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Indépendance

02.01.2012

Würdigung grosser Zürcher Persönlichkeiten

Neujahrsanlass vom 2. Januar 2012 in Niederglatt Meine sehr verehrten Damen und Herren Liebe Frauen und Männer I. Einleitung Wir versammeln uns hier im Zürcher Unterland am "Bächtelistag" des Jahres 2012, um "Zürcher Persönlichkeiten" zu würdigen, die längst nicht mehr unter uns weilen. Das mag vielen Zeitgenossen eigenartig vorkommen. Tatsächlich, alle drei Persönlichkeiten – Alfred Escher (der Architekt der modernen Schweiz), Gottfried Keller (der bedeutendste Schweizer Dichter) und Rudolf Koller (der Künstler des schweizerischen Nationaltiers – der Kuh) sind vor über hundert Jahren gestorben. Alle drei sind "grosse Zürcher Persönlichkeiten", nicht des 21. Jahrhunderts, sondern des 19. Jahrhunderts. Trotzdem: Sie sollen heute gewürdigt und "ihre Bedeutung für die Schweiz" aufgezeigt werden. Allein, dass wir dies tun, beweist, dass es sich um besondere Menschen handelt. Wer würde sonst von ihnen reden? Denn die Zeit trennt das Wichtige vom Unwichtigen, das Bleibende vom Vergänglichen, das Wertvolle vom Wertlosen, das Werk von der Betriebsamkeit. In einer Zeit, in der der Mensch – wie der gegenwärtige Blick in die Welt und in die Vorgänge in Europa zeigt – das gross Angelegte, das abstrakt Konstruierte, das Grenzenlose, Unübersichtliche anstrebt, ist die Suche nach dem Allgemeingültigen und Dauerhaften von besonderer Bedeutung. Die Erkenntnis zeigt, dass es halt doch Persönlichkeiten und nicht Systeme sind, die das Wesen der Welt ausmachen. zum Video

22.12.2011

Pronti a un controllo costruttivo con referendum e iniziative

Intervista, Il Corriere del Ticino, 22 dicembre 2011, Davide Vignati L’UDC denuncia la fine della concordanza, ma per ora non va all’opposizione. L’epilogo del consociativismo elvetico è solo rimandato? «A quanto pare c’è chi ha interesse che si vada in questa direzione. Non è certo il nostro obiettivo, ma oggi ci ritroviamo con un Governo di centro-sinistra che ha voluto letteralmente marginalizzare l’UDC, ignorando la volontà espressa da più di un quarto degli elettori del nostro Paese. Non possono venirci a dire che è colpa nostra perché non presentiamo candidati eleggibili. Con Bruno Zuppiger è purtroppo andata male, ma Hansjörg Walter era il candidato della sinistra e malgrado lo abbiamo presentato all’Assemblea federale non è stato eletto. Non nascondiamoci dietro un dito: gli altri partiti non vogliono più l’UDC in Governo, siamo scomodi per loro, ed hanno fatto di tutto affinché non riottenessimo il secondo seggio. Il sistema di concordanza è morto e la stabilità del Paese ne risente». Perché dunque mantenere Maurer in Governo e preannunciare una nuova offensiva con referendum ed iniziative? Inaugurate la «semi-opposizione»? «Il sistema politico svizzero non è ancora pronto per un modello maggioranza-opposizione come c’è invece negli altri paesi. Inoltre con il Consigliere federale Maurer potremo esercitare un controllo costruttivo sull’esecutivo. Dal momento che non ne facciamo parte a pieno titolo, potremo permetterci di criticare apertamente l’esecutivo. Nella prossima legislatura ci sentiremo insomma liberi di attaccare il Governo, specie con gli strumenti della democrazia diretta per correggere le scelte sbagliate. Dobbiamo far fronte ad un’enorme calamità, quella dell’immigrazione e della crisi dell’Ue. Con la libera circolazione abbiamo perso il controllo degli arrivi nel nostro Paese, che sono destinati a crescere esponenzialmente vista la situazione dei paesi che ci circondano. Purtroppo solo l’UDC si sta battendo affinché si affronti seriamente questa emergenza, gli altri partiti e il Governo non sono credibili su questo dossier». Se questa è la vostra priorità, perché Maurer non ha esercitato il proprio diritto di prelazione per dirigere il Dipartimento di Sommaruga? «Sarebbe stato uno sbaglio. Ueli Maurer è da solo in Governo. Se ora fosse in un nuovo dipartimento, qualsiasi proposta portasse al collegio verrebbe messa sistematicamente in minoranza. Al militare, invece, la sua posizione è più solida. Ha cominciato molto bene, il dipartimento a poco a poco si sta riorganizzando, e sono sicuro che se resta al suo posto anche per i prossimi quattro anni l’esercito tornerà nuovamente ad un buono stato di efficienza. Non dimentichiamo che quando è entrato nel Consiglio federale il Dipartimento della difesa era, a dir poco, in condizioni miserabili ». Come spiega allora questo ostracismo da parte degli altri partiti? Invero sono pochi i dossier sui quali l’UDC si è mostrata disponibile al compromesso... «Noi siamo sempre stati aperti al dialogo con tutte le forze politiche, non siamo così settari da temere i contatti con gli altri. In meno di vent’anni il nostro partito ha saputo crescere dal 10-11% di consensi al 26-27%, mentre gli altri hanno continuato a perdere voti. Con le elezioni di quest’anno, PLR e PPD sono scesi ai minimi storici dal 1919, quando è stato introdotto il sistema proporzionale, e anche il PS ha ottenuto uno dei suoi peggiori risultati. Anche noi abbiamo conosciuto una flessione, ma è però da vent’anni che stiamo crescendo ininterrottamente, e questo perché siamo i soli a batterci contro l’adesione all’Ue. E la Storia ci ha dato ragione. È incredibile e politicamente poco serio se si pensa che il solo partito svizzero che ha portato avanti questa posizione, alla quale oggi si accodano anche gli altri partiti, è stato marginalizzato in Parlamento e nel Governo». In pochi però credo abbiano compreso perché il 14 dicembre abbiate attaccato il PLR, giocandovi così il vostro solo alleato. L’UDC ha scelto l’Alleingang per la prossima legislatura? «L’UDC cammina da sola già da tanto tempo. Noi siamo chiaramente un partito di destra, mentre il PLR si è spostato al centro. Evidentemente ci sono degli interessi comuni, come pure delle necessità di alleanza a fini elettorali. Ma il PLR ha avuto un atteggiamento che definirei settario, sbandierando posizioni ideologiche che non gli consentirebbero alcuna congiunzione di liste con l’UDC. Ognuno ha le sue strategie, ma bisogna badare all’interesse della cosa pubblica e non solo alle scadenze elettorali. Insieme potremmo far abbassare le imposte, rafforzare il fronte contro l’adesione all’UE, promuovere la piazza economica elvetica per creare nuovi posti di lavoro. Insomma, lavorare insieme per consolidare un ordine liberale in questo Paese. Ma per fare questo abbiamo bisogno di più mandati politici e senza congiunzioni di liste sarà difficile. Correndo soli noi abbiamo perso otto poltrone. Se ci fossimo potuti alleare con il PLR avremmo alcuni seggi in più, specie nel Consiglio degli Stati. L’elezione del Canton Vaud la scorsa settimana è solo l’ultimo episodio. Noi avremmo fatto più che volentieri un’alleanza e l’avremmo spuntata senza problemi sull’esponente ecologista. Invece ora una nuova maggioranza di sinistra guida il più grande Cantone romando. È stata una scelta del PLR. I liberali preferiscono andare col centro-sinistra piuttosto che con l’UDC». Qual è la sua lettura della vostra sconfitta elettorale? «Ci sono più fattori che hanno contribuito al nostro risultato elettorale. Prima di tutto partivamo da un successo nel 2007 difficilmente ripetibile. In secondo luogo, sulla scena politica si sono affacciati due nuovi partiti, i Verdi liberali e il PBD, che hanno sottratto voti ai partiti tradizionali. Approssimativamente direi che metà dei loro elettori proviene dai partiti di centro, PLR e PPD, e l’altra metà è stata pescata nell’UDC e nel PS. È un processo normale, lo abbiamo già visto più volte in passato, nel ‘67 coi democratici svizzeri, poi sono arrivati i Verdi, poi il Partito dell’auto e via dicendo. Da sempre le nuove forze politiche sottraggono consensi a quelle tradizionali. L’obiettivo principale dell’UDC per le elezioni non era comunque una nuova crescita percentuale, bensì una maggior rappresentanza agli Stati, questo sì, per cercare di far cambiare rotta al Parlamento. Non siamo riusciti nel nostro intento, e questo era prevedibile, anche perché in molti Cantoni gli altri partiti si sono coalizzati contro di noi. Dopo una crescita continua negli ultimi due decenni, una flessione era comunque da mettere in conto. E potrebbe anche rivelarsi un aspetto positivo». Perché positivo? L’UDC pare alle prese con una contestazione interna senza precedenti. «Perché il partito ora è costretto a reagire. Molti miei colleghi sono giunti a Berna nei vagoni letto, vale a dire troppo comodamente, senza sudarsi il seggio. Quando una forza politica ha molto successo, diventa un polo d’attrazione per molte persone, che vi scivolano dentro facilmente e vengono elette senza grosse difficoltà. Ora però non si può più dormire sugli allori. Molte sezioni hanno cominciato a formulare critiche dopo il risultato elettorale. Chiedono qualcosa di nuovo, il partito ne dibatterà al suo interno nei prossimi mesi, e questa dialettica interna secondo me non può che rafforzare l’UDC». Le critiche però sono state rivolte anche alla dirigenza, sono diversi i deputati che hanno contestato la vostra strategia e c’è anche chi vorrebbe che vi faceste da parte. «Mi scusi, ma devo precisare che nessuno è venuto a criticarmi personalmente. Ho sentito e letto critiche nei media, ma nessuno è venuto a dirmi nulla. Sicuramente qualche critica c’è stata, ma è anche vero che dal 23 ottobre i giornalisti inseguono col microfono tutti i membri del gruppo ponendo sempre la stessa domanda. Se il mio ruolo nel partito viene messo in discussione, io non ho nessun problema a farmi da parte. Non cerco a tutti i costi una riconferma del mandato alla vicepresidenza. Ho sempre detto che se il partito ha bisogno di me, allora mi metto a disposizione. Ma se il partito da qui a maggio deciderà che è meglio che lasci la direzione, allora mi farò da parte. Personalmente sento che per me non è ancora tempo di fare bilanci di chiusura. Sono appena stato eletto in Consiglio nazionale, il mio mandato dura ancora quattro anni. E le dirò anche che con i tempi che corrono l’UDC è sempre più necessaria al Paese».

17.12.2011

Wer Erfolg haben will, muss einstecken können

Interview mit Luzi Bernet über Alfred Escher und zwei Zeitgenossen erschienen in der NZZ vom 17.12.2011 Link zum Artikel

10.12.2011

Konkordanz oder Opposition? Die SVP und die Landesregierung

Ansprache von a. Bundesrat Christoph Blocher anlässlich der Delegiertenversammlung vom 10. Dezember 2011 in der Kaserne von Chamblon (VD) Herr Präsident Herr Bundesrat chers amis de la Suisse romande cari amici della Svizzera italiana meine Damen und Herren In vier Tagen wird unsere Landesregierung neu gewählt. Die Frage lautet: Gilt die Konkordanz oder soll eine Koalition von Gleichgesinnten regieren? I. Die SVP und die Konkordanz In der Konkordanz regieren mehrere Parteien zusammen - sinnvollerweise die grössten. Nicht weil sie gleicher, sondern obwohl sie verschiedener Meinung sind. Sie haben nur etwas gemeinsam: Sie sind die Wählerstärksten. Für die Landesregierung hiess dies bisher: Die drei grössten Parteien sind mit je zwei Sitzen, und die kleinste Partei mit einem Sitz in der Regierung vertreten. Das galt zumindest solange, als die SVP die kleinste Partei war. Nachher waren der Ausreden viele, um die SVP ganz oder teilweise aus der Regierung auszuschliessen. Sie predigten Wasser und tranken Wein! II. Am 14. Dezember 2011 geht es um die Konkordanz Die Konkordanz garantiert eine gewisse Stabilität. Darum hat sich die SVP stets vorbehaltlos hinter die Konkordanz gestellt. Mit der „Zauberformel“ – 2:2:2:1 – sind etwa 75 Prozent der Wählerinnen und Wähler im Bundesrat vertreten. Das ist anspruchsvoll: Jeder Bundesrat trägt die Grundsätze seiner Partei und ihrer Wähler ins Regierungsgremium. Hier treffen die verschiedenen Ansichten aufeinander. Und hier muss nun ein tragfähiger Kompromiss erstritten, erkämpft und erlitten werden. Was heisst das für die SVP? Erstens hat man den Gegner ernst zu nehmen, indem man sich mit ihm streitet. Es ist kein billiges Anbiedern. Die SVP setzt sich auch in der Regierung ein für Freiheit, für eine unabhängige Schweiz, für die Volksrechte, die dauernd bewaffnete Neutralität und die Sicherung der Wohlfahrt. Sie muss auch bereit sein, sogar mit einer SP notfalls einen Kompromiss einzugehen. Die Konkordanz verlangt, dass die SVP notabene mit einer SP regiert, die in ihrem neuesten Programm genau das Gegenteil von der SVP darstellt. Die SP strebt eine in die EU eingebundene Schweiz an, sie tritt ein für die Abschaffung der Landesverteidigung und für die Überwindung des Kapitalismus – d.h. für den real existierenden Sozialismus. Die SVP weiss, dass in der Geschichte Wirtschaftstotenstille, Hunger, Elend, Massenelend, Blutvergiessen und Millionen von Ermordeten, Verdrängten und Vertriebenen zur Diktatur geführt haben. Nein, wir regieren nicht mit der SP, weil uns dieses Programm begeistern könnte. Aber wir akzeptieren die SP, die mit 18,5 Prozent Wähleranteil die zweitgrösste Partei ist, und daher zwei Sitze zu gut hat. Allerdings kann diese Bereitschaft der SVP nur dann gelten, wenn auch die SP bereit ist, der SVP – der mit 26,6 Prozent grössten Partei – zwei Sitze zuzugestehen. In der Konkordanz müssen alle involvierten Parteien diese mittragen – und zwar nicht nur verbal. Darum, meine Damen und Herren, gilt: Am 14. Dezember 2011 geht es um die Konkordanz. Wird der SVP der zweite Sitz zugunsten der 5,4-Prozent-Partei BDP verweigert, ist die Konkordanz gebrochen. Dies hat unabsehbare Folgen. III. Wo steht die SVP? Die Entscheidung fällt in der Wahl um den zweiten Bundesratssitz. Eine Vertreterin einer 5,4-Prozent-Partei hat keinen Platz in der Konkordanz. Wird die SVP als stärkste Partei in ihrem Anspruch auf einen zweiten Sitz nicht berücksichtigt, ist DIE KONKORDANZ GEBROCHEN! Dann gelten dann sofort keine Regeln und Abmachungen mehr. 26,6 Prozent der Wähler haben SVP gewählt, mehr als ein Viertel. Die SVP ist mit dem drittbesten Resultat in ihrer 92-jährigen Geschichte aus den Wahlen hervorgegangen! Die Partei hat erstmals 1919 an den eidgenössischen Wahlen teilgenommen. Das Jahr 1919 war auch das erste Jahr der Proporzwahlen. 2011 hat die SP mit dem zweitschlechtesten Resultat in ihrer Geschichte abgeschlossen! Und die CVP und FDP liegen auf dem historischen Tiefpunkt! Meine Damen und Herren, wer ist hier die Verliererpartei? IV. Der Auftrag der SVP Die SVP hat vor den Wahlen dem Schweizervolk ein klares Programm und einen Vertrag mit dem Volk vorgelegt – 26,6 Prozent der Wähler haben sich dafür ausgesprochen und damit der SVP einen klaren Auftrag erteilt. Am Anfang der Bundesverfassung steht geschrieben: „Die Schweizerische Eidgenossenschaft schützt die Freiheit und die Rechte des Volkes und wahrt die Unabhängigkeit und Sicherheit des Landes.“ Meine Damen und Herren: Freiheit Volksrechte Unabhängigkeit Sicherheit Genau dies ist das Parteiprogramm der SVP! Die Verwirklichung dieser Ziele ist für die Schweiz existenziell. Schauen Sie hinaus in die Welt! Die Schuldenpolitik ist das Resultat globalen Grössenwahns. Es ist eine Politik ohne die Grundsäulen Freiheit, Volksrechte, Unabhängigkeit, Sicherheit! Meine Damen und Herren, wir stehen vor einer der grössten Krise seit dem Zweiten Weltkrieg! Es drohen Unsicherheit und Wirtschaftniedergang mit Arbeitslosigkeit! Es gilt, diesen Gefahren entschlossen entgegenzuwirken. Es gilt, die bewährten Grundsäulen unseres Landes nicht zu verlassen. Bürger und Wirtschaft sind zu stärken. Ist es da sinnvoll, die grösste Partei aus der Regierung auszuschliessen? V. Tadel als grösstes Lob Es mag Leute unter Ihnen geben, die unter all den schadenfreudigen Meldungen und Falschmeldungen der Monopolmedien Fernsehen und Radio, sowie der Main-stream-Medien leiden. Doch, meine Damen und Herren, gönnen Sie doch unseren Gegnern die Schadenfreude, dass die SVP nach 20-jährigem Dauererfolg am 23. Oktober 2011 etwas zurückgefallen ist. Wer kann denn ein Lob erwarten von all denen, die sich schon lange von der Schweiz verabschiedet haben? Von all jenen, die uns Richtung EU treiben, die dem Druck aus der EU und den USA leichtfertig nachgeben, die die Schweizer Wirtschaft verregulieren und zu Tode verbürokratisieren, die die Stromversorgung unterbrechen, bevor sie neue Energiequellen haben, die die verheerenden Auswirkungen der Personenfreizügigkeit und von Schengen nicht sehen, die das Asylunwesen nicht beseitigen, sondern verwalten und pflegen, die ein Finanzgebaren an den Tag legen, das die Schweiz zum Schuldenstaat macht? Sollten wir von diesen Kreisen Lob erhalten? Nein, meine Damen und Herren: Der Tadel unserer Gegner ist gleichzeitig unser grösstes Lob! Deshalb können wir freudig und selbstbewusst in die Zukunft schreiten! Egal, ob die SVP in der Regierung als vollwertiger Partner vertreten ist oder ausserhalb der Regierung steht: Sie wird sich auf jeden Fall für die Schweiz einsetzen.

24.11.2011

Glühwürmchen der Freiheit

Interview für «Weltwoche» vom 24. November 2011 mit Roger Köppel SVP-Stratege Christoph Blocher zu den Wahlniederlagen seiner Partei, der Bedeutung des Bundesrats, zu den „monarchischen Zügen“ in der EU und dem Vorwurf, ob er sich mittlerweile wie einst Gaddafi oder Berlusconi an die eigene Macht klammere. Von Roger Köppel Warum wurde SVP-Ständerat Adrian Amstutz abgewählt? Das kam nicht unerwartet! Alle gegen die SVP! Von weit links bis zu den Bürgerlichen wandte man sich gegen Amstutz. Eigentlich erleben wir doch in der Schweiz eine Renaissance konservativer Werte. Die Mehrheit ist mittlerweile gegen die EU. Der Zeitgeist dreht Richtung SVP. Die Partei müsste zulegen. Trotzdem droht auch der "Sturm aufs Stöckli" fehlzuschlagen? Dieser Ausdruck stammt nicht von uns und war nie unser Ziel. Sie haben recht, der Zeitgeist scheint zu drehen. Aber wenn alle andern Parteien zusammen gegen die SVP halten, lässt sich trotzdem keine Majorzwahl gewinnen. Das gleiche Phänomen gab es vor 40 bis 50 Jahren bei den Sozialdemokraten. Gute Leute wurden nicht gewählt, weil alle anderen gemeinsam dagegen waren. Leidet die SVP, weil sie von den anderen kopiert wird? Die meisten andern Parteien wurden vor den Parlamentswahlen in vielem zu Kopien der SVP. Man überbot sich in Liebe zur Schweiz, es gab keine EU-Befürworter mehr. Man war für mehr Sicherheit, bessere Schulen..... So unterschied sich die SVP weniger klar von den andern. Zudem halfen praktisch alle Medien der Anti-SVP-Koalition. Hätten die anderen wirklich ihre Ueberzeugung geändert, wäre dies ja gut. "Allein mir fehlt der Glaube!" Wir werden sehen, ob vor den Wahlen auch nach den Wahlen ist. Nach den Niederlagen wird die Forderung innerhalb der SVP lauter werden, die Partei müsse freundlicher, konzilianter, nachgiebiger auftreten. Wer ist schon gegen freundlich und konziliant? Aber was heisst "nachgiebiger"? Bis jetzt stelle ich bei uns nichts in dieser Richtung fest. Aber es wird sicher Leute geben, die Lust verspüren abzuweichen. Was halten Sie dagegen? Die Frage lautet: Wollen wir bei Personenwahlen Erfolg um jeden Preis? Heisst der Preis: Kein Widerstand mehr, wenn man die Schweiz in die EU einbinden will? Keine Kritik der Misstände bei der Personenfreizügigkeit? Keine Kritik an den beunruhigend ansteigenden Asylantenzahlen? An der Ausländerkriminalität? Und damit Verzicht auf die Lösung all dieser Probleme? Natürlich sind immer wieder Kompromisse zu schliessen. Aber beim Kampf für die Unabhängigkeit der Schweiz gibt es keine Konzessionen. Unsere Unabhängigkeit wird in den nächsten Jahren auf harte Proben gestellt werden. Die Querelen um Personenfreizügigkeit, Bankkundengeheimnis, Abgeltungssteuern, Beteiligung am Rettungsfond sind erst der Anfang. Wenn die Wahlen verloren gehen, woran messen Sie den Erfolg einer SVP? Ich stelle die Existenzfrage: Wozu braucht es eine SVP? Meine Auffassung ist: Unsere Partei hat nur das Wohl der Schweiz zu sehen, nichts anderes! Die Schweiz ist nicht Mitglied der EU. Dieses Ziel haben wir in den letzten 30 Jahren erreicht. Oft muss man als Rufer in der Wüste antreten. Die ganz grossen Fehlentwicklungen in der Geschichte haben sich immer dann ereignet, wenn alle unwidersprochen auf momentanen Erfolg aus waren. Umgekehrt waren wichtige politische Entscheide in der Geschichte oft mit äusserlichen Misserfolgen verbunden. Britanniens Kriegspremier Churchill konnte seinem Land nur Blut, Schweiss und Tränen anbieten, das war kein Wahlerfolgs-Programm, aber die Freiheit Europas hat er damit gerettet. Als Dank verlor er die Wahlen. Ja und....? Wie stark sind Sie jetzt als Chefstratege selber unter Druck? Die jüngsten Verluste der SVP sind heilsam. Wie bei jedem erfolgreichen Unternehmen braucht es auch bei den Parteien Rückschläge, um Fehlentwicklungen zu erkennen. Nicht, dass wir den Rückgang gesucht hätten. Aber Niederlagen öffnen die Augen: Wahlthema, Wahlauftritt sind intern zu analysieren, auch die zunehmende Bequemlichkeit nach 20 Jahren Dauererfolg. Einzelne Parteisektionen sind am Einschlafen. Vielleicht gibt es auch zu viele Karrierepolitiker. Unsere Leute gehen oft nicht mehr an die Urnen. Aus Bequemlichkeit oder Resignation? Steht der Kurs auf der Kippe? Nein. Aber der Parteikurs muss immer wieder diskutiert werden. Die Gründe des Wahl-Rückgangs - hier meine ich nicht die Ständeratswahlen - sind zu hinterfragen. Man darf zwar nicht um jeden Preis gewinnen, aber anderseits kann man auch nicht Parteipolitik machen mit dem Ziel, dass keiner gewählt wird. Was ist die wichtigste Lehre für Sie nach den bisherigen Wahlergebnissen? Bei den programmatischen Forderungen darf es m.E. keine Kurskorrektur geben. Die Versuchung ist gross, in die Breite zu gehen. Damit wird man im Augenblick zwar wachsen, aber an Profil verlieren. Wie die Entwicklung der FDP seit den 80iger Jahren zeigt. Man wird einen neuen Stil verlangen. Vielleicht. Wer einen anderen Stil will, soll einen anderen Stil pflegen. Aber Politik darf nicht heissen: möglichst vielen SVPlern zu Ämtern und Pöstchen verhelfen. Das wäre falsch. Ich bin beeindruckt, wie sehr die SVP-Basis auch nach den Wahlen zur Partei steht. Warum hat die SVP die Bundesratswahlen verschlafen? Verschlafen hat sie gar nichts. Es geht um die Grundsatzfrage "Regierungsbeteiligung oder Opposition." Wollen wir - egal zu welchem Preis - im Bundesrat vertreten sein? Gilt die Konkordanz oder werden Konzessionen in Sachen schweizerischer Unabhängigkeit verlangt? Was ist besser für die Schweiz? Fraktionschef Caspar Baader politisiert klar auf Parteilinie. Durch sorgfältige Vorbereitung hätte man ihn doch überzeugen können. Nein. Er wäre ein sehr guter Kandidat, kann aber aus beruflichen Gründen nicht antreten. Aber vielleicht würde er auch nicht gewählt. Man sendet ja bereits Signale aus: Man will eine Person, die im Bundesrat in den grossen Fragen, denen wir uns stellen müssen, nachgibt: Beim Europa-Anschluss, bei Unabhängigkeit, Masseneinwanderung, Zahlungen an die EU. Dabei läuft die Schweiz finanziell aus dem Ruder. Das Ausgabenwachstum ist wesentlich höher als das Wirtschaftswachstum. Ein SVP-Bundesrat muss hier entschlossen Gegensteuer geben. Also kommen für Sie keine Bundesratskandidaten in Frage, die nicht voll auf Ihrer Linie sind. Es geht nicht um "meine" Linie; Aber es muss eine gewisse Garantie bestehen, dass er im Bundesrat vertritt, was er vorher versprochen hat. Das braucht enorm viel Kraft. Wenn einer schon vorher wackelt, kann er dem Druck der Verwaltung nicht standhalten. Die SVP könnte einen wählbaren Konsenskandidaten in den Bundesrat delegieren, sich dann aber das Recht vorbehalten, im Zweifelsfall gegen den eigenen Bundesrat zu opponieren. Selbstverständlich. Dieses Recht nehmen sich auch andere Parteien - vor allem die Sozialdemokraten - heraus, nur stört sich dort niemand daran, weil die Mitte heute links ist. Wie wichtig ist der Bundesrat überhaupt? Von Ihnen sind in letzter Zeit skeptische Töne zu hören. Ein starker Bundesrat wäre wichtig. Erstens sollte er die Verwaltung im Griff haben. Bei schwachen Bundesräten regiert die Verwaltung. Die Verwaltung ist europhil, gegen die direkte Demokratie und fürs Geldausgeben. Hier müssen Bundesräte Widerstand leisten. In den grossen institutionellen Fragen kann der Bundesrat, wenn er falsch handelt, notfalls durchs Volk korrigiert werden. Die grossen Fragen stellen sich auch den Bundesräten: Soll die Unterwanderung der direkten Demokratie andauern? Wie leisten wir Widerstand gegen die Einbindung in die EU? So, wie die Sache heute steht, werden Bundesrat und Mehrheit des Parlaments mit Sicherheit nachgeben. Also ist Widerstand gefragt. Es geht um die Schweiz als selbständiger Staat! Für Sie persönlich wäre es am besten, wenn der offizielle SVP-Kandidat abgelehnt und die Partei in die Opposition gehen müsste. Sie wären dann unbehindert Oppositionsführer. Ich suche kein neues Amt! - Alles hat seine Zeit. Widerstand hat seine Zeit und Nachgeben hat seine Zeit. In die Opposition geht man nicht freiwillig. Aber man muss dazu bereit sein. Die SVP ist von der Geschichte her keine Oppositionspartei. Nach meiner Wegwahl waren wir kurz in der Opposition. Das heisst: Mehr Arbeit für die SVP-Parlamentarier. Das gefällt nicht allen. Ist für Sie ein SVP-Politiker, der zu 80 Prozent auf Parteilinie fährt, in den Bundesrat wählbar? Ich denke an Peter Spuhler. Natürlich. Aber nur wenn die 20% nicht die wesentlichen Dinge - also die Handlungsfreiheit der Schweiz - betreffen. Wie muss sich die Schweiz gegen eine immer aggressiver auftretende EU wehren, wenn Bundesrat und Parlament wie bisher zu wenig entgegensetzen? Nochmals: Die Frage lautet "Widerstand oder Anpassung." Uebrigens seit 700 Jahren. Natürlich, wenn die EU von uns verlangt, die Beschilderung unserer Autobahnen derjenigen in der EU anzupassen, ist Nachgeben sinnvoll. Wenn es aber darum geht, die staatliche Handlungsfreiheit und die direkte Demokratie einzuschränken, dann ist Widerstand unerlässlich. Leider sind Verwaltung, Diplomaten, Bundesrat nicht fähig oder nicht gewillt, der EU legitimen Widerstand zu leisten. In den Verhandlungen sitzt man schon von Anfang an auf der falschen Seite des Tisches! Es fehlt an Mut und Selbstbewusstsein und an der Fähigkeit, Druck zu ertragen und Konflikte auszutragen. Was ist das schlimmste Szenario? Es sind viele Schreckenszenarien denkbar. Die EU könnte das, was an Armeen in Europa übrig geblieben ist, gegen die Schweiz abkommandieren, bis die Schweiz kapituliert. Das ist unrealistisch. Viele Unternehmer fürchten eine Kündigung von bilateralen Verträgen. Doch die Schweiz ist ein zu wichtiger Handelspartner, der zudem die Rechnungen bezahlt. Die EU kündigt keine Verträge, die in Ihrem Interesse liegen. Hat die Schweiz keine Achillesferse? Natürlich können andere Staaten uns benachteiligen. Darum ist uns an guten Beziehungen, aber bei gegenseitigem Respekt und unter Wahrung der gegenseitigen Unabhängigkeit, gelegen. Auch strikte Neutralität hilft hier viel. Denkbar sind Zollschikanen, allerdings beschränkt aufgrund der Welthandelsvereinbarungen, oder Behinderungen der Schweizer Banken durch die USA. Sehen Sie nicht die Gefahr, dass beispielsweise eine mittelgrosse Bank von den Amerikanern vernichtet werden könnte? Wenn Sie zu stark mit den USA verflochten ist, vielleicht schon. Doch auch diese Drohung kann die Preisgabe unserer Staatsprinzipien nicht rechtfertigen. Zudem sind die USA ein Rechtsstaat. Die EU ist in einer schlimmen finanziellen Krise. Wie kann sich die Schweiz schützen? Man weiss nicht wohin der Weg der EU führt. Die Schweiz muss daher vor allem die Handlungsfreiheit für alle möglichen Situationen behalten. Souverän bleiben! Sich als unabhängiger Staat keinesfalls finanziell an der Fehlkonstruktion der Rettungsschirme und ähnlichem beteiligen. Sich nicht mitschuldig machen, dass damit die Probleme nicht nur nicht gelöst, sondern durch immer neues Geld hinausgeschoben und vergrössert werden. Bereits werden informelle Gespräche über eine Beteiligung der Schweiz geführt: Bundesrätin Widmer-Schlumpf besuchte Finanzdirektoren in Brüssel. Micheline Calmy- Rey traf EU-Ratspräsident van Rompuy zum einstündigen Gespräch. Man habe „nicht formell“ über eine Beteiligung gesprochen - also sprach man informell darüber. Faktisch wird Europa von Kanzlerin Merkel, Präsident Sarkozy, der Europäischen Zentralbank und dem Internationalen Währungsfonds regiert. Die Macht verdichtet und zentralisiert sich in Frankfurt und Brüssel. Was bedeutet das für die Schweiz? Das ist eine besorgniserregende Entwicklung. Ich erkenne in der EU pseudo-monarchische Züge. In Notzeiten sehnen sich viele nach einer starken Führung. Man traut der Demokratie nicht mehr. In Griechenland wird von der EU her eine Volksabstimmung abgesagt, die Regierung wird abgesetzt. Aehnliches geschieht in Italien. Beunruhigende Tendenzen gibt es auch in der Schweiz. Die Leute resignieren, weil man den Volkswillen nicht umsetzt. Sie stimmen ab, aber nichts passiert. Nehmen Sie die Ausschaffungsinitiative. Der Vertrauensverlust in die Politik nimmt zu, zum Schaden der Demokratie. Erreicht der Druck auf die Schweiz eine neue Qualität, indem sich die Fronten in der EU gleichsam schliessen? Wer gegen neue europäische Monarchie-Tendenzen antritt, wird verspottet. Das passiert zurzeit den Engländern, die sich Kritik am Sarkozy-Merkel-Europa erlauben. Der Schweiz könnte in dieser Situation - als europäische Nation ausserhalb der EU - eine neue, geradezu historische Funktion zuwachsen: Gleichsam als Leuchtturm oder, sagen wir bescheidener, als Glühwürmchen der Freiheit und der Demokratie in Europa. Das geht allerdings nicht ohne Standhaftigkeit. Die Frage ist wie oft in der Geschichte: Haben wir die Kraft, dem Druck auf unsere Freiheit standzuhalten? Oder sind wir heute zu bequem und zu verwöhnt, um allfällige Nachteile auf uns zu nehmen? Wie viele Bürger erkennen noch den Wert unserer besonderen Staatsprinzipien wie direkte Demokratie, Neutralität, Föderalismus, Selbstverantwortung? Was entgegnen Sie? Zunächst: Man muss den Bürgern die Vorteile eines übersichtlichen Kleinstaates und die schweizerischen Besonderheiten als Erfolgsfaktoren bewusst machen. Aufzeigen, dass der bessere wirtschaftliche und gesellschaftliche Zustand der Schweiz vor allem der direkten Demokratie und dem Föderalismus zu verdanken sind. Das ist heute, mit Blick auf die Welt, besonders leicht zu erkennen. Ohne direkte Demokratie und Ständemehr sässe die Schweiz auch im europäischen Schlamassel. In den vergangenen Jahren wurde diese "Heimatkunde" in Erziehung, Schule und Universität vernachlässigt, was zu einer gewissen Entwurzelung geführt hat. In der Politik heisst die Devise: Die Bürger in den Mittelpunkt stellen und nicht den Staat, und nach aussen: Weltoffenheit ohne sich einbinden zu lassen. Muss sich die Schweiz auf eine verschärfte Isolation in Europa einstellen? Ja, das glaube ich. Wir können von der EU sicher nicht Lob für die direktdemokratische Schweiz, die sich ihr nicht unterziehen will, erwarten. Die Schweizer Wirtschaft wird Ihnen vorwerfen, Sie seien verrückt geworden mit Ihrer Widerstandsrhetorik der dreissiger Jahre. Man wird auf die realen Geschäftsinteressen der Schweiz verweisen und Ihre Isolationsthesen als Gefährdung der Wohlstandsinsel Schweiz bekämpfen. So weit weg von der Krise der 30iger Jahre sind wir nicht. Ich war mein Leben lang internationaler Unternehmer. Ich weiss, die Wirtschaft handelt oft aus momentanen finanziellen Interessen heraus, und Unternehmen haben Angst, dass sie in Verruf geraten. Begreiflich. Trotzdem muss man stets ohne Ueberheblichkeit für das Recht einstehen und weitblickend denken. Handlungsfreiheit preisgeben, ist für Unternehmer wie für Staaten meist der Anfang vom Untergang. Auch wenn es im Augenblick bequemer sein mag. Nur damit ein Verkäufer seine Produkte leichter verkaufen kann in Europa, darf man die Schweizer Unabhängigkeit und Wohlfahrt nicht opfern! Meine Erfahrung ist aber die: Gerade ausländische Unternehmer anerkennen die schweizerischen Besonderheiten als Erfolgsfaktoren. Ist die Schweiz wohlstandsverwahrlost? Jeder, der lange ohne grosse Anstrengung im Reichtum gelebt hat, wird zwangsläufig wohlstandsverwahrlosen. Die Widerstandskraft wird geschwächt. Man erträgt Sie nur in homöopathischen Dosierungen. Vielleicht. Wer in der Schweiz zu pointiert und zu einflussreich wird, wird zurückgebunden. Das ist ein gesunder Zug. Der gleiche Machtbrechungsinstinkt spielt heute gegen die SVP. Sie mobilisieren mittlerweile mehr Gegner als Anhänger. Nichts Neues für Menschen, die etwas bewegen. Nütze ich der guten Sache, oder steht ihr mein Wirken im Wege? Solche Anfechtungen begleiten mich das ganze Leben. Rückwirkend betrachtet, zeigt sich der Einsatz als wichtig. Zumindest ist die Schweiz heute nicht in der EU! Die SVP ist weitaus die stärkste Partei, hat wichtige Initiativen und Abstimmungen gewonnen. Also: Weitermachen. Das sagen 95jährige Firmenpatrons, die nicht loslassen können. Vermutlich dachte auch Gaddafi am Schluss, nur er könne das Land führen, oder Berlusconi oder Blocher, der meint, nur er könne die wahren Schweizer Werte vertreten. Ich verbitte mir diese Vergleiche und lege Wert auf die Feststellung, dass ich zur Zeit nicht 95jährig bin! Diese Frage ist ernst zu nehmen: Was ist das Motiv der eigenen Tätigkeit? Gaddafi klammerte sich an die Macht, war ein schlimmer Diktator. Um der eigenen Macht willen wollte er nicht abtreten. Unser Motiv ist ein anderes. Wir sind wenige - Sie reden von einer isolierten Gruppe -, die für die schweizerische Unabhängigkeit kämpfen. In dieser Situation braucht es jeden. Es ist eine Tatsache, dass es nur wenige Politiker gibt, die sich frei und unabhängig einsetzen können gegen den mainstream. Darum tue ich es. Jeder, der es falsch findet, kann es sagen. Vielleicht ist es auch nicht Ihr Problem. Wenn man Sie entbehrlich findet, kann man Sie durch bessere Leistungen überflüssig machen. Gerade weil meine Gegner glaubten, nach der Abwahl aus dem Bundesrat würde ich den Einsatz für eine freie Schweiz aufgeben, mache ich weiter. Den Gegner soll man nicht beseitigen, sondern widerlegen. Wer übernimmt die SVP, wenn Sie morgen, Gott bewahre, tot umfallen? Die SVP ist keine Firma, die jemand übernehmen kann oder muss. Die Entwicklung der SVP in den letzten 30 Jahren ist erfreulich. Nach dem Tiefpunkt 1975 brauchte es einzelne um die Wende zu schaffen. Heute wird das Gedankengut breit geteilt. Wir haben viele gute Persönlichkeiten, auch viele Junge. Die Grundstruktur ist sehr solid. Nein, nein, die SVP kann nicht so leicht über den Haufen geworfen werfen. Da habe ich Vertrauen.