L’adesione della Svizzera sarebbe utile solo ai funzionari, ai diplomatici e ai politici
«La RegioneTicino» del 15 febbraio 2002
Per il tribuno zurighese una sconfitta sull’Onu non intaccherebbe la forza dell’UDC
Blocher: abbiamo già vinto
di Silvano De Pietro
Quali sono le priorità nel futuro della Svizzera?
Chrisoph Blocher: Che nel nostro paese vi sia la piena occupazione; e che possiamo conservare la libertà e l’autodeterminazione.
E l’entrata nell’ONU non è una prtiorità?
Blocher: No. È il contrario.
Perché?
Blocher: Se entriamo nell’ONU, vuol dire che ci lasceremo tranquillamente comandare dall’estero, cioè dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, che è competente per le questioni di guerra nel mondo e ci può obbligare a prendere parte a tali guerre. E noi questo non lo vogliamo, poiché uno dei nostri principî è la neutralità. Noi siamo a fianco dell’ONU ovunque si tratta di questioni umanitarie, di profughi, di economia, di clima; ma mai quando si tratta di guerra, cioè nei suoi organismi più potenti.
Ma tutti gli altri stati neutrali aderiscono all’ONU senza alcun problema.
Blocher: In primo luogo, in tutti questi stati il popolo non ha mai potuto votare: hanno deciso il governo e il parlamento. Nel nostro paese decide il popolo; e il popolo è in maggioranza interessato a non entrare nell’ONU. In secondo luogo, esiste al mondo soltanto un paese che ha una neutralità più ampia di quella svizzera. All’Austria venne imposta; ma poi ha dovuto sacrificarla: non si poteva stare nella NATO e nell’ONU e, nello stesso tempo, essere neutrali.
Però, solo come membri dell’ONU, possiamo continuare ad essere neutrali.
Blocher: No, non possiamo più esserlo. Perché firmiamo un accordo nel quale si dice che il Consiglio di sicurezza può obbligare uno stato membro a procedere contro un altro stato con embarghi, blocchi dei viveri, sospensioni di forniture elettriche, interruzioni di relazioni diplomatiche, e così via. In questi casi non potremo più decidere da soli: vi saremo obbligati. Sottoscriviamo persino un vincolo a mettere a disposizione truppe ed a concedere diritti di attraversamento. È previsto che questo vincolo sia oggetto di un accordo speciale; ma tale accordo speciale concerne soltanto i dettagli tecnici. La pressione invece sarebbe enorme. E non si potrà decidere liberamente.
L’ONU agisce tuttavia per proteggere i diritti umani, per prestare aiuto in caso di catastrofi, per lottare contro la povertà, per garantire la pace, eccetera. Questi obiettivi dell’ONU non sono gli stessi della Svizzera?
Blocher: Ovunque si tratti di ciò che lei ha citato, noi ci siamo. Dialoghiamo con le organizzazioni che combattono la povertà e prestano aiuti; decidiamo con loro; e paghiamo, anche. Già oggi versiamo 500 milioni di franchi. L’intenzione però non basta: non ho ancora visto un conflitto in cui le due parti sostengono di farsi la guerra perché vogliono la pace. L’ONU afferma di essere una comunità pacifica, ma ci sono quaranta guerre in corso tra membri dell’ONU.
Restando fuori, comunque, non potremo mai influire sulle scelte politiche dell’ONU e delle sue istituzioni. Per lei è giusto così?
Blocher: Ma anche stando dentro non potremo influire. Il Consiglio di sicurezza decide quello che vuole. Vi sono rappresentate le cinque grandi potenze, con diritto di veto. Loro decidono, non gli altri. In secondo luogo, se restiamo fuori non siamo obbligati a rispettare tali decisioni e possiamo decidere da noi come vogliamo procedere, cioè come cavarcela tra le parti in conflitto. Questa è l’idea di base della Croce Rossa e del Corpo d’aiuto in caso di catastrofe. E queste sono cose che può fare uno stato neutrale, ma soltanto se non si lascia coinvolgere nei contrasti tra l’ONU e singoli stati.
Nella lotta al terrorismo è però necessario partecipare alle decisioni. O no?
Blocher: Questo è molto pericoloso. Se entriamo nell’ONU, dobbiamo accettare che sia il Consiglio di sicurezza a decidere chi sono i terroristi e come si deve agire. Ora, se la Svizzera vuole collaborare, e per esempio l’America concorda con le cinque grandi potenze che ci sono centomila terroristi? non è mica molto chiaro che cos’è un terrorista. E come ci si può proteggere contro il terrorismo? Un piccolo stato che sia strettamente neutrale, cioè che non si schiera in conflitti internazionali, non attira i terroristi al proprio interno. E poi, con la polizia, con l’ordine pubblico, con l’esercito, assicura che nel paese non vi sia posto per il terrorismo. Questo è molto meglio che immischiarsi nei continui litigi internazionali, perché in tali casi diventeremmo anche noi vittime del terrorismo.
Ma anche per offrire efficacemente i suoi buoni uffici, la Svizzera dovrebbe essere presente nell’ONU.
Blocher: No. Ovviamente, ci sono buoni uffici che anche gli stati membri dell’ONU possono offrire. Ma quando l’ONU procede contro alcuni stati ? ed errori ve ne sono sempre da ambo le parti – allora solo uno stato che non stia né dall’una, né dall’altra parte può prestare i buoni uffici. Questa è la nostra ricetta. Questo dovremmo fare. Purtroppo il Consiglio federale lo fa troppo poco. Per esempio, nella guerra del Kossovo/Serbia, l’America ha chiesto alla Svizzera se potervamo assumere la rappresentanza diplomatica dei suoi interessi in Serbia. Il Consiglio federale ha detto no, perché non vuole più prestare questi speciali buoni uffici. Cosa che, invece, sarebbe importante.
L’ONU è un fattore economico per la Svizzera?
Blocher: No. Siamo presenti nell’Organizzazione mondiale del commercio e dove le decisioni economiche vengono prese. Ma l’entrata nell’ONU politica è una questione che non tocca l’economia.
Il Consiglio federale dice però che l’adesione all’ONU sarebbe anche un buon investimento.
Blocher: L’ha sempre detto. Ma non ha mai portato un progetto che sia un buon investimento. Ha anche detto sempre che non costa molto, nonostante abbiamo 110 miliardi di debiti. Sta di fatto che andremo a pagare ancora 75 milioni all’anno, con l’aggiunta di molti costi indiretti, senza alcuna utilità per la Svizzera e per il mondo. Gli unici ad averne un’utilità saranno i funzionari, i diplomatici ed i politici che potranno intervenire alle conferenze di New York.
Come giudica il consigliere federale Kaspar Villiger ed altre personalità, che sull’adesione all’ONU oggi hanno cambiato opinione rispetto al 1986?
Blocher: Qualcosa in effetti è cambiato: il loro posto. Il signor Villiger oggi è consigliere federale, e non può più dirsi contrario. Allora non era ancora in governo, e se lo poteva permettere. Anche il signor Frick [Bruno Frick, consigliere agli Stati svittese, PPD, ndr] ha detto che quella volta stava con i contrari. Io non me n’ero mai accorto; ma può essere. Oggi è nella commissione parlamentare di politica estera. È chiaro: quando uno accede all’improvviso alla “classe politique”, cambia colore.
Però sono anche cambiate le condizioni internazionali?
Blocher: Sì, ma il contratto che dovremmo firmare è sempre lo stesso.
Se il popolo respinge l’adesione all’ONU, il consigliere federale Joseph Deiss dovrebbe dimettersi?
Blocher: No. Ma deve accettare la decisione popolare. Non può dire: io faccio il contrario. I consiglieri federali non devono dimettersi se perdono le votazioni.
Perché non ha fiducia nella politica del Consiglio federale?
Blocher: Il Consiglio federale nasconde la sua volontà di non essere neutrale. Vuole entrare nell’Ue, dove non potrà mai essere neutrale, poiché dove si fa una politica comune estera e di sicurezza non si può essere neutrali. Ma non lo dice al popolo. Dice semplicemente: restiamo neutrali ma facciamo il contrario. Inoltre, prima di molte votazioni popolari il Consiglio federale ha promesso cose che poi non ha mantenuto. Mi riferisco alla legge sull’ assicurazione malattia, che noi abbiamo combattuto dicendo che sarebbero aumentati i premi, mentre ilConsiglio federale sosteneva che sarebbero diminuiti. Ci aveva chiamato bugiardi. E adesso si vede cos’è successo. Dunque, io non ho fiducia. Per l’Expo, ci ha detto che ci sarebbe costata soltanto 130 milioni, ora siamo a 830 milioni. Nel caso Swissair, all’inizio ci ha detto: 450 milioni e non un centesimo di più; e poi abbiamo pagato due miliardi. E per i costi dell’entrata all’ONU ci ha detto: 75 milioni non sono molti. Con questi soldi potremmo pagare interessi e ammortamenti per un secondo tunnel del San Gottardo. Ma l’ONU costerà molto di più. Ecco, tutte queste sono promesse fatte al popolo per ottenerne l’approvazione su qualcosa. Ed il popolo dovrebbe crederci. Ma io non ci credo.
Come può dimostrare che il Consiglio federale non abbia l’intenzione di difendere la neutralità?
Blocher: Primo: vuole sottoscrivere l’accordo di adesione all’ONU, e questo è contro la neutralità. Secondo: vuole entrare nell’UE, dove non si può essere neutrali. Ma ci sono altre prove. Abbiamo collaborato alle sanzioni dell’ONU contro l’Iraq; e anche questo era contro la neutralità. Non avremmo dovuto farlo: in tal modo siamo corresponsabili del fatto che laggiù mezzo milione di persone soffre la fame; e il dittatore è ancora là.
In questa campagna contro l’adesione all’ONU, l’UDC ha usato toni più morbidi ed ha impiegato meno mezzi finanziari. Perché?
Blocher: Toni più morbidi? Noi diciamo quel che abbiamo da dire. Non abbiamo bisogno di provocare, perché la maggioranza del popolo è scettica verso l’ONU. Dobbiamo solo dire di che si tratta. Ma noi abbiamo molto meno denaro dell’altro schieramento: è uno scandalo che il Consiglio federale e il parlamento parlino di 1,2 milioni di franchi per la propaganda sull’ONU. Questo è insolito e non va bene. E poi ci sono “Economiesuisse” e un paio di grandi imprese, che pagano anche molto.
Ma quando si trattava dell’esercito, per esempio, avete speso di più.
Blocher: Sì, ma non perché avessimo tanto denaro. Ne avevamo ricevuto molto perché c’era molta gente preoccupata.
Se vince il sì, come dovrebbe comportarsi il Consiglio federale con la politica estera e di neutralità?
Blocher: Una volta nell’ONU, non può più fare nulla. Potrebbe tuttavia stare attento a non farsi coinvolgere in situazioni che potrebbero attirare il terrorismo e la guerra nel nostro paese. E dobbiamo vigilare che non faccia il successivo passo di entrare nell’UE; che non dica: ah, ora la Svizzera non prende più sul serio la neutralità, ora entriamo nell’UE, gli svizzeri lo vogliono. I ticinesi, per esempio, direbbero di no, perché il Ticino finora ha sempre votato per l’indipendenza della Svizzera.
E se vince il no, quali saranno le conseguenze per l’UDC in vista delle elezioni del 2003?
Blocher: Abbiamo già vinto. Indipendentemente da questo risultato. Anzi, per il partito sarebbe persino meglio se non vincesse. Perché in tal caso sarebbero gli altri a portarne la responsabilità. E allora il popolo potrà vedere come aumentano le spese, i viaggi, eccetera. Se invece vince il no, dopo tre mesi tutto è dimenticato. Se vinciamo noi, è meglio per la Svizzera. Se perdiamo, per il partito non sarà uno svantaggio. Siamo in una situazione vincente.
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