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01.01.2000

Discorso augurale di capodanno 2000

1 gennaio 2000 Gentili Concittadine,Cari Concittadini, Se oggi - 1° gennaio dell'anno 2000 - faccio un bilancio del secolo appena trascorso, è con sentimenti contrastanti: ci lasciamo alle spalle un secolo che ha visto i peggiori eccessi di nazionalismo e socialismo, due sistemi ugualmente nemici dell'uomo che, in alcuni casi, si sono sciaguratamente uniti per dar vita al "nazionalsocialismo". Dittatori di entrambi i sistemi hanno elevato l'onnipotente Stato a divinità, calpestando e soffocando la libertà dell'individuo. Le conseguenze sono state il razzismo da un lato e l'odio di classe dall'altro, con milioni di morti, fame, miseria, guerre e una marea senza fine di profughi. Tuttavia, anche nei momenti più bui, capita di assistere ad eventi straordinari e noi Svizzeri possiamo constatare con gratitudine che, anche negli anni che hanno visto la nascita e lo sviluppo di brutali dittature e sussulti totalitaristici, il nostro piccolo paese, spesso unica voce nel panorama europeo, ha sempre saputo tenere alta la fiaccola della libertà, della giustizia e della democrazia. Si trattava in quegli anni di difendere la nostra sovranità, neutralità, i nostri diritti di popolo democratico ed il nostro federalismo contro la sfida di dittature improntate al disprezzo dell'uomo. Il "welfare state" come nuovo strumento di assoggettamento E tuttavia, all'inizio del XXI secolo sorge spontanea una domanda inquietante: la caduta dei regimi comunisti e fascisti è bastata a seppellire per sempre l'idea di uno Stato onnipotente? Oggi l'individuo è tornato ad assumere la posizione centrale che gli spetta? Purtroppo no! Alle soglie del XXI secolo, i socialisti, ormai inesorabilmente alla deriva, hanno trovato una nuova ancora di salvezza a cui aggrapparsi: l'onnipresente "welfare state" di cui tessono le lodi con altisonanti frasi moralistiche e progressiste. Poco importa a loro che questo stato assistenziale renda gli individui schiavi dello Stato, che li renda a forza dipendenti e vassalli distruggendo ogni libertà personale, indipendenza, intraprendenza e proprietà privata. La ridistribuzione ad opera dello Stato, reclamata in misura sempre crescente anche da circoli borghesi, porta alla massificazione, al centralismo e alla burocrazia sociale. Non è un caso che i moralisti di sinistra e ferventi intellettuali si servano di slogan come "giustizia" e "solidarietà" nel loro appello a favore del rovinoso potenziamento del "welfare state". Non sono forse loro che, dai loro scranni di ben pagati funzionari, tengono in mano le leve di comando di questo strumento di coercizione? I piccoli gruppi - a cominciare dalle famiglie - con il loro calore umano e la vera solidarietà, devono così cedere il passo ad una burocrazia anonima. È questo che vogliono i patiti della ridistribuzione. Per questi pseudo-santi, le cui pretese non conoscono confini, la limitazione del potere statalista, l'autonomia dei comuni, il federalismo, rappresentano il Male con la M maiuscola. Se dipendesse da loro, entrerebbero subito a far parte dell'Unione Europea, dove vedrebbero realizzati nella forma più compiuta, senza freni e senza limiti, lo strapotere statale, la rigidità burocratica e il giogo fiscale sulle spalle degli individui. La responsabilità personale come via verso il futuro L'allargamento dell'assistenza da parte dello Stato non può reggersi unicamente sul supporto fornito dai redditi più elevati e pertanto i costi che essa produce vanno a gravare anche su coloro che dovrebbe sostenere. Si spiega così come mai nel nostro paese lo Stato con una mano toglie e con l'altra rende. Peccato però che queste manovre comportino perdite rovinose! Per questo motivo, nel XXI secolo, dovremo più che mai opporre la responsabilità personale e la libera economia di mercato al rovinoso "welfare state" che, di questo passo, anziché Stato del "benessere" si avvia a diventare piuttosto uno Stato di povertà. È questa l'unica premessa per la libertà, il diritto, la pace e la giustizia. Il segreto del suo successo si chiama concorrenza, intraprendenza e proprietà privata. In nessun caso si deve permettere allo Stato di appropriarsi del potere in tutti i settori della vita. Proprio come nella democrazia il cittadino votante deve avere il potere decisionale ultimo, così anche nell'economia di mercato l'ultima parola deve spettare al consumatore. Il peso crescente di tasse, imposte e oneri obbligatori sta paralizzando la nostra economia e la nostra vita e finirà col distruggerle. Con questa tassazione sempre più sfrenata lo Stato ha in mano uno strumento subdolo e discreto con cui provvedere all'arbitrario sovvertimento del libero gioco dell'economia di mercato e con cui punire gli intraprendenti. Atteggiamenti pseudomonarchici La politica con la sua ridistribuzione, l'indebitamento dello stato e la burocrazia sono purtroppo divenuti troppo potenti, troppo importanti e troppo costosi anche nel nostro paese. A Berna il Governo, i Parlamentari e i media al loro servizio si comportano come se il destino della Svizzera si decidesse nella sede del Parlamento Federale. Questo è uno stravolgimento della realtà che guarda solo alla superficie e non alla sostanza delle cose. No, non è questa la verità. Vero, invece, è che i risultati conseguiti dal nostro paese non si devono alle discussioni politiche, alle riunioni parlamentari e alle conferenze stampa, bensì all'onesta attività che cittadine e cittadini svolgono in famiglia, al lavoro, in seno ad enti e associazioni. Il nostro Governo però sembra sempre meno disposto ad accettare questa verità. Presidenti e Consiglieri Federali sembrano considerare la propria funzione in seno agli organi collegiali sempre più alla stregua delle cariche di capi di stato esteri o di teste coronate, dimenticando che da noi ogni potere sovrano emana dal popolo. Negli ultimi anni nella nostra repubblica alpina si sono diffusi atteggiamenti pseudomonarchici. I vari Consiglieri Federali si sentono in dovere di riversare sul popolo svizzero, come padri dispotici, discorsi virtuosi, gesti moralistici e insistenti suppliche per il futuro. Il primo diritto del popolo svizzero dovrebbe essere quello di essere lasciato in pace dai suoi politici, per potersi dedicare in tutta serenità ai propri doveri quotidiani. Sarebbe davvero ora che il Consiglio Federale si svegliasse e si rendesse conto di una cosa: se uno cammina sui trampoli in fin dei conti si regge sulle proprie gambe e anche chi siede sul trono più sfarzoso, poggia pur sempre sul proprio deretano! Elogio del piccolo Lo Stato moderno del XXI secolo deve limitarsi ai propri compiti principali. Nei settori che gli competono deve saper imporsi con tutta la forza della propria autorità. Tutto il contrario di quanto accade oggi, ad esempio per quanto riguarda la politica d'asilo o la criminalità in continuo aumento. Invece le frenetiche attività che impegnano lo Stato e l'interventismo sconsiderato in campi fuori dalla competenza statale, non fanno che incrementare il malumore nei confronti dello Stato, il disprezzo della legge e il malcontento fiscale. Io mi auguro che nel XXI secolo, invece della massificazione socialista, prevalga nuovamente il dovuto riconoscimento del valore dell'individuo, del significato del singolo come entità incomparabile, insostituibile e inestimabile. Tutti noi, cittadine e cittadini, e in primo luogo le nostre autorità, dobbiamo riscoprire e difendere i valori della democrazia diretta del nostro piccolo paese, senza cercare il bene che non c'è nel culto del colossale e nella supina venerazione del grande. Spesso la vera grandezza interiore sta proprio in ciò che è piccolo e molteplice piuttosto che nel grande e unitario. Se riusciremo a trovare il coraggio e la forza per difendere questi valori, la Svizzera continuerà a rappresentare anche nel nuovo secolo una felice eccezione in Europa e nel mondo. Nella sua storia il nostro paese si è sempre retto sull'equilibrio tra città e campagna, tradizione e modernità, libertà e ordine, coraggio e pacifismo. Pur con tutte le sue mancanze e difetti, possa anche in futuro resistere ad ogni tempesta, grazie alla sua forza e ad una benevola opera della Provvidenza. La necessaria premessa sta però nella volontà di continuare a resistere al veleno del socialismo, dello statalismo e del feudalesimo inteso come potere di pochi sui molti. Fortunatamente ogni giorno posso constatare che questa volontà e questa forza sono ancora ben presenti in ampi settori della popolazione - a dispetto dei costanti tentativi d'indottrinamento dall'alto. Auguro a voi ed a noi tutti la forza di riflettere sui tesori del nostro paese - sovranità, responsabilità personale, libertà e pacifismo - ed auguro a voi ed al nostro paese un nuovo anno veramente buono!

01.01.2000

Neujahrsansprache 2000

1. Januar 2000 Liebe Mitbürgerinnen, liebe Mitbürger, Wenn ich heute - am 1. Januar des Jahres 2000 - eine Bilanz über das eben zu Ende gehende Jahrhundert ziehe, dann tue ich es mit zwiespältigen Gefühlen: Wir blicken zurück auf ein Jahrhundert der schlimmsten Auswüchse des Nationalismus und des Sozialismus, wobei sich beide menschenfeindlichen Systeme zeitweise als "Nationalsozialismus" vereinigt haben. Braune und rote Diktatoren haben den für alles zuständigen Staat zum Abgott gemacht und die Freiheit des Einzelmenschen verachtet und erstickt. Die Folge war Rassenhass auf der einen Seite, Klassenhass auf der anderen Seite mit vielen Millionen von Toten, mit Hunger, Elend, Kriegen und unendlichen Flüchtlingsströmen. Aber immer, wenn besonders Schlimmes geschieht, geschieht ja gleichzeitig auch Wunderbares: Am zu Ende gehenden Jahrhundert dürfen wir Schweizerinnen und Schweizer dankbar feststellen, dass unser kleines Land auch in den Jahren der schlimmsten Diktaturen und der totalitären Herausforderung das Lämpchen der Freiheit, der Gerechtigkeit und der Demokratie hochgehalten hat, zeitweise als praktisch einziger Staat auf dem europäischen Festland. Es ging darum, unsere Souveränität, unsere Neutralität, unsere direkt demokratischen Volksrechte und unseren Föderalismus gegen die Herausforderung von menschenverachtenden Diktaturen zu verteidigen. Der "Wohlfahrtsstaat" als neues Mittel zur Unterjochung Doch am Übergang zum 21. Jahrhundert ist besorgt die Frage zu stellen: Ist etwa mit dem Zusammenbruch der braunen und roten Gewaltherrschaft die Idee des allmächtigen Staates überwunden worden? Ist der Einzelmensch heute endgültig wieder in den Mittelpunkt gerückt worden? Leider nicht! An der Schwelle zum 21. Jahrhundert klammern sich die geistig schiffbrüchig gewordenen Sozialisten an einen neuen Rettungsring: Es ist der alle Bereiche umfassende "Wohlfahrtsstaat", den sie mit lautstarken moralistischen, fortschrittlich tönenden Phrasen bejubeln. Es ist ihnen gleichgültig, dass dieser Wohlfahrtsstaat die Menschen zu Staatssklaven macht, dass er zwangsläufig in Abhängigkeit und Knechtschaft mündet und dass er die persönliche Freiheit, Unabhängigkeit, Risikobereitschaft und das Eigentum zerstört. Die auch von bürgerlichen Kreisen zunehmend geförderte staatliche Umverteilung führt zu Vermassung, Zentralismus und Sozialbürokratie. Es ist kein Zufall, dass linke Moralisten und eifernde Intellektuelle mit Schlagwörtern wie "Gerechtigkeit" und "Solidarität" nach dem ruinösen Ausbau des "Wohlfahrtsstaats" rufen. Sie sind es ja schliesslich, die als gut bezahlte Funktionäre in diesem Zwangsapparat die Kommandostellen innehaben. Die kleineren Kreise - angefangen bei den Familien - mit ihrer menschliche Wärme und echter Solidarität müssen so der anonymen Bürokratie weichen. Diesen Umverteilern gefällt dies. Diesen Pseudo-Heiligen mit ihrem Totalanspruch ist die Beschränkung der Staatsmacht, die Gemeindeautonomie, der Föderalismus oder die direkte Demokratie ein Greuel. Am liebsten möchten sie sofort der EU beitreten, wo die staatliche Allmacht, die bürokratische Erstarrung und die Steuerlast des Einzelnen auf höherer Ebene und darum noch ungehemmter und umfassender wäre. Die Selbstverantwortung als Weg der Zukunft Diese zunehmende staatliche Massenversorgung kann nicht allein von den hohen Einkommen getragen werden; die Kosten davon werden auch denen aufgehalst, für die sie bestimmt ist, und so holt der Staat in unserem Land den Bürgern das Geld aus der linken Tasche, um es ihnen wieder in die rechte Tasche zu stecken - nur leider mit den gewaltigen Leistungsverlusten dieses staatlichen Umwegs! Dem ruinösen "Wohlfahrtsstaat", der zum Armutsstaat wird, müssen wir deshalb im 21. Jahrhundert wie nie zuvor die Selbstverantwortung und freie Marktwirtschaft entgegenhalten. Diese allein sind Voraussetzung für Freiheit, Recht, Friede und Gerechtigkeit. Ihr Erfolgs-Geheimnis heisst Konkurrenz, Risikobereitschaft und Privateigentum. Niemals darf der Staat die Herrschaft über das gesamte Leben an sich reissen. Genau wie in der Demokratie der mündige Stimmbürger, muss im Markt der mündige Konsument die letzte Entscheidungsmacht besitzen. Eine ständig steigende Last von Steuern, Gebühren und Zwangsabgaben lähmt unsere Wirtschaft und unser Leben zunehmend und wird diese schliesslich zersetzen. Denn mit der immer hemmungsloseren Besteuerung besitzt der Staat ein heimtückisches und diskretes Lenkungsinstrument, um das freie Spiel der Marktwirtschaft willkürlich zu verzerren und die Leistungswilligen zu bestrafen. Pseudomonarchische Allüren Die Politik mit ihrer Umverteilung, Staatsverschuldung und Bürokratie ist leider auch in unserem Land viel zu mächtig, viel zu wichtig und viel zu teuer geworden. In Bern tun Regierung, Parlamentarier und die ihnen zugetanen Medien so, als ob sich das Schicksal der Schweiz im Bundeshaus entscheiden würde. Dabei ist dies ein ähnlich grobes Zerrbild der Wirklichkeit, wie wenn wir bei einem Glas Milch lediglich den obenauf schwimmenden Schaum beachten würden. Nein, die wirklichen Leistungen in diesem Land werden nicht an politischen Sitzungen, Sessionen und Presse-Konferenzen erbracht, sondern durch die Bürgerinnen und Bürger in den Familien, an den Arbeitsplätzen, in den Behörden und Vereinen. Dies scheint unsere Regierung aber immer weniger einzusehen. Bundespräsidenten und Bundesräte stellen ihre Funktion im Rahmen einer Kollegialbehörde immer mehr auf die gleiche Stufe mit ausländischen Staatschefs oder gar gekrönten Häuptern und scheinen zu vergessen, dass hierzulande alle Souveränität vom Volke ausgeht. In unserer Alpenrepublik haben sich in den letzten Jahren pseudomonarchische Allüren ausgebreitet. Einzelne Bundesräte glauben, sie müssten das Schweizervolk wie despotische Hausväter mit tugendsamen Reden, moralischen Gesten und eindringlichen Zukunfts-Beschwörungen eindecken. Dabei hätte das Schweizervolk in allererster Linie das Recht, von seinen Politikern in Ruhe gelassen zu werden, um sich ungestört den Pflichten des Alltags zu widmen. Es wäre höchste Zeit, dass der Bundesrat merken würde: Selbst wer auf Stelzen geht, steht noch immer auf seinen gewöhnlichen Beinen, und selbst wer auf dem prächtigsten Regierungssessel thront, sitzt dort noch immer mit seinem gewöhnlichen Gesäss! Lob des Kleinen Der moderne Staat des 21. Jahrhunderts muss sich auf seine Kernaufgaben beschränken. In jenen Bereichen, die ihm zukommen, müsste er sich aber mit der ganzen Kraft seiner Autorität durchsetzen. Gerade dies geschieht heute nicht, etwa in den Bereichen des Asylwesens oder der zunehmenden Kriminalität. Stattdessen führen hektische Staatsaktivitäten und Staatsinterventionen auf unnötigen Gebieten zunehmend zu Staatsverdrossenheit, Gesetzesverachtung und Steuermüdigkeit. Ich wünsche, dass im 21. Jahrhundert anstelle der sozialistischen Vermassung der Wert des Individuums wieder erkannt wird, die Bedeutung des Einzelmenschen, der etwas Unvergleichliches, Unvertauschbares, Unschätzbares ist. Wir Bürgerinnen und Bürger, erst recht aber unsere Behörden, müssen wieder zu den Werten unseres direkt demokratischen Kleinstaates stehen und das Heil nicht weiterhin im Kult des Kolossalen und im Kniefall vor dem Grossen suchen. Denn oft ist das äusserlich Kleine und Vielgestaltige innerlich grösser als die machtvolle Grösse und Einheit. Wenn wir dazu den Mut und die Kraft haben, bleibt die Schweiz auch im neuen Jahrtausend ein europäischer und weltweiter Sonderfall. Sie hat in ihrer Geschichte den Ausgleich von Stadt und Land, von Tradition und Modernität, von Freiheit und Ordnung, von Tapferkeit und Friedensliebe bewältigt. Bei allen Mängeln und Unvollkommenheiten wird sie auch künftige Stürme meistern, sei es dank eigener Kraft, sei es dank einer gütigen Vorsehung. Voraussetzung dazu aber bleibt der Wille, resistent zu bleiben gegenüber dem Gift des Sozialismus, der Staatsallmacht und dem Feudalismus - der Herrschaft weniger über viele! Ich stelle täglich immer wieder fest, dass dieser Wille und diese Kraft in weiten Teilen der Bevölkerung vorhanden ist - trotz dauernder gegenteiliger Berieselung von oben. Ich wünsche Ihnen und uns allen viel Kraft, um sich auf die Stärken unseres Landes - Souveränität, Selbstverantwortung, Freiheit und Friedensliebe - zu besinnen und wünsche Ihnen und unserem Lande ein gutes neues Jahr! Christoph Blocher, Nationalrat SVP

08.12.1999

So oder so gibt es eine Klärung

Christoph Blocher zum Anspruch der SVP auf einen zweiten Bundesratssitz Interview mit der Zürichsee-Zeitung vom 8. Dezember 1999 Für SVP-Nationalrat Christoph Blocher ist es nur folgerichtig, dass sich seine Bundesratskandidatur gegen den politischen Gegner, die SP, richtet. "Nicht wir, sondern SP und CVP haben mit der Konkordanz gebrochen", bilanziert er im Interview mit dieser Zeitung. Hätte die CVP auf einen Sitz verzichtet, so wäre am 15. Dezember nicht er, sondern eine andere Persönlichkeit SVP-Kandidat. von Roland Meier Stört es Sie, wenn Sie von den Medien als Volkstribun tituliert werden, als einer, der sagt, wo es in der SVP lang geht? Christoph Blocher: Wenn man unter Volkstribun jemanden versteht, der so redet, dass ihn die Leute verstehen, dann lasse ich mir diese Bezeichnung gerne gefallen. Ich gebe mir Mühe, mich so klar auszudrücken, dass mich die Leute verstehen. Selbstverständlich versuche ich auch, innerhalb der Partei Einfluss zu nehmen. Getraut sich in der SVP überhaupt noch jemand, gegen Blocher das Wort zu erheben? Blocher: Aber natürlich. Die Diskussionen in der Partei sind sehr intensiv. Dann aber wird das Ergebnis relativ geschlossen vertreten. Jetzt möchten Sie auch im Bundesrat sagen, wo es lang geht: Welches sind Ihre persönlichen Motive für die Kandidatur? Blocher: Persönliche Motive habe ich keine. Im Gegenteil: Für mich wäre es eine grosse Last, wenn ich das Amt antreten müsste. Aber ich bin bereit, diesen Schritt zu tun, weil wir als wählerstärkste Partei den Wählerauftrag ernst nehmen müssen. Wir müssen bereit sein, diese Politik auch im Bundesrat bestmöglich zu vertreten. Also für weniger Steuern, Abgaben und Gebühren zu sorgen; dafür einzustehen, dass in diesem Land wieder vermehrt für die schweizerischen Interessen eingestanden und die Neutralität geachtet wird. Diese Anliegen können zu zweit besser wahrgenommen werden als mit nur einem SVP-Vertreter. Haben wir nur einen Sitz, müssen wir uns halt von Fall zu Fall von aussen für unsere Überzeugungen einsetzen. Ihre Kandidatur ist nicht gegen die schwächste Partei im Regierungsbündnis gerichtet, sondern gegen die SP, die es auf den gleich hohen Wähleranteil bringt wie die SVP. Ist das nicht ein Widerspruch? Blocher: Wir haben uns für die Konkordanz entschieden. Die Konkordanz ist seit 1959 eine - stillschweigende - Vereinbarung unter vier Parteien. Und die lautet: Unabhängig von der politischen Richtung oder vom Wohlverhalten der jeweiligen Partei ist die Parteistärke massgebend, das heisst die drei grossen erhalten zwei, die kleinste einen Sitz. Bis anhin hatte sich die SVP mit nur einem Vertreter zu begnügen, weil wir jahrelang eben die Kleinsten waren... ...was sich am 24. Oktober schlagartig geändert hat? Blocher: Ja, jetzt gehören wir zu den Grossen. Wir haben den höchsten Wähleranteil und die CVP den tiefsten. Nachdem aber die SP beschlossen hat, die SVP erhalte nie zwei Sitze, ist sie aus der Konkordanz ausgestiegen. Desgleichen die CVP, die an ihren zwei Sitzen festhält. Die Konkordanz kann nur spielen, wenn mindestens drei Parteien dafür sind. Damit wurde die Konkordanz aufgebrochen. Wenn die Konkordanz nicht mehr gilt, haben wir gegen unseren politischen Gegner anzutreten - und das ist eben die SP. Damit kann sich die SVP eher Chancen ausrechnen, als wenn sie die CVP und ihre eben erst gewählten Bundesräte herausfordern würde? Blocher: Da unser politischer Gegner nun mal die SP ist, wäre es, nachdem wir die Konkordanz als gebrochen betrachten, unglaubwürdig gewesen, nicht gegen sie anzutreten. Anders wäre der Fall gewesen, hätte die CVP von sich aus auf einen Sitz verzichtet. In einer solchen Konstellation wäre ich heute allerdings nicht Kandidat. Dann hätten wir genügend gute Leute gehabt, die sich für dieses Amt interessiert hätten und auch angetreten wären. Sie bezeichnen sich selber als Patrioten. Haben Sie keine Bedenken, nach einem Bruch der Konkordanz würde das Land noch mehr auseinanderdriften? Blocher: Nochmals: Nicht wir brechen mit der Konkordanz. Um auf Ihre Frage zurückzukommen: Mit starker bürgerlicher Ausrichtung könnte vieles auch besser werden in diesem Land. Die Bürgerlichen wären zwar einer starken Kritik ausgesetzt. Sie müssten Entscheide fällen, die so gut sind, dass sie vor dieser Kritik bzw. Opposition bestehen können. Nein, Bedenken habe ich keine. Wäre denn ein Mitte-Rechts-Bundesrat überhaupt regierungsfähig, oder ist nicht zu befürchten, dass durch Referenden von links die Politik lahm gelegt würde? Blocher: Das macht doch nichts, wenn Referenden ergriffen werden. Wir sollten sowieso nicht ständig aus der Furcht vor einem Referendum Gesetze erlassen. Gefragt sind Beschlüsse, die vor dem Volk bestehen. Heute wird vielfach in einer Art regiert, dass es ja kein Referendum gibt, das Volk ja nicht abstimmen kann. Für ein solches Politisieren hatte ich nie Verständnis. Wäre nicht der Fall denkbar, dass ein Bundesrat Blocher, eingebunden ins Kollegialsystem, lahm gelegt würde, nicht mehr er selber wäre? Blocher: Diese Frage ist ernst zu nehmen. Ich hätte weniger Einfluss bei Volksabstimmungen und in der Öffentlichkeit, dafür aber mehr innerhalb der Regierung. Würden Sie das Kollegialprinzip respektieren? Blocher: Selbstverständlich. Was sagen Sie zur Hypothese, dass die SVP ohne ihre Wahllokomotive Blocher bei den nächsten Wahlen wieder zurückkrebsen wird? Blocher: Das glaube ich nicht. Die SVP ist nicht mehr nur abhängig von einer Person, wie das vielleicht früher einmal der Fall war. Heute haben wir ein sehr gutes Potenzial an sehr guten Leuten. Wäre eine Nichtwahl für Sie die Legitimation, einen noch härteren Oppositionskurs zu fahren? Blocher: Eindeutig. Wenn ich nicht gewählt werde, ist das ein Wink der Bundesversammlung, dass sie die SVP nicht gemäss ihrer Stärke in der Regierung will. Also ist unsere Überzeugung ausserhalb zu vertreten, das heisst wir müssten vermehrt als Opposition Einfluss nehmen. So oder so gibt es am 15. Dezember eine Klärung. Dann dürfte es für Adolf Ogi aber schwierig werden? Blocher: Das glaube ich nicht. Wir beide haben ja nur eine wesentliche Differenz, in der Frage der Neutralität und Unabhängigkeit, in allen übrigen Bereichen aber nicht. Und für solche Fragen hätten wir ja noch immer eine Stimme in der Regierung. Wir würden also nicht einen integralen Oppositionskurs fahren, wie wir das ja auch in der Vergangenheit nicht getan haben, als wir Kompromisse akzeptierten, die wir, wie etwa beim dritten Lohnprozent bei der Arbeitslosenversicherung, als reine Oppositionspartei ziemlich sicher mit dem Referendum angefochten hätten.

02.12.1999

«Ich trete nur mit Widerwillen an»

Interview mit der Weltwoche vom 2. Dezember 1999 SVP-Nationalrat Christoph Blocher zwingt mit seiner Bundesratskandidatur die CVP und FDP, Farbe zu bekennen. Es geht ihm am 15. Dezember nur um eines - die Führung im politischen Bürgertum. Seinen Anspruch formuliert er rigoros: Wer nicht für ihn ist, ist gegen ihn. Interview: Synes Ernst und Matthias Baer Herr Blocher, Sie haben immer gesagt, Sie wollten nie Bundesrat werden. Jetzt sind Sie trotzdem Kandidat. Christoph Blocher: Ich habe meine Meinung nicht geändert. Ich wäre heute noch froh, ich müsste nicht Bundesrat werden. War dieses Amt nie ein Lebensziel? Blocher: Was denken Sie auch! Wer Bundesrat werden will, politisiert nicht mit Ecken und Kanten, sondern achtet darauf, es mit den 245 Parlamentariern, die ihn wählen sollen, nicht zu verderben. Ich habe aber immer gesagt, dass ich das Amt annehmen würde, falls es nötig wäre. Ist das jetzt der Fall? Blocher: Ja, wenn unsere Partei eine glaubwürdige Politik vertreten will, muss ich antreten. Jene in der SVP, die auch fähig wären, das Amt eines Bundesrates auszuüben, kandidieren jetzt nicht, weil die Situation doch einigermassen aussichtslos ist. Wenn man sich in eine Situation begibt, die aussichtslos ist, ist doch man ein Märtyrer. Blocher: Ich entscheide und handle nicht nach dem Lustprinzip. Ich habe in meinem Leben das meiste, das mir viel Verantwortung aufbürdete, mit Widerwillen angetreten. Ich kann Menschen nicht verstehen, die von sich behaupten, sie würden nur machen, was ihnen Freude bereite. Entscheidend ist für mich nur: Ist es notwendig? Und nicht: Habe ich Lust? Wenn die anderen Parteien der SVP einen Sitz überlassen hätten, wie es sich nach dem Konkordanzprinzip gehört, hätte es mich nicht gebraucht. Wie hoch sind Ihre Chancen? Blocher: Sehr klein. Im Augenblick besteht eine gewisse Verwirrung: Im Derby der Trojanischen Pferde, das bei Bundesratswahlen regelmässig stattfindet, kommt einer plötzlich transparent auf einem Ross daher. Was verstehen Sie darunter? Blocher: Um die Konkordanz finden die verschiedensten Vernebelungsübungen statt. Die Parteien werden nie so kreativ, wie wenn es um die Besetzung von Posten geht. Die SP ist zwar für Konkordanz, will der wählerstärksten Partei aber nicht zwei Sitze zugestehen. Und die CVP - als jetzt kleinste Partei - ist auch für die Konkordanz, will aber ihre beiden Sitze behalten. Der FDP-Präsident will sich zur Konkordanz nicht äussern, bis er die Namen kennt, als ob dies entscheidend wäre. Haben Sie allen Ernstes angenommen, die CVP würde freiwillig auf einen ihrer beiden Sitze verzichten? Blocher: Als CVP-Verantwortlicher hätte ich im Gespräch mit dem SVP-Präsidenten versucht, diesem etwas anzubieten. Zum Beispiel, den SVP-Anspruch in einem oder zwei Jahren einzulösen. Aber Offenheit ist nicht möglich, weil sie ihre Trojanischen Pferde nicht öffnen wollen. Jetzt sind sie erschrocken, weil wir eine klare Strategie auf den Tisch legen. Die SVP hat vor den Wahlen nach langer Diskussion beschlossen - ob sie die Wahlen gewinnt oder nicht -, an der Konkordanz für die Bundesrats-Beteiligung festzuhalten. Entscheidend in diesem System ist, dass nicht die politische Gesinnung zählt, sondern die Wählerstärke. An diesen Grundsatz hat sich die SVP immer gehalten. Weshalb dann in den vergangenen Jahren die Dauerkritik an FDP und CVP? Blocher: Weil sie in zentralen Themen, wie beispielsweise der Steuerfrage, den Energieabgaben, der Verkehrspolitik und der Aussenpolitik der SP gefolgt sind und keine bürgerliche Politik mehr vertreten haben. Die Konkordanz schliesst gegenseitige Kritik nicht aus - im Gegenteil. Im Fall der Armeeabschaffungs-Initiative aber haben Sie die SP nicht nur kritisiert, sondern ihr auch Bedingungen gestellt. Blocher: Nein, ich habe in einer Albisgüetli-Rede damals festgestellt, die Konkordanz habe abgewirtschaftet. Konsequenterweise forderte ich persönlich den Wechsel zum System mit Regierung und Opposition. Demnach sollten jene die Regierung bilden, die einander politisch näher stehen. Ich sagte ausdrücklich, dann müsste die SVP oder die SP in die Opposition. Dies zum Missfallen der SVP. Wir haben die Sache vor den Wahlen beraten und uns für die Konkordanz entschieden. Wenn diese gilt, sind wir bereit, auch SP-Bundesräte zu wählen, weil die SP in einer Konkordanzregierung mit zwei Sitzen vertreten sein muss. Gegen diesen Anspruch der SP treten Sie am 15. Dezember an. Warum? Blocher: Weil mindestens SP und CVP die Konkordanz nicht mehr wollen. Nach der Bundesratswahl soll man wissen, ob die Bundesversammlung eine Mitte-links- oder eine Mitte-Rechts-Regierung will. Meine Kandidatur ist nötig, um dies zu klären. Namentlich FDP und CVP werden gezwungen, sich klar zu äussern. Durch den Entscheid der SP und der CVP ist die Konkordanz gestorben. Trauern Sie ihr nach? Blocher: Ich persönlich bin der Meinung, dass sie sich überlebt hat. Aber man darf die Konkordanz an sich nicht gering schätzen, weil sie alle wichtigen Kräfte früh in die Entscheidung einbezieht und bei ehrlichem Ringen um einen Kompromiss auch zu guten politischen Lösungen führen kann. Konkordanz bedeutet aber auch, dass jede Partei in gewissen Fragen Opposition ist, sofern sie noch lebendig ist. Wer zu allem Ja sagt und sich auf die Vergabe von Posten beschränkt, hat politisch abgedankt. Es braucht auch eine Opposition, die auf Schwachpunkte aufmerksam macht. Wenn am 15. Dezember die Konkordanz gebrochen wird und eine Mitte-Rechts-Regierung gewählt wird, besteht die Gefahr, dass die SP ganz in die Opposition geht. Blocher: Ich frage Sie, weshalb man der SP nicht zumutet, bloss mit einem Sitz in der Regierung vertreten zu sein, während man von der ebenso wählerstarken SVP erwartet, dass sie sich mit einem einzigen Bundesrat begnügt und sich dann still verhält. Die SP hat dreissig Jahre auf eine anteilmässige Vertretung im Bundesrat warten müssen. Blocher: Seit die Konkordanz besteht, hat die SP keine Minute warten müssen. Das ist erst seit 1959 der Fall, und seither wurde den vier Konkordanz-Parteien ihr Anspruch auf eine angemessene Vertretung im Bundesrat erfüllt. Befürchten Sie nicht, dass eine SP in der Opposition alles blockieren könnte? Blocher: Nein. Wir Bürgerlichen müssen uns doch zutrauen, Lösungen zu finden, die auch von der Mehrheit im Volk unterstützt werden. Die neue Situation würde uns zwingen, Entscheide zu finden, die den berechtigten Einwänden der in der Regierung nicht mehr vertretenen Sozialdemokraten Rechnung trügen. Die Folge wäre ein Mitte-Links-Kurs. Blocher: Nein. Das Ergebnis wäre ein klarerer und gleichzeitig auch sozialerer Kurs als der heutige, der vielleicht sozialistisch, aber unsozial und arbeitsplatzfeindlich ist. Wir dürfen nicht vergessen, dass während fast hundert Jahren - von 1848 bis 1942 - alle sozialen Fortschritte von rein bürgerlichen Regierungen erzielt worden sind. Schliesslich ist die AHV durch ein bürgerliches Bundesratsmitglied lanciert worden... ...das unter sozialdemokratischem Druck stand... Blocher: ...es ist ja nicht verboten, auf Druck zu reagieren. Möglicherweise hat der Bundesrat auch schon Dinge beschlossen, weil er sich von mir unter Druck gesetzt fühlte. Ich fordere ja nicht, dass die SP aus Bundesrat und Parlament ausgeschlossen wird. Dort hat sie weiterhin ihren Platz, und wenn es zu stärkeren Polarisierungen und vermehrten Diskussionen kommen wird, nützt dies der Sache, denn wir haben in der Schweiz eher zu wenig politische Auseinandersetzungen als zu viele. Wer zum Beispiel das erste Expo-Projekt kritisierte, erhielt als Antwort, er sei gegen die Schweiz. Solche Argumente töten jede Debatte. Im Fall der Expo hätte man bei harter Diskussion das heutige Debakel verhindern können. Warum ist der Sitz von Frau Dreifuss Zielscheibe Ihrer Kandidatur? Blocher: Wie kommen Sie zu einer solchen Feststellung? Ich trete gegen die SP an: Herr Leuenberger oder Frau Dreifuss. Das Parlament entscheidet. Ich muss in der Reihenfolge, wie es das Wahlsystem vorschreibt, antreten. Dass Frau Dreifuss zuerst zur Wahl steht, ist nicht meine Schuld. Wir haben sowohl gegenüber der Politik von Bundesrat Leuenberger als auch von Frau Dreifuss grosse Vorbehalte. Mir ist schon klar, warum in den Medien jetzt eine solche Einstellung kolportiert wird. Man hat es leichter, meine Kandidatur zu kritisieren, wenn man behauptet, sie richte sich gegen eine Frau und gegen eine Vertreterin der Romandie. Damit kann man sich der politischen Frage wieder entziehen. Mit Ihrer Kandidatur wollen Sie FDP und CVP zwingen, Farbe zu bekennen - entweder für die Sozialdemokraten oder aber für die SVP. Geht es Ihnen um die bürgerliche Leaderposition? Blocher: Ich habe nie grossen Wert auf die Frage gelegt, wer nun die bürgerliche Leaderposition innehat. Schön wäre es, wenn die Bürgerlichen innerhalb einer bestimmten Bandbreite die gleichen Ziele verfolgen würden. Mir geht es darum, die Stärken der Schweiz noch zu verstärken - zum Beispiel den schlanken Staat, den Föderalismus, die hohe Eigenverantwortung des Bürgers. Dies ist heute besonders wichtig, nachdem wir in den vergangenen zehn Jahren eine verhängnisvolle Politik betrieben haben. Wenn die Freisinnigen beispielsweise die Staatsquote und die Steuern senken wollen, kann ich mit der freisinnigen Leaderrolle sehr gut leben. Aber wenn die Freisinnigen das Gegenteil machen, sind wir gezwungen, selbst aktiv zu werden. Sie untertreiben! Den Führungsanspruch nehmen Sie permanent wahr, indem Sie Themen besetzen, Pflöcke einschlagen und den Tarif durchgeben. Es ist unsere Aufgabe, Themen zu besetzen, nicht nur "Pöstli". Das ist doch kein Führungsanspruch. Blocher: Die SVP fordert ihn aber gleichsam totalitär, wenn sie im Hinblick auf die Bundesratswahlen sagt, nur wer sich auf ihrer Linie bewege, sei bürgerlich. Wer die SVP der SP vorzieht, der wählt bürgerlich. Ist jemand, der eine klare Meinung vertritt, totalitär? Es ist ein Missbrauch des Begriffs "liberal", wenn er dazu dient, eine unklare Meinung zu rechtfertigen. Aber wenn Sie mit Ihre Kandidatur FDP und CVP zwingen, Farbe zu bekennen, geben Sie und niemand anders vor, was bürgerlich ist. Blocher: Das nicht. Aber wenn FDP und CVP lieber statt mit der SVP mit den Sozialdemokraten regieren, heisst das, dass ihnen die sozialistische Politik näher liegt als die liberal-konservative der SVP. Ich verurteile das gar nicht, auch wenn ich es nicht richtig finde. Ich meine, wir haben in den vergangenen sieben Jahren einen verhängnisvollen Linkskurs gesteuert, der für unsere Arbeitsplätze, für unseren Wohlstand und für unsere Freiheitsrechte schwere Folgen haben wird. Ich bin überzeugt, dass ein moderner Industriestaat wie die Schweiz seine Probleme nur lösen kann, wenn er zu mehr Selbstverantwortung zurückkehrt. Das ist genau das Gegenteil sozialistischer Politik. Ich kann doch CVP und FDP nicht ersparen, in dieser Frage endlich Stellung zu beziehen. Sind Sie glücklich darüber, dass es zu einer solchen Klärung kommen wird? Blocher: Ja, ich bin froh. Denn bei allen Vorteilen der Konkordanz hat sie den Nachteil, dass man nicht Farbe bekennen musste. Jede fehlende Position lässt sich mit der Konkordanz begründen. Damit ist es nun vorbei. Am 15. Dezember wird aber alles beim Alten bleiben. Blocher: Das dürfte die wahrscheinlichste Lösung sein. Dass die SVP aus dem Bundesrat fliegt, ist die zweitwahrscheinlichste. Das wäre der Fall, in dem FDP-Präsident Steinegger anstelle von Adolf Ogi Bundesrat wird? Blocher: Daran basteln zurzeit gewisse Sozialdemokraten. Sie rechnen sich aus, dass dies für die Freisinnigen auf lange Dauer den Todesstoss bedeutet. Denn diese Wahl hätten sie den Sozialdemokraten zu verdanken. Steinegger soll nun von den Sozialdemokraten mit Unterstützung des Ringier-Konzerns auf den Schild gehoben werden. Offensichtlich wurde die Idee von Peter Bodenmann ausgeheckt, der davor warnt, anstelle von Ogi einen SP-Mann zu portieren, weil das die Bürgerlichen gegen die SP aufbrächte. Aber ein Freisinniger anstelle von Ogi, das wäre doch um einiges interessanter. Bodenmann weiss, dass Steinegger nichts mehr wünscht, als Bundesrat zu werden. Das Spiel könnte aufgehen, mit der Folge, dass die FDP künftig am Gängelband der SP politisieren müsste. Ich glaube jedoch nicht, dass Steinegger so ehrgeizig ist, um für einen solchen Kuhhandel Hand zu bieten, auf Kosten der eigenen Partei. Die Sozialdemokraten haben den Mut nicht, mit einem eigenen Kandidaten anzutreten, weil sie die Niederlage scheuen. Es ist unsere Stärke: Wir scheuen die Niederlage nicht. Wie würde sich die CVP in diesem Szenario verhalten? Blocher: Sie könnte darauf hinweisen, dass die FDP und nicht sie selbst von der SP am Gängelband geführt wird. Sie kann aber nicht verschleiern, dass der vorzeitige Rücktritt ihrer beiden Bundesräte relativ kurz vor den Wahlen geschah, um den Volkswillen nach den Wahlen missachten zu können. Solche Schlaumeiertricks zahlen sich nie aus. Im vergangenen März sprachen die Mehrheitsverhältnisse in der Bundesversammlung aber noch für zwei CVP-Sitze. Blocher: Das schon, aber es war doch offensichtlich, dass man noch kurz vor den Wahlen sein Schäfchen ins Trockene bringen wollte. Würde sich die SVP in einem ähnlichen Fall nicht auch so verhalten wie die CVP? Blocher: Auch die SVP besteht nicht aus lauter Engeln. Aber ich persönlich hätte von einem ähnlichen Schritt abgeraten, um nicht dem Wählerwillen zuvorzukommen. Solche Mätzchen rächen sich früher oder später, weshalb ich für eine offene Politik bin. Sie befinden sich dazu in einer guten Position. Sie sind wirtschaftlich völlig unabhängig, sind den anderen Parlamentariern in Bern aufgrund ihrer langen Amtszeit an politischer Erfahrung überlegen, verfügen mit der Auns über eine eigene Haus macht... Blocher: ...ich musste das alles selbst erarbeiten. Aber es stimmt, ich bin in einer privilegierten Situation und kann mich vielleicht freier äussern als andere. Ich betrachte das auch als Auftrag. Aber bitte: Ein bisschen mehr Mut, die eigene Meinung zu sagen, könnte man von den meisten Politikern schon erwarten. Sie werden die Stimmen von jenen erhalten, die Sie in den Bundesrat hieven wollen, um Sie politisch zu neutralisieren. Blocher: Diese Schlaumeierei ist mir bekannt. Aber ich kandidiere nicht einfach so für den Bundesrat; ich kandidiere nur gegen die beiden Sozialdemokraten und nur für den zweiten SVP-Sitz. Sonst stehe ich nicht zur Verfügung. Ich biete niemals Hand zu einem Szenario, bei dem die SVP nur einen Sitz mit Blocher hätte, und ich kandidiere nicht gegen einen der bürgerlichen Bundesräte. Es gibt sozialdemokratische Stimmen, wonach es nicht darum gehe, ob die SVP zwei Sitze im Bundesrat erhalten solle, sondern ob man sie gar aus der Regierung werfen solle. Die Begründung: Die SVP sei tendenziell antidemokratisch, fremdenfeindlich und rassistisch. Blocher: Das sind unhaltbare Vorwürfe der SP. Die SVP ist wesentlich demokratischer strukturiert als die SP, bei der die Basis zu wichtigen Entscheiden nichts zu sagen hat. Wir halten die Werte der direkten Demokratie hoch. Ausgerechnet die SP, welche dem massenmörderischen System des Marxismus und Stalinismus lange anhing, wirft uns mangelnde Demokratie vor! Die Plakate Ihrer Partei appellieren aber an fremdenfeindliche Instinkte. Blocher: Ich wehre mich auch gegen solche Vorwürfe. Was wir dargestellt haben, ist der Asylmissbrauch. Nichts anderes. Der Rassismus wird von jenen Politikern gepflegt, die in heuchlerischer Absicht bestreiten, dass es Asylmissbrauch gibt. Transparenz ist unseres Erachtens schon ein Teil der Lösung. Deshalb wählen wir drastische Darstellungen, um auf das Problem aufmerksam zu machen und endlich Lösungen zu forcieren. Wo etwas bewusst unter dem Deckel gehalten wird, macht Provokation Sinn. Wir sind gegen jede Form des Rassismus und sind weder fremdenfeindlich noch antisemitisch. Welches sind Ihre Strategien für den Fall, dass man die SVP aus dem Bundesrat wirft. Blocher: Dann gibt es nur eine Strategie: die Opposition. Darauf sind wir vorbereitet. Dann wird es in vier Jahren unweigerlich zur grossen Klärung kommen. Logisch ist auch, dass wir von Fall zu Fall Opposition machen, wenn man uns den zweiten Sitz verweigert. Das ist die Konsequenz. Wir haben einen Wählerauftrag, den wir umsetzen müssen und wollen, entweder - gemäss unserer Wählerstärke - mit zwei Bundesräten oder aber mit nur einem Bundesrat oder in der vollen Opposition. Wo besteht für Sie der Unterschied zwischen voller und halber Opposition? Blocher: Wir haben beispielsweise mit der neuen Bundesverfassung einen grossen Brocken geschluckt, was wir als reine Oppositionspartei nicht getan hätten. Dasselbe gilt für die bilateralen Verträge. Gehört zur Oppositionsstrategie auch die Lancierung der Initative zur Bundesratswahl durch das Volk? Blocher: Diese Initiative muss so oder so kommen. Zu Beginn des Bundesstaates wurde keine Kantonsregierung durchs Volk gewählt, heute kann man sich etwas anderes gar nicht vorstellen. Die Erfahrung zeigt, dass bei solchen Wahlen viel weniger Spiele betrieben werden können als bei einer Bundesratswahl im Parlament. Bundesratswahlen würden ernsthafter, was nötig ist.

02.12.1999

Genug gerechnet, Blocher wählen

Für Sie gelesen: Artikel in der Weltwoche vom 2. Dezember 1999 Der SVP-Volkstribun muss in die Regierung. Nicht nur zwecks Domestizierung. Erproben wir seine Politik. Sie passt zu einer Generation in der Zwickmühle der Modernisierung. Von Ludwig Hasler Wohnen wir einem politischen Akt bei, oder sitzen wir in der Arithmetikstunde? Dauernd klimpert der Zählrahmen: SP 51 Nationalratssitze, CVP 35, SVP 44. Reimt sich das zum Verhältnis 2-2-1 im Bundesrat? Nein. Doch die Ständeräte hinzuaddiert, sieht es schon besser aus: 57-50-51. Das bricht zwar der genialste Parteimathematiker nicht auf die Formel 2-2-1, macht aber nichts, er wechselt den Rahmen und zählt die Jahre, die seine Partei auf ihre zwei Regierungssitze hat warten müssen. Überhaupt: Wählt denn das Volk den Bundesrat? Alles korrekt - und daneben. Zählrahmen plus Formelkram machen noch keine Politik. Der springende Punkt ist doch: Christoph Blochers SVP ist zur ersten politischen Kraft avanciert. Soll dieser Erfolg jetzt unter jahrzehntealte Usanzen geraten? Es geht nicht um Regelkonformität. Es geht um Legitimierung der Regierung im Lichte der Wahlen. Und diese Legitimation gelingt, nach Blochers Kandidatur, nur mit Blochers Wahl. Ob er unseren Geschmack trifft, ist nicht die Frage. Ebenso wenig, ob uns eine Mitte-Rechts-Regierung gefällt. Entscheidend ist einzig die Funktionstauglichkeit unserer Demokratie. Die aber würde mit einem in die Opposition verbannten Blocher arg strapaziert. Ein Blocher, der "draussen" agiert, wird das Plebiszit radikalisieren, bis die Abstimmungs- demokratie zur Stimmungsdiktatur verkommt. Einen Vorgeschmack gibt die Initiative "Einbürgerungen vors Volk". Der Volksabsolutismus, der ihm vorschwebt, lebt vom Ressentiment gegen die parlamentarische Demokratie, insgeheim von der Verachtung eines zivilisierten Ausgleichs der Interessen. Der Mythos der kollektiven Volksidentität dient dabei nur als Chimäre einer autoritären Politik, die den Staat privaten Kapitalinteressen gefügig machen will. Wer nicht riskieren will, dass dieser begabte Populist seine eigene Volksherrschaft organisiert und finanziert, muss ihn in die Verantwortung nehmen. Nur mit Blocher "drinnen" entschiede sich endlich, was an seinen Parolen mehrheitsfähiges Programm ist - und was landjunkerhaft-absolutistische Überheblichkeit. Zumal seine Parolen im Zeitgeist fruchtbaren Humus finden. Mit seiner Trilogie der Negation - Ausländer raus, Europa nein, Steuerstaat ade - mobilisiert Blocher nicht nur das letzte Aufgebot der Aktivdienst-Generation. Er dirigiert die grösste Jugendpartei. 27 Prozent der 18- bis 39-jährigen Wähler. Christoph Blocher, die Galionsfigur der Dreissigjährigen? Das ist kein Witz. Die Jüngeren sitzen in der Zwickmühle. In der "Weltwoche"-Umfrage nennen sie als höchsten Wert die Familie; die Realität macht sie zu Einzelkämpfern, die mit Babys am Bein den Flexibilitätserwartungen kaum genügen. Sie finden Solidarität ganz gut, in der Praxis haben sie mit sich selber genug zu tun. Sie sehen sich politisch in der Mitte, doch mit Ausländern haben sie ein Problem. Sie wollen den Weltfrieden und Eier aus artgerechter Hühnerhaltung, aber bitte ohne Engagement, sie wollen das nur für sich. Wir 55-Jährigen hatten es auch nicht leicht. Aber die Perspektive war eindeutig: vorwärts, aufwärts. Diese Perspektive ist weg. Die Hochschulen stehen allen offen, doch die Abschlüsse sind zu nichts und allem zu gebrauchen. Die ganze Welt steht herrlich offen, doch was heute zählt, ist morgen vielleicht schon Schrott. Das Leben, ein Flickwerk. Bastelbiografien. Und bei dem Tempo weht ein ziemlicher kühler Wind. Angesichts solcher Modernisierungsstrapazen empfiehlt sich die simple Doppelstrategie: abhärten und aufwärmen. Blochers Rezept! Wirtschaftlicher Neoliberalismus plus gesellschaftlicher Wertekonservativismus. Dazwischen schrumpft der Staat auf ein Minimalpensum: Kriminelle verhaften, Ausländer ausschaffen, Lonza subventionieren. Simpel, doch nicht unlogisch. Wer permanent im Überlebenstraining steckt, kann sich nicht noch um andere kümmern. Wer der Globalisierungsfalle ins Auge sehen muss, mag nicht noch ideologische Restbestände (Political Correctness, Solidarität mit Minderheiten, Toleranz für Graffitisprayer) mitschleppen. Also abhärten, abschotten, Besitzstand wahren, Gewinn maximieren. Und für die Kälte der Globalkonkurrenz Entschädigung suchen. Am besten bei konservativen Ersatzwärmespendern. Die alten Werte. Die Familie. Die gute alte Schweiz. Das wärmt zwar nicht wirklich, erwärmt schon gar nicht für andere, Fremde. Mehr als der Schein humaner Werteordnung darf es nicht sein. Sonst müsste man sie ja noch in der Praxis befolgen. Blochers Politik als Offerte für Modernisierungsgeplagte in der Zwickmühle. Es geht nicht allein darum, Christoph Blocher zu domestizieren. Seine Politik muss in der Regierung ihre Chance erhalten. Damit ihre Tauglichkeit, ihre Risiken und Nebenwirkungen offenbar werden.