehmern gilt nur in der Marktwirtschaft. Ist der Staat der einzige Arbeitgeber, ist der Arbeitnehmer diesem völlig ausgeliefert. * * * XI. Der Solidaritätszwang Sowohl im Nationalsozialismus wie im Sozialismus wurde die Moral von oben diktiert; es war eine verordnete Ethik der Macht und der Herrschenden. Wir aber setzen uns ein für die Moral und Ethik von frei entscheidenden Menschen. Frei entscheidende, mündige Bürger sind in ihrer Vielfalt viel weniger manipulierbar als es eine vermasste Menge ist, in welcher der Einzelne nichts zählt. Das Vertrauen in die Bürger ist ein entscheidendes Merkmal der freiheitlichen Überzeugung. Dagegen ist das Misstrauen in die Urteilskraft der Bürger - häufig gepaart mit intellektueller Überheblichkeit - ein Kennzeichen sozialistischer Politik. Pseudo-Heilige und Pseudo-Moralisten zerstören nicht selten unter dem Deckmantel von Moral und Ethik die Freiheit und die Marktwirtschaft. Damit verschütten sie die Quellen, aus denen private, freiwillige Solidarität entsteht. Ein verordneter Solidaritätszwang ist sinnlos - denn niemand kann sich um alle kümmern. Die Verantwortung des Einzelnen ist immer begrenzt. Es muss ein Recht jedes freien Menschen bleiben, zu entscheiden, wessen Bedürfnisse von anderen ihm am wichtigsten erscheinen. In einer freien Gesellschaft ist die Rechtsgleichheit vor dem Gesetz als einzige Gleichheit möglich und nötig. Der Anspruch auf materielle Gleichheit aller Bürger kann nur durch Regierungen mit totalitärer Gewalt verwirklicht werden. Die von oben erzwungene Solidarität ist ohne moralischen Wert. Unsere Entscheidung zur Solidarität hat diesen moralischen Wert nur dann, wenn wir selber die Verantwortung dafür tragen dürfen und die Freiheit haben, unsere eigenen Interessen unterzuordnen. Der Staat hat kein Recht, auf Kosten anderer grosszügig zu sein. Wer durch ständig steigende Steuern, Abgaben und Gebühren gezwungen wird, sich solidarisch zu verhalten, wird nicht etwa sozialer, sondern unwillig und zunehmend egoistischer. Nicht zufällig gab es im kommunistischen Osten mit seiner sogenannten „sozialen Gerechtigkeit“ einen kaum zu übertreffenden Egoismus des Einzelnen. Nicht zufällig wird in einigermassen freien Gesellschaften am meisten gespendet. Die Mitglieder einer Gesellschaft, die gezwungen werden, in jeder Beziehung das Gute zu tun, haben kein Recht, sich dessen zu rühmen. Ganz verheerend ist, dass im Sozialismus diejenigen, die für sich selber und für ihre Familien sorgen, als eigennützig und egoistisch gebrandmarkt werden. In Wirklichkeit ist aber solidarisch und sozial, wer nach seinen eigenen Kräften für seinen Lebensunterhalt sorgt und damit niemandem zur Last fällt. Wo die Kräfte nicht ausreichen, tritt die private oder staatliche Für-Sorge auf den Plan. Wenn der Staatszwang zur Solidarität den Bürgern befiehlt, wie der heilige Martin den Mantel mit den Bedürftigen zu teilen, so bleibt jedem nach dauerndem Mantelteilen nur noch ein Faden, so dass schliesslich alle erfrieren. Sinnvoller wäre es, wenn alle selber für ihren Lebensunterhalt aufkommen würden, so dass sich schliesslich alle einen gnzen Mantel kaufen können. * * * XII. Die «Steuergeschenke» In den totalitären Systemen wird den Bürgern möglichst viel weggenommen, damit der Staat für seine vielen, schrankenlosen Aufgaben möglichst viel hat. Nationalsozialismus wie Sozialismus gehen von der Vorstellung aus, dass der Staat auf alles, was der Bürger hat, im Grunde ein Eigentumsrecht hat. Solch verhängnisvolles Denken breitet sich bei uns mehr und mehr auch in bürgerlichen Reihen aus. Unwidersprochen wird das totalitäre, eigentumsfeindliche Wort „Steuergeschenk“ hingenommen. Es kommt immer dann in die Debatte, wenn Steuern gesenkt oder nicht erhoben werden sollen. Hinter dem Wort „Steuergeschenk“ steht die Vorstellung, dass dem Staat eigentlich das volle Einkommen jedes Bürgers gehört. Darf der Erwerbstätige etwas mehr für sich behalten und muss er etwas weniger abliefern, spricht man von einem „Steuergeschenk“. Der Einzelne muss angeblich froh sein, dass ihm der Staat grosszügig etwas belässt. Als ob es in Tat und Wahrheit nicht um eine mehr oder weniger gros-se Abgabe und damit um eine Verminderung des Eigentums des Einzelnen zugunsten des Staates ginge! Der Staat nimmt den Menschen mehr und mehr die freie Verfügung über ihr Einkommen, indem er es ihnen durch Steuern, Abgaben und Gebühren wegnimmt. Im Gegenzug dazu zieht er immer mehr die Befriedigung lebenswichtiger Bedürfnisse - die er definiert - an sich. * * * XIII. «Primat der Politik» Die Sozialisten und die Sozialdemokraten dieses Landes sprechen häufig vom „Primat der Politik“ und versuchen unentwegt, dieses auch durchsetzen. Sie wollen, dass die Politik alle Bereiche des Lebens, insbesondere natürlich des Wirtschaftslebens, beherrschen soll. Die Kontrolle über die einzelnen Bürger - so meinen sie - müsse letztlich beim Staat und seinen Politikern liegen. Sozialismus wie Nationalsozialismus forderten die totale, keine Grenzen und Ausnahmen mehr zulassende Politisierung des gesamten Lebens in allen Bereichen, des Einzelnen wie der Gemeinschaft. Niemand durfte mehr Briefmarken sammeln oder Kaninchen züchten, ohne dass dies nach den Regeln des Nationalsozialismus bzw. des Sozialismus geschah. Kein Winkel, keine staatsfreie Sphäre wurde mehr zugelassen, in die sich der Einzelmensch verkriechen konnte. [52] Das Primat der Politik führt - konsequent zu Ende gedacht - zum „totalen Staat“, der die private Einzelexistenz, die häusliche Gemeinschaft aufhebt. Ein deutscher Staatsrechtler hat dazu 1936 geschrieben: „Die ethische Haltung des Nationalsozialismus zeigt sich in dem [...] Satz ‚Gemeinnutz geht vor Eigennutz‘, aus dem die Kampfstellung gegen jegliche Art von Individualismus (und in diesem Sinne Liberalismus) folgt.“ [53] Dieser für sich persönlich angewandte, gute Grundsatz wird zum Gegenteil, wenn der Staat diesen für die Bürger befiehlt. Dagegen müssen wir ganz entschieden antreten. Dass der Staat, die Verwaltung oder die Politiker die Bürger beherrschen sollen, halte ich für eine Form von modernem Despotismus. Wir wollen, dass der Bürger den Staat und die Politik bestimmt und nicht umgekehrt. Die Bürger sollen das Gemeinwesen formen, gestalten und beherrschen. Dies ist die eigentliche Idee der demokratischen und föderalistischen Schweiz. Darum stehen wir für die Demokratie ein, ganz speziell für die Demokratie schweizerischer Prägung, nämlich für die direkte Demokratie. Darum wehren wir uns entschieden gegen eine Rückkehr zum Feudalismus nach Art der Europäischen Union. Wir wollen, dass jeder Bürger politische Verantwortung trägt und lehnen es ab, dass einige wenige Funktionäre in Politik oder Diplomatie über die grosse Mehrheit der Menschen herrschen sollen. Der Glaube an die Allmacht des Staates hat leider eine lange Tradition und ist im Denken europäischer Politiker, bei Sozialisten aller Parteien, noch immer prägend. Darum wollen wir uns bei aller Freundschaft zu den Ländern und Menschen dieses Kontinents von der Einbindung in die EU und ihre Instanzen freihalten. Den Sozialisten und Sozialdemokraten gefällt es, dass die EU zentralistisch und bürokratisch von „oben nach „unten“ organisiert ist. Das gefährliche Zauberwort heisst dabei „Harmonisierung“. Die Sozialisten wollen, dass Politik und Verwaltung möglichst alles auf möglichst hoher Stufe und damit überall gleich entscheiden. Sie wollen darum der EU raschmöglichst beitreten. Wir wollen demgegenüber, dass demokratisch auf möglichst tiefer Stufe entschieden wird. Daher kämpfen wir für eine Schweiz, die sich selber und ihren Werten treu bleibt: der Freiheit, der Unabhängigkeit, der direkten Demokratie und dem Föderalismus. * * * XIV. Das «Wahrheitsministerium» Die totalitären Systeme von Nationalsozialismus und Sozialismus stellen ihre ideologische „Ethik“ über den Rechtsstaat und über die Ehrfurcht und den Respekt vor dem Leben. Eine Vorform solcher Zwangsmassnahmen unter Anrufung einer angeblich „ethischen Wertegemeinschaft“ erleben wir gegenwärtig in der zur Hauptsache sozialistisch regierten Europäischen Union, die gegen jedes Recht die demokratische Selbstbestimmung eines Mitgliedlandes hintertreibt. Der Moralismus und die Herrschaft der „Gutmenschen“ ist leider auch hierzulande in Politik, Medien, Gesellschaft und in der Wirtschaft weit verbreitet. Als erstrebenswert erscheint nicht mehr das Wahrnehmen von Verantwortung, sondern das Zurschautragen einer fleckenlosen und blütenreinen Weste. Wenn der Staat beginnt, die Ansichten seiner Bürger als „gut“ oder „böse“, als „vernünftig“ oder „unvernünftig“, als „reif“ oder „unreif“ zu qualifizieren, handelt er zutiefst undemokratisch. Demokratie ist die Staatsform der Alternativen. Wenn der Staat eine andere Meinung nicht erträgt, wenn er sie als moralisch minderwertig anschwärzt und verteufelt, huldigt er einem totalitären Denken. Wie oft werden schlechte Ziele mit schön tönenden, moralistischen Schlagworten verfolgt und die Gegner dieser Ziele wegen einer angeblich unmoralischen Haltung ausgegrenzt. Aus den Erfahrungen von Nationalsozialismus und Sozialismus beschrieb George Orwell im Roman „Animal Farm“, [54] wie die Schafe nichts anderes können, als die schön tönenden politischen Schlagworte der herrschenden Schweine nachzublöken. In Orwells Roman „1984“ [55] bewacht und beeinflusst der „Gros-se Bruder“ als Parteiführer und Symbol des allgegenwärtigen Staates den Einzelnen bis in die Intimsphäre. Begriffe werden ins Gegenteil verkehrt, und die Leitsätze der Partei lauten: „Krieg ist Frieden, Freiheit ist Sklaverei, Unwissenheit ist Stärke.“ Eine ungeheure Propagandamaschinerie sorgt für die ständige Programmierung des menschlichen Gedächtnisses. Die Geschichte wird in einem „Wahrheitsministerium“ je nach Bedarf um- oder neugeschrieben, gegenteilige Belege werden vernichtet. Zur Gleichsetzung von Wahrheit und Lüge entwickelt der Diktator sogar eine neue Sprache, die jede Art anderen Denkens ausschaltet. Das schwerste Vergehen ist in diesem von Orwell beschriebenen totalitären Staat daher das „Gedankenverbrechen“. Tendenzen zu einem solch totalitären „Wahrheitsministerium“ bestehen auch hierzulande. Im Nationalrat wurde am 23. März 2000 ein Vorstoss überwiesen, der die Schaffung einer staatlichen „Anrufinstanz“ verlangt, die während Abstimmungs-Kampagnen politische Werbetexte und Inserate auf „Wahrheit“ oder „Unwahrheit“ überprüfen müsste. [56] Selbstverständlich wäre all das politische Wahrheit und Moral, was der Regierung, der Verwaltung und der Mehrheit der Parteien gerade in den Kram passt. Zweifellos hätte uns ein solches „Wahrheitsministerium“ bei der EWR-Abstimmung von 1992 verboten, zu behaupten, dass die Zinsen und die Teuerung bei einem Nein nicht steigen, dass der Frankenkurs nicht zerfallen und die Arbeitslosigkeit nicht das Niveau der EU-Staaten erreichen würde. Regierung, Verwaltung, Wirtschaftsverbände und fast alle Parteien haben schliesslich damals das Gegenteil als „wahr“ dekretiert. Ein solches „Wahrheitsgremium“ hätte uns 1994 selbstverständlich verboten, vorauszusagen, dass bei Annahme des Krankenversicherungsgesetzes die Prämien massiv steigen würden. Regierung, Verwaltung, Krankenkassen und fast alle Parteien haben damals das Gegenteil behauptet. Wo „Wahrheitsministerien“ errichtet werden, steht der totalitäre Staat vor der Tür, denn dort wird das Recht auf freie Meinungsäusserung mit Füssen getreten. Besonders bedenklich ist, dass nicht nur die Linken, sondern auch Bürgerliche nicht merken, dass sie im Nationalrat für George Orwells Horrorvisionen stimmten. * * * XV. Die Staatspropaganda Sozialismus wie Nationalisozialismus oder Faschismus sind wegen ihrem unfreiheitlichen, vermassenden Charakter menschenverachtend und den Grundbedürfnissen des Einzelmenschen derart widersprechend, dass diese Systeme der andauernden geistigen Abrichtung und Indoktrination bedürfen. Die totalitäre, alle Lebensbereiche umfassende Herrschaft schliesst auch die menschliche Seele mitein, sie unterwirft das Gewissen und ist bereit, alles, was recht, vernünftig, menschlich und wahr ist, dem Kollektiv zu opfern. Schon im Vorkindergarten nimmt der Staat und seine Ideologie die Kleinkinder in Besitz und lässt die Menschen nicht mehr los bis zum Tode. Die Mittel dazu sind Indoktrination, Gehirnwäsche, Manipulation, Diffamierung, Verschleierung, Umerziehung. Der Staat nimmt dazu sämtliche Massenkommunikationsmittel als Instrument der Kontrolle und des Zwangs in die Hände und setzt sie voll für seine Zwecke ein. Er verkündet die alleinige Wahrheit, erhebt geistigen Ausschliesslichkeitsanspruch und erklärt alle freiheitlichen Weltanschauungen und Religionen als angeblich „überwunden“. Totalitäre Systeme setzen ihr Vertrauen auf Indoktrination statt auf die freie, selbstverantwortliche Entscheidung des Einzelnen. Die politische Propaganda ist Staatsaufgabe und obliegt einem eigens dazu gebildeten Propagandaministerium. Demgegenüber kennt die Demokratie eine private Wahlpropaganda verschiedener Parteien und Personen genau wie die Marktwirtschaft die Reklame kennt. Diese demokratische Wahlpropaganda hebt die Freiheit des Wählers nicht auf, so wenig wie die Reklame die Freiheit der Entscheidung des Konsumenten aufhebt. Äusserst problematisch und entschieden zu bekämpfen sind hierzulande die neuesten Tendenzen von Regierung und Verwaltung, in Abstimmungskampagnen einzugreifen. Es ist vollkommen neu und unakzeptabel, dass Bundesräte offiziell zum Unterschreiben von Volksinitiativen aufrufen, eine eigene Sammelstelle in der Bundesverwaltung einrichten und in der Verwaltung – auf Kosten der Bürger – Unterschriften sammeln, wie es etwa bei der Volksinitiative zum UNO-Beitritt geschah. Jedes Departement führt mittlerweile eine eigene Werbeabteilung, und zahlreiche Informationsbürokraten bringen die staatlichen Anliegen in Hochglanzbroschüren unters mehr oder meistens weniger interessierte Volk. Wenn der „Kommunikationschef“ des Eidgenössischen Finanzdepartements fordert, dass die Behörden bei Abstimmungskämpfen mit Steuergeldern ihren Standpunkt vertreten sollen, führt dies in eine bedenkliche Richtung. Zwar erkennt dieser richtig: „Meinungsbildung ist ein leicht manipulierbarer Vorgang. Regierungen tendieren, gerade wenn sie unter Erfolgsdruck stehen, rasch zum Einsatz von Propaganda, am häufigsten und leichtesten in totalitären Staatsformen.“ [57] Um so bedenklicher ist, dass sich der Autor dennoch „innerhalb gewisser Schranken“ für bundesrätliche Werbekampagnen und damit für einen verhängnisvollen Schritt Richtung totalitäre Staatsform ausspricht. Solche gefährliche Tendenzen dürfen im Interesse eines freiheitlichen, direkt demokratischen Staates unter keinen Umständen hingenommen werden. * * * XVI. Sozialismus im Land der Freiheit In den letzten beiden Jahrzehnten haben die Versozialisierung, der Glaube an den Staat, die Staatsverschuldung sowie die Last durch Steuern, Abgaben und Gebühren für die Bürger in der Schweiz unentwegt zugenommen. Der Staat hat hierzulande immer mehr Kompetenzen an sich gezogen und damit die Freiheit des Einzelnen zunehmend eingeschränkt. In der Schweiz kontrolliert der Staat über die Besteuerung und Umverteilung fast die Hälfte des Volkseinkommens und damit der Ressourcen, der Produkte und der Dienstleistungen. Die Staatsquote lag 1970 noch bei 20% des Bruttosozialproduktes, jetzt liegt sie bei gegen 40%. Demgegenüber haben Staaten wie die USA, Grossbritannien, die Niederlande oder Neuseeland diesen ruinösen Irrweg teilweise erkannt und weisen heute eine erfreuliche wirtschaftliche Entwicklung auf. Leider verwischen auch bürgerliche Politiker die misslichen Zustände und messen die Schweiz unentwegt an den schlechten Beispielen statt an den guten. Die SVP - 1917 als bürgerliches Bollwerk gegen den Sozialismus gegründet - muss zusehen, wie sich der Sozialismus in unserem Land mit Unterstützung von Bürgerlichen weiter ausbreitet. Wir bekämpfen die zunehmende Bevormundungs-Mentalität, die den Menschen in Abhängigkeit bringt, die Sozialbürokratie aufbläht und auf eine zunehmende Umverteilung hinarbeitet. Bei einem Beitritt zur Europäischen Union würde dieser verhängnisvolle Weg noch akzentuiert. Gerade deshalb will die SP baldmöglichst der EU beitreten. Zur Erhaltung des Liberalismus will die SVP keinesfalls in die heutige EU, denn die staatliche Souveränität, der Föderalismus und die direkte Demokratie bilden noch immer den wirksamsten Schutzschild gegen das weitere Vordringen des Sozialismus. * * * XVII. Freiheit oder Sozialismus – Schlüsselfrage des 21. Jahrhunderts Die Schlüsselfrage des beginnenden neuen Jahrhunderts ist die Frage nach der Freiheit. Die Sozialisten dieses Landes sind aufgerufen, sich an der Schwelle zum 21. Jahrhundert nicht nur mit der Vergangenheit ihrer Ideologie und mit deren gemeinsamen Wurzeln zu andern totalitären Strömungen auseinanderzusetzen, sondern auch mit der Frage des Sozialismus der Zukunft. Sozialisten sind keine bösen Menschen, aber sie erliegen einem verhängnisvollen intellektuellen Irrtum. Das Gedankengut der hiesigen SP liegt leider weit hinter längst bekannten Erkenntnissen zurück und orientiert sich noch immer am Kollektiv statt am Interesse des Einzelnen. Wir möchten von den Sozialisten wissen, ob sie noch immer für die Überwindung des Kapitalismus einstehen und damit das Recht der Bürger dieses Landes auf Privateigentum und Marktwirtschaft missachten. Die Sozialisten aller Parteien sind aufgerufen, sich dieser für das nächste Jahrhundert grundlegenden Diskussion zu stellen, statt sie mit ultimativen Drohungen zu unterdrücken. Aber auch die bürgerliche Seite ist in den letzten Jahren der Grundfrage nach Freiheit oder Zwang, nach Liberalismus oder Sozialismus aus dem Weg gegangen. Es ist erschreckend, wenn sich immer mehr Parteien und Politiker der grundlegenden Auseinandersetzung über die Aufgaben des Staates und die Bedürfnisse seiner Bürger entziehen wollen. Die Selbstverantwortung der Bürger muss wieder zum zentralen Anliegen bürgerlicher Politik werden. Es ist die Grundfrage nach Staatsallmacht oder Freiheit des Einzelnen, die der Beantwortung bedarf. Der Kampf für die Freiheit der Schweizer Bürger hat vor über 700 Jahren begonnen. Doch dieser Kampf ist nie gewonnen: Ein Ausruhen auf früheren Lorbeeren, ein Abweichen vom Kurs der Selbstverantwortung wäre verhängnisvoll. Wenn wir den Weg der Integration in die Europäische Union wählen, beschreiten wir als ein Land unter vielen einen über weite Strecken sozialistischen, gleichmacherischen Weg. Wir wollen aber, dass unser Land durch aus-serordentliche Leistungen seiner Bürger wieder zum Vorbild des Liberalismus und damit zum Sonderfall wird. Damit kehren wir zurück zum wichtigsten Fundament der schweizerischen Staatsidee: zur Freiheit! * * * [1] Friedrich August von Hayek: Wissenschaft und Sozialismus, Walter Eucken Institut, Vorträge und Aufsätze Nr. 71, Tübingen 1979, S. 3. [2] Christoph Blocher: Die sieben Geheimnisse der SVP. Politische Standortbestimmung anlässlich der 12. Albisgüetli-Tagung am 21. Januar 2000, Zürich 2000, S. 7 f. [3] Menace des partis et mouvements extrémistes pour la démocratie en Europe, Conseil de l’Europe, Strasbourg 2000. [4] Ursula Koch, Präsidentin der SPS, an Ueli Maurer, Präsident der SVP Schweiz, 7. März 2000. [5] Rudolph Chimelli: Matrioschka, hrsg. von der Familien Vontobel Stiftung, Zürich 1991. Robert Conquest: Der grosse Terror, München 1992. Stéfane Courtois u. a.: Das Schwarzbuch des Kommunismus. Unterdrückung, Verbrechen und Terror. Mit dem Kapitel „Die Aufarbeitung des Sozialismus in der DDR“ von Joachim Gauck und Ehrhart Neubert, 3. Aufl., München 1999. Paul Rothenhäusler und Hans-Ueli Sonderegger: Erinnerung an den Roten Holocaust. Der Jahrhundertverrat der Intellektuellen, Stäfa 1999. [6] Stéfane Courtois (Das Schwarzbuch des Kommunismus, 3. Aufl., München 1999, S. 16) nennt folgende Grössenordnung von Kommunismus-Opfern: Sowjetunion 20 Millionen Tote, China 65 Millionen Tote, Vietnam 1 Million Tote, Nordkorea 2 Millionen Tote, Kambodscha 2 Millionen Tote, Osteuropa 1 Million Tote, Lateinamerika 150'000 Tote, Afrika 1,7 Millionen Tote, Afghanistan 1, 5 Millionen Tote, kommunistische Internationale und nicht an der Macht befindliche kommunistische Parteien etwa 10'000 Tote. [7] Ludwig von Mises: Die Gemeinwirtschaft, Jena 1932, Neudruck München 1981, S. 462. [8] Wilhelm Röpke: "Sozialismus und politische Diktatur", in: Neue Zürcher Zeitung, 18./19. Januar 1937. [9] Friedrich August von Hayek: Der Weg zur Knechtschaft, hrsg. und eingeleitet von Wilhelm Röpke, übersetzt von Eva Röpke, Erlenbach 1943. Vgl. auch Friedrich August von Hayek: Die verhängnisvolle Anmassung. Die Irrtümer des Sozialismus, Tübingen 1996. [10] Karl R. Popper: Die offene Gesellschaft und ihre Feinde, Christchurch 1944. [11] Hannah Arendt: Elemente und Ursprünge totaler Herrschaft, Frankfurt am Main 1955. [12] Robert Conquest: The Great Terror. Stalin's purge of the Thirties, London 1968. Robert Conquest: The harvest of sorrow. Soviet collectivization and the terror-famine, New York 1986. Vgl. auch Robert Conquest: Reflections on a ravaged century, New York 2000. [13] Karl Dietrich Bracher: Zeit der Ideologien. Eine Geschichte politischen Denkens im 20. Jahrhundert, Stuttgart 1982. [14] André Glucksmann: Am Ende des Tunnels. Das falsche Denken ging dem katastrophalen Handeln voraus. Eine Bilanz des 20. Jahrhunderts, Berlin 1991. [15] François Furet: Le passé d’une illusion. Essai sur l’idée communiste au XXe siècle, Paris 1995. François Furet: Das Ende einer Illusion. Der Kommunismus im 20. Jahrhundert, München 1996. [16] Stéfane Courtois u. a.: Le livre noir du communisme. Crimes, terreurs et répression, Paris 1997. Stéfane Courtois u. a.: Das Schwarzbuch des Kommunismus. Unterdrückung, Verbrechen und Terror. Mit dem Kapitel „Die Aufarbeitung des Sozialismus in der DDR“ von Joachim Gauck und Ehrhart Neubert, 3. Aufl., München 1999. [17] Revel, Jean-François: La grande parade. Essai sur la survie de l’utopie socialiste, Paris 2000. Siehe dazu Stefan Brändle: Es gibt nicht „gute“ oder „schlechte“ Henker, in: Aargauer Zeitung“, 25. März 2000 (Wochenendbeilage). [18] Jean Ziegler: Vier so gescheite Leute, gänzlich zerstritten, in: Die Weltwoche Nr. 8, 24. Februar 2000, S. 17. [19] Ebenda. [20] Stéfane Courtois, Jean-Louis Panné: Die Komintern in Aktion, in: Das Schwarzbuch des Kommunismus, 3. Aufl., München 1999, S. 299-365. [21] Beat Kappeler: Moral statt Fakten, in: Die Weltwoche Nr. 45, 5. November 1998. [22] Neue Zürcher Zeitung, 8. März 2000. [23] Parteiprogramm der Sozialdemokratischen Partei der Schweiz, verabschiedet am Parteitag in Lugano, 1982, in: Schweizerische Parteiprogramme, Bern 1983, S. 125 f. [24] Vorwärts, Organ der Partei der Arbeit (PdA), 11. November 1982. [25] Christoph Blocher: Die Schweiz und der Zweite Weltkrieg. Eine Klarstellung, Zürich 1997. Christoph Blocher: Die Schweiz und der Eizenstat-Bericht, Zürich 1997. [26] Christoph Blocher: Von Selbstgerechten, Heuchlern und anderen Moralisten, in: Die Schweiz und der Zweite Weltkrieg. Eine Klarstellung, Zürich 1997, S. 13-15. [27] Eduard Stäuble: „... so dass keiner mehr die Sprache des andern versteht.“ Politik mit verfälschten Begriffen, in: Medien-Panoptikum, April 1997, S. 26. [28] Ebenda. [29] Ludwig von Mises: Sozialism, an Economic and Sociological Analysis, translated by J. Kahane, Indianapolis 1981, S. 530. [30] Wilhelm Röpke: Die deutsche Frage, 3. Aufl., Erlenbach 1948, S. 146. [31] Wilhelm Röpke: Briefe (1934-1966), hrsg. von Eva Röpke, Erlenbach 1976, S. 24. [32] Berner Tagwacht, offizielles Publikationsorgan der SPS, Nr. 138, 15. Juni 1940 (Beilage). [33] „Das italienische Problem“, in: Berner Tagwacht, offizielles Organ der SPS, Nr. 115, 20. Mai 1940, S. 1. [34] Berner Tagwacht, offizielles Publikationsorgan der SPS, Nr. 171, 26. Juli 1943, S. 2. [35] Berner Tagwacht, offizielles Publikationsorgan der SPS, Nr. 216, 14. September 1940. [36] „Die Welt im Umbruch“, in: Berner Tagwacht, offizielles Publikationsorgan der SPS, Nr. 141, 19. Juni 1940, S. 1. [37] „Das deutsche Wirtschaftssystem“, in: Berner Tagwacht, offizielles Publikationsorgan der SPS, Nr. 164, 16. Juli 1940, S. 1. [38] „Die Kapitallegende“, in: Berner Tagwacht, offizielles Publikationsorgan der SPS, Nr. 166, 18. Juli 1940, S. 1. [39] Berner Tagwacht, offizielles Publikationsorgan der SPS, Nr. 2, 4. Januar 1941. [40] Gespräch Erich Honeckers mit Helmut Hubacher. Aktuelle Probleme der Friedenssicherung und Abrüstung erörtert. Grosse Besorgnis über die Zuspitzung der Lage durch Imperialismus, in: Neues Deutschland, 2. Juli 1982. [41] Originalakten Beziehungen SPS und SED in der Stiftung Archiv der Parteien und Massenorganisationen der DDR (SAPMO), Bundesarchiv Berlin, Finckensteinallee 63, Berlin. Vgl. auch Res Strehle und Fred Müller: Die Gabe der schlechten Erinnerung. SED-Geheimdokumente widerlegen Helmut Hubachers Darstellung der Ostberlinreise 1982, in: Facts Nr. 35, 31. August 1995, S. 20 ff. [42] Hans Rudolf Böckli: Hubachers Flirt mit der DDR, in: Schweizerzeit Nr. 12, 6. Juli 1984. [43] SPS an das Zentralkomitee der Kommunistischen Partei Rumäniens, Herrn Nicolae Ceausescu, Generalsekretär, 23. August 1984. [44] Gottfried Höppli: Diskreter SPS-Besuch in Bulgarien, in: Neue Zürcher Zeitung, 27. August 1985, S. 29. [45] Frieden ist mehr als die Abwesenheit von Krieg. Rede von Peter Vollmer, Vizepräsident der Sozialdemokratischen Partei der Schweiz, in: Neues Deutschland, 21. April 1986, S. 9-10. Siehe auch Profil Nr. 5, 1986, S. 16-17. [46] Originalakten in der Stiftung Archiv der Parteien und Massenorganisationen der DDR (SAPMO), Bundesarchiv Berlin, Finckensteinallee 63, Berlin. [47] Paul Rothenhäusler und Hans-Ueli Sonderegger: Erinnerung an den Roten Holocaust. Der Jahrhundertverrat der Intellektuellen, Stäfa 1999, S. 156. Neue Zürcher Zeitung, 17. März 2000, S. 15. [48] Peter Müller: Sozialdemokratie und linker Faschismus, in: Schweizerzeit Nr. 8, 24. März 2000. [49] Parti Socialiste Suisse au Parti Communiste roumain, 16. November 1989. [50] Roland Baader: Kreide für den Wolf. Die tödliche Illusion vom besiegten Sozialismus, Gräfelfing 1991, S. 269. [51] Das offizielle Publikationsorgan der SPS beschrieb das Wirtschafts-, Eigentums-, Preis- und Geldsystem des nationalsozialistischen Deutschland 1940 wie folgt: „Der Erfolg dieses Systems ist trotz Reibungsschwierigkeiten unbestreitbar. Er hat zur Folge, dass die Bedeutung des Geldes sich vollständig geändert hat. Da die Geldwirtschaft nicht prinzipiell aufgehoben ist, bleibt zwar der Besitz von Geld weiterhin die Voraussetzung zum Erwerb von Gütern, aber er verleiht nicht mehr einen Anspruch darauf. Bewusst ist die materielle Erwerbskraft des Geldes beschränkt worden. Das Geld ist kaufkräftig nur im Rahmen der dem Geldbesitzer vom Staat zugebilligten Gütermengen. Dadurch ist auch der Begriff des Eigentums gewandelt. Wenn die bisher am freisten und allgemeinsten verwendbare Form des Eigentums, der Geldbesitz, nur noch beschränkenden Wert hat, so ist Eigentum überhaupt nicht mehr frei und beliebig verwendbar.“ Berner Tagwacht, offizielles Publikationsorgan der SPS, Nr. 164, 16. Juli 1940, S. 1. [52] Wilhelm Röpke: Wirrnis und Wahrheit. Ausgewählte Aufsätze, Erlenbach / Zürich / Stuttgart 1962, S. 259. [53] Wilhelm Sauer: Rechts- und Staatsphilosophie. Eine systematische Einführung in das lebende Recht, Stuttgart 1936, S. 46. Zitiert nach Marcel Senn: Rechtsgeschichte – ein kulturhistorischer Grundriss, 2. Aufl., Zürich 1999, S. 304. [54] George Orwell: Animal Farm, London 1945. [55] George Orwell: 1984, London 1949. [56] Parlamentarische Initiative Judith Stamm (CVP, Luzern): Anrufinstanz bei Abstimmungskampagnen, Verhandlungen des Nationalrats, 23. März 2000. Neue Zürcher Zeitung Nr. 71, 24. März 2000, S. 18. [57] Daniel Eckmann: Kopf oder Bauch? Soll der Bund in einen Abstimmungskampf mit einer Werbekampagne eingreifen dürfen? Ja, aber nur innerhalb gewisser Schranken und nach Klärung der rechtlichen Grauzone, in: Die Weltwoche Nr. 7, 17. Februar 2000, S. 21.

01.04.2000

Freedom not socialism

A call addressed to socialists in all parties, April 2000  

15.03.2000

Die Bilateralen an ihren Inhalten messen

Interview mit dem Tages-Anzeiger vom 15. April 2000 SVP-Kantonalpräsident Christoph Blocher bleibt dabei: Er will nicht in den Abstimmungskampf um die bilateralen Verträge ein- greifen, tut seine Meinung aber trotzdem kund. Die kantonale SVP-Delegiertenversammlung hat am Donnerstag zu den bilateralen Verträgen die Nein-Parole beschlossen. Der Entscheid ist aber mit 171 gegen 168 Stimmen so knapp ausgefallen, dass man von einem Zufallsmehr oder Patt sprechen könnte. Wäre nicht die Stimmfreigabe der richtige Schluss gewesen? Blocher: Das stimmt. Wenn der Antrag aus den Reihen der Mitglieder gekommen wäre, hätte ich ihn unterstützt. Aber ich wollte ihn als Präsident und Versammlungsleiter nicht selber stellen. Wie interpretiert das Parteibüro jetzt seinen Auftrag? Lanciert die kantonale SVP im Hinblick auf den 21. Mai eine überzeugte Nein-Kampagne oder eine halbherzige, die den Willen der grossen Minderheit respektiert? Blocher: Eine Kampagne gibt es nicht. Es ist nicht unsere Gewohnheit, zu nationalen Vorlagen einen Abstimmungskampf zu führen - ausser es handle sich um grundlegende Themen wie den EWR- oder den EU-Beitritt, wo wir keine knappen Parolen beschliessen. Sie selber haben sich an der Delegiertenversammlung nicht zu Wort gemeldet. Blocher: Als Versammlungsleiter halte ich mich stets zurück. Ich habe meine Meinung zu den bilateralen Verträgen schon vor der Schlussabstimmung im Parlament im letzten Oktober geäussert und von einem Referendum abgeraten. Es hat einfach keinen Sinn, einen Kampf zu führen, wenn nachher sowieso wieder derselbe EU-gläubige Bundesrat neue Verhandlungen führen müsste. Darin hat sich meine Haltung nicht geändert. Schweigen Sie auch heute Samstag an der Delegiertenversammlung der SVP Schweiz? Blocher: In Appenzell spreche ich zur Europapolitik als solcher, das ist etwas anderes. Man soll die Bilateralen an ihren Inhalten messen und nicht an der Souveränitätsfrage. Eine Vermutung: Als Parteipräsident halten Sie sich trotz Ihrer öffentlichen Kritik am Bundesrat punkto Bilaterale vornehm zurück, sorgen aber hinter den Kulissen schon dafür, dass durch Ihre Parteikollegen Hans Fehr und Ulrich Schlüer und in der Aktion für eine unabhängige und neutrale Schweiz (Auns) gegen die Vorlage Stimmung gemacht wird. Blocher: Die Auns hat beschlossen, keine Stellung zu beziehen. Sie äussert sich nur zu Fragen, welche die Unabhängigkeit und Neutralität der Schweiz betreffen. Im Auns-Vorstand gab es zu den Bilateralen drei Anträge: einen Antrag, keine Parole zu fassen, weil sie kein Auns-Thema seien; einen Antrag auf eine Ja-Parole, weil die Bilateralen faktisch einen EU-Beitritt verhindern; und einen Antrag auf eine Nein-Parole, weil das doppelte Spiel des un- glücklich agierenden Bundesrats zu einem schlechten innenpolitischen Recht führen werde. Wir entschieden uns für den ersten Antrag, nämlich keine Parole zu fassen. Für die Auns-Versammlung eine Woche vor der Abstimmung ist das Geschäft nicht traktandiert, doch viele Mitglieder werden es behandeln wollen. Sie meinen immer, die Auns sei eine Partei. Doch die bilateralen Verträge sind ein politisches Thema ausserhalb der Auns-Bandbreite. Was Hans Fehr und Ulrich Schlüer als Nationalräte sonst unternehmen, kann und will ich nicht bestimmen. Herr Blocher, wer mit anschaut, auf wie vielen Hochzeiten Sie als Politiker, "Heimatschützer" und Chemieunternehmer mit vorweggenommenem Anschluss an den europäischen und internationalen Wirtschaftsraum tanzen, fragt sich, ob es den "widersprüchlichen" Christoph Blocher eigentlich nie in Stücke reisst. Geht es Ihnen gut? Blocher: Da unterstellen Sie mir jetzt etwas viel. Meine Persönlichkeit ist nicht widersprüchlich, sie ist eine Einheit, eine Stärke, darum kann ich ja so aktiv sein. Wir verkehren mit allen Staaten freundschaftlich, auf politischem, kulturellem und wirtschaftlichem Gebiet, aber wir lassen uns nie vereinnahmen. Diese Überzeugung vertrete ich als Politiker, Unternehmer und Mensch. Natürlich gibt es Interessengegensätze. Die bilateralen Verträge bringen aus unternehmerischer Sicht gewisse Vorteile, zum Beispiel billigere Leute durch den freien Personenverkehr. Für das Gesamtinteresse des Landes, für den Bürger und den Wirtschaftsstandort, bringen sie aber Nachteile, eine starke Steuerbelastung und Arbeitslosigkeit. Deshalb muss ich die Interessen als Unternehmer eben zurückstellen. Ich wehre mich nicht gegen Weltoffenheit, das wäre nicht einmal aus wirtschaftlicher Sicht richtig. Aber ich wehre mich gegen die Einbindung.

31.01.2000

«Folgen bleiben nicht aus!»

Interview mit der Verkehrs-Rundschau vom 31. Januar 2000 Nach dem erdrutschartigen Sieg der SVP an den letzten Bundeswahlen drängt sich die Frage eines politischen Kurswechsels auch in Fragen der Verkehrspolitik auf. Mit Christoph Blocher unterhielten sich zu diesem und anderen Themen Erwin Kartnaller und André Vollmar Die erste Frage könnte man durchaus als "saisongerecht" bezeichnen: Haben Sie Neujahresvorsätze gefasst? Christoph Blocher: Nein, das mache ich nie. - "Der Weg zur Hölle ist mit guten Vorsätzen gepflastert...." Damit zum eigentlichen Thema. Die SVP hat an den letzten Nationalratswahlen einen erdrutschartigen Sieg errungen. Wird diese Verschiebung der Machtverhältnisse einen politischen Kurswechsel zur Folge haben, der gerade auch unserer wenig verwöhnten Branche Anlass zu berechtigten Hoffnungen im Bereich der Verkehrspolitik gibt? Blocher: Es ist vielleicht noch etwas früh, diesbezüglich endgültig zu urteilen. Die Wahlen allerdings werden nicht ohne Folgen bleiben, das ist klar. Die FDP wie die CVP müssen stark aufpassen, wie weit links sie ihre Politik in Zukunft noch ansiedeln wollen. Ohne einen entsprechenden Bewusstseinsprozess riskieren sie, bei den nächsten Wahlen abermals Wähleranteile zu verlieren. Sie werden in Zukunft auf die SVP Rücksicht nehmen müssen. Wir haben dies in der letzten Session anhand von zwei Vorstössen im Bereich der Steuern bereits erfahren dürfen. Gegen den Willen des Finanzministers Kaspar Villiger ist ein Postulat zur Steuerharmonisierung von uns bekämpft worden, und sowohl FDP wie CVP haben voll mitgezogen, was noch vor den Wahlen undenkbar gewesen wäre. Auch bei der Eigenmietwert-Initiative, wo diese beiden Parteien versagt haben, glaube ich nicht, dass sie sich nochmals auf ihre alte Positionen versteifen würden. Selbstverständlich ist es aber auch möglich, dass sie sich auf den Standpunkt stellen, die SVP künftig noch mehr an die Wand zu drücken. Bei den Bundesratswahlen haben sie ja klar aufgezeigt, dass sie lieber mit der SP als mit der bürgerlichen SVP paktieren. Und verkehrspolitisch? Blocher: Hier sind die meisten Weichen natürlich bereits falsch gestellt worden; - auch mit der tatkräftigen Unterstützung dieser bürgerlichen Parteien. Ich erinnere nur an die ganze Schwerverkehrsabgabe. Ein verhängnisvoller Entscheid, dessen krasse Folgen erst noch auf die Wirtschaft zukommen. Nicht zu vergessen die NEAT, welche nun beschlossene Sache ist, gebaut werden muss, und uns noch schwer Kosten verursachen wird. Im weiteren stehen Initiativen an, die nach meiner Ansicht eher chancenlos sind. Die VerkehrshalbierungsInitiative etwa, wo sie selber sehen können, dass die SP nicht mal die Kraft hat, nein zu sagen. Aber das ist die Verkehrspolitik der SP... Verkehrspolitisch von Bedeutung sind natürlich all die Bereiche im Umfeld der vorgesehenen Energiesteuern. Die Hauptweichenstellung, das deutet sich schon heute an, werden wir in Volksabstimmungen legen müssen. Gerade die vier Vorlagen zur Energiebesteuerung müssen abgelehnt werden, weil sie weiter verhängnisvoll sind. Sie haben vorgängig etwas angesprochen, was in Auge sticht. Das Resultat der Nationalratswahlen bringt eigentlich zum Ausdruck, dass das Volk einen politischen Kurswechsel will, weg von der Linkslastigkeit gerade der bürgerlichen Parteien. Führt man sich nun aber die letzten Bundesratswahlen zu Gemüte, muss man zwangsläufig zum Schluss kommen, dass das Parlament den Volkswillen trotz kräftiger Signale noch nicht kapiert hat... Blocher: ...das ist eindeutig! Im Parlament wird extrem "gemauschelt", damit man's möglichst bequem hat und niemanden stört. FDP und CVP haben zum Ausdruck gebracht, dass sie Angst hätten, wenn die SP nur noch einen Vertreter im Bundesrat hätten. FDP und CVP können der SP keine eigene Politik gegenübersetzen. Für die SVP heisst dies in der Zukunft vermehrt Oppositionspolitik ausserhalb des Bundesrates und des Parlaments zu betreiben, und dafür zu sorgen, dass der Bundesrat endlich durch das Volk gewählt wird! Vermehrte Opposition und Bundesratswahl durch das Volk ist die logische Folge! Sie verstehen sich aber nicht als Oppositionspartei? Blocher: Nein, wir haben ja auch einen Vertreter im Bundesrat. Dort müssen wir einbringen, was möglich ist, was nicht gelingt, gilt es im Parlament zu verfechten, und wenn auch das scheitert, müssen wir's vor das Volk bringen. Sie haben gesagt, dass Sie einen Bundesrat hätten. Aber zwischen Adolf Ogi, einem Grossteil der SVP-Mitglieder und speziell Ihnen öffnen sich indes Welten, oder? Blocher: (hadert) Jaja..., in der Verkehrspolitk haben wir im Prinzip nicht so grosse Differenzen. Man muss schon berücksichtigen, dass wenn einer im Bundesrat ist, hat er ihn zu vertreten.... ...Das Kollegium.... Blocher: ...ja. Auch bei der Energiebesteuerung ist Adolf Ogi nicht die treibende Kraft, das ist eindeutig. Bei der NEAT hingegen hat er tüchtig mitgewirkt... Blocher: ...jaja, nur der Transitvertrag war ja eigentlich kein schlechtes Abkommen und hätte durchaus weitergeführt werden sollen. Ein Adolf Ogi jedenfalls hätte sich nicht leisten können, was uns ein Moritz Leuenberger mit den 40-Tönnern und der LSVA eingebrockt hat. Doch gerade Moritz Leuenberger macht ja geltend, dass er ein Erbe angetreten habe, jenes von Adolf Ogi nämlich... Blocher: ...so läuft es in der Politik, jeder findet einen anderen, der schuld sein soll. Damit wir uns richtig verstehen: Ich will mich nicht zum Richter aufspielen, denn letztlich hat ja der Gesamtbundesrat solche Entscheide getroffen. Die Hoffnung unserer Branche begründet sich mithin in der Tatsache, dass Ihre Partei in der Verkehrskommission einen Sitz hinzugewonnen hat und ausserdem in zwei Jahren das Präsidium übernehmen wird. Sind in diesem Zusammenhang bereits Schwerpunkte gesetzt, gibt es Prioritäten im Sinne, dass bestimmte Themen umgehend angepackt werden sollten, jetzt wo Ihr Einflussbereich gestiegen ist? Blocher: Nein. so weit ist es noch nicht. Im Augenblick muss man darauf achten, die sich abzeichnenden Fehlentwicklungen zu blockieren. Das passiert jetzt mit der Energiebesteuerung. Zu meiner Freude habe ich festgestellt, dass die Wirtschafts-Verbände die vier dazu gehörenden Vorlagen bekämpfen. Das ist schon mal ein Lichtblick... ...ist das der Auns-Effekt? Blocher: (schmunzelt) Ja, hm, ich weiss nicht. Die Wirtschaftsverbände haben in den letzten Jahren in der Verkehrspolitik versagt, daran gibt es nichts zu rütteln. Jetzt aber scheinen sie gemerkt zu haben, dass es kein gangbarer Weg ist, wenn die Leute immer mehr bezahlen müssen für die Energie. Das ist lediglich eine weitere Belastung. Andererseits darf man nicht vergessen, dass hinter den Interessen einer höheren Energiebesteuerung wieder viele Leute stehen, die Geld kriegen, Mittel zum Umverteilen gewinnen usw. Was aber genau macht die Verkehrskommission. Unterbreitet sie lediglich Empfehlungen zu Handen der Räte? Blocher: In der Regel kommen die Vorschläge vom Bundesrat. Die Verkehrs-Kommission nimmt dann allerdings Veränderungen daran vor und neuerdings ist es Mode, dass sie Vorschläge von Grund auf neu ausarbeitet. Ich betone allerdings nochmals: In der Verkehrspolitik sind die Weichen, richtige wie auch falsche, eigentlich gelegt. Es gilt jetzt in der ganzen Verkehrspolitik die Geschichte mit den Energie-Abgaben zu einem guten und tragbaren Ende zu führen. Der NEAT-Entscheid ist getroffen, vom Volk abgesegnet. Diesen Fehlentscheid müssen wir nun mal ausführen, da können wir nicht mehr machen. Man wird alsdann berappen müssen, was nicht funktionieren wird. Die 40-Tönner orientieren sich an der Strasse, wir werden im Transitverkehr ein Chaos kriegen usw. Doch das ist beschlossene Sache und muss durchgezogen werden. Aber es gibt Dinge, die gegenwärtig in den Teilplänen sind und die ebenso verhängnisvoll sind für die Verkehrspolitik und die Wirtschaft. Beispiel: Die ganze CO2-Abgabe, wo niemand so recht weiss, was sie dannzumal bringen wird, führt dazu, dass gewisse Personen von einem Benzinpreis von fünf Franken pro Liter sprechen... ...was fast vermuten lässt, dass wir auf deutsche Verhältnisse zusteuern? Blocher: Auf das läuft es hinaus. Die treibenden Kräfte machen sich dafür stark. Dahinter steht im Grunde einzig der Fiskus, der immer neue Geldquellen anzapfen will. In Deutschland wird indes immer wieder geltend gemacht, dass die Wirtschaft unter den Ökoabgaben nicht leide, weil es im Gegenzug zu einer Umverteilung komme und die gleichwertige Entlastung im Bereich der Lohnnebenkosten entstehe... Blocher: ...das ist eine schön verbreitete Theorie. Wenn ich allein schon sehe, wofür all diese Mittel aus der Energiebesteuerung eingesetzt werden wollen, geht es nicht mehr nur um die Senkung der Lohnnebenkosten. Nein, Alternativenergien sollen gefördert werden, bestimmte Industrien sollen Zuschüsse erhalten - also halt, da wird einzig und allein im grossen Stil umverteilt. Im weiteren darf man nicht ausser Acht lassen, dass die Energie für die Wirtschaft ein Rohstoff ist, dessen Verteuerung sich nicht ohne weiteres an einem anderen Ort abgelten lässt. Beschäftigen muss uns ja im Moment die Verkehrshalbierungs-Initiative, welche im März dem Volk zur Abstimmung vorgelegt wird. Die Positionen scheinen klar: Der Bundesrat ist dagegen, die Mehrheit des Parlaments verhält sich ebenfalls ablehnend. Droht nicht die Gefahr, dass man angesichts der bekannten Meinungsbilder dazu neigt, die Vorlage zu unterschätzen? Blocher: Die Verkehrshalbierungs-Initiative muss bekämpft werden! Parteien können solche Kämpfe nicht führen. Die Verkehrsverbände sind auf den Plan gerufen und täten gut daran, sich nicht allzu sehr zurückzulehnen. Auf der anderen Seite stehen nämlich ebenfalls Interessensgruppen, die der Initiative zum Sieg verhelfen wollen und den Leuten dabei das Blaue vom Himmel versprechen. So war es ja schon bei der LSVA-Abstimmung, als verkündet wurde, es gäbe nachher keine Lastwagen mehr auf der Strasse. Da wird genau gleich viel unwahres Zeugs verzapft wie an anderen Orten. Ihre Partei tritt ja vehement für eine Steuerentlastung und für eine Senkung der Staatsquote ein. Wie soll das konkret aussehen angesichts der Tatsache, dass die Wünsche an den Staat laufend steigen und damit der Finanzierungsbedarf hochklettert? Blocher: Dass die Wünsche an den Staat steigen, ist richtig. Aber man muss ihnen ja nicht nachgeben. Die Staatsausgaben müssen zurückgehen und das ist wahrlich keine Kunst, wenn nur einmal aller Blödsinn gestrichen wird. Wenn man betrachtet, was in den letzten Jahren alles gemacht worden ist. Denken Sie etwa an die Expo, deren Organisation eine Ausstellung der staatlichen Unfähigkeit ist. Oder die 800 Millionen Franken bei der PTT, welche abgeschrieben wurden wegen falscher Beteiligung in Indien und Malaysia. Da besteht ein Knäuel, in dem alles zugedeckt wird und bei dem jeder den andern deckt. Schauen Sie sich mal an, wieviele Milliarden im Asylwesen verpulvert werden, ohne dass endlich richtig Gegensteuer gegeben wird. Es gibt in Bern unglaublich viel Geldfluss, den man versiegen lassen könnte, ohne dass jemand etwas merken würde. Bleiben wir beim Finanzierungsbedarf: Schon kurz nach der Annahme der FinöV läuteten in Bern die Sturmglocken wegen drohender Kostenüberschreitungen. Bereits sind erste parlamentarische Vorstösse zu vermelden, es werden nicht die letzten sein. Worauf läuft dieses Finanzdebakel hinaus, liegt eine Redimensionierung des NEAT-Projektes im Bereich des möglichen? Blocher: Erfahrungsgemäss wird man schlicht und einfach die Kosten bewilligen, welche das Projekt zusätzlich benötigt. Das ist nun mal so. Schon bei der ersten Vorlage fand die NEAT nur die Zustimmung des Volkes, weil Adolf Ogi versprochen hat, dass dieses Vorhaben den Steuerzahler nichts kosten werde. Dann kam Moritz Leuenberger und präsentierte eine neue Vorlage, mit dem Hinweis, dass die Rentabilität nicht gewährleistet sei, weshalb es eine Schwerverkehrsabgabe brauche, die Mehrwertsteuer erhöht werden müsse usw. usw. All jene, die damals vor der Nichtfinanzierbarkeit warnten, wurden an die Wand gespielt. Und heute, wo die eigentliche Bautätigkeit noch nicht mal begonnen hat, merkt man, dass die Kostenberechnungen nicht stimmen. Ich bin der Meinung, dass Kosten-Überschreitungen dieser Ausmasse nochmals vors Volk müssten. Die Zustimmung des Souveräns ist nämlich in der Regel mit anderem Zahlenmaterial herbeigeführt worden... Im Zusammenhang mit der LSVA kommt ja auch noch einiges auf uns zu. Am Neujahrestag mussten wir vergegenwärtigen, dass die pauschale Schwerverkehrs-Abgabe sich schon mal verdoppelt hat. Wenn wir nächstes Mal zu Silvester anstossen, schenkt es noch weitaus mehr ein... Wo sehen Sie heute die wirtschaftlichen Auswirkungen dieser LSVA, welche Veränderungen wird diese exorbitante Steuer auf den Wirtschaftsstandort Schweiz haben? Blocher: Die Transporte werden massiv teurer. Die Konkurrenzfähigkeit wird schwinden. Ich sehe das selber an Schweizer Unternehmen. Unsere Leute, die jetzt Investitionen beantragen, berechnen heute die Transport- und Energiekosten. Das sind zwei gewichtige Faktoren, die sich markant verschlechtert haben. Aufgrund dieser Berechnungen entschliessen sie sich dann kurzerhand, die Investition nicht mehr in der Schweiz zu tätigen. Der Wirtschaftsstandort Schweiz wird geschwächt werden, insbesondere der Industriesektor, der auf Transport und Energie angewiesen ist. Die SBB verstecken sich ja laufend hinter dem Vorwand, dass sie einen Verfassungs-Auftrag zu erfüllen hätten. Der Personenverkehr ist die eine Seite. Wie aber wäre es gewesen, wenn man den Bahngüterverkehr privatisiert hätte, womit automatisch eine Interessensverlagerung im Zusammenspiel Strasse/Schiene stattgefunden hätte und erst noch unter marktwirtschaftlichen Prinzipien? Wäre dieses Instrument nicht tauglicher als der lapidare Kunstgriff einer neuen Steuer wie die LSVA? Blocher: Ich bin sehr für dieses Modell. Die SBB sollten nach meiner Ansicht das Schienennetz zur Verfügung stellen. Privatfirmen würden auf diese Weise ein Nutzungsrecht auf dem Schienennetz erwerben, um Ware darauf zu transportieren. Das würde eine wesentliche Verbesserung bringen. Der Umlagerungseffekt von der Strasse auf die Schiene scheitert ja daran, dass die staatlich geführte Bahn zu langsam, zu umständlich und zu wenig flexibel in Bezug auf die individuellen Marktbedürfnisse ist. Heute ist es doch so, dass die Bahn Weltmeister im Herumschieben von Güterwaggons ist, aber nicht ganz ohne Grund erschrickt, wenn da noch einer etwas zum Transportieren bringt. Das ist für sie eine Belastung, eine Mehrarbeit. Das lässt den Schluss zu, dass die Bahn, so lange sie unter staatlichen Regie gestellt bleibt, nie nach marktwirtschaftlichen Gesetzen funktionieren wird? Blocher: Ja natürlich, das liegt in der Natur der Sache. Wenn man daraus schlussfolgert, die Bahn solle gänzlich privatisiert werden, schaffen wir im Gegenzug das Problem, dass ein einzelner sich eine Monopolstellung aufbauen kann. Und das privatwirtschaftliche Monopol ist auch nicht besser als das staatliche Monopol. Wichtig wäre eine Konkurrenzsituation. Würden aber die SBB das Netz unterhalten und an Private vermieten hätte dies eine belebende Wirkung auf den Markt. Damit zu Fragen, die eher etwas persönlicher Art sind. Christoph Blocher ist in der Schweizer Politlandschaft die Reizfigur schlechthin, nicht zuletzt dank der gütigen (...!) Mithilfe der Medien. Wenn Blocher ja zu etwas sagt, sehen sich die anderen bemüssigt, nein zu sagen - und umgekehrt. Stinkt es Ihnen nicht manchmal, haben Sie sich noch nie gesagt: Warum soll ich mich in der Öffentlichkeit derart aufreiben, stopp, ich zieh' mich in mein Wirtschaftsimperium zurück? Blocher: Meine Stärke liegt ja darin, dass ich es nicht nötig habe zu politisieren. Dadurch wahre ich mir eine Unabhängigkeit. Im weiteren müssen Sie sehen, dass jeder Politiker, der so viel bewegt und an so vielen Orten eine Richtung bestimmt wie ich, nur umstritten sein kann. Jene, die überall beliebt sind, sind keine Persönlichkeiten. Jene, die alle gern haben, haben nichts gemacht. Die haben sich nur vom Trend treiben lassen... ...so frei nach dem Motto: Nur tote Fische schwimmen mit dem Strom... Blocher: ...ja, natürlich, ...und ausnahmslos stromabwärts. Und wer kein Gewicht hat, wird auch nicht bekämpft. Solange ich bekämpft werde, ist dies ein Zeichen dafür, dass sie mich ernst nehmen. Die Frage ist natürlich auch, wieviel man erreicht. Und da haben wir eine Bilanz, die weitaus besser ist, als man nach aussen hin sieht. Ich merke dies im Bundesrat und Parlament, wo sie Rücksicht nehmen müssen, weil sie sonst fürchten, den Blocher wieder im Nacken zu haben. Nun aber sind Sie ja einerseits ein Mann der Wirtschaft, andererseits ein Politiker. Als Unternehmer sind sie sehr europäisch oder - um das Modewort zu gebrauchen - globalisiert, als Politiker indes stemmen Sie sich gegen den Beitritt der Schweiz zur EU. Ist das nicht Widerspruch? Blocher: Nein, im Gegenteil. Damit habe ich überhaupt keine Mühe. Ich bin ja nicht der Meinung, wir müssten Mauern an unseren Grenzen errichten. Wir verkehren doch mit allen Ländern dieser Welt freundschaftlich, kulturell wie wirtschaftlich. Ich wehre mich aber dagegen, dass man sich einbindet. Und diesbezüglich hat die Schweiz eine grosse Erfahrung. Wir haben uns nie einbinden lassen und wollen unsere Entscheidungen aus eigener Kraft fällen. Das ist massgebend. Je stärker die Globalisierung voranschreitet, desto grösser wird die Sehnsucht der Menschen nach etwas Besonderem. Und das kann nur lokal geschehen. Daraus leitet sich der Anspruch ab, dass der Staat seine Eigenständigkeit wahren muss. Nicht indem er sich abschottet, aber indem er seine Entscheidungsfreiheit nicht aus der Hand gibt. Das wäre eigentlich alles. Bleibt mir einzig, Ihnen für dieses Gespräch zu danken und Ihnen im neuen Jahr alles Gute zu wünschen.