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01.01.2000
01.01.2000
Discorso augurale di capodanno 2000
1 gennaio 2000 Gentili Concittadine,Cari Concittadini, Se oggi - 1° gennaio dell'anno 2000 - faccio un bilancio del secolo appena trascorso, è con sentimenti contrastanti: ci lasciamo alle spalle un secolo che ha visto i peggiori eccessi di nazionalismo e socialismo, due sistemi ugualmente nemici dell'uomo che, in alcuni casi, si sono sciaguratamente uniti per dar vita al "nazionalsocialismo". Dittatori di entrambi i sistemi hanno elevato l'onnipotente Stato a divinità, calpestando e soffocando la libertà dell'individuo. Le conseguenze sono state il razzismo da un lato e l'odio di classe dall'altro, con milioni di morti, fame, miseria, guerre e una marea senza fine di profughi. Tuttavia, anche nei momenti più bui, capita di assistere ad eventi straordinari e noi Svizzeri possiamo constatare con gratitudine che, anche negli anni che hanno visto la nascita e lo sviluppo di brutali dittature e sussulti totalitaristici, il nostro piccolo paese, spesso unica voce nel panorama europeo, ha sempre saputo tenere alta la fiaccola della libertà, della giustizia e della democrazia. Si trattava in quegli anni di difendere la nostra sovranità, neutralità, i nostri diritti di popolo democratico ed il nostro federalismo contro la sfida di dittature improntate al disprezzo dell'uomo. Il "welfare state" come nuovo strumento di assoggettamento E tuttavia, all'inizio del XXI secolo sorge spontanea una domanda inquietante: la caduta dei regimi comunisti e fascisti è bastata a seppellire per sempre l'idea di uno Stato onnipotente? Oggi l'individuo è tornato ad assumere la posizione centrale che gli spetta? Purtroppo no! Alle soglie del XXI secolo, i socialisti, ormai inesorabilmente alla deriva, hanno trovato una nuova ancora di salvezza a cui aggrapparsi: l'onnipresente "welfare state" di cui tessono le lodi con altisonanti frasi moralistiche e progressiste. Poco importa a loro che questo stato assistenziale renda gli individui schiavi dello Stato, che li renda a forza dipendenti e vassalli distruggendo ogni libertà personale, indipendenza, intraprendenza e proprietà privata. La ridistribuzione ad opera dello Stato, reclamata in misura sempre crescente anche da circoli borghesi, porta alla massificazione, al centralismo e alla burocrazia sociale. Non è un caso che i moralisti di sinistra e ferventi intellettuali si servano di slogan come "giustizia" e "solidarietà" nel loro appello a favore del rovinoso potenziamento del "welfare state". Non sono forse loro che, dai loro scranni di ben pagati funzionari, tengono in mano le leve di comando di questo strumento di coercizione? I piccoli gruppi - a cominciare dalle famiglie - con il loro calore umano e la vera solidarietà, devono così cedere il passo ad una burocrazia anonima. È questo che vogliono i patiti della ridistribuzione. Per questi pseudo-santi, le cui pretese non conoscono confini, la limitazione del potere statalista, l'autonomia dei comuni, il federalismo, rappresentano il Male con la M maiuscola. Se dipendesse da loro, entrerebbero subito a far parte dell'Unione Europea, dove vedrebbero realizzati nella forma più compiuta, senza freni e senza limiti, lo strapotere statale, la rigidità burocratica e il giogo fiscale sulle spalle degli individui. La responsabilità personale come via verso il futuro L'allargamento dell'assistenza da parte dello Stato non può reggersi unicamente sul supporto fornito dai redditi più elevati e pertanto i costi che essa produce vanno a gravare anche su coloro che dovrebbe sostenere. Si spiega così come mai nel nostro paese lo Stato con una mano toglie e con l'altra rende. Peccato però che queste manovre comportino perdite rovinose! Per questo motivo, nel XXI secolo, dovremo più che mai opporre la responsabilità personale e la libera economia di mercato al rovinoso "welfare state" che, di questo passo, anziché Stato del "benessere" si avvia a diventare piuttosto uno Stato di povertà. È questa l'unica premessa per la libertà, il diritto, la pace e la giustizia. Il segreto del suo successo si chiama concorrenza, intraprendenza e proprietà privata. In nessun caso si deve permettere allo Stato di appropriarsi del potere in tutti i settori della vita. Proprio come nella democrazia il cittadino votante deve avere il potere decisionale ultimo, così anche nell'economia di mercato l'ultima parola deve spettare al consumatore. Il peso crescente di tasse, imposte e oneri obbligatori sta paralizzando la nostra economia e la nostra vita e finirà col distruggerle. Con questa tassazione sempre più sfrenata lo Stato ha in mano uno strumento subdolo e discreto con cui provvedere all'arbitrario sovvertimento del libero gioco dell'economia di mercato e con cui punire gli intraprendenti. Atteggiamenti pseudomonarchici La politica con la sua ridistribuzione, l'indebitamento dello stato e la burocrazia sono purtroppo divenuti troppo potenti, troppo importanti e troppo costosi anche nel nostro paese. A Berna il Governo, i Parlamentari e i media al loro servizio si comportano come se il destino della Svizzera si decidesse nella sede del Parlamento Federale. Questo è uno stravolgimento della realtà che guarda solo alla superficie e non alla sostanza delle cose. No, non è questa la verità. Vero, invece, è che i risultati conseguiti dal nostro paese non si devono alle discussioni politiche, alle riunioni parlamentari e alle conferenze stampa, bensì all'onesta attività che cittadine e cittadini svolgono in famiglia, al lavoro, in seno ad enti e associazioni. Il nostro Governo però sembra sempre meno disposto ad accettare questa verità. Presidenti e Consiglieri Federali sembrano considerare la propria funzione in seno agli organi collegiali sempre più alla stregua delle cariche di capi di stato esteri o di teste coronate, dimenticando che da noi ogni potere sovrano emana dal popolo. Negli ultimi anni nella nostra repubblica alpina si sono diffusi atteggiamenti pseudomonarchici. I vari Consiglieri Federali si sentono in dovere di riversare sul popolo svizzero, come padri dispotici, discorsi virtuosi, gesti moralistici e insistenti suppliche per il futuro. Il primo diritto del popolo svizzero dovrebbe essere quello di essere lasciato in pace dai suoi politici, per potersi dedicare in tutta serenità ai propri doveri quotidiani. Sarebbe davvero ora che il Consiglio Federale si svegliasse e si rendesse conto di una cosa: se uno cammina sui trampoli in fin dei conti si regge sulle proprie gambe e anche chi siede sul trono più sfarzoso, poggia pur sempre sul proprio deretano! Elogio del piccolo Lo Stato moderno del XXI secolo deve limitarsi ai propri compiti principali. Nei settori che gli competono deve saper imporsi con tutta la forza della propria autorità. Tutto il contrario di quanto accade oggi, ad esempio per quanto riguarda la politica d'asilo o la criminalità in continuo aumento. Invece le frenetiche attività che impegnano lo Stato e l'interventismo sconsiderato in campi fuori dalla competenza statale, non fanno che incrementare il malumore nei confronti dello Stato, il disprezzo della legge e il malcontento fiscale. Io mi auguro che nel XXI secolo, invece della massificazione socialista, prevalga nuovamente il dovuto riconoscimento del valore dell'individuo, del significato del singolo come entità incomparabile, insostituibile e inestimabile. Tutti noi, cittadine e cittadini, e in primo luogo le nostre autorità, dobbiamo riscoprire e difendere i valori della democrazia diretta del nostro piccolo paese, senza cercare il bene che non c'è nel culto del colossale e nella supina venerazione del grande. Spesso la vera grandezza interiore sta proprio in ciò che è piccolo e molteplice piuttosto che nel grande e unitario. Se riusciremo a trovare il coraggio e la forza per difendere questi valori, la Svizzera continuerà a rappresentare anche nel nuovo secolo una felice eccezione in Europa e nel mondo. Nella sua storia il nostro paese si è sempre retto sull'equilibrio tra città e campagna, tradizione e modernità, libertà e ordine, coraggio e pacifismo. Pur con tutte le sue mancanze e difetti, possa anche in futuro resistere ad ogni tempesta, grazie alla sua forza e ad una benevola opera della Provvidenza. La necessaria premessa sta però nella volontà di continuare a resistere al veleno del socialismo, dello statalismo e del feudalesimo inteso come potere di pochi sui molti. Fortunatamente ogni giorno posso constatare che questa volontà e questa forza sono ancora ben presenti in ampi settori della popolazione - a dispetto dei costanti tentativi d'indottrinamento dall'alto. Auguro a voi ed a noi tutti la forza di riflettere sui tesori del nostro paese - sovranità, responsabilità personale, libertà e pacifismo - ed auguro a voi ed al nostro paese un nuovo anno veramente buono!
01.01.2000
Neujahrsansprache 2000
1. Januar 2000 Liebe Mitbürgerinnen, liebe Mitbürger, Wenn ich heute - am 1. Januar des Jahres 2000 - eine Bilanz über das eben zu Ende gehende Jahrhundert ziehe, dann tue ich es mit zwiespältigen Gefühlen: Wir blicken zurück auf ein Jahrhundert der schlimmsten Auswüchse des Nationalismus und des Sozialismus, wobei sich beide menschenfeindlichen Systeme zeitweise als "Nationalsozialismus" vereinigt haben. Braune und rote Diktatoren haben den für alles zuständigen Staat zum Abgott gemacht und die Freiheit des Einzelmenschen verachtet und erstickt. Die Folge war Rassenhass auf der einen Seite, Klassenhass auf der anderen Seite mit vielen Millionen von Toten, mit Hunger, Elend, Kriegen und unendlichen Flüchtlingsströmen. Aber immer, wenn besonders Schlimmes geschieht, geschieht ja gleichzeitig auch Wunderbares: Am zu Ende gehenden Jahrhundert dürfen wir Schweizerinnen und Schweizer dankbar feststellen, dass unser kleines Land auch in den Jahren der schlimmsten Diktaturen und der totalitären Herausforderung das Lämpchen der Freiheit, der Gerechtigkeit und der Demokratie hochgehalten hat, zeitweise als praktisch einziger Staat auf dem europäischen Festland. Es ging darum, unsere Souveränität, unsere Neutralität, unsere direkt demokratischen Volksrechte und unseren Föderalismus gegen die Herausforderung von menschenverachtenden Diktaturen zu verteidigen. Der "Wohlfahrtsstaat" als neues Mittel zur Unterjochung Doch am Übergang zum 21. Jahrhundert ist besorgt die Frage zu stellen: Ist etwa mit dem Zusammenbruch der braunen und roten Gewaltherrschaft die Idee des allmächtigen Staates überwunden worden? Ist der Einzelmensch heute endgültig wieder in den Mittelpunkt gerückt worden? Leider nicht! An der Schwelle zum 21. Jahrhundert klammern sich die geistig schiffbrüchig gewordenen Sozialisten an einen neuen Rettungsring: Es ist der alle Bereiche umfassende "Wohlfahrtsstaat", den sie mit lautstarken moralistischen, fortschrittlich tönenden Phrasen bejubeln. Es ist ihnen gleichgültig, dass dieser Wohlfahrtsstaat die Menschen zu Staatssklaven macht, dass er zwangsläufig in Abhängigkeit und Knechtschaft mündet und dass er die persönliche Freiheit, Unabhängigkeit, Risikobereitschaft und das Eigentum zerstört. Die auch von bürgerlichen Kreisen zunehmend geförderte staatliche Umverteilung führt zu Vermassung, Zentralismus und Sozialbürokratie. Es ist kein Zufall, dass linke Moralisten und eifernde Intellektuelle mit Schlagwörtern wie "Gerechtigkeit" und "Solidarität" nach dem ruinösen Ausbau des "Wohlfahrtsstaats" rufen. Sie sind es ja schliesslich, die als gut bezahlte Funktionäre in diesem Zwangsapparat die Kommandostellen innehaben. Die kleineren Kreise - angefangen bei den Familien - mit ihrer menschliche Wärme und echter Solidarität müssen so der anonymen Bürokratie weichen. Diesen Umverteilern gefällt dies. Diesen Pseudo-Heiligen mit ihrem Totalanspruch ist die Beschränkung der Staatsmacht, die Gemeindeautonomie, der Föderalismus oder die direkte Demokratie ein Greuel. Am liebsten möchten sie sofort der EU beitreten, wo die staatliche Allmacht, die bürokratische Erstarrung und die Steuerlast des Einzelnen auf höherer Ebene und darum noch ungehemmter und umfassender wäre. Die Selbstverantwortung als Weg der Zukunft Diese zunehmende staatliche Massenversorgung kann nicht allein von den hohen Einkommen getragen werden; die Kosten davon werden auch denen aufgehalst, für die sie bestimmt ist, und so holt der Staat in unserem Land den Bürgern das Geld aus der linken Tasche, um es ihnen wieder in die rechte Tasche zu stecken - nur leider mit den gewaltigen Leistungsverlusten dieses staatlichen Umwegs! Dem ruinösen "Wohlfahrtsstaat", der zum Armutsstaat wird, müssen wir deshalb im 21. Jahrhundert wie nie zuvor die Selbstverantwortung und freie Marktwirtschaft entgegenhalten. Diese allein sind Voraussetzung für Freiheit, Recht, Friede und Gerechtigkeit. Ihr Erfolgs-Geheimnis heisst Konkurrenz, Risikobereitschaft und Privateigentum. Niemals darf der Staat die Herrschaft über das gesamte Leben an sich reissen. Genau wie in der Demokratie der mündige Stimmbürger, muss im Markt der mündige Konsument die letzte Entscheidungsmacht besitzen. Eine ständig steigende Last von Steuern, Gebühren und Zwangsabgaben lähmt unsere Wirtschaft und unser Leben zunehmend und wird diese schliesslich zersetzen. Denn mit der immer hemmungsloseren Besteuerung besitzt der Staat ein heimtückisches und diskretes Lenkungsinstrument, um das freie Spiel der Marktwirtschaft willkürlich zu verzerren und die Leistungswilligen zu bestrafen. Pseudomonarchische Allüren Die Politik mit ihrer Umverteilung, Staatsverschuldung und Bürokratie ist leider auch in unserem Land viel zu mächtig, viel zu wichtig und viel zu teuer geworden. In Bern tun Regierung, Parlamentarier und die ihnen zugetanen Medien so, als ob sich das Schicksal der Schweiz im Bundeshaus entscheiden würde. Dabei ist dies ein ähnlich grobes Zerrbild der Wirklichkeit, wie wenn wir bei einem Glas Milch lediglich den obenauf schwimmenden Schaum beachten würden. Nein, die wirklichen Leistungen in diesem Land werden nicht an politischen Sitzungen, Sessionen und Presse-Konferenzen erbracht, sondern durch die Bürgerinnen und Bürger in den Familien, an den Arbeitsplätzen, in den Behörden und Vereinen. Dies scheint unsere Regierung aber immer weniger einzusehen. Bundespräsidenten und Bundesräte stellen ihre Funktion im Rahmen einer Kollegialbehörde immer mehr auf die gleiche Stufe mit ausländischen Staatschefs oder gar gekrönten Häuptern und scheinen zu vergessen, dass hierzulande alle Souveränität vom Volke ausgeht. In unserer Alpenrepublik haben sich in den letzten Jahren pseudomonarchische Allüren ausgebreitet. Einzelne Bundesräte glauben, sie müssten das Schweizervolk wie despotische Hausväter mit tugendsamen Reden, moralischen Gesten und eindringlichen Zukunfts-Beschwörungen eindecken. Dabei hätte das Schweizervolk in allererster Linie das Recht, von seinen Politikern in Ruhe gelassen zu werden, um sich ungestört den Pflichten des Alltags zu widmen. Es wäre höchste Zeit, dass der Bundesrat merken würde: Selbst wer auf Stelzen geht, steht noch immer auf seinen gewöhnlichen Beinen, und selbst wer auf dem prächtigsten Regierungssessel thront, sitzt dort noch immer mit seinem gewöhnlichen Gesäss! Lob des Kleinen Der moderne Staat des 21. Jahrhunderts muss sich auf seine Kernaufgaben beschränken. In jenen Bereichen, die ihm zukommen, müsste er sich aber mit der ganzen Kraft seiner Autorität durchsetzen. Gerade dies geschieht heute nicht, etwa in den Bereichen des Asylwesens oder der zunehmenden Kriminalität. Stattdessen führen hektische Staatsaktivitäten und Staatsinterventionen auf unnötigen Gebieten zunehmend zu Staatsverdrossenheit, Gesetzesverachtung und Steuermüdigkeit. Ich wünsche, dass im 21. Jahrhundert anstelle der sozialistischen Vermassung der Wert des Individuums wieder erkannt wird, die Bedeutung des Einzelmenschen, der etwas Unvergleichliches, Unvertauschbares, Unschätzbares ist. Wir Bürgerinnen und Bürger, erst recht aber unsere Behörden, müssen wieder zu den Werten unseres direkt demokratischen Kleinstaates stehen und das Heil nicht weiterhin im Kult des Kolossalen und im Kniefall vor dem Grossen suchen. Denn oft ist das äusserlich Kleine und Vielgestaltige innerlich grösser als die machtvolle Grösse und Einheit. Wenn wir dazu den Mut und die Kraft haben, bleibt die Schweiz auch im neuen Jahrtausend ein europäischer und weltweiter Sonderfall. Sie hat in ihrer Geschichte den Ausgleich von Stadt und Land, von Tradition und Modernität, von Freiheit und Ordnung, von Tapferkeit und Friedensliebe bewältigt. Bei allen Mängeln und Unvollkommenheiten wird sie auch künftige Stürme meistern, sei es dank eigener Kraft, sei es dank einer gütigen Vorsehung. Voraussetzung dazu aber bleibt der Wille, resistent zu bleiben gegenüber dem Gift des Sozialismus, der Staatsallmacht und dem Feudalismus - der Herrschaft weniger über viele! Ich stelle täglich immer wieder fest, dass dieser Wille und diese Kraft in weiten Teilen der Bevölkerung vorhanden ist - trotz dauernder gegenteiliger Berieselung von oben. Ich wünsche Ihnen und uns allen viel Kraft, um sich auf die Stärken unseres Landes - Souveränität, Selbstverantwortung, Freiheit und Friedensliebe - zu besinnen und wünsche Ihnen und unserem Lande ein gutes neues Jahr! Christoph Blocher, Nationalrat SVP
18.12.1999
Meine Antworten auf die Fragen von Beat Kraushaar
Artikel im SonntagsBlick vom 18. Dezember 1999 Der "SonntagsBlick" vom 19. 12. 1999 macht mir zum Vorwurf, ich hätte in den Jahren 1996 und 1997 zwei extremistischen Zeitschriften ein Interview gewährt. In meinen Antworten stellte ich auf die Fragen des "SonntagsBlick" klar, dass ich nur für den Wortlaut meiner Aussage verantwortlich sei, nicht aber für die mir unbekannten Journalisten und deren mir ebenfalls unbekannten Publikationen. Dass ich in den beiden kritisierten Interviews keinerlei extremistischen Gedanken geäussert habe, zeigt der hier in vollem Wortlaut wiedergegebene Inhalt der beiden Interviews: 1. Warum haben Sie diesen beiden rechtsextremen Publikationen (Nation & Europa, National-Zeitung) ein Interview gewährt? Im Falle von "Nation & Europa" hat mich ein mir unbekannter freischaffender Schweizer Journalist nach einer Veranstaltung um ein Interview gebeten. Bei der "National-Zeitung" handelte es sich um schriftlich beantwortete Fragen. Wenn ich Interviews gewähre, heisst dies noch lange nicht, dass ich mich mit der Tendenz der jeweiligen Medien identifiziere. Sonst würde ich mich ja kaum mit den Journalisten des "SonntagsBlick" unterhalten. 2. Wussten Sie, dass diesen beiden Publikationen von Rechtsextremen herausgegeben werden? Nein. Da ich weder mit in- noch mit ausländischen rechtsextremen Kreisen die geringsten Kontakte pflege, kenne und lese ich beide Zeitungen nicht. In meiner Tätigkeit als Unternehmer und Politiker haben randständige, wirre rechts- oder linksextreme Publikationen keinerlei Bedeutung. 3. Sollte ein Politiker sich jeweils nicht informieren, für welches Umfeld er ein Interview gibt? Nein, denn er ist nur für den Inhalt seiner Antworten verantwortlich, nicht für den Ort des Erscheinens. Und meine Antworten enthalten nicht das geringste extremistische Gedankengut. Wer sich davon überzeugen will, kann die von Ihnen kritisierten Interviews im Internet auf meiner Homepage abrufen. 4. Warum haben Sie im Interview mit der "National-Zeitung" den Generalfeldmarschall Rommel als die grösste soldatische Persönlichkeit der deutschen Geschichte bezeichnet? Weil er dies meiner Meinung nach auch ist. Hohe Achtung hat diesem fähigen Offizier auch sein Hauptgegner gezollt, nämlich der britische Feldmarschall Montgomery. Manfred Rommel stammte aus bescheidenen Verhältnissen, war gründlich, besonnen, schlau, behielt in allen Lagen einen kühlen Kopf und wurde schliesslich von den Nazis zum Selbstmord gezwungen. 5. Wie erklären Sie sich, dass Sie immer wieder in Kontakt mit rechtsextremen Kreisen kommen? Von solchen Kontakten kann keine Rede sein. Wenn mir meine politischen Gegner im Inland mangels besserer Argumente solche Kontakte andichten, gibt es im In- und Ausland ein paar Leute, die mich nicht kennen und schliesslich das glauben, was mir unterstellt wird. 6. Warum grenzen Sie sich nicht deutlicher ab von solchen Kreisen? Ich habe mich immer wieder in aller Schärfe von jedem Extremismus, jeder Form von Gewalt und jedem undemokratischen Verhalten abgegrenzt. In meiner letztjährigen Albisgüetlirede, die in alle Haushalte der Deutschschweiz verschickt wurde, zog ich eine traurige Bilanz dieses Jahrhunderts mit ihrem braunen und roten Terror und der Verachtung der Freiheit des Einzelmenschen. 7. Was werden Sie in Zukunft tun, um nicht wieder im Dunstkreis dieser rechtsextremen Kreise aufzutauchen? Ich werde weiterhin mit aller Kraft meine freiheitliche, liberal-konservative Politik vertreten. Extremisten aller Richtungen werden so erkennen müssen, dass ich mit deren Gedankengut nicht das Geringste zu tun habe. Es ist übrigens auch nicht besonders angenehm, ständig im Dunstkreis des "SonntagsBlick" aufzutauchen.
16.12.1999