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22.12.2011

Pronti a un controllo costruttivo con referendum e iniziative

Intervista, Il Corriere del Ticino, 22 dicembre 2011, Davide Vignati L’UDC denuncia la fine della concordanza, ma per ora non va all’opposizione. L’epilogo del consociativismo elvetico è solo rimandato? «A quanto pare c’è chi ha interesse che si vada in questa direzione. Non è certo il nostro obiettivo, ma oggi ci ritroviamo con un Governo di centro-sinistra che ha voluto letteralmente marginalizzare l’UDC, ignorando la volontà espressa da più di un quarto degli elettori del nostro Paese. Non possono venirci a dire che è colpa nostra perché non presentiamo candidati eleggibili. Con Bruno Zuppiger è purtroppo andata male, ma Hansjörg Walter era il candidato della sinistra e malgrado lo abbiamo presentato all’Assemblea federale non è stato eletto. Non nascondiamoci dietro un dito: gli altri partiti non vogliono più l’UDC in Governo, siamo scomodi per loro, ed hanno fatto di tutto affinché non riottenessimo il secondo seggio. Il sistema di concordanza è morto e la stabilità del Paese ne risente». Perché dunque mantenere Maurer in Governo e preannunciare una nuova offensiva con referendum ed iniziative? Inaugurate la «semi-opposizione»? «Il sistema politico svizzero non è ancora pronto per un modello maggioranza-opposizione come c’è invece negli altri paesi. Inoltre con il Consigliere federale Maurer potremo esercitare un controllo costruttivo sull’esecutivo. Dal momento che non ne facciamo parte a pieno titolo, potremo permetterci di criticare apertamente l’esecutivo. Nella prossima legislatura ci sentiremo insomma liberi di attaccare il Governo, specie con gli strumenti della democrazia diretta per correggere le scelte sbagliate. Dobbiamo far fronte ad un’enorme calamità, quella dell’immigrazione e della crisi dell’Ue. Con la libera circolazione abbiamo perso il controllo degli arrivi nel nostro Paese, che sono destinati a crescere esponenzialmente vista la situazione dei paesi che ci circondano. Purtroppo solo l’UDC si sta battendo affinché si affronti seriamente questa emergenza, gli altri partiti e il Governo non sono credibili su questo dossier». Se questa è la vostra priorità, perché Maurer non ha esercitato il proprio diritto di prelazione per dirigere il Dipartimento di Sommaruga? «Sarebbe stato uno sbaglio. Ueli Maurer è da solo in Governo. Se ora fosse in un nuovo dipartimento, qualsiasi proposta portasse al collegio verrebbe messa sistematicamente in minoranza. Al militare, invece, la sua posizione è più solida. Ha cominciato molto bene, il dipartimento a poco a poco si sta riorganizzando, e sono sicuro che se resta al suo posto anche per i prossimi quattro anni l’esercito tornerà nuovamente ad un buono stato di efficienza. Non dimentichiamo che quando è entrato nel Consiglio federale il Dipartimento della difesa era, a dir poco, in condizioni miserabili ». Come spiega allora questo ostracismo da parte degli altri partiti? Invero sono pochi i dossier sui quali l’UDC si è mostrata disponibile al compromesso... «Noi siamo sempre stati aperti al dialogo con tutte le forze politiche, non siamo così settari da temere i contatti con gli altri. In meno di vent’anni il nostro partito ha saputo crescere dal 10-11% di consensi al 26-27%, mentre gli altri hanno continuato a perdere voti. Con le elezioni di quest’anno, PLR e PPD sono scesi ai minimi storici dal 1919, quando è stato introdotto il sistema proporzionale, e anche il PS ha ottenuto uno dei suoi peggiori risultati. Anche noi abbiamo conosciuto una flessione, ma è però da vent’anni che stiamo crescendo ininterrottamente, e questo perché siamo i soli a batterci contro l’adesione all’Ue. E la Storia ci ha dato ragione. È incredibile e politicamente poco serio se si pensa che il solo partito svizzero che ha portato avanti questa posizione, alla quale oggi si accodano anche gli altri partiti, è stato marginalizzato in Parlamento e nel Governo». In pochi però credo abbiano compreso perché il 14 dicembre abbiate attaccato il PLR, giocandovi così il vostro solo alleato. L’UDC ha scelto l’Alleingang per la prossima legislatura? «L’UDC cammina da sola già da tanto tempo. Noi siamo chiaramente un partito di destra, mentre il PLR si è spostato al centro. Evidentemente ci sono degli interessi comuni, come pure delle necessità di alleanza a fini elettorali. Ma il PLR ha avuto un atteggiamento che definirei settario, sbandierando posizioni ideologiche che non gli consentirebbero alcuna congiunzione di liste con l’UDC. Ognuno ha le sue strategie, ma bisogna badare all’interesse della cosa pubblica e non solo alle scadenze elettorali. Insieme potremmo far abbassare le imposte, rafforzare il fronte contro l’adesione all’UE, promuovere la piazza economica elvetica per creare nuovi posti di lavoro. Insomma, lavorare insieme per consolidare un ordine liberale in questo Paese. Ma per fare questo abbiamo bisogno di più mandati politici e senza congiunzioni di liste sarà difficile. Correndo soli noi abbiamo perso otto poltrone. Se ci fossimo potuti alleare con il PLR avremmo alcuni seggi in più, specie nel Consiglio degli Stati. L’elezione del Canton Vaud la scorsa settimana è solo l’ultimo episodio. Noi avremmo fatto più che volentieri un’alleanza e l’avremmo spuntata senza problemi sull’esponente ecologista. Invece ora una nuova maggioranza di sinistra guida il più grande Cantone romando. È stata una scelta del PLR. I liberali preferiscono andare col centro-sinistra piuttosto che con l’UDC». Qual è la sua lettura della vostra sconfitta elettorale? «Ci sono più fattori che hanno contribuito al nostro risultato elettorale. Prima di tutto partivamo da un successo nel 2007 difficilmente ripetibile. In secondo luogo, sulla scena politica si sono affacciati due nuovi partiti, i Verdi liberali e il PBD, che hanno sottratto voti ai partiti tradizionali. Approssimativamente direi che metà dei loro elettori proviene dai partiti di centro, PLR e PPD, e l’altra metà è stata pescata nell’UDC e nel PS. È un processo normale, lo abbiamo già visto più volte in passato, nel ‘67 coi democratici svizzeri, poi sono arrivati i Verdi, poi il Partito dell’auto e via dicendo. Da sempre le nuove forze politiche sottraggono consensi a quelle tradizionali. L’obiettivo principale dell’UDC per le elezioni non era comunque una nuova crescita percentuale, bensì una maggior rappresentanza agli Stati, questo sì, per cercare di far cambiare rotta al Parlamento. Non siamo riusciti nel nostro intento, e questo era prevedibile, anche perché in molti Cantoni gli altri partiti si sono coalizzati contro di noi. Dopo una crescita continua negli ultimi due decenni, una flessione era comunque da mettere in conto. E potrebbe anche rivelarsi un aspetto positivo». Perché positivo? L’UDC pare alle prese con una contestazione interna senza precedenti. «Perché il partito ora è costretto a reagire. Molti miei colleghi sono giunti a Berna nei vagoni letto, vale a dire troppo comodamente, senza sudarsi il seggio. Quando una forza politica ha molto successo, diventa un polo d’attrazione per molte persone, che vi scivolano dentro facilmente e vengono elette senza grosse difficoltà. Ora però non si può più dormire sugli allori. Molte sezioni hanno cominciato a formulare critiche dopo il risultato elettorale. Chiedono qualcosa di nuovo, il partito ne dibatterà al suo interno nei prossimi mesi, e questa dialettica interna secondo me non può che rafforzare l’UDC». Le critiche però sono state rivolte anche alla dirigenza, sono diversi i deputati che hanno contestato la vostra strategia e c’è anche chi vorrebbe che vi faceste da parte. «Mi scusi, ma devo precisare che nessuno è venuto a criticarmi personalmente. Ho sentito e letto critiche nei media, ma nessuno è venuto a dirmi nulla. Sicuramente qualche critica c’è stata, ma è anche vero che dal 23 ottobre i giornalisti inseguono col microfono tutti i membri del gruppo ponendo sempre la stessa domanda. Se il mio ruolo nel partito viene messo in discussione, io non ho nessun problema a farmi da parte. Non cerco a tutti i costi una riconferma del mandato alla vicepresidenza. Ho sempre detto che se il partito ha bisogno di me, allora mi metto a disposizione. Ma se il partito da qui a maggio deciderà che è meglio che lasci la direzione, allora mi farò da parte. Personalmente sento che per me non è ancora tempo di fare bilanci di chiusura. Sono appena stato eletto in Consiglio nazionale, il mio mandato dura ancora quattro anni. E le dirò anche che con i tempi che corrono l’UDC è sempre più necessaria al Paese».

19.12.2011

«Ich bleibe nicht sicher im Präsidium»

Interview mit der Sonntagszeitung vom 18. Dezember 2011 von Reza Rafi Herr Blocher, auf manchen Bilder machen Sie nach der Wahl einen deprimierten Eindruck. Wenn man tausend Fotos macht, gibt es sicher eines, auf dem ich nicht lache. Aber bitte reden wir über Substanzielles. Sie hatten keine glückliche Woche – die Schlappe bei der Bundesratswahl und die Kritik an Ihrer Kommunikation um die Besitzverhältnisse bei der «Basler Zeitung». Kritik bin ich mich gewohnt und trotzdem nehme ich sie ernst. Der neue «BaZ»-Besitzer Tito Tettamanti sagt, die Verschwiegenheit sei ein Fehler gewesen. Sehen Sie das auch so? Ja. Er hat vor allem vom Beratungsmandat der Robinvest gesprochen. Er hat auch die Besitzverhältnisse gemeint. Soweit nötig, wurden sie offengelegt. Das ist absurd. Sogar die «Weltwoche» schreibt, Sie hätten die Wahrheit zurecht gebogen. Das Ziel war, den Verlag – es ist nicht nur eine Zeitung – nicht auch noch in einem der Grossverlage versinken zu lassen. Die «Basler Zeitung» ist eine der wenigen Zeitungen, die noch „verlagsunabhängig“ sind. Ich tat alles, was ich konnte, ohne sie selbst zu kaufen. Das wäre ehrlicher gewesen. Dann wäre es erst richtig losgegangen. Es ist ja eine eigentliche Hexenjagd. Es erinnert mich an böse Zeiten.“Kauft nicht bei Blocher.“ Man hätte von einer SVP-Zeitung gesprochen, was ich nicht will. Die Presselandschaft ist besorgniserregend: Staatsfernsehen, Staatsradio, und alle grossen Verlage hängen am Tropf vom Bund. Wo ist die Meinungsfreiheit? Über Strohleute eine Zeitung zu kaufen, ist auch nicht sehr vertrauensbildend. Ich persönlich war finanziell weder direkt noch indirekt beteiligt. Das war – wie eine Zeitung schrieb – „formell richtig, aber gewagt.“ Eine andere nannte dies „schlitzohrig.“ Vielleicht. Ich bedaure, dass dies nötig war. In diesem Fall heiligt der Zweck die Mittel. Mit Moritz Suter hatte meine Tochter, die selbständig handelte, eine Option zum Rückkauf, was jetzt geschehen ist. Meine Tochter ist Ökonomin. Dieser Verlag – nicht die Basler-Zeitung – muss saniert werden. Der Erwerb geschah zum Weiterverkauf an die von Herrn Tettamanti kontrollierte MedienVielfaltHolding. Eine gute Lösung. Damit kommt die Zeitung nicht in das Mainstream-Kartell.“ Waren Sie da involviert? Natürlich. Ich habe Herrn Tettamanti gebeten, denn er meint es ernst mit der Medienvielfalt. Er hatte begreiflicherweise etwas Angst. Angst um den notleidenden industriellen Bereich und der hohen Verschuldung. Ich garantierte, dass man dies hinbringe. Haben Sie Marcel Ospel als Gläubiger des 70-Millionen-Darlehens ins Spiel gebracht? Ueber vergangene Details äussere ich mich nicht. Wieso haben Sie nicht von Anfang an gesagt, dass Ihre Tochter die Besitzerin ist? Besitzerin war sie nicht. Sie haben von Journalisten auch schon verlangt, dass sie ihre Abhängigkeit offenlegen sollen. Dann muss doch auch ein grosser Verlag sagen, in wessen Händen er ist. Offenlegung der Parteimitgliedschaft für Journalisten des Staatsfernsehen und Staatsradio habe ich verlangt. Dieses Fernsehen bezahlen ja die Schweizer Bürger. Sie können es nichteinmal abbestellen! Diese Rumeierei schadet Ihnen – die Oeffentlichkeit fühlt sich von Ihnen hinters Licht geführt. Wenn es richtig ist, muss man auch Dinge tun, die einem schaden. In Basel wird heute anerkannt, dass die Basler-Zeitung viel besser geworden ist. Kaum jemand stört heute mehr, dass ich – nicht meine Tochter – gewisse Garantien wegen dem industriellen Teil gegeben habe. Sie haben Herrn Tettamanti eine Garantie abgegeben. Hat es eine solche Versicherung auch je gegenüber anderen Blättern gegeben, etwa bei der «Weltwoche»? Ich habe keinerlei Verpflichtung oder Garantie gegenüber der „Weltwoche.“ Soviel ich weiss, kaufte Herr Köppel die Zeitung - damals mit Millionenverlusten - und hat wieder schwarze Zahlen. Und ist eine freie Zeitung. Uebrigens, was würde dies ändern, wenn er irgend eine Garantie hätte? Wenn Herr Köppel die «Weltwoche» an einen Verlag verkaufen würde, würden Sie sich wehren? Auf jeden Fall sehr bedauern. Vielleicht würde ich mich einsetzen, dass dies nicht passiert! Sonst würden wir wieder eine unabhängige Zeitung verlieren. Zum Glück hat Herr Köppel keine Verkaufsabsichten. Nicht weniger durchsichtig erschien uns Ihre Strategie bei den Bundesratswahlen. Die SVP wollte die 50 Jahre bewährte Konkordanz (2-2-2-1) wieder herstellen. Mit 26,2 % hat sie zwei Sitze zu gut. Darum trat sie an, beim Sitz der 5,4%-Partei. Weil sich mitte-links durchsetzte, war nach dem 2. Wahlgang die Konkordanz gebrochen und die SVP frei. Das sind die Mehrheitsverhältnisse. Vor der Wahl war vor allem von prominenten Absagen wie von Spuhler und Baader die Rede: Sie haben es in den vier Jahren verpasst, überzeugende Kandidaten aufzubauen. In einer aussichtslosen Situation stehen die Kandidaten nicht Schlange. Die SVP präsentierte SVP-Kandidaten, die die andern Parteien früher stets wählen wollten. Herr Walter wurde ja bei früheren Gelegenheiten sogar von den anderen Parteien vorgeschlagen. Auch er war dann chancenlos. Damit ist klar geworden: Auch einen zweiten, sehr konkordanten SVP-Kandidaten will Mitte-links nicht. Trotz allen anderen Bekenntnissen: Man will der SVP keinen zweiten Sitz zugestehen. Trotzdem haben Sie dann die FDP angegriffen – auch zum Ärger vieler SVPler. Als die Konkordanz mit der Wahl von Frau Widmer-Schlumpf gebrochen war, stellte sich die Situation anders dar. Erst nach der Wahl von Herrn Burkhalter. Wer soll das verstehen? Zugegeben, im Ablauf ist ein Fehler passiert. Aber entscheidend war dies nicht. Mit Ihrem Angriff auf Johann Schneider-Ammann haben Sie Ihren traditionellen Bündnispartner FDP brüskiert. Leider ist in vielen Kantonen diese traditionelle „Bündnispartnerschaft“ in die Brüche gegangen. Dadurch haben SVP und FDP unnötigerweise Nationalratssitze eingebüsst. Und leider haben FDP-Vertreter bei der Stimmabgabe für die Bundesratswahl und vor den Wahlen gegen die SVP agiert. Sie haben sich ja aber um Partnerschaften bemüht. Klar! Die FDP steht uns doch näher als die SP! Doch in gewissen Kantonen hat sie geradezu sektiererisch Listenverbindungen und gegenseitige Unterstützung ausgeschlagen. Die FDP als Sekte? Entschuldigen Sie. Wenn man sich so abschliesst, wirkt dies sektenhaft. Die Frage sollte lauten, wie erreichen wir mehr bürgerliche Sitze um Steuern zu senken, die Unabhängigkeit der Schweiz zu verteidigen , um die Probleme in der Ausländerpolitik zu lösen. Wer das vergisst und sagt, Nein - nie mit der SVP - der erweckt den Eindruck einer Sekte. Es gibt Verletzungen in der FDP, gerade in Zürich. Natürlich! Diese gibt es auch bei der SVP.Aber betrachten Sie die Wählerentwicklung seit 1987. Die SVP hat sich von einer 11% Partei auf 26,6 % entwickelt. Die Freisinnigen und die CVP sind auf dem historischen Tief angelangt. Das schmerzt begreiflicherweise. Trotzdem sollten wir uns die Hand reichen. Dennoch, Ihnen schien es mit dem Angriff auf die FDP nicht sehr ernst gewesen zu sein. Sie haben recht, weil hier ein Fehler passiert ist. Wichtig ist, dass unser zweiter Kandidat nicht im Dunkeln an Stelle von Schneider-Ammann gewählt wurde, wie das Mitte-links plante. Dieser SVP-Kandidat wäre dann vier Jahre in „Geisselhaft“ der Linken gestanden. Es war damals meine Stärke, dass ich unabhängig war in der Regierung. Wenn das nicht möglich ist, muss man draussen bleiben. Jetzt ist es klar: Die Konkordanz 2-2-2-1 ist erledigt. Die SVP als grösste Partei ist von der Regierungsverantwortung weitgehend ausgeschlossen. Diese Klarheit hat auch viel Positives. Ein guter Entscheid? Wenigstens hat jetzt klar Mitte-Links die Verantwortung für Entscheide der Regierung. Aufgabe der SVP ist es, diese Regierung zu kontrollieren, zu kritisieren und auf Misstände hinzuweisen – ausserhalb der Regierungsverantwortung bessere Lösungen zu verlangen, notfalls das Volk entscheiden zu lassen. Wenn es die SVP gut macht, erreicht die SVP wahrscheinlich mehr, als wenn sie mit einem konkordanten Kandidaten in der Regierung „eingebunden“ ist. Das tönt verbittert. Sie wissen, dass Sie jetzt jenen Stimmen Auftrieb geben, die behaupten, Sie hätten gar nie ernsthaft einen zweiten Sitz gewollt, um jetzt offiziell Opposition machen zu können. Damit muss man leben. Ist der vollständige Rückzug aus dem Bundesrat immer noch ein Thema? Zu prüfen ist im Hinblick auf den Parteitag vom 28. Januar alles. Wollen Sie Ueli Maurer zurückziehen? Ich persönlich bin der Meinung, dass Ueli Maurer im Bundesrat bleiben soll. Er ist ein guter Bundesrat. Er hat in drei Jahren im VBS Entscheidendes verbessert. Das darf man jetzt nicht einfach aufgeben und jemandem überlassen, der alles wieder zerstört. Wie wollen Sie denn Opposition machen? Sie haben mit Ihren Initiativen doch das Pulver verschossen. Wie gesagt, die SVP wird eine konstruktive Regierungskontrolle installieren müssen. Die Probleme und das Versagen der Regierung liegen ja vor unserer Tür. Wir haben doch unglaubliche Missstände im Asylwesen. Denken Sie an die Personenfreizügigkeit, an die Preisgabe der Souveränität, an die dauernde Freiheitseinschränkung etc. etc. Auch Initiativen sind wichtig. Das haben Sie schon bisher gemacht. Ja, aber mit gezogener Handbremse. Jetzt ist die SVP durch Beschluss der Bundesversammlung frei von allen Einschränkungen. Wir haben ein grosses Potential. Die Wahrheit zu sagen, ist für die Inhaber von Macht oft gefährlich aber nötig. Wissen Sie warum die SVP so verhasst ist? Weil sie recht hat. Schauen sie doch einmal in die EU. Noch einmal: Was soll sich in der Partei konkret ändern? Wir müssen unsere Partei den neuen Bedingungen und dem neuen Auftrag, die Regierungstätigkeit zu kontrollieren, anpassen. Auf den Mai 2012 hin, wo die Organe neu bestellt werden, muss man auch die Organisation und die Führung neu überprüfen. Bereits kritisieren einige ihre Führungsrolle und das Präsidium. Ja und? Ist denn Kritik verboten? Darum diskutieren wir ja das. Im Unterschied zu früher finden wir sie heute. Herr Ogi und Herr Weyeneth verlangen ihren Rückzug, Ständerat Kuprecht stellt Sie und Herrn Brunner in Frage. Nach wochenlangem Suchen, haben Sie die Kritiker anscheinend gefunden. Ich freue mich, wenn sich jemand als Kopf der Zukunft sieht. Dann soll er doch aufstehen und eine Führungsrolle beanspruchen. Gute Führungskräfte, die Zeit und Ansehen für die Parteipolitik opfern, sind gefragt. Auch parteiinterne Auseinandersetzung ist willkommen. Obwohl Sie in Frage gestellt werden. Natürlich! Die parteiinterne Diskussion ist in den letzten Jahren etwas eingeschlafen. Die SVP hatte viel Erfolg und hat auch deshalb erfolgsverwöhnte Köpfe, die ohne Aufwand nach oben gekommen sind. Vor zwanzig Jahren musste sich dies jeder selbst erkämpfen. Früher hatten wir nächtelange Streitereien über den richtigen Kurs. Jetzt, wo die Partei erstmals wieder etwas Stimmen verloren hat, kommt dies wieder. Leider findet dies intern zu wenig statt. Viele haben offenbar Angst. Vor wem? Angst vor Ihnen. Angst vor was denn? Wohl davor, keine guten Argumente zu haben. Ich habe gehört, Ständerat Jenny hätte gesagt, es wäre gut, wenn in der Parteileitung jemand mir die Stirne bietet. Das finde ich auch. Besonders Ihre Berner Kollegen fordern auch eine Zusammenarbeit mit der BDP. Dann sollen sie das prüfen und nicht fordern. Die BDP ist heute ein Wahlunterstützungsverein, inhaltlich lag sie – mindestens bei der Gründung – meilenweit weg von der SVP! Sie waren stets für die aussenpolitische Oeffnung , damals für den EWR und später für die EU. Sowohl die BDP-Bundesrätin als auch ihre Exponenten standen nie auf solidem Boden der SVP. Wünschen Sie sich mehr Leute in der Partei, die Ihnen entgegentreten? Natürlich! Aber mit Substanz, nicht billig. Ich bin für Auseinandersetzung. Harmonisch, um nicht streiten zu müssen, ist feige. Das ist wie in der Ehe. Warum wollen alle harmonische Ehen? Weil man sich dann nicht mit dem Partner streiten muss. Wir brauchen Leute mit Gegenmeinungen. Nur das bringt fundierte Positionen. Oft ist man doch seiner Sache auch nicht ganz sicher. Sie kokettieren. Ich bilde mir eine Meinung, und versuche diese durchzusetzen. Ich suche aber stets gegenteilige Meinungen. Nur Leute, die keine haben, sind mir zuwider. Ihre Stellung hängt auch damit zusammen, dass Sie die Partei massgeblich finanzieren. Der Partei selber gebe ich nie Geld. Ich will nicht, dass die Partei von mir abhängig ist. Bei Abstimmungskämpfen helfe ich bei der Finanzierung. Bei der EWR-Abstimmung habe ich Millionen bezahlt. So viel ist mir die Schweiz wert. Sie geben zu, dass Sie ein Gewicht in der Partei haben, sagen aber zugleich, dass die SVP auch ohne Sie leben kann. Widersprüchlicher geht’s nicht. Gute Organisationen laufen weiter, auch wenn Leute mit Gewicht verschwinden. Wie sieht denn das bei anderen Parteien aus? Die haben keinen Blocher. Also! Und die leben ja auch. Nicht mit 26 Prozent Wähleranteil. Heute sind wir breit aufgestellt. Wenn die SVP ihren Pfad nicht verlässt, wird sie auch in Zukunft für die Schweiz erfolgreich sein. Sehen Sie: Auch bei EMS sagte man stets: Wenn er geht, bricht alles zusammen. Doch 2003 übernahm unsere Tochter Magdalena, über Nacht. Es geht weiter aufwärts. Meine Tochter machts noch besser! In der Wirtschaft haben Sie das gemacht, was Sie in der Partei verpasst haben: Sie haben die Nachfolge geregelt. Ich habe politisch nicht meine Nachfolge zu regeln, es tut mir leid. Im Gegensatz zur Firma gehört die Partei mir nicht. Aber Sie dominieren die Partei derart stark, dass niemand da ist, der sich als Bundesratskandidat profilieren kann. Haben Sie noch weitere Ausreden? Natürlich ist die Dominanz auch ein Problem. Aber jeder, der eine andere Meinung hat, ist willkommen! Aber er darf Widerspruch nicht fürchten. Darum habe ich vorgeschlagen, am Dienstag, der 3. Woche eine Aussprache durchzuführen. Da hat doch jeder eine andere Meinung. Wann haben Sie das letzte mal Ihre Meinung geändert, weil jemand aus der Partei Sie überzeugt hat? (denkt lange nach…) Bewusst kann ich Ihnen dies nicht sagen, aber die Diskussion in der Partei und Parteileitung haben mich sicher beeinflusst. Soll Bruno Zuppiger im Nationalrat bleiben? Das muss man Herrn Zuppiger und der Zürcher Partei überlassen. In bezug auf den Bundesrat hat Herr Zuppiger sofort die Konsequenzen gezogen. Hätten wir vor der Nominierung den Sachverhalt gekannt, wäre es nicht zu einer Nomination gekommen. Hat Herr Zuppiger Sie angelogen? Es war eine andere Darstellung. Und wir mussten anfänglich aufgrund falscher Tatsachen entscheiden. Jetzt geben Sie sich sehr generös. Bei den Bundesanwälten Roschacher und Beyeler hat Ihre Partei aus jeder Lüge eine Pressekonferenz gemacht, hatte man den Eindruck. Das ist übertrieben. Aber beide haben ihre Amtspflichten schwer verletzt. Als Verantwortlicher musste ich damals einschreiten! Im Mai wird das SVP-Vizepräsidium erneuert. Bleiben Sie sicher? Nein, auch das ist durch die Partei zu prüfen und ich prüfe dies für mich. Erst müssen wir schauen, was ist die richtigeOrganisation? Die heutige Führungsstruktur haben wir in schwieriger Zeit nach meiner Abwahl gestaltet. Ob sie auch für die Zukunft zweckmässig ist, das wird sich weisen. Eine letzte Frage: Sie sind ins Parlament zurückgekehrt, Sie führen die Opposition, Sie kämpfen für die Unabhängigkeit einer Zeitung – warum tun Sie sich das alles noch an? Ich bin ein freier Mensch. „Die Freiheit besteht darin, das zu tun, was man muss.“ Das haben Sie von Ihrem Bruder Gerhard, der hat das auch mal gesagt. Er hat es wahrscheinlich vom gleichen Ort, nämlich aus den Schriften von Karl Barth.

18.12.2011

Zu den Bundesratswahlen

Interview mit dem Sonntags-Blick vom 18. Dezember 2011 mit Herr P. Hossli Wer den Verlierer nach der Niederlage trifft, erwartet eine gebrochene Figur. Dazu Einsicht, vielleicht Demut – und den Willen, eigene Fehler einzugestehen. Eine Erwartung, die sich im dritten Stock des Bundeshauses rasch zerschlägt. Höchst agil und selbstsicher begrüsst SVP-Nationalrat Christoph Blocher Reporter und Fotograf, lädt zum Espresso aus dem Plastikbecher ins helle Sitzungszimmer der SVP. An den Wänden hängen alte Wahlplakate, im Regal stehen Bierdosen. Blocher, seit Oktober 71, strotzt vor Energie, wirkt überdreht, aufgekratzt, grinst mehr als sonst. Ein Abgang, wie ihn Parteigänger verlangen, wie ihn alt Bundesrat Adolf Ogi im «Tages-Anzeiger» fordert, lässt ihn kalt. «Meinen Gegner würde es gefallen, wenn ich ginge. Nichts Neues unter der Sonne.» Blocher ist der Verlierer, der sich zum Sieger redet. Nichts ändern daran die Verluste. Verfehlt hat die SVP das Ziel, bei den Wahlen 30 Prozent zu holen. «Es ist bedauerlich, wenn man ein zu hoch gestecktes Ziel nicht erreicht, aber keine Katastrophe.» Er gesteht: «Wir hätten das Ziel nicht bekannt geben sollen.» – «Die SVP hat 20 Jahre nur gewonnen, aber jetzt 2,3 Prozente verloren, weil mit der GLP und der BDP zwei neue Parteien entstanden sind.» Der Sturm aufs Stöckli scheiterte. «Das war weder unsere Wortschöpfung noch unser Ziel», sagt er. Spricht mit den Händen, wie stets, wirkt gelangweilt, wenn eine Frage ihn langweilt, blüht auf, wenn eine andere provoziert. Statt über Verantwortung für eigene Verluste zu reden, rechnet er den anderen die Verluste vor. «Ueber unsere Verluste reden wir intern und analysieren. Uebrigens keine einzige Bundesratspartei hat ihr Ziel erreicht. Wenn neue Parteien kommen, verlieren die traditionellen Parteien. Die FDP und die CVP sind auf dem historischen Tiefstand. Die SP auf dem zweitschlechtesten Ergebnis und die SVP auf dem Drittbesten.» Die missglückte Bundesratswahlen? War «eine Heuchelei». Schuld am Debakel sind andere. «Es kam wie erwartet, die Mitte-Links-Mehrheit will die grösste Partei - die SVP - nicht im Bundesrat.» – «Wir hätten den Kaiser von China bringen können, die anderen hätten uns den zweiten Sitz nicht gegeben.» Blocher triumphiert beim Scheitern. Sieht sich als einer, der Übles entlarvt. «Bis anhin haben uns die Gegner vorgeworfen, wir hätten keine konkordanten Figuren. Jetzt haben wir Kandidaten von den Gegnern geradezu auswählen lassen. Gewählt haben sie diese trotzdem nicht. Das entwürdigende Spiel wurde offen gelegt. Das führt zur Politikverdrossenheit.» Nicht sein Spiel war unwürdig, sondern das der anderen. Warum hat er Mühe, Fehler zuzugeben? «Fehleranalysen machen wir dauernd, aber nicht für die Journalisten.» Verstrichen ist eine kurze Woche, sind zwei kurze Monate, in denen Blocher den Nimbus des Unschlagbaren verloren hat. Er winkt ab. «Dieser Nimbus ist mir neu, ich habe ihn nie gehabt. Haben ihn andere, ist es wichtig, dass dieser Nimbus verloren geht. Ein Nimbus ist nie gut.» Er redet die Revolte der Jungen bei der SVP klein. «Es geht vor allem um die Kommunikation.» Zur Kritik von anderen Ständeräten: «Wenn ich sie jeweils persönlich frage, sagen sie mir stets, so hätten sie das nicht gesagt.» Am Zwist um den künftigen Kurs findet er gefallen. «Bravo, endlich streitet die SVP wieder. Es ging bei der SVP zwanzig Jahre nur aufwärts, viele haben sich zurückgelehnt und sind im Schlafwagen nach Bern gefahren. Das ist jetzt fertig, dieser Rückschlag ist heilsam.» Nächste Woche spricht sich die Fraktion aus. Fliegen Fetzen, findet Blocher das gut. «Wissen Sie, der Streit sollte Normalzustand sein. Er führt zu Lösungen.» Das gilt im Rat, im Beruf – und den eigen vier Wänden. «Meine Frau ist meine stärkste Kritikerin», sagt Blocher über Gattin Silvia. «Das sind die Frauen ja immer. Wir heiraten sie, weil wir ihre Kritik brauchen.» – fügt er lachend bei. «Wir haben keine harmonische Ehe. Bei einer harmonischen Ehe sind die Leute zu faul, um sich auseinanderzusetzen.» Seine Frau sei «unglücklich», dass er weiter politisiere. «Sie leidet mit, wenn es ungerecht zugeht, aber sie sieht die Notwendigkeit, dass ich es mache.» Was treibt ihn denn noch an? «Warum ich es mache? Das weiss ich nicht.» Sicher ist – er fühlt sich berufen. «Politisch treibt mich seit Jahren dasselbe an: Die Schweiz hat institutionell eine sehr gute Ordnung, darum muss sie verteidigt werden. Aber – wie das Churchill über die Demokratie gesagt hat – es ist die am wenigsten schlechte. Jetzt will man sie zerstören, – dem will ich helfen, einen Riegel zu schieben.» – «Was wäre denn die Alternative? Zu Hause sitzen? Kaffee trinken? Lesen? Ich täte dies mit Freude. Aber ich hätte das Gefühl, ein schlechter Mensch zu sein, ein "trauriger Chaib," dass ich mich dem unapetitlichen Politikbetrieb entziehe und die andern die Arbeit machen lasse.» Statt dessen trimmt er die Partei auf Widerstand. «Das ist anspruchsvoll, daran muss sich die Partei zuerst gewöhnen.» Das ist neu. «Bei den Bundesratswahlen hat z. Bsp. der SVP-Kandidat gegen einen SP-Kandidaten verloren – und gleichwohl sind einige unserer Leute aufgestanden und haben dem Gegner applaudiert. Aus Gewohnheit!» Einer war Bruno Zuppiger, der bei der Wahl von Alain Berset aufstand und applaudierte. Ein Moment von persönlicher Demut eines Nationalrats, der sehr schnell sehr tief abstürzte. «Demut? Dass ein Sozialist die Wahlen gewinnt!» Nein, Gutmenschen mag Blocher nicht. Es sei das Gegenteil von gut. Grösse gegenüber dem Sieger gehört in der Schweiz zum guten Ton. Für Blocher höchstens beim Sport oder im Spiel. «Der Applaus zeigt, dass die Bundesratwahlen ein Spiel sind.» Ein Spiel, bei dem das Parlament SVP-Mann Ueli Maurer wieder gewählt hatte. Wie lange ist Maurer noch Bundesrat? «Sicher noch vier Jahre.» Warum betreibt die SVP nicht echte Opposition und zieht Maurer zurück? Darüber befinde die Partei Ende Januar. Geht es nach Blocher, soll Maurer im Bundesrat bleiben. «Er legt die Fehlentwicklungen innerhalb der Regierung offen. Die SVP kontrolliert die Regierung von aussen.» Endlich werde es möglich, die Arbeit der Bundesräte zu kritisieren, ohne Rücksicht auf den Filz. «Das konnten wir als Regierungspartei kaum tun», sagt Blocher – und greift an. «Bundesrätin Widmer-Schlumpf und Frau Sommaruga haben die Unordnung im Asylwesen herbeigeführt. Das ist offen zu legen.» «Didier Burkhalter hat bei der Sanierung der IV bereits nachgelassen – da hält die SVP den Finger drauf.» «Frau Leuthard muss endlich zeigen, wie nach dem Atomausstieg eine sichere Energieversorgung zu gewährleisten ist.» Freut er sich auf die Opposition? «Der Aufgabe sehe ich mit Demut entgegen, ich frage mich, ob wir alle dem gewachsen sind.» Nicht nur wegen den Bundesratswahlen hagelte es letzte Woche Kritik. Es ging um seine Tochter Rahel, die unverkannt hinter der «Basler Zeitung» stand, um seine Garantie für allfällige Verluste beim Basler Konzern. Um die Vielfalt der Medien gehe es ihm, sagt Blocher. "Um die Meinungsvielfalt." Warum hat er bei der «Basler Zeitung» nicht die Wahrheit gesagt? «Ich habe bei der BaZ nichts Unwahres gesagt. Aber nicht alles offengelegt» "Was soll denn hier so schlimm sein?"v Verschleiert deutet er einen Wechsel an der Spitze der SVP an. „Niemand in der Parteileitung hängt an seinem Posten.“ «Wir sind um jeden froh, der nachkommt und es besser macht.» – «Wir mussten Toni Brunner - der beste Parteipräsident - ja fast ins Amt prügeln.» Bleibt Brunner? «Ich gehe davon aus und hoffe es.» Wut und Verletzung leiten Blocher, heisst es seit Jahren. «Er ist immer noch verletzt wegen seiner Abwahl aus dem Bundesrat», sagte Ogi dem Westschweizer Magazin «L’illustré». Doch Blocher weist dies lachend zurück! Das Gefühl bleibt bestehen, Rachegelüste hätten ihn zu Fehlern verleitet. «Wer hat dieses Gefühl?», fragt Blocher. «Ich.» – «Das ist ein schlechtes Gefühl, lassen Sie sich von Ihrem Intellekt leiten und nicht von Gefühlen in die Irre führen.» «Ich habe weder Rache noch Wut, meine Gedanken und Gefühle sind an einem ganz anderen Ort.» «Wir kritisieren Frau Widmer-Schlumpf für die unverantwortliche Arbeit im Asylwesen, nicht aus Rache, sondern weil dies uns wieder bald 20'000 Zuwanderer bringt. Der überwiegende Teil sind Arbeitssuchende und Kriminelle. Nicht Flüchtlinge! Dafür sind Frau Widmer-Schlumpf und jetzt Frau Sommaruga verantwortlich. Dasselbe gilt für die schlechten Verhandlungen mit den USA. - All das haben wir zu wenig kritisiert, weil wir in die Regierung eingebunden waren. Jetzt müssen wir dies tun.» Zuletzt bedauert er das Ende der Zauberformel. «Sie war ein Garant für schwierige Zeiten.» Er hält inne. «Die kommen jetzt. Wann endlich rüstet sich die Schweiz? »

18.12.2011

Oui, nous ferons notre autocritique, mais pas sous le regard des autres

Interview, Le Matin Dimanche, 18 décembre 2011, Stéphanie Germanier Monsieur Blocher, vous avez l’air déprimé sur les photos que l’on voit partout dans la presse depuis mercredi. C’est le cas ? Forcément, sur les centaines de photos qui ont été prises, on n’utilise que celles où je ne souris pas. Mais peut-être avez-vous d’autres questions plus substantielles ? Personne n’a compris votre stratégie le 14 décembre et on se demande même s’il y en avait une… Notre stratégie était claire, nous voulions obtenir le deuxième siège auquel nous avons droit, ce n'était pas un siège du PLR. Or les autres partis, dont ce dernier, qui disaient soutenir ce projet ont brisé la concordance. A ce moment, nous étions libres d’agir. Les autres partis n’ont pas voulu des candidats de l'UDC, que pourtant tout le monde trouvait acceptables, donc on n’a pas voulu de nous. Franchement, si vous aviez vraiment voulu ce deuxième siège, vous l’auriez eu. Il suffisait de répondre à l’ultimatum du PS qui vous demandait d’attaquer le siège PLR pour avoir son soutien… Si nous avions réussi avec ce pacte, nous aurions gagné grâce à une injustice, sans respecter la concordance, ce que nous ne souhaitions pas. Vous ne vous remettez donc pas en question, vous et la direction du parti, malgré vos erreurs de jugement mercredi et dans l’affaire Zuppiger ? Peut-être on a fait quelques erreurs et il faudra en discuter dans le groupe mardi prochain. Nous ferons notre autocritique, pas sous le regard des journalistes. Et l'assemblée du 28 janvier discutera la nouvelle situation pour l'UDC. Est-ce que la direction du parti ne devrait pas démissionner après cet échec ? Si les délégués le souhaite, ils ont la possibilité de l’exiger! Nos membres décideront au moi de mai, date à laquelle nous reconduirons ou non les instances du parti. Peut-être faudra-t-il revoir la forme de cette présidence avec six vice-présidents. Quant à Toni Brunner: Il est le meilleur président de parti, même si certains journalistes le méprisent car il n’est pas universitaire. Mais je peux vous assurer qu’il a une intelligence, une capacité communicative, un instinct et un dévouement politiques hors du commun. Caspar Baader démissionne de son poste de chef de groupe à la fin du mois, seriez-vous tenté de reprendre son poste ? Non pas du tout, je siège au Conseil national et j’espère continuer à le faire pour ces quatre prochaines années, si la santé me le permets. Vous êtes en forme en ce moment ? C’est bien là le souci de mes adversaires. Oui, je me porte très bien. Qu’est-ce qui va se passer à présent pour l’UDC ? Vous partez dans l’opposition ? Ce sera à notre base de définir cela. Le mot opposition lui fait peur pour l’instant, car il implique un changement de politique, l’abandon d’un système de concordance pour faire place à un système de coalition. Je pense que cela prendra du temps. Mais pour l’heure il faudra en tout cas renforcer notre action face à ce gouvernement et ce parlement dans lesquels la gauche prétend endosser les responsabilités. Nous serons là pour contrôler et critiquer le travail du gouvernement! C’est-à-dire… Les problèmes sont à notre porte. On ne va plus pouvoir faire croire qu’il n’y a pas des problèmes avec les assurances sociales, avec l’asile, avec la libre-circulation - et avec - l’Union européenne. Ueli Maurer devrait-il quitter le gouvernement ? Personnellement je ne le crois pas, mais le parti décidera. Ueli Maurer a fait un très bon travail au sein du Département de la défense, il a corrigé la mauvaise direction qui avait été prise ces dernières années. Ce ne serait pas très conséquent qu’il abandonne cela, même si la concordance est brisée et qu’on nous refuse nos droits. Si l’UDC est si détestée, c’est parce qu’elle a raison et perce qu'elle contrôle les autres partis. Elle dit avoir raison, mais pour la première fois elle perd. Comment allez-vous corriger cette nouvelle image ? Il n’y pas d’image à corriger, mais plutôt nos erreurs. Nous en avons fait et nous avons perdu, mais cela était inévitable après avoir gagné pendant vingt ans. Nous allons discuter, débattre, dire ce que nous avons tous sur le cœur et je m’en réjouis. Il n’y a rien de plus ennuyeux et néfaste que l’harmonie, dans un parti comme dans un couple. Le débat et la confrontation sont indispensables. Et débat il y a aura, puisqu’une frange de votre parti commence à se plaindre du triple B (Blocher, Brunner, Baader). Vous commencez à lasser vos troupes ? A l’UDC, nous sommes libres de nos opinions. Tant mieux si une nouvelle génération pense pouvoir faire mieux. Nous sommes ouverts à toute bonne proposition et solution. J’aime débattre avec les gens, pour autant qu’ils aient des arguments, et qui ils fassent mieux. N’est-ce pas finalement parce que vous financez votre parti, qu’on n’ose pas vous remettre en question vous et votre omnipotence? Je n’ai jamais donné un seul franc au parti directement. Mais il est vrai que j’aide à financier des campagnes de votation. Pourtant, ma force ne vient pas de mon argent, mais de mes convictions et d’arguments solides. Les libéraux radicaux estiment qu’en attaquant le siège de Johann Schneider-Ammann, vous avez brisé le lien de confiance qui unissait les deux partis. Que va-t-il se passer à présent ? Vous savez, notre histoire d’amour avec le PLR était déjà terminée bien avant mercredi. À Saint Gall, les membres du PLR ont soutenu contre nous Paul Rechsteiner, un communiste. Ils ont fait cause commune avec le socialiste Hans Stöckli à Berne. Dans certains cantons, le PLR est devenu une secte et ne sait plus qui il représente. Nous aurions pu gagner ensemble, mais les libéraux-radicaux ont choisi une autre voie. Le PLR est maintenant partie intégrante du gouvernement de centre-gauche, pas nous.

17.12.2011

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Interview mit Luzi Bernet über Alfred Escher und zwei Zeitgenossen erschienen in der NZZ vom 17.12.2011 Link zum Artikel