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Immigration

26.04.1997

12a Assemblea generale ordinaria dell’ASNI

Determinazione della posizione del 26 aprile 1997 Cari soci, Gentili signore, Egregi signori, quando abbiamo fondato, ben dieci anni fa, l'Azione per una Svizzera neutrale e indipendente, non potevamo prevedere quanto urgente diventasse la difesa della sovranità, dell'indipendenza, dell'autodeterminazione e della neutralità del nostro paese. A quel tempo non potevamo prevvedere come le nostre autorità, i politici, il Consiglio federale e il Parlamento in poco tempo venissero meno alla difesa del nostro paese contro degli attacchi dall'estero. Da quando ho tenuto, il 1o marzo 1997, un discorso a Zurigo sul tema "La Svizzera e la Seconda guerra mondiale - un chiarimento", che nel frattempo è stato diffuso in più di 50'000 esemplari in lingua tedesca, francese, italiano ed inglese, sento quanto è diventato grande il dilemma del nostro paese: dal grande numero di lettere che ho ricevuto in merito, quelle da Svizzeri all'estero d'oltremare mi hanno toccato maggiormente. Molti hanno comandato parecchi esemplari in lingua inglese alla volta e scrissero: "Finora nessuno della Svizzera ufficiale è stato capace di spiegarci ciò che attualmente succede e quale faccende cattive sono veramente successe durante la Seconda guerra mondiale." O, come ci ha scritto un medico svizzero dal Canada: "Ci sentiamo piantati in asso ignominiosamente dalla Svizzera ufficiale." Minaccia, e ricevi dei soldi! Mi domando perché la Svizzera ufficiale non si è opposta in modo più energico contro le accuse ed i vituperi smisurati e infondati da parte di circoli indigeni ed esteri? Perché il nostro Governo ed il Parlamento non hanno respinto decisamente fin dall'inizio le pretese monetarie ricattatorie da New York? è diventato ricattabile il nostro paese? Le Autorità svizzere ed il Parlamento si comportano come dei giudici seduti in comode poltrone che giudicano la Svizzera come degli osservatori internazionali. Ma il compito del Consiglio federale e del Parlamento è tutt'altro e cioè di impegnarsi quali avvocati e difensori della Svizzera - di parteggiare per la Svizzera. Solamente uno Stato che difende i propri interessi giustificati e che è capace di difendersi, soltanto uno Stato che si impegna per i suoi cittadini ed i loro interessi merita di essere rispettato nella comunità internazionale. Anche essendo un piccolo paese la Svizzera non ha bisogno di lasciarsi insudiciare! Ma per sapersi imporre e per difendere gli interessi della Svizzera bisogna certamente accettarla con i suoi valori! Se non si prende più sul serio la neutralità, se si richiama sempre l'adattamento, se si sprezza chiaramente cchio la democrazia diretta e la volontà popolare, se si cerca di "relativare" o addirittura rendere impossibile la neutralità integrando la Svizzera nell' Unione Europea, se si dubita della sovranità stessa del paese, non si hanno più le premesse e la forza per salvaguardare gli interessi della nazione. Gentili signore, egregi signori, dove questi valori non vengono più rispettati, dove non si ha più la forza di rappresentare e mantenere questi valori, un paese diventa ricattabile. Il discorso del 5 marzo 1997 del Presidente della Confederazione ha chiaramente dimostrato che la Banca Nazionale Svizzera ed il Consiglio federale sono diventati ricattabili. Nell'interesse del paese bisogna porre freno a questa situazione. L'ASNI è più necessaria che mai Come succede spesso nella storia, anche in questo caso si pone la questione: resi-stenza o adattamento? E perciò oggigiorno l'Azione per una Svizzera neutrale e indipendente è molto attuale. Difendere la Svizzera ed i suoi valori è diventato il suo compito più nobile. è consolante che sempre più cittadine e cittadini riconoscono questo compito. Attualmente la nostra organizzazione conta già più di 25'000 membri. Soltanto l'anno scorso il numero dei soci è aumentato ulteriormente del 10%! Sempre più per-sone in questo paese comprendono che la difesa dei nostri pilastri nazionali è diven-tato il compito politico più importante di questi tempi. Gli avvenimenti degli ultimi mesi hanno nuovamente dimostrato che mai in questo secolo l'indipendenza, la neutralità e l'autodecisione della Svizzera sono state più minacciate che in questi anni - e ciò dall'interno, da parte del Governo e del Parlamento. La politica su strade false Gentili signore, egregi signori, sebbene il popolo negli anni passati in tutte le votazioni su progetti che - secondo il Consiglio federale o degli inizianti - dovrebbero limitare l'indipendenza e la neutralità (adesione all'ONU, progetto SEE, progetto Caschi blu, iniziativa popolare per una Svizzera senza aerei da combattimento, riforma del governo e dell'amministrazione, naturalizzazione facilitata, acquisto d'im-mobili da parte di stranieri, iniziativa degli alpi) ha sempre chiaramente deciso in favore dell'indipendenza e della neutralità, il Consiglio federale e il Parlamento perseverano nella meta dell'adesione all'UE. Per ragioni tattici, a Berna si cerca di non parlarne più a voce troppo alta. Fa piacere invece che i circoli economici com-prendono sempre più che un'adesione all'UE non può essere messa in discussione e che - eccetto poche ditte soprattutto amministrate malamente - non si è più entusiasti per un'adesione allo SEE o all'UE. Le attuali difficoltà nell'Unione Europea, la disoccupazione addirittura gigantesca ed i problemi con l'Unione monetaria economicamente equivoca, fanno si che persone con un pò di giudizio economico e di lungimiranza riconoscono che un'adesione all'UE non può essere presa in considerazione. Presso i politici questo accorgimento prende più tempo. Per essi l'adesione all'UE significherebbe un aumento di potere, ed a questo non vogliono rinunciare. E perciò, gentili signore ed egregi signori, dobbiamo restare vigilanti. Indubbiamente saremo sfidati da altre votazioni popolari in merito. Dobbiamo restare pronti per poter inter-venire quando si tratta di respingere un risultato non isfacente delle trattative bilaterali, un'eventuale rinnovata adesione allo SEE, un'adesione all'UE. Riguardo alle trattative bilaterali Vi ricordate gli scenari d'orrore che sono stati diffusi prima della votazione sullo SEE? Vi ricordate, ad esempio, la profezia che nel caso di un rifiuto dello SEE sarebbe massicciamente calata la fiducia nel nostro paese e nella sua moneta, che il franco verrebbe indebolito e che gli interessi aumenterebbero fortemente? Nessuno - così predissero al popolo Svizzero - comprerebbe più franchi svizzeri nel caso di un No allo SEE. E oggi? Il nostro problema non è la debolezza del franco svizzero, bensì la sua forza. Il paese e la sua moneta godono di fiducia, fra altro proprio a causa del No allo SEE. In quel tempo dicevano pure al popolo svizzero che il nostro paese verrebbe isolato, perché nel caso di un No allo SEE non si potrebbero più concludere delle trattative internazionali (cioè bilaterali). E che cosa è successo? Eventuali svantaggi che avrebbero potuto risultare dal No allo SEE sono già stati eliminati bilateralmente. Nel 1992, ad esempio, sono entrati in vigore: - la convenzione sulle assicurazioni - la regolazione concernente la certificazione dei prodotti destinati ai paesi dell'UE; è persino stato sistemato in Svizzera un proprio ufficio di certificazione - mediante un accordo amministrativo il conteggio dell'Imposta sul valore aggiunto è regolato in modo che oggi la Svizzera può conteggiare l'IVA quasi come un paese dell'UE. Con il 1o gennaio 1997 l'accordo sulla cumulazione paneuropea riguardante i rapporti di raffinamento, non solo è firmato, ma è entrato in vigore. Questo doveva essere lo svantaggio più serio per un paese che vuole commerciare con l'UE. Questi sono alcuni esempi di accordi importanti che sono stati raggiunti alla chetichella. Fin dal 6 dicembre 1992 è pure stato negoziato di nuovo il GATT (WTO), eliminando gli svantaggi principali concernenti i concorsi pubblici. Le questioni non ancora risolte (soprattutto riguardo al transito stradale, la libera cir-colazione delle persone e la ricerca scientifica) sono quasi esclusivamente nell'interesse dell'Unione Europea oppure costano molto alla Svizzera apportando poco utile. In questo contesto la Svizzera quindi non ha alcuna ragione per cedere sconsideratamente e vale la pena di restare coerente nelle trattative bilaterali. Nel caso che il Consiglio federale ed il Parlamento dovessero cedere ed accet-tare un trattato bilaterale non soddisfacente, ci sarà il referendum. Così ha deciso l'ASNI già nel 1995. SEE II Gentili signore, egregi signori, ci sono dei pessimi perdenti sotto la cupola di Palazzo federale che sognano lo SEE II. Uno SEE II significherebbe accettare più di 7'000 pagine di legislazione che sono state aggiunte soltanto dal 1992. Significherebbe inoltre firmare un contratto di stampo coloniale e soprattutto accettare il libero transito stradale nord/sud e la libera circolazione delle persone. Oggi un rigetto dello SEE II sarebbe possibile più facilmente che nel 1992; allora il libero transito nord/sud e la libera circolazione delle persone hanno rivestito un ruolo secondario. Oggi il popolo certamente non direbbe Si al progetto. Adesione all'UE Si può domandarsi se ci sono ancora nel nostro paese dei circoli da prendere sul serio, che vogliono l'adesione all'UE. Oggi gli svantaggi per la Svizzera sono molto più evidenti che nel 1992 quando c'era soltanto la CE. Pronti al combattimento Grazie alle quote dei soci e a delle elargizioni, come pure all'impiego economico dei mezzi, abbiamo potuto aumentare la nostra cassa di propaganda di ulteriori 650'000 franchi a 2,6 milioni di franchi. Ciò rappresenta una fondazione considerabile per la lotta delle votazioni, pur sapendo che queste somme non basteranno. Ricordiamoci che l'avversario è un club finanziariamente molto forte e che non esita a servirsi in modo veramente impertinente della cassa federale e dei soldi dei contribuenti. Concentrarsi sull'essenziale Una premessa per riuscire nel nostro compito principale, cioè la difesa dell' indipendenza e della neutralità, è che vogliamo e dobbiamo concentrarci sull'es-senziale. Dobbiamo pure provvedere a non fare delle sciocchezze e a non lasciarci indurre su binari laterali. Gentili signore ed egregi signori, questa è la ragione perché dobbiamo respingere molte richieste, anche se assolutamente giustificate, dei nostri membri. Uno di questi binari secondari, e quindi un indebolimento del nostro lavoro e del nostro compito, è costituito dall'iniziativa popolare Adesione all'UE - che decida il popolo dei Democratici Svizzeri e della Lega dei Ticinesi. Già prima della raccolta delle firme, la nostra Azione ha deciso, in occasione di un'Assemblea dei membri, di non appoggiare quest'iniziativa popolare e di non partecipare a questa raccolta di firme, perché essa segue una via politicamente insostenibile. Sfortunatamente a quel tempo gli iniziativisti non hanno considerato i nostri dubbi. Anche se la ragione dell'iniziativa, cioè l'incomprensibile presentazione di una domanda d'adesione all'UE da parte del Consiglio federale, corrisponde alle nostre idee, non dobbiamo muoverci in una direzione secondaria. L'iniziativa conduce ad una spartizione delle competenze, problematica dal punto di vista della politica nazionale e che - secondo l'esperienza - il popolo non comprenderebbe. L'appoggio a questa iniziativa significherebbe combattere con molta forza per niente e ci indebolirebbe verso il nostro compito principale. L'Assemblea dei membri avendo deciso già allora di non appoggiare l'iniziativa, il Comitato direttivo dell'ASNI ha risolto di perseverare in questo senso. Diritti popolari Constatiamo con grande preoccupazione che dappertutto ci sono coloro che cercano di indebolire con vari modi la democrazia diretta. Chiaramente vogliono pre-parare la Svizzera all'integrazione nell'UE, perché i nostri diritti popolari rappresentano un grande e grave ostacolo ad un'adesione all'UE. Perciò si cerca di ridurre adagio adagio questi diritti popolari. A questo dobbiamo opporci decisamente. Perciò il pomeriggio odierno sarà dedicato ai problemi dei diritti popolari.

17.01.1997

Standortbestimmung

Albisgüetli-Tagung 17. Januar 1997 (Kurzfassung der Ansprache) Eine politische Standortbestimmung im Jahre 1997, dem 706. Jahr der Schweizerischen Eidgenossenschaft, anlässlich der 9. Albisgüetli Tagung der Schweizerischen Volkspartei des Kantons Zürich vom Freitag, 17. Januar 1997, im Schützenhaus Albisgüetli, Zürich von Nationalrat Christoph Blocher, Präsident der SVP des Kantons Zürich Meine Damen und Herren Heute beklagen wir in der Schweiz die schlechte Situation: Leere Staatskassen, Arbeitslosigkeit und fehlendes Wirtschaftswachstum. Wie ist denn bei uns die schlechte Situation entstanden? In den goldenen Jahren als die öffentlichen Kassen überquollen glaubte man, der Staat könne alles und es sei alles möglich: Geldverteilen, Geldverschleudern, grosse Ausgaben, neue Steuern, höhere Lohnabzüge, Krankenkassen-Prämienerhöhungen: Das war Trumpf! Und die Folge ist der heutige schlechte Zustand! Wir müssen ungeschminkt festhalten: Ein wesentlicher Teil der heutigen Arbeitslosigkeit ist auf die schlechte Politik zurückzuführen: Der Staat, die Politik, die "Classe Politique" hat versagt. Sie trägt eine gewaltige Mitschuld an der heutigen misslichen Lage. Es wurde das Falsche getan, Arbeitsplatz-feindliches und zwar in reichlichem Ausmasse. Und das Schlimmste ist: Bis jetzt hat sich die Politik nicht geändert, sondern sie fährt weiter in die falsche Richtung. Dazu mit erhöhter Geschwindigkeit. Die Linken, die Grünen und wie wir sie seit ein paar Jahren liebevoll nennen die Netten haben sich mit ihren verwerflichen wirtschaftsfeindlichen Theorien durchgesetzt. Das propagierte Nullwachstum ist inzwischen zur Realität geworden. Damit aber auch die voraussehbaren Folgen: Arbeitslosigkeit, Ein-kommensstagnation, Defizite der öffentlichen Haushalte, Riesenlöcher in den Sozialwerken. Statt dem Wirtschaftswachstum Sorge zu tragen, wurde es jahrelang in pubertärer Weise bekämpft. Dafür wurde der Staat immer mehr ausgebaut, bis er zum Umverteilungsstaat wurde. Und nun ist dem massiv ausgebauten Umverteilungsstaat das Geld ausgegangen. Im massiv ausgebauten Umvertei-lungsstaat verschwinden die aktiven, arbeitenden, innovativen und initiativen Bürger. Und das soll ein Sozialstaat sein? Dabei geht es schon lange nicht mehr um Hilfe für Benachteiligte, sondern schlicht um eine gross angelegte Umverteilung von Vermögen. Je mehr man umverteilte, desto leerer wurden die Kassen. Je leerer die Kassen wurden, desto mehr Steuern, Abgaben und Gebühren mussten eingetrieben wer-den, ohne dass irgendein Nutzen für die Volkswirtschaft und für die öffentliche Wohlfahrt entstanden wäre. Und: Genommen wird vor allem dort, wo es hat, nämlich vor allem vom Mittelstand. Wie heisst es doch in der Bibel? "Geben ist seliger als nehmen." Aber im Umverteilungsstaat gilt das Gegenteil: "Nehmen ist seliger als geben". Und weil ja alle selig werden möchten, wollen immer alle weniger geben und immer mehr nehmen! Das geht so weiter, bis der Staat nur noch Empfangende hat. Und es bleibt nichts mehr übrig, als am Schluss den Staat selig zu preisen, denn er nimmt ja am meisten. So müssen immer weniger für immer mehr sorgen. Und schliesslich kommt sich derjenige, der für sich und seine Familie selbst sorgt, dumm vor. Und diesen Schwindel nennt man "sozial". Und welcher Politiker wäre denn nicht ganz sozial? Und wie leicht ist es doch sozial zu sein, indem man das Geld anderer Leute verteilt! Wer den Mut hat, gegen dieses sozialistische Gift der Umverteilung anzutreten alle Sozialisten haben sich bis zum Bankrott des Staates mit der Umverteilung über Wasser gehalten ist nun plötzlich nicht nur unselig und unsozial, sondern zudem auch noch unsolidarisch. Wer will aber schon unsolidarisch sein! Solidarität hiess doch ursprünglich "für den Schwächeren einstehen". Heute aber heisst Solidari-tät nicht mehr Einstehen für den Schwächsten, sondern: Jeder lebe auf Kosten des andern. Im Umver-teilungsstaat gilt eben: Nehmen ist seliger als geben! Meine Damen und Herren, man kann es drehen wie man will: All diese Umverteilungen, all diese Aus-gabenflut, all diese staatliche Betriebsamkeit führt letztlich zu nichts anderem als zu Unterbeschäfti-gung, Arbeitslosigkeit, ungesicherten Renten, Armut, zur Ausbeutung des Bürgers, zur Bestrafung des Tüchtigen, zur Schwächung der Wirtschaft und schliesslich wird es zum Kollaps des Staates führen. Der Umverteilungsstaat ist höchst unsozial! Was ist zu tun? Als Politiker, der es mit der Wohlfahrt des gesamten Volkes ernst nimmt, der etwas tun will gegen die Armut, gegen die zunehmende Arbeitslosigkeit, für die Vollbeschäftigung, für die Wohlfahrt des Lan-des, wer als Politiker wirklich sozial sein will, nicht nur mit schönen Worten, der muss den Umvertei-lungstheorien eine klare Absage erteilen. Aber nicht nur in der Theorie, sondern vor allem in der Praxis! Der Umverteilungsstaat steht vor dem Konkurs, weil er der Lebenswirklichkeit den Rücken kehrt! Der Umverteilungsstaat steht vor dem Kon-kurs, weil er von der Umverteilung ausging und die Eigeninitiative seiner Bürger nicht nur unattraktiv gemacht, sondern ihr sogar entgegengewirkt hat. Meine Damen und Herren, muss denn ein Land zuerst verarmen, muss Elend und Konkurs entstehen, bis sich die Politiker endlich aufraffen, ihren Irrweg zu verlassen? Wieviele Arbeitslose braucht es denn? Wieviele Schulden braucht der Staat? Wie schlecht muss es den Bürgern gehen, bis man den Irrweg verlässt? Wir alle müssen wieder anerkennen, gesellschaftlich und politisch: Jeder Mensch ist grundsätzlich für sich selbst und für seine Familie verantwortlich und hat für deren Lebensunterhalt aufzukommen. Der Staat sorgt für diejenigen, welche dafür zu schwach oder zu krank sind, aber nur für diese Fälle sorgt er und für diese sorgt er dann wirklich. Dafür braucht es keinen Umverteilungsstaat, sondern schlicht und einfach die Fürsorge. Die Fürsorge kennt kein Giesskannenprinzip, sie kümmert sich um Einzel-fälle und klärt diese auch ab. Darum ist eine gute Fürsorge menschlicher als das Formulardenken des Umverteilungsstaates. Ein grosser Teil der sogenannten sozialen Errungenschaften des Umvertei-lungsstaates sind höchst unsozial, arbeitsplatzfeindlich und ziehen dem Bürger, der arbeitet und für sich selbst und für seine Angehörigen sorgt, noch sein letztes Hemd über den Kopf. Dabei ist es doch so einfach: Wohlfahrt fördernd und das hat die Schweiz in früheren Jahren bewiesen ist ein Staat dann, wenn möglichst viele Leute im Staat für sich selber sorgen können und wollen. Der Staat muss schauen, dass die Menschen arbeiten wollen, Geld verdienen wollen und können. Arbei-ten und Verdienen muss sich lohnen! Denen, welche für sich und ihre Familien selbst sorgen, soll es besser gehen als denen, die es nicht tun. Der Staat soll die Tüchtigen belohnen und nicht die Müssig-gänger und Schmarotzer. Dann wird es seinen Bürgern gut gehen. Sie kennen alle die Sprichwörter vom Tüchtigen: Freie Bahn dem Tüchtigen. Ohne Fleiss kein Preis. Jeder ist seines Glückes Schmied. Dem Tüchtigen lacht das Glück. Hilf Dir selbst, so hilft Dir Gott. Dies sind alles alte Volksweisheiten, nur wurden sie in den letzten Jahren immer mehr vergessen. Wir alle müssen wieder anerkennen: Die allgemeine Wohlfahrt kann nur gefördert werden, wenn der Staat seine Bürger nicht daran hindert, möglichst gut für sich selber zu sorgen! Wer will, dass es den Bürgern gut geht, sorgt dafür, dass möglichst alle säen, um ernten zu können. Wer ein guter Politiker ist, wer wirklich sozial ist, der setzt sich dafür ein, dass das Säen interessant wird. Und damit sich das Säen und Jäten lohnt, muss der Bürger auch ernten können. Seine Ernte soll nicht behindert werden. Ihm soll nicht die halbe Ernte durch den Staat genommen werden, um sie dem zu geben, der nicht säen und ernten will. Es ist auch hochnäsig zu glauben, und eine grenzenlo-se Überforderung und Selbstüberschätzung, die staatlichen Organe könnten durch politische Rege-lungen aktiv die Wirtschaft in Ordnung bringen. Das konnte noch nie ein Staat. Denken Sie nur an unseren Bundesrat und unser Parlament. Sie wollen die Wirtschaft in Ordnung bringen und vergessen dabei, dass sie nicht einmal fähig sind, die Pensionskasse der eigenen Bundesangestellten ord-nungsgemäss zu führen. Aufgabe der SVP Deshalb, meine Damen und Herren, ist es unsere Aufgabe, die Aufgabe von uns Politikern, die Auf-gabe der Zürcher SVP und ich hoffe auch der Schweizerischen SVP hier massiv Gegensteuer zu ge-ben. Im gesellschaftlichen und politischen Leben muss wieder der selbstverantwortliche Bürger im Mittel-punkt stehen. Um ihn und sein Wohlergehen und seine Förderung soll sich der Staat bemühen. Das ist der entscheidende Ausgangspunkt, um die Sorgen der heutigen Zeit und vor allem die wirtschaftli-chen Sorgen für die Zukunft schlagartig zu lösen. Was heisst das konkret für unsere politische Arbeit? Freiheit für die Bürger und Arbeitenden · Freiheit für die Eigeninitiative Mehr Freiheit, weniger Sozialismus Belohnung des verantwortungsbewussten Bürgers und nicht des Schmarotzers und Müssiggängers kein Ausbau des Staates Abbau von staatlichen Aufgaben · keine neuen Abgaben, Gebühren oder Benzinzölle Nein zu weiterem Geldverteilen Nein zur Lockerung der Ausgabenbremse Ja zur Steuersenkung auf allen Ebenen · Reduktion der Lohnabzüge Stopp der Krankenkassenprämienerhöhung Nein zu einem Investitionsbonus Ja zu einer guten Ordnungspolitik Meine Damen und Herren, werden unsere Forderungen erfüllt, so entstehen in diesem Land mehr Initiative - mehr Optimismus - mehr Freude - mehr Investitionen - mehr Arbeitsplätze - weniger Arbeitslose - Vollbeschäftigung - weniger Armut - mehr Wohlstand für alle Kehren wir zurück auf den Pfad der politischen Tugend. Es werden dann die Krankenkassenprämien sinken, die Steuern gehen zurück, die Renten für die Alten sind gesichert, der einzelne erhält mehr Lohn, Geld fliesst in die Wirtschaft statt in die Umverteilung, der Konsum steigt, die Initiative beginnt, die Freude am Produzieren, am Forschen und Entwickeln, Säen und Ernten wird wieder interessant, Freude an der Leistung und am Erfolg nehmen zu. Zum Teufel mit der Schönrednerei! Meine Damen und Herren Es ist Zeit von der Lebenswirklichkeit zu reden und auf die verheerenden Schäden von Schönrednerei und lebensfernen Konstruktionen hinzuweisen. Die sozialen Schwätzer sind sehr verbreitet. An vielen Orten wird auf höchsten Führungsebenen nicht nur in der Politik, auch immer mehr in der Wirtschaft schön geredet, heuchlerisch gepredigt, gemeinnützig und sozial geschwatzt. Die Devise dieser Schönrednerei lautet: Gib Dich sozial verteil das Geld den andern, schwatz davon möglichst oft und laut und man wird Dir den eigenen Misserfolg in der Umverteilungsgesellschaft nicht ankreiden. Du bleibst angesehen, auch wenn Du im Unternehmen oder in der Behörde schlechte Re-sultate aufweisest, Du bleibst an der Spitze und das ist schliesslich die Hauptsache! Am besten ist, Du deckst Dich mit all den Politikern, Journalisten und Theoretikern, die den Ton ange-ben, welche auf dem gleichen Dampfer sitzen. Schwimme mit dem Strom, auch wenn Du weisst, dass nur tote Fische mit dem Strom schwimmen. Nein, zum Teufel damit! Meine Damen und Herren, einen Grossteil unserer Manager, einen Grossteil unserer Verantwortlichen in Wirtschaft und Politik, all die sozialen Schwätzer, sollte man in einen Ma-nagerkurs in die Kirche von Felsberg im Kanton Graubünden schicken. Dort müssen sie nichts tun als drei Tage lang an die Wand starren, wo in wunderschöner Schrift das Zwingli-Wort prangt: "Ein Christ sein, heisst nicht, von Christus schwätzen ..." Wir müssen verlangen, dass die Verantwortlichen mehr in der Verantwortung stehen und zur Rechen-schaft gezogen werden. Bei Misserfolg sind die Verantwortlichen zu ersetzen die Chefs und nicht die Arbeiter. Das nützt mehr und führt schneller zum Erfolg! Zusammenfassung Meine Damen und Herren, fassen wir zusammen: 1. Schaffen wir die Voraussetzungen für Wirtschaftswachstum, Arbeitsplätze und Vollbeschäftigung, indem wir diejenigen fördern, welche für sich und ihre Familien selber sorgen. Das Aufkommen für den eigenen Lebensunterhalt, das Verdienen und das Gewinnerzielen muss wieder interessant werden und vom Staat honoriert und nicht bestraft werden. Der wichtigste Bürger im Staat ist der eigenver-antwortliche. 2. Wir kämpfen für die Unabhängigkeit, Selbstbestimmung und Freiheit unseres Landes. Auch in die-ser Beziehung ist die Eigen und Selbstverantwortung hochzuhalten - Selbstbestimmung statt Fremdbestimmung - Eigene Währung statt Fremdwährung - Eigenständigkeit statt EWR und EU Beitritt. 3. Wir wehren uns massiv gegen die vielfältigen Bestrebungen, den unsozialen Umverteilungsstaat weiter auszubauen. Aktuell: Die Mutterschaftsversicherung ist abzulehnen, Nein zur 37 Stunden Wo-che der Gewerkschaften, Nein zum neuen 10 Rappen Zuschlag auf die Treibstoffe, Nein zur Heizöl-verteuerung, Nein zu den Mehrwertsteuererhöhungen. 4. Der einzelne Mensch steht im Mittelpunkt, und dort, wo Armut und Unvermögen Hilfe nötig machen, muss Fürsorge an die Stelle des Umverteilungsprinzips treten. 5. Der sinnlosen und gigantischen Geldverschleuderung und Ausgabenfreudigkeit der öffentlichen Haushalte muss Einhalt geboten wer-den. Der Bundeshaushalt wird nicht saniert mit schönen Theorien und dem Geschwätz über Sparen, sondern nur durch Reduktion von Ausgaben. Bei der Budgetdebatte 1997 in Bern haben uns nicht nur die SP, sondern auch FDP und CVP schmählich im Stich gelassen. Diese Parteien haben verspro-chen, den Bundeshaushalt bis zum Jahre 2001 zu sanieren. Wieder ein Versprechen mehr, das nicht gehalten werden wird. Auch FDP und CVP müssen unter Führung von Bundesrat Kaspar Villiger drei Tage in die Kirche von Felsberg! Auch sie sollen drei Tage an die Wand starren. Auch sie sollen dort lesen können, was Zwingli zu Schönrednerei sagte: "Ein Christ sein, heisst nicht, von Christus schwätzen..." 6. Massiv hat die SVP anzutreten gegen die geplanten Fehlinvestitionen im öffentlichen Verkehr. Zu-erst sind für den Nord/Süd Transit die beiden bestehenden Achsen zu verbessern. Sie werden noch viele Jahre für den Nord/Süd Transport von Gütern genügen. Erst dann braucht es einen weiteren Tunnel, das ist voraussichtlich im Jahre 2020. Erst wenn dieser ausgelastet ist das dürfte wahrschein-lich nach dem Jahre 3000 der Fall sein dann braucht es einen weiteren Tunnel. Es gibt keine Benzin und Schwerverkehrsabgaben für solche Fehlinvestitionen der NEAT. Solche Abgaben beeinträchtigen das Wirtschaftswachstum erneut und schaffen weitere Arbeitslosigkeit. 7. Wir dulden keinen Demokratieabbau! Heimlich, nett, akademisch und schönrednerisch mit allerlei Vernünfteleien und Verdrehungen soll in ausserordentlich salonfähiger Umgebung langsam aber si-cher die Demokratie abgebaut werden. Mit der neuen Bundesverfassung will man das Volk entmach-ten. Das heisst also: Nein zur neuen Bundesverfassung mit dem massiven Abbau unserer Volksrech-te. Jetzt ist nicht die Zeit, unsere Volksrechte abzubauen und den Vertretern der "Classe Politique" immer mehr Möglichkeiten zu geben, das zu machen, was das Volk nicht will. Wir haben die Rechte des Volkes zu wahren. 8. Wer für die Demokratie eintritt, hat auch ein Auge auf die Medienwelt zu werfen. Neuerdings wird die Meinungsfreiheit immer mehr unterbunden und zwar durch die Medien. Diese und vor allem die grössten Zeitungen in unserem Lande betätigen sich regelrecht als Unterdrücker der Meinungsfreiheit, sobald eine Meinung zu ihrer eigenen Ansicht im Widerspruch steht. Es ist gefährlich, wenn die Presse sich gleichschaltet. Man hat damit ungute Erfahrungen gemacht. Das heutige Gebaren von einflussreichen Medien, das heutige Gebaren von einzelnen Chef-Redaktoren, vor allem auch in der Romandie, ist bedenklich. Auch hier im Einklang mit der Zeit - betä-tigen sich diejenigen Presseleute am diktatorischsten, welche sich gegenseitig als liberale Vordenker und weltoffene Hoffnungsträger feiern. Auch diese liberalen Schwätzer bzw. Schreiber sollte man in einen Medienkurs in die Kirche von Fels-berg schicken. Drei Tage müssten sie an die Wand starren und lesen, was Huldrich Zwingli zur Schönrednerei gesagt hat: "Ein Christ sein, heisst nicht, von Christus schwätzen..." Meine Damen und Herren Im Jubiläumsjahr 1997 im Jahre der 80-jährigen SVP feiert der grosse konservative Epiker, Jeremias Gotthelf, den 200. Geburtstag. Er hat aus dem Emmental über die Schweiz gerufen: "Im Hause muss beginnen, was blühen soll im Vaterland!" Sorgen wir dafür! Und ebenfalls in diesem Jahr gedenken wir des 100. Todestages des grossen Kulturhistorikers, Jakob Burckhardt, der in seinen "Weltgeschichtlichen Betrachtungen" geschrieben hat: "Der Kleinstaat ist vorhanden, damit ein Fleck auf der Welt sei, wo die grösstmögliche Quote der Staatsangehörigen Bürger im vollen Sinne sind..." Sorgen wir dafür! Und: Weil ja in unserem Lande Kleinmut und Resignation vor allem gegenüber dem Ausland - vor-herrscht, ist es wohl bezeichnend, dass ich zum Schluss einen Ausländer einen Deutschen den lang-jährigen Professor für politische Theorien an der Uni Zürich, Herrmann Lübbe, mit dem Urteil über unser Land zitieren muss: Er sagte, die Ablehnung des EWR vom 6. Dezember 1992 sei Ausdruck "höherer Weisheit" des Schweizer Volkes gewesen. Hoffen wir, dass auch in Zukunft diese höhere Weisheit nicht durch Kleinmut und Orientierungslosig-keit verschüttet wird. Sorgen wir dafür! (Die Rede kann im Wortlaut bestellt werden bei der SVP des Kantons Zürich, Postfach, 8023 Zürich, Tel. 01/ 211 73 70)