Allocuzione in occasione del 1° agosto 2009
dell’ex Consigliere federale Dr. Christoph Blocher
(Fa fede il testo pronunciato e scritto)
Cari concittadini, care concittadine,
care cittadine e cari cittadini svizzeri
Oggi festeggiamo il compleanno della Confederazione Elvetica. Del nostro paese, della nostra patria. Un paese che esiste da 718 anni. Cosa significa concretamente? L’ora della nascita della nostra nazione coincide con il periodo della minaccia dei nostri cantoni primitivi. La gente semplice rischiava di perdere la libertà. Di essere messa sotto tutela. Per affrontare questo pericolo il popolo si è unito. Ed ha giurato fedeltà su una carta della libertà. In essa è scritto: vogliamo essere noi a determinare il nostro destino. Siamo noi a decidere dove andare. Non tolleriamo né giudici stranieri né autorità sovrane su di noi.
Oggi sappiamo con quale sacrificio abbiamo ottenuto la libertà. Per questo è importante continuare a imporci congiunti contro i domini stranieri.
Il giuramento, l’alleanza ha tenuto assieme la nostra Svizzera per 718 anni. Molte nazioni sarebbero fiere di poter festeggiare un compleanno di oltre sette secoli di storia. Noi oggi lo facciamo con gratitudine.
Cos’è che preoccupa oggi la nostra nazione, nel suo 719° anno di vita? – È chiaro: oggi viviamo in un periodo assai infido, come ai tempi della nascita della Confederazione. L’economia è sofferente. Ci troviamo nel bel mezzo di una crisi finanziaria mondiale. La crisi più seria degli ultimi 70 anni. Molti hanno paura di restare senza lavoro.
Oggi siamo circondati da grandi e influenti paesi che dicono: “ora ci dobbiamo occupare della benestante Svizzera. Loro hanno denaro. Loro vivono nel benessere e hanno ricchezza. – Prendiamoci i loro risparmi, che a noi mancano.” – Gli USA vorrebbero toglierci il nostro segreto bancario. La Svizzera dovrebbe consegnare i dossier dei cittadini americani, che hanno investito da noi il loro denaro. I paesi dell’UE sono della stessa opinione. Da noi esigono di adattare le nostre leggi fiscali a quelle degli stati dell’Unione Europea. Affinché nessuno venga più da noi, in mancanza di incentivi fiscali. L’UE desidera creare ovunque le stesse pessime condizioni quadro fiscali.
Iniziano a ricattarci: “Guai alla Svizzera, se non si sottomette! Vedrà cosa le succederà.” – Una tale influenza ha un nome e si chiama guerra economica. Continuare per questa strada è pericoloso. Eppure: come proseguire l’abbiamo imparato sull’esempio della nascita del nostro paese. Era pericoloso anche allora. A quei tempi. I nostri antenati avrebbero potuto adattarsi e sottomettersi anch’essi. Però avevano anche la possibilità di opporsi. E hanno deciso per la seconda opzione. Hanno fondato la loro volontà con un giuramento, redatto la carta della libertà e agli avversari hanno detto “noi restiamo uniti e non ci sottomettiamo. Per il nostro futuro.”
Oggi possiamo rinnovare il nostro patto solo mostrandoci decisi. Vogliamo essere autonomi. Vogliamo restare indipendenti. Vogliamo essere una nazione nella quale sono le cittadine e i cittadini che ci vivono a dire dove andare.
Ogni paese deve poter plasmare il proprio futuro, come lo ritiene necessario. Noi siamo un piccolo paese. Lo sappiamo bene. In verità siamo un paese povero. Non abbiamo risorse naturali. Sotto questo punto di vista, le premesse non sono buone. Ma con diligenza, abilità e fiducia possiamo percorrere la nostra strada. Proseguire su di essa. Di conseguenza: non cedere mai. A chi vanta pretese inique dobbiamo far capire quali sono i limiti: “Fin qui e non oltre.”
Cosa significa per noi, per la nostra vita quotidiana? Se gli USA dicono “dateci i dossier dei clienti delle banche svizzere” che in verità non ci è permesso dare. Perché i diritti degli investitori sono protetti dalle nostre leggi. In questo caso occorre fare resistenza, bisogna dire: “No, non lo facciamo.” – Lo stesso vale quando l’UE ci chiede di adattare le nostre leggi, per peggiorare le nostre condizioni quadro fiscali. Anche in questo caso dobbiamo mettere un freno e rispondere: “Noi siamo un paese sovrano. Noi facciamo le nostre leggi fiscali così come riteniamo sia giusto.”
Il nostro paese è divenuto forte, grazie soprattutto all’autoresponsabilità delle nostre cittadine e dei nostri cittadini. Il cittadino deve gestire il diritto, per impedire allo Stato di divenire troppo potente, per non permettergli di sfilargli il denaro dalle tasche.
Oggi viviamo esattamente il contrario: lo Stato è potente, esercita la sua influenza. Prendiamo ad esempio l’educazione dei nostri figli. La zia dovrebbe richiedere un certificato, per avere il permesso di custodire i nipoti. Qui si deve avere il coraggio di dire di no. Noi vogliamo allevare i nostri figli con autoresponsabilità.
Un altro argomento è l’aumento dell’Imposta sul valore aggiunto. Il 27 settembre all’urna possiamo dire: “no, non vogliamo aumentare l’imposta sul valore aggiunto, perché la riteniamo una cattiva ricetta, per noi e per la nostra economia.” – È evidente, c’è ancora molto da fare.
Alcune cittadine e alcuni cittadini svizzeri, vivendo agiati per anni, sono diventati pigri. Oggi è richiesta determinazione, per preservare l’autonomia. Ma quest’autonomia è collegata alla nostra ricetta di successo. Lo riconoscono anche molte persone nei nostri Stati limitrofi. A migliaia vorrebbero entrare nel nostro paese. Vorrebbero lavorare qui, abitare qui. Perché qui si sta meglio. – È evidente: non esiste alcun motivo per copiare gli errori fatti dalle nazioni dalle quali la gente si riversa nel nostro paese.
Il 1° agosto, il giorno della Festa nazionale, ci dà l’occasione di pensare nuovamente ai pilastri basilari che sostengono il nostro paese. Alla nostra indipendenza, al giuramento sul Rütli, alla carta della libertà, nella quale sono ancorate la neutralità e l’autoresponsabilità.
Ricordandoci di percorrere questa strada, continueremo ad avere successo.
Care cittadine, cari cittadini, auguro a voi tutti un felice 1° agosto. Un buon compleanno e un buon futuro.
Vi ringrazio.
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