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15.02.2002

L’adesione della Svizzera sarebbe utile solo ai funzionari, ai diplomatici e ai politici

«La RegioneTicino» del 15 febbraio 2002   Per il tribuno zurighese una sconfitta sull'Onu non intaccherebbe la forza dell'UDC Blocher: abbiamo già vinto di Silvano De Pietro   Quali sono le priorità nel futuro della Svizzera?   Chrisoph Blocher: Che nel nostro paese vi sia la piena occupazione; e che possiamo conservare la libertà e l'autodeterminazione.   E l'entrata nell'ONU non è una prtiorità?   Blocher: No. È il contrario.   Perché?   Blocher: Se entriamo nell'ONU, vuol dire che ci lasceremo tranquillamente comandare dall'estero, cioè dal Consiglio di sicurezza dell'ONU, che è competente per le questioni di guerra nel mondo e ci può obbligare a prendere parte a tali guerre. E noi questo non lo vogliamo, poiché uno dei nostri principî è la neutralità. Noi siamo a fianco dell'ONU ovunque si tratta di questioni umanitarie, di profughi, di economia, di clima; ma mai quando si tratta di guerra, cioè nei suoi organismi più potenti.   Ma tutti gli altri stati neutrali aderiscono all'ONU senza alcun problema.   Blocher: In primo luogo, in tutti questi stati il popolo non ha mai potuto votare: hanno deciso il governo e il parlamento. Nel nostro paese decide il popolo; e il popolo è in maggioranza interessato a non entrare nell'ONU. In secondo luogo, esiste al mondo soltanto un paese che ha una neutralità più ampia di quella svizzera. All'Austria venne imposta; ma poi ha dovuto sacrificarla: non si poteva stare nella NATO e nell'ONU e, nello stesso tempo, essere neutrali.   Però, solo come membri dell'ONU, possiamo continuare ad essere neutrali.   Blocher: No, non possiamo più esserlo. Perché firmiamo un accordo nel quale si dice che il Consiglio di sicurezza può obbligare uno stato membro a procedere contro un altro stato con embarghi, blocchi dei viveri, sospensioni di forniture elettriche, interruzioni di relazioni diplomatiche, e così via. In questi casi non potremo più decidere da soli: vi saremo obbligati. Sottoscriviamo persino un vincolo a mettere a disposizione truppe ed a concedere diritti di attraversamento. È previsto che questo vincolo sia oggetto di un accordo speciale; ma tale accordo speciale concerne soltanto i dettagli tecnici. La pressione invece sarebbe enorme. E non si potrà decidere liberamente.   L'ONU agisce tuttavia per proteggere i diritti umani, per prestare aiuto in caso di catastrofi, per lottare contro la povertà, per garantire la pace, eccetera. Questi obiettivi dell'ONU non sono gli stessi della Svizzera?   Blocher: Ovunque si tratti di ciò che lei ha citato, noi ci siamo. Dialoghiamo con le organizzazioni che combattono la povertà e prestano aiuti; decidiamo con loro; e paghiamo, anche. Già oggi versiamo 500 milioni di franchi. L'intenzione però non basta: non ho ancora visto un conflitto in cui le due parti sostengono di farsi la guerra perché vogliono la pace. L'ONU afferma di essere una comunità pacifica, ma ci sono quaranta guerre in corso tra membri dell'ONU.   Restando fuori, comunque, non potremo mai influire sulle scelte politiche dell'ONU e delle sue istituzioni. Per lei è giusto così?   Blocher: Ma anche stando dentro non potremo influire. Il Consiglio di sicurezza decide quello che vuole. Vi sono rappresentate le cinque grandi potenze, con diritto di veto. Loro decidono, non gli altri. In secondo luogo, se restiamo fuori non siamo obbligati a rispettare tali decisioni e possiamo decidere da noi come vogliamo procedere, cioè come cavarcela tra le parti in conflitto. Questa è l'idea di base della Croce Rossa e del Corpo d'aiuto in caso di catastrofe. E queste sono cose che può fare uno stato neutrale, ma soltanto se non si lascia coinvolgere nei contrasti tra l'ONU e singoli stati.   Nella lotta al terrorismo è però necessario partecipare alle decisioni. O no?   Blocher: Questo è molto pericoloso. Se entriamo nell'ONU, dobbiamo accettare che sia il Consiglio di sicurezza a decidere chi sono i terroristi e come si deve agire. Ora, se la Svizzera vuole collaborare, e per esempio l'America concorda con le cinque grandi potenze che ci sono centomila terroristi? non è mica molto chiaro che cos'è un terrorista. E come ci si può proteggere contro il terrorismo? Un piccolo stato che sia strettamente neutrale, cioè che non si schiera in conflitti internazionali, non attira i terroristi al proprio interno. E poi, con la polizia, con l'ordine pubblico, con l'esercito, assicura che nel paese non vi sia posto per il terrorismo. Questo è molto meglio che immischiarsi nei continui litigi internazionali, perché in tali casi diventeremmo anche noi vittime del terrorismo.   Ma anche per offrire efficacemente i suoi buoni uffici, la Svizzera dovrebbe essere presente nell'ONU.   Blocher: No. Ovviamente, ci sono buoni uffici che anche gli stati membri dell'ONU possono offrire. Ma quando l'ONU procede contro alcuni stati ? ed errori ve ne sono sempre da ambo le parti - allora solo uno stato che non stia né dall'una, né dall'altra parte può prestare i buoni uffici. Questa è la nostra ricetta. Questo dovremmo fare. Purtroppo il Consiglio federale lo fa troppo poco. Per esempio, nella guerra del Kossovo/Serbia, l'America ha chiesto alla Svizzera se potervamo assumere la rappresentanza diplomatica dei suoi interessi in Serbia. Il Consiglio federale ha detto no, perché non vuole più prestare questi speciali buoni uffici. Cosa che, invece, sarebbe importante.   L'ONU è un fattore economico per la Svizzera?   Blocher: No. Siamo presenti nell'Organizzazione mondiale del commercio e dove le decisioni economiche vengono prese. Ma l'entrata nell'ONU politica è una questione che non tocca l'economia.   Il Consiglio federale dice però che l'adesione all'ONU sarebbe anche un buon investimento.   Blocher: L'ha sempre detto. Ma non ha mai portato un progetto che sia un buon investimento. Ha anche detto sempre che non costa molto, nonostante abbiamo 110 miliardi di debiti. Sta di fatto che andremo a pagare ancora 75 milioni all'anno, con l'aggiunta di molti costi indiretti, senza alcuna utilità per la Svizzera e per il mondo. Gli unici ad averne un'utilità saranno i funzionari, i diplomatici ed i politici che potranno intervenire alle conferenze di New York.   Come giudica il consigliere federale Kaspar Villiger ed altre personalità, che sull'adesione all'ONU oggi hanno cambiato opinione rispetto al 1986?   Blocher: Qualcosa in effetti è cambiato: il loro posto. Il signor Villiger oggi è consigliere federale, e non può più dirsi contrario. Allora non era ancora in governo, e se lo poteva permettere. Anche il signor Frick [Bruno Frick, consigliere agli Stati svittese, PPD, ndr] ha detto che quella volta stava con i contrari. Io non me n'ero mai accorto; ma può essere. Oggi è nella commissione parlamentare di politica estera. È chiaro: quando uno accede all'improvviso alla "classe politique", cambia colore.   Però sono anche cambiate le condizioni internazionali?   Blocher: Sì, ma il contratto che dovremmo firmare è sempre lo stesso.   Se il popolo respinge l'adesione all'ONU, il consigliere federale Joseph Deiss dovrebbe dimettersi?   Blocher: No. Ma deve accettare la decisione popolare. Non può dire: io faccio il contrario. I consiglieri federali non devono dimettersi se perdono le votazioni.   Perché non ha fiducia nella politica del Consiglio federale?   Blocher: Il Consiglio federale nasconde la sua volontà di non essere neutrale. Vuole entrare nell'Ue, dove non potrà mai essere neutrale, poiché dove si fa una politica comune estera e di sicurezza non si può essere neutrali. Ma non lo dice al popolo. Dice semplicemente: restiamo neutrali ma facciamo il contrario. Inoltre, prima di molte votazioni popolari il Consiglio federale ha promesso cose che poi non ha mantenuto. Mi riferisco alla legge sull' assicurazione malattia, che noi abbiamo combattuto dicendo che sarebbero aumentati i premi, mentre ilConsiglio federale sosteneva che sarebbero diminuiti. Ci aveva chiamato bugiardi. E adesso si vede cos'è successo. Dunque, io non ho fiducia. Per l'Expo, ci ha detto che ci sarebbe costata soltanto 130 milioni, ora siamo a 830 milioni. Nel caso Swissair, all'inizio ci ha detto: 450 milioni e non un centesimo di più; e poi abbiamo pagato due miliardi. E per i costi dell'entrata all'ONU ci ha detto: 75 milioni non sono molti. Con questi soldi potremmo pagare interessi e ammortamenti per un secondo tunnel del San Gottardo. Ma l'ONU costerà molto di più. Ecco, tutte queste sono promesse fatte al popolo per ottenerne l'approvazione su qualcosa. Ed il popolo dovrebbe crederci. Ma io non ci credo.   Come può dimostrare che il Consiglio federale non abbia l'intenzione di difendere la neutralità?   Blocher: Primo: vuole sottoscrivere l'accordo di adesione all'ONU, e questo è contro la neutralità. Secondo: vuole entrare nell'UE, dove non si può essere neutrali. Ma ci sono altre prove. Abbiamo collaborato alle sanzioni dell'ONU contro l'Iraq; e anche questo era contro la neutralità. Non avremmo dovuto farlo: in tal modo siamo corresponsabili del fatto che laggiù mezzo milione di persone soffre la fame; e il dittatore è ancora là.   In questa campagna contro l'adesione all'ONU, l'UDC ha usato toni più morbidi ed ha impiegato meno mezzi finanziari. Perché?   Blocher: Toni più morbidi? Noi diciamo quel che abbiamo da dire. Non abbiamo bisogno di provocare, perché la maggioranza del popolo è scettica verso l'ONU. Dobbiamo solo dire di che si tratta. Ma noi abbiamo molto meno denaro dell'altro schieramento: è uno scandalo che il Consiglio federale e il parlamento parlino di 1,2 milioni di franchi per la propaganda sull'ONU. Questo è insolito e non va bene. E poi ci sono "Economiesuisse" e un paio di grandi imprese, che pagano anche molto.   Ma quando si trattava dell'esercito, per esempio, avete speso di più.   Blocher: Sì, ma non perché avessimo tanto denaro. Ne avevamo ricevuto molto perché c'era molta gente preoccupata.   Se vince il sì, come dovrebbe comportarsi il Consiglio federale con la politica estera e di neutralità?   Blocher: Una volta nell'ONU, non può più fare nulla. Potrebbe tuttavia stare attento a non farsi coinvolgere in situazioni che potrebbero attirare il terrorismo e la guerra nel nostro paese. E dobbiamo vigilare che non faccia il successivo passo di entrare nell'UE; che non dica: ah, ora la Svizzera non prende più sul serio la neutralità, ora entriamo nell'UE, gli svizzeri lo vogliono. I ticinesi, per esempio, direbbero di no, perché il Ticino finora ha sempre votato per l'indipendenza della Svizzera.   E se vince il no, quali saranno le conseguenze per l'UDC in vista delle elezioni del 2003?   Blocher: Abbiamo già vinto. Indipendentemente da questo risultato. Anzi, per il partito sarebbe persino meglio se non vincesse. Perché in tal caso sarebbero gli altri a portarne la responsabilità. E allora il popolo potrà vedere come aumentano le spese, i viaggi, eccetera. Se invece vince il no, dopo tre mesi tutto è dimenticato. Se vinciamo noi, è meglio per la Svizzera. Se perdiamo, per il partito non sarà uno svantaggio. Siamo in una situazione vincente.

14.02.2002

Die Stimmungsmacher: Blocher gegen Deiss

Streitgespräch im FACTS vom 14. Februar 2002 FACTS lud die beiden wichtigsten Meinungsführer zur Uno-Debatte nach St. Gallen Gesprächsleitung: Hannes Britschgi Herr Bundesrat Deiss, warum soll die Schweiz in die Uno? Joseph Deiss: Soll die Schweiz zuschauen, oder soll sie wirklich mitmachen? Darum geht es. Unsere Schweiz ist stark. Sie wird international geschätzt und geachtet. Sie ist in vielem vorbildlich. Ich will als Bundesrat alles tun, dass diese Stärken international voll zum Tragen kommen. Da bietet uns die Uno die geeignete Plattform. Und denken Sie an die guten Dienste. Kofi Annan, Uno-Generalsekretär, hat etwa 60 Sonderbeauftragte für Konfliktbearbeitung. Von diesen 60 ist heute kein einziger ein Schweizer! Wir gehören in die Uno. Herr Nationalrat Blocher, warum sind Sie gegen einen Uno-Beitritt? Christoph Blocher: Sie haben von den Stärken der Schweiz gehört. Eine unserer Staatssäulen heisst: weltoffen sein, aber sich nicht von ausländischen Kräften einbinden lassen. Darum sind wir in allen Uno-Unterorganisationen dabei. Es geht jetzt aber um die politische Uno: konkret um die Unterstellung unter den Uno-Sicherheitsrat. Das ist das mächtigste Organ, dominiert durch Grossmächte, und das einzige Organ, das die Länder zu etwas verpflichten kann. Alle anderen können nur Empfehlungen abgeben. Durch den Beitritt müssten wir feindliche Massnahmen gegen andere Staaten durchführen, wenn es der Sicherheitsrat so beschliesst: Völker aushungern, Brotsperren und Boykotte verhängen, Kommunikationswege unterbrechen und so weiter. Das alles steht im Vertrag, den wir unterzeichnen müssten. Soll mir einer sagen, wir seien noch neutral, wenn wir das mitmachen. Deiss: Herr Blocher stellt die Uno als Monstrum dar. Mit Vereinfachungen, mit Übertreibungen. Es stimmt nicht, dass man sich diesem Sicherheitsrat unterwerfen muss. Der Sicherheitsrat hat als Ausschuss der Generalversammlung den Auftrag, die Sicherheitspolitik zu betreiben. Dort, wo es nötig ist, rasch handeln zu können, Lösungen vorzuschlagen. Und es ist nicht so, dass der Sicherheitsrat Mitglieder irgendwie unter die Knute nehmen würde, wie es Herr Blocher darzustellen versucht. Sondern? Deiss: Der Sicherheitsrat versucht, Lösungen aufzubauen. Das Vetorecht, das immer wieder genannt wird, wird selten gebraucht: elfmal bei 746 Entscheiden in den letzten zwölf Jahren. müssen einzig Sanktionen übernehmen. Mehr nicht. Nehmen Sie Afghanistan, Osttimor, Sierra Leone, Kosovo - alles Erfolgsgeschichten der Uno, wo der Sicherheitsrat Lösungen schuf. Herr Blocher, der Sicherheitsrat, dargestellt als eine Friedensorganisation, die Grossmächte in eine friedliche Welt einbindet. Ist das bedeutungslos? Blocher: Grossmächte einbinden - durch uns? Der Sicherheitsrat ist kein Organ der Generalversammlung. Der Sicherheitsrat ist gemäss Charta allein zuständig für die internationale Sicherheit. Er besteht gemäss Charta aus fünf dauernden Mitgliedern - den fünf Siegermächten nach dem Weltkrieg und zehn, die dann alle zwei Jahre wechseln. Die fünf dauernden haben das Sagen und ein Vetorecht. Der Sicherheitsrat ist von den fünf Grossmächten dominiert und kann Massnahmen gegen andere Länder beschliessen, die wir durchzuführen hätten - bis hin zur Bereitstellung von Truppen und Durchmarschrechten. Ein reiches Land wie die Schweiz, mit einer guten Armee, käme hier unter ausserordentlichen Druck. Wir sind ja gut gefahren bis jetzt. Wir haben 200 Jahre Frieden gehabt. Deiss: Herr Blocher, darf ich Ihnen vorlesen, was die SVP-Fraktion und ihr Sprecher, Herr Albrecht Rychen, anno 1990... Blocher: ...ja, ja... (lacht) Deiss: Es geht um die Sanktionen im Fall Irak - da war die Haltung der SVP-Fraktion 1990 eindeutig. Ich zitiere: "Es ist keine Wende in der Neutralitätspolitik. In diesem Sinne stehen wir für die Politik des Ja zur Neutralität, des Ja zu diesen Sanktionen." Das, Herr Blocher, war die Position der SVP. Blocher: Es stimmt, dass der später abgewählte Albrecht Rychen 1990 so geredet hat. Leider. Wir hatten dann eine schwere Auseinandersetzung in der Fraktion - dazumal war Rychen Sprecher, nicht Fraktionspräsident. Leider hat damals eine Mehrheit noch diese Meinung vertreten. Ich nicht. Ich war damals schon gegen einen Uno-Beitritt und gegen Irak-Sanktionen. Herr Deiss hat Recht, es tut mir Leid, dass ich damals nicht durchgekommen bin. Jetzt aber käme ich durch in dieser Fraktion. Deiss: (lacht) Herr Blocher - mitreden, mitentscheiden oder Spielball der Grossmächte sein? Blocher: Ich betone noch einmal, es geht nicht um die Generalversammlung und das Mitreden dort, sondern um das Diktat des Sicherheitsrats. Darum sind wir bislang der politischen Uno nie beigetreten. Deiss: Ach! Bundesrat Deiss, die Aussage von Christoph Blocher ist: Sicherheitsratsbeschlüsse sind undemokratisch und passen nicht zu unserem System. Deiss: Es ist nicht so, dass die fünf Grossmächte uns irgendetwas aufzwingen könnten. Es braucht neun Stimmen. Was die Grossmächte können, ist höchstens: etwas verhindern. Und das ist unangenehm. Dass da Reformbedarf besteht, ist unbestritten. Blocher: Doch. Israel ist mehrmals aufgefordert worden, seine Siedlungspolitik aufzugeben. Dieses Recht kann nicht durchgesetzt werden, weil die Amerikaner das mit ihrem Veto verhindern. Darum dieser unsägliche ewige Krieg. Er demütigt die Araber, die islamischen Völker. Daraus entsteht Terrorismus. Herr Blocher, werden Terroristen sich fragen, ob die Schweiz in der Uno ist, wenn sie ihre Aktionen durchführen? Blocher: Nein. Schauen Sie, wie schützt man sich gegen den Terrorismus? Ein Kleinstaat muss doch schauen, dass er nicht in internationale Händel hineingezogen wird. Das ist ja der Sinn der Neutralität. Wir wollen nicht, dass die Politiker in Bern die Schweiz in solche Auseinandersetzungen hineinziehen, indem wir gegen andere Länder Partei nehmen. Diese Parteinahme zieht den Krieg ins Land, den Terrorismus. Deiss: Ja, Herr Blocher, Sie sprechen von Terrorismus wie ein Schulbube... Blocher: Also Herr Bundesrat! Ich würde Sie nie als Schulbuben betiteln, nur weil Sie eine andere Meinung vertreten als ich. Deiss: Sie haben ja allen Schweizern etwas zugeschickt: "Chumm Bueb und lueg dis Ländli a ..." Auf Französisch heisst Bub "gamin". Blocher: Ich danke Ihnen, dass Sie auf meine Albisgüetlirede hinweisen, das ist wahrscheinlich etwas vom Besten, das der Bundesrat jetzt lesen kann. Deiss: Ja, es ist wahrscheinlich das literarische Ereignis der letzten Woche. Zur Neutralität, Herr Blocher. Macht uns der Bundesrat da etwas vor, oder haben Sie ein Neutralitätsverständnis, das noch auf den Kalten Krieg zurückgeht? Blocher: Nein. Neutralität heisst: Wir lassen uns nicht in fremde Händel hineinziehen, wir werden nicht Konfliktpartei, das ist bewährte Neutralitätspolitik. Deiss: Es ist schlicht und einfach nicht möglich, aus einem Uno-Beitritt abzuleiten, dass er irgendwie unsere Neutralität in Frage stellen könnte. Und fragen Sie die Uno selber: Kofi Annan sagte es ganz deutlich: "Kein Problem für die Neutralität." Bei den friedenserhaltenden Uno-Operationen kann man nicht gezwungen werden mitzumachen. Aber finanzieren muss man sie. Ist das Neutralität? Deiss: Die Uno ist die Völkergemeinschaft, die im Namen des Rechts Massnahmen ergreift. Und so kann sich eine Neutralitätsproblematik gar nicht ergeben. Aber es stimmt, dort zahlen alle mit. Wir haben im Juni Ja gesagt zu bewaffneten Auslandeinsätzen. So einfach dürfte es nun nicht sein, Nein zu sagen? Deiss: Doch! Auch als Mitglied wird die Schweiz ihr Gesetz vom 10. Juni 2001 so anwenden, wie es vorgesehen ist. Seit Bestehen der Uno ist nie jemand, kein Land gezwungen worden, Truppen zu stellen. Bundesrat Deiss, die Uno wird ein Fass ohne Boden sein. Alles kostet wenig, heisst es heute, aber später gibt es 1000 Gründe, dass es ein wenig mehr sein darf. Deiss: Das Uno-Budget der zentralen Uno ist die Hälfte des Budgets der Stadt Zürich. Man ist von 12'000 auf 9'000 Beamte runtergegangen. Es wurde Ordnung gemacht. Und über die letzten zehn Jahre war das Budget der Uno stabil. Zweitens behauptet der Bundesrat gar nicht, dass es nicht etwas mehr kostet. Wir haben die Zahlen auf den Tisch gelegt. Es sind 43 Millionen Dollar oder rund 70 Millionen Franken. Durch diesen Mehrpreis, den wir zahlen, bekommen wir alle Rechte. Blocher: Vor einigen Jahren erklärten die Amerikaner: "Wir zahlen keinen Rappen mehr, wenn die Uno-Sekretariatskosten weiter steigen." Jetzt werden diese Kosten eingefroren und auf andere Konten verbucht. Dazu kommen die friedenserhaltenden Massnahmen: Deren Kosten sind von 1998 - da waren es etwa 850 Millionen - auf 2,2 Milliarden gestiegen. Zudem lautet die Empfehlung der Uno-Generalversammlung, die Entwicklungshilfe auf 0,7 Prozent des Bruttosozialprodukts festzulegen. Das sind 1,6 Milliarden. Wir können es nicht machen wie die Amerikaner, die einfach drei Jahre die Rechnungen nicht bezahlen! Deiss: Das Parlament hat beschlossen, bis ins Jahr 2010 bei der Entwicklungszusammenarbeit auf 0,4 Prozent des Bruttosozialprodukts zu kommen. Mit Milliarden zu drohen, das hat weder Hand noch Fuss. Herr Blocher, wieso sagen Sie, es gehe auch um den EU-Beitritt? Blocher: Bundesrat Deiss erklärte am 29. Mai 2000 nach der Annahme der bilateralen Verträge: "Das Ziel ist jetzt" - er sagte es wörtlich - "in den nächsten zwei Jahren der Uno beizutreten", danach müssen wir die Beitrittshürden zum EU-Beitritt abschaffen. Und zum Beispiel die Mehrwertsteuer auf 15 Prozent erhöhen. Der Uno-Beitritt sei die erste Etappe, der EU-Beitritt die zweite. Es geht eben immer um dasselbe: Es geht um die Unabhängigkeit, es geht darum, ob wir uns von ausländischen Organen bestimmen lassen sollen, es geht um die Volksrechte, und es geht um die Neutralität. Deiss: Objektiv muss man sagen, dass zwischen Uno-Beitritt und EU-Dossier inhaltlich kein Zusammenhang besteht. Das sind zwei vollständig unabhängige Dossiers, nur zeitlich laufen die nebeneinander. Herr Deiss, wenn es ein Uno-Nein gibt, treten Sie zurück? Deiss: Das gehört nicht zu unserem System. Es ist mein politischer Kurs - sicher -, aber es ist nicht nur meiner, sondern auch der des Bundesrats, von 190 Parlamentariern, von allen Kantonen. Ihr Schlussvotum? Deiss: Wollen wir nur zuschauen, oder wollen wir mitmachen? Der Stolz auf unsere Schweiz, aber auch die Interessen unseres Landes gebieten uns, dass wir voll dabei sind. So werden wir die Zukunft unseres Landes am besten sichern können. Darum hoffe ich, dass wir am 3. März eine mutige Schweiz zeigen werden, für die Uno. Herr Blocher, treten Sie von der Politbühne ab, wenn es ein Ja gibt? Blocher: Höchstens bei einem Nein und der Zusage des Bundesrats, dass er das Nein akzeptiert, könnte ich abtreten. Aber wenn wir beitreten, muss ich noch bleiben. Ja, liebe Sankt-Gallerinnen und Sankt-Galler, liebe Frauen und Männer, es geht darum, ob wir einen Vertrag unterschreiben wollen, der die Schweiz zwingt, die Entscheidungsgewalt aus den Händen zu geben. Es geht um Eigenständigkeit, Demokratie und Freiheit - und um unsere Neutralität. Stimmen Sie am 3. März, was Sie wollen, aber auf jeden Fall Nein!

13.02.2002

Preisgabe eines bewährten Erfolgsmodells

Mein Beitrag in der Neuen Zürcher Zeitung vom 13. Februar 2002 In der Auseinandersetzung über einen Beitritt der Schweiz zur Uno hat sich die Neutralität als zentrale Argumentationsfront der Gegner herauskristallisiert. Nationalrat Christoph Blocher zeigt hier, wieso für ihn eine Uno-Mitgliedschaft mit der Neutralität nicht vereinbar ist. Von Nationalrat Christoph Blocher (svp.), Herrliberg Der Grundsatz "Dabei sein ist wichtiger als gewinnen" ist zum offiziellen Leitprinzip der schweizerischen Aussenpolitik geworden. Darum kommt es zum Konflikt mit dem jahrhundertealten Erfolgsmodell der schweizerischen Neutralität, denn ein neutraler Staat darf dieses "Dabeisein" für Politiker und Funktionäre nicht ins Zentrum stellen. Freiheit der Bürger nebst Weltoffenheit ohne Einbindung ist das erfolgreiche Rezept des Kleinstaates Schweiz. Mit dem Uno-Beitritt soll davon abgewichen werden. Die immerwährende bewaffnete Neutralität hat wenig zu tun mit Ideologie oder Idealismus, aber sehr viel mit der Lebenswirklichkeit. Sie ist auch heute noch das modernste Schutz- und Selbstbehauptungsmittel für den Kleinstaat und erfüllt einen mehrfachen Zweck: Die Neutralität hindert die Regierenden, ihr Volk in Konflikte hineinzuziehen, und ist Schutz vor Krieg und Terrorismus für den Kleinstaat. Sie hindert jeden von uns vor unkontrollierten Emotionen, vor Gewalt- und Kriegsbereitschaft. Auch verhindert die Neutralität, dass unser mehrsprachiges Land mit vier Kulturen wegen Parteinahmen in internationalen Konflikten dauernden Zerreissproben ausgesetzt wird. So wenig die Schweizer eine Gesinnungsneutralität dulden, so wenig wollen sie es dem Bundesrat überlassen, sich in ihrem Namen in fremde Händel einzumischen. Neutralitätsmüde Eliten Trotz der eindrücklichen Erfolgsbilanz von zweihundert Friedensjahren erfreut sich die Neutralität bei den Eliten gegenwärtig keiner grossen Beliebtheit. Dies ist wohl kein Zufall, denn sie zu handhaben, erfordert ein gehöriges Mass an Kreativität, Standfestigkeit und Grundsatztreue. Zahlreiche führende Persönlichkeiten leiden denn auch an der Schicksallosigkeit des neutralen Kleinstaates; sie sehnen sich nach dem Dabeisein, nach grossen Worten und pathetischen Gesten. Die Neutralität schränkt ihren Handlungsspielraum und die aussenpolitischen Aktivitäten unserer Regierung in einer für sie ärgerlichen Weise ein; sie gewährt ihnen kaum Heldentaten und selten glanzvolle Auftritte. Das Mittun in internationalen Organisationen ist verlockender als das Tragen von Verantwortung im eigenen Land. Vollbeitritt widerspricht schweizerischer Neutralität Die Unterzeichnung der Uno-Charta zwingt die Schweiz, sich dem mächtigsten Organ der Uno - dem Sicherheitsrat - zu unterstellen. Die Uno-Mitglieder haben diesem von fünf Vetomächten dominierten Gremium "die Hauptverantwortung für die Wahrung des Weltfriedens und der internationalen Sicherheit" (Art. 24) übertragen. Würde die Schweiz voll beitreten, würde der Sicherheitsrat auch im Namen der Schweiz handeln. Der Sicherheitsrat ist das einzige Uno-Organ, das für die Mitgliedstaaten verbindliche Beschlüsse fassen kann. Er allein entscheidet über die Hungerwaffe, Boykotte und kriegerische Massnahmen. Bei einem Uno-Beitritt muss sich die Schweiz seinem Kommando von Wirtschafts-, Diplomatie- und Kommunikationsboykotten bis hin zum Stellen von Streitkräften beugen. Wer hier mitmacht, ist gegenüber den betroffenen Staaten in keiner Weise mehr neutral. Er wird zur Kriegspartei mit all ihren Folgen. Die politische Uno ist keine Rechts-, sondern eine Machtorganisation, denn sie schafft für die Mächtigen Sonderrechte. Die Unterzeichnung der Uno-Charta bedeutet ein offizielles Einverständnis mit einer Machtordnung, die für den Kleinstaat Schweiz von grossem Nachteil wäre.

09.02.2002

Ziegler: Der UNO-Beitritt erlöst uns aus der Lethargie

Streitgespräch mit Jean Ziegler in der Basler Zeitung vom 9. Februar 2002 Christoph Blocher, Zürcher SVP-Nationalrat und Symbolfigur der national-konservativen Schweiz, im Streitgespräch mit Jean Ziegler, Genfer alt Nationalrat und Sonderberichterstatter der UNO für das Recht auf Nahrung, über den UNO-Beitritt: Blocher warnt vor Abhängigkeit, Ziegler hofft auf den Beginn aktiver Schweizer Aussenpolitik. Moderation und Bearbeitung: Lukas Schmutz und Niklaus Ramseyer Herr Ziegler, warum ist es so wichtig, dass die Schweiz jetzt der UNO beitritt; und warum erscheint Ihnen dieser Beitritt derart gefährlich, Herr Blocher? Ziegler: Der UNO-Beitritt der Schweiz ist eigentlich eine Selbstverständlichkeit. Ich begründe diesen Schritt dennoch kurz. Alle sieben Sekunden verhungert auf diesem Planeten ein Kind unter zehn Jahren. Alle vier Minuten erblindet ein Mensch an Vitamin-A-Mangel. 100 000 Menschen sterben jeden Tag an Hunger oder den Folgekrankheiten des Hungers. 800 Millionen Menschen sind auf der Erde permanent unterernährt. Kurzum: Die ganze Weltordnung ist kriminell, ist mörderisch. Das ist die Situation. Und was hat das mit der UNO-Abstimmung vom 3. März zu tun? Ziegler: In dieser Situation gibt es eine und nur eine Organisation, die massiv und wirksam helfen kann: die UNO! Das UNO-Ernährungsprogramm versorgt 93 Millionen Menschen mit Lebensmitteln und bewahrt sie so vor dem Tod. Und nun sehe ich dieses stumpfsinnige SVP-Plakat, das sagt (liest vor): "Rotes Kreuz ja, Entwicklungshilfe ja, aber politische UNO nein." Afghanistan zeigt, wie falsch diese Unterscheidung ist. Dort bringt die UNO mit grossen Lastwagen Tausenden verhungernden Menschen Nahrung. Aber das braucht Truppen, welche diese Hilfe absichern. Es braucht auch diplomatische Verhandlungen um Wegrechte. Das alles kann nur die politische UNO. Zu behaupten, man sei für Ernährungsprogramme, aber gegen die UNO, ist darum eine totale Falschmeldung. Und darum ist es wichtig, dass die Schweiz der UNO beitritt. Blocher: Herr Ziegler sagt, es gehe bei der UNO um den Kampf gegen den Hunger und gegen Krankheit, es gehe um Bildung, es gehe um Millionen von Menschen, die in Afghanistan Hunger leiden. Bei allen UNO-Organisationen, die sich mit diesen Problemen befassen, ist die Schweiz jedoch längst dabei und hilft. Jahrelang war der Generaldirektor der UNO-Ernährungs- und Landwirtschaftsorganisation ein Schweizer, der spätere SVP-Bundesrat Wahlen. Überall dort ist die Schweiz dabei. Die Schweiz redet dort mit, engagiert sich und zahlt jährlich etwa 500 Millionen an diese UNO-Organisationen. Und warum sollen wir denn nicht auch gleich in der UNO-Generalversammlung als Vollmitglied mitreden? Blocher: Am 3. März geht es um die politische UNO, also um den Sicherheitsrat. Diese Unterscheidung in eine politische UNO mit dem Sicherheitsrat und eine technische oder humanitäre UNO der Unterorganisationen stammt nicht von mir, Herr Ziegler; die hat der Bundesrat geprägt. Und warum sind wir bis heute zwar bei allen Unterorganisationen der UNO dabei - nicht aber bei der politischen UNO? Weil es bei der Frage um den Beitritt zur politischen UNO am 3. März darum geht, ob wir uns dem mächtigsten und wichtigsten Organ der UNO, dem Sicherheitsrat, unterwerfen sollen. Das hat auch der Bundesrat bis vor wenigen Jahren immer klar abgelehnt, weil es mit der schweizerischen Neutralität unvereinbar ist. Es geht also nicht um unser Mitmachen bei UNO-Organisationen, die Hilfe leisten, sondern um die Unterstellung der Schweiz unter den Sicherheitsrat, in dem fünf Siegermächte des Zweiten Weltkriegs über Krieg und Frieden entscheiden. Diese fünf Mächte, USA, China, Russland, Frankreich und Grossbritannien, entscheiden darüber, ob die Schweiz auf Befehl des UNO-Sicherheitsrates mithelfen soll, ein anderes Land auszuhungern. Herr Ziegler, dieser UNO-Sicherheitsrat hat mit Gerechtigkeit nichts zu tun, er ist ein reines Machtorgan. Die Schweiz darf sich darum diesem Sicherheitsrat nicht unterwerfen und schon gar nicht als neutrales Land der UNO beitreten. Die Wirtschaftssanktionen der UNO gegen den Irak werden auch von UNO-Unterorganisationen wie dem Unicef scharf kritisiert. Ist die UNO da nicht tatsächlich auf einem Irrweg, Herr Ziegler? Ziegler: Die Schweiz ist ja ein grosszügiges Land, die Schweizerinnen und Schweizer spenden viel, sie sind sehr grosszügig. Wenn aber alle Länder so argumentieren würden wie Herr Blocher, der nur die Caritas oder das Rote Kreuz finanzieren will, würden die betroffenen Menschen genau gleich verhungern. Es braucht nämlich immer auch die so genannt politische UNO, welche mit Friedenstruppen Minen räumt, Transporte sichert und die Lagerhäuser bewacht. Darum braucht es diese UNO einfach. Und darum gilt es am 3. März Ja zu stimmen. Unser Land basiert auf Demokratie, Solidarität und sozialer Gerechtigkeit. Das sind auch die Werte der UNO. Aber nicht im Sicherheitsrat, mit dem Vetorecht für die fünf Siegermächte. Ziegler: Wegen des UNO-Sicherheitsrats hat Herr Blocher natürlich schon recht... Blocher: ...und es geht ja nur darum... Ziegler: ...aber Herr Blocher ist nicht der liebe Gott und ich auch nicht, und das ist ja auch besser so... Blocher: (lacht) ...es ist wirklich gut so! Ziegler: Ja. Und wir haben diese Welt ja nicht gemacht. Und die UNO auch nicht. Die Siegermächte des Zweiten Weltkriegs haben sie gegründet. Und sie haben festgelegt, dass es keine UNO-Entscheide geben soll, ohne dass die fünf Siegermächte einverstanden sind. Das ist das Vetorecht der fünf permanenten Mitglieder des Sicherheitsrates, USA, China, Russland, Frankreich und Grossbritannien. Und das Vetorecht dieses Steinzeit-Imperialisten George Bush, der Afghanistan zusammenschlägt, oder auch das Vetorecht dieses Putin, der Tschetschenien verwüstet, gefällt mir ja auch nicht - das gefällt keinem Schweizer, wir sind ja nicht blöd. Blocher: Ja eben, den Beschlüssen dieser Mächte müssten wir uns aber unterstellen. Ziegler: Aber! Aber das Vetorecht kann nur Entscheide verhindern. Mit dem Vetorecht können uns hingegen auch die Grossmächte nicht zwingen, etwas zu tun - etwa Truppen zu stellen. Schweizer Truppen kann auch der UNO-Sicherheitsrat nicht einfach aufbieten. Das kann nur der Bundesrat. Und seit der Abstimmung vom letzten 10. Juni, die Sie verloren haben, Herr Blocher, setzt ihm Artikel 66 des Militärgesetzes dabei enge Grenzen. Will der Bundesrat mehr als 100 Mann länger als drei Wochen ins Ausland schicken, muss das Parlament zustimmen. Das bleibt auch so, wenn die Schweiz der UNO beitritt. Herr Ziegler meint, die UNO habe mit dem Sicherheitsrat eine Art Zauberformel und diese gelte es zu ändern. Kann man Zauberformeln nicht ändern, Herr Blocher? Blocher: Natürlich wäre ich für die Abschaffung des Vetorechts. Aber schon vor der letzten Volksabstimmung 1986 hat man uns weismachen wollen, das Vetorecht werde abgeschafft. Geschehen ist gar nichts. Und ich muss Ihnen sagen, da ändert sich auch nichts. Die Grossmächte mit ihren Vorrechten im UNO-Sicherheitsrat vertreten ihre Interessen und geben nie nach. Und sie können machen, was ihnen passt. Nehmen wir mal das Beispiel Terrorismus. Nach den Anschlägen gegen die USA vom 11. September haben die Amerikaner die UNO nicht gefragt, sondern sofort erklärt, das sei Terrorismus aus Afghanistan, und allein einen Krieg gegen dieses Land geführt. Dabei fiel auf, dass die Russen und die Chinesen dagegen nichts einzuwenden hatten. Und bald wurde auch klar, warum: Die Russen sagten nämlich sofort, in Tschetschenien kämpften sie auch gegen Terroristen. Die Israeli bezeichnen die Palästinenser als Terroristen - sogar Friedensnobelpeisträger Arafat nennen sie nun plötzlich einen Terroristen. Dabei ist der Unterschied zwischen einem Terroristen und einem Freiheitskämpfer oft gar nicht so einfach auszumachen. Und was hat das mit dem UNO-Beitritt der Schweiz zu tun? Blocher: Daran sieht man eben, in welche unsäglichen Streitigkeiten wir uns mit einem Beitritt zur politischen UNO einlassen würden. Die fünf Veto-Staaten im UNO-Sicherheitsrat bestimmen eigenmächtig und ihren Machtinteressen entsprechend, wer ein Terrorist sei und gegen welche Staaten sie Krieg führen wollen. Es ist sogar so, dass ein Thema oder ein Problem, das die fünf Siegermächte im Sicherheitsrat besprechen, in der UNO-Generalversammlung nicht mehr behandelt werden darf. Sie entscheiden willkürlich, welche Länder sie mit ihren Boykotten aushungern wollen. Und wir müssten uns beteiligen. Herr Ziegler, man muss ja nicht ein Prophet sein, um vorauszusehen, dass bei solchen Embargos die Ärmsten und die Kinder verhungern und der Diktator eher noch gestärkt wird. Im Irak sind bisher 500 000 Menschen verhungert, und der Diktator ist immer noch im Amt. Da dürfen wir als neutrales Land doch nicht mitmachen, sonst werden wir mitverantwortlich. Was ist denn Ihre Alternative? Wollen Sie mit einem Menschen wie Saddam Hussein Handel treiben? Blocher: Erstens wird da ja mit dem Segen der UNO nicht der Mensch Saddam ausgehungert, sondern ein Volk. Zweitens liefert die Schweiz ohnehin kein Kriegsmaterial in Krisengebiete und darum auch nicht in den Irak. Und unser Handel mit diesem Land ist auch sonst unbedeutend. Wenn aber der Bundesrat mehr Mut gehabt hätte, hätte die Schweiz als neutrales Land mit Lebensmittelhilfe und Medikamenten gezielt die Ärmsten im Irak unterstützen und verhindern können, dass viele von ihnen dann verhungert sind. Das wäre ein spezieller Weg für einen unabhängigen, neutralen Kleinstaat wie die Schweiz. Mit einem Beitritt zur politischen UNO verbauen wir uns den. Mehr noch: Wir würden einen Vertrag unterschreiben, der uns zu solchen verheerenden Sanktionen zwingt. Ziegler: Das ist Unsinn. Niemand zwingt die Schweiz zu Sanktionen. Die Schweiz hat jetzt vielmehr ein eigenes Embargogesetz... Blocher: ...es ist noch nicht in Kraft, und wir sind dagegen... Ziegler: ...ja, die SVP war dagegen, sie ist aber unterlegen. Und der Bundesrat hat vorher schon beschlossen, dass die Schweiz Embargos, welche die Völkergemeinschaft beschliesst, mitträgt. Das war die logische Konsequenz aus dem üblen Verhalten von Schweizer Profiteuren, welche das Embargo der ganzen Welt gegen den Unrechtsstaat Südafrika jahrelang unterlaufen haben. Da haben ja diese Geldsäcke von der Zürcher Bahnhofstrasse das rassistische Regime regelrecht am Leben erhalten... Blocher: ...jetzt sind diese so genannten Geldsäcke auf deiner Seite... Ziegler: Nein! Blocher: Doch! Die wollen ja auch, dass die Schweiz der UNO beitritt, und bezahlen sogar die Propaganda. Ziegler: Ja, was kann ich denn dafür, wenn die Geld ausgeben? Und zum Irak-Embargo ist jetzt in der UNO die Debatte über die sofortige Aufhebung im Gang. Und ich weiss auch, dass es auf Druck der USA 1990 verhängt worden ist. Ich war und bin gegen dieses Embargo. Aber ich folge auch dem Prinzip der Realität. Und ich stelle einfach fest, dass gegen die Arroganz der Raubtierkapitalisten in Amerika, dass es gegen den Imperialismus der USA, wie er sich heute wieder zeigt, nur eine Verteidigungslinie gibt: das Prinzip der kollektiven Sicherheit, der internationalen Schiedsgerichtsbarkeit und der Durchsetzung der sozialen, ökonomischen und kulturellen Menschenrechte. Kurz: die multilaterale Diplomatie der UNO. Und darum hat die Schweiz als kleines Land grosses Interesse daran, diese UNO als Vollmitglied zu unterstützen. Die Situation ist doch klar: Da ist die UNO, die tut, was sie kann gegen den Imperialismus der USA. Wer gegen diesen Imperialismus ist, und das ist jeder Demokrat - auch Herr Blocher -, muss für die UNO sein und Ja stimmen. Blocher: Eben gerade nicht. Damit würden wir nämlich einen Vertrag unterschreiben und uns einem Sicherheitsrat unterwerfen, den ausgerechnet jene Weltmacht USA kontrolliert, vor der uns nun Herr Ziegler gerade gewarnt hat. Die Amerikaner führen Krieg, wann und wo sie wollen - mit oder ohne UNO. Sie sind jetzt die einzige Weltmacht und kontrollieren darum auch den UNO-Sicherheitsrat. Und diesem ausländischen Organ müssten wir uns nach einem UNO-Beitritt unterwerfen. Das Schweizervolk hätte sowieso nichts mehr zu sagen. Herr Ziegler, so wie Sie den US-Imperialismus anprangern, fragt man sich, warum Sie für den Schweizer UNO-Beitritt und nicht für den Austritt unseres Landes aus der WTO und der Weltbank plädieren. Ziegler: Ich bin für die Aufhebung der meisten Bretton-Woods-Institutionen. Ich bin persönlich - wie ein grosser Teil der sozialistischen Internationalen - für die Auflösung des Internationalen Währungsfonds und auch der Welthandelsorganisation WTO. Blocher: Ja gut, punkto Weltbank sind wir ja mal gleicher Meinung. Ziegler: Das ist gut. Und ich höre Herrn Doktor Blocher immer gerne zu - das war schon im Nationalrat so -, weil er rhetorisch begabt ist. Was er aber sagt, ist so falsch, dass nicht einmal das Gegenteil davon stimmt. Zu den Sanktionen darum noch dies: 1920 stimmte das Schweizervolk für den Beitritt unseres Landes zum Völkerbund. Dieser Völkerbund hatte jedoch überhaupt keine Sanktionsmacht. Was geschah? Acht Jahre später ergriff Mussolini die Macht - dreizehn Jahre später Hitler. Es folgte der Zweite Weltkrieg mit Massenmord und 52 Millionen militärischen und zivilen Opfern. Der ganze Kontinent war wieder verwüstet. Ich frage: Wäre es nicht besser gewesen, wenn dieser Völkerbund, gestützt auf Artikel, wie sie jetzt in der UNO-Charta stehen, Sanktionsmacht gehabt und so das Völkerrecht hätte durchsetzen können? Blocher: Der Völkerbund ist ein gutes Beispiel. Nur gerade umgekehrt! Die Schweiz ist ihm beigetreten. Sie hat damals jedoch einen Vorbehalt gemacht, dass sie die Charta des Völkerbunds nur so weit erfüllen werde, als diese mit ihrer frei gewählten und bewaffneten Neutralität vereinbar sei. Das hat der Bundesrat diesmal beim UNO-Beitritt ausdrücklich abgelehnt, weil er die UNO-Charta in allen Punkten einhalten will. Aber trotz dieses Vorbehaltes gab es damals im Völkerbund für die Schweiz bald Probleme. Nach der Besetzung Abessiniens durch Italien verlangte nämlich der Völkerbund auch von der Schweiz ein Embargo gegen Italien. Darauf drohte Italien der Schweiz umgekehrt mit der Besetzung des Tessins. Da versuchte der Bundesrat etwas ganz Verrücktes: Er sagte, wir boykottieren Italien und Abessinien - also auch den angegriffenen Staat. Bevor es jedoch hart auf hart ging, fiel dann der Völkerbund auseinander. Aber der Bundesrat hat daraus die Lehre gezogen, dass die neutrale Schweiz solche Verträge nie mehr unterschreiben dürfe. Darum sind wir nie der politischen UNO beigetreten. Und ich sage: Unterschreibt keinen solchen Vertrag, der nicht gleiches Recht für alle, sondern ein Sonderrecht für die Mächtigen festschreibt. Ziegler: Wenn Herr Blocher sagt - oder seine Marketingfritzen, welche diese blöden Broschüren entwerfen... Blocher: ...welches sind denn deine Marketingfritzen? Ziegler: Ich habe keine, ich habe ja gar keinen Rappen Geld. Blocher: Doch, Steuergelder. Wir hingegen müssen alles selber zahlen. Ziegler: Meinetwegen. Aber ich möchte noch einmal auf den Artikel 43 der UNO-Charta zurückkommen, den du zitiert hast. Die UNO kennt zwei Arten von Militäraktionen. Erstens die Friedenserhaltung, wenn zwei Konfliktparteien einen Waffenstillstand geschlossen haben wie in Zypern. Und zweitens Friedensschaffung, wenn mit Waffengewalt das Völkerrecht durchgesetzt wird gegen einen Missetäter, wie in Ost-Timor. Du behauptest, die Schweiz könne gezwungen werden, in Verletzung ihrer Neutralität Truppen für einen Krieg zu stellen, den die Amerikaner in ihrem Interesse beschlossen hätten. Das ist faktisch und objektiv falsch - ist Unsinn. Gezwungen wird niemand, und unsere Neutralität wird nicht verletzt. Blocher: Doch. Wenn dieser Vertrag einmal unterschrieben ist, der besagt, dass alle UNO-Mitglieder Sanktionen einhalten und Truppen stellen müssen, dann wird der Druck in einem entsprechenden Ernstfall auf den Bundesrat enorm, auch mitzumachen. Und der Bundesrat hat sich in letzter Zeit ja nicht gerade dadurch ausgezeichnet, dass er sich dem Druck aus dem Ausland mutig entgegengestellt hätte. Ziegler: Es ist heute Abend schlimm für mich, weil ich immer wieder mit Herrn Blocher einverstanden bin. Wenn er sagt, dass unser Bundesrat absolut schwach und mittelmässig sei, dann bin ich - mit Ausnahme der beiden SP-Leute natürlich - leider mit ihm einverstanden. Aber das Militärgesetz, das du erfolglos bekämpft hast, setzt diesem Bundesrat gerade beim Truppeneinsatz enge Schranken. Und natürlich kannst du sagen, der Bundesrat hält das Gesetz nicht ein. Es kann immer Schlimmes passieren - Bundesrat Villiger kann sich mit der Bundeskasse auf die Bahamas absetzen; etwas Verrücktes ist ja immer denkbar... Blocher: ...die Kasse ist ja leer, und mit den 110 Milliarden Bundesschulden soll er nur ruhig auf die Bahamas verschwinden. Ziegler: Gut, also. Aber meine Erfahrung ist eben eher, dass in Bern nichts passiert - vor allem keine Aussenpolitik. Blocher: Keine Aussenpolitik ist manchmal noch die beste. Ziegler: Ich habe in Bern immer nur Wirtschaftspolitik und Aussenhandelspolitik beobachtet oder Investitionspolitik - aber nie eine Aussenpolitik. Und die Abstimmung vom 3. März ist für dieses Land und dieses Volk die historische Chance, sich endlich auch eine Aussenpolitik zu geben. Aber dann muss der Bundesrat in der UNO eine schweizerische Politik der Solidarität mit den Ärmsten machen. Dann fängt der Kampf für uns erst an. Und wir werden schon schauen, wie sie in der UNO stimmen, der Herr Deiss und seine Diplomaten. Aber es gibt nur die UNO, wo wir unsere eidgenössischen Werte weltweit durchsetzen können. Und wir gewinnen diese Abstimmung, weil wir in einem vernünftigen Land leben. Es tut mir leid, aber davon musst du ausgehen, es ist einfach so. Blocher: Dein Idealismus in Ehren! Aber schon bei der letzten Volksabstimmung waren die Befürworter so zuversichtlich. Und das Volk sagte mit 75 Prozent Nein. Herr Blocher, wenn Sie Hunderte von Millionen in eine Firma investieren, wollen Sie doch auch mitbestimmen. Warum soll denn die Schweiz weiterhin jedes Jahr 500 Millionen an die UNO zahlen und nicht mitbestimmen? Blocher: Was denn mitbestimmen? Wir müssten 75 Millionen mehr im Jahr bezahlen und einen Vertrag unterschreiben, der uns den Grossmächten unterordnet - und Sie reden noch von Mitbestimmung! Dort, wo die Schweiz heute schon 500 Millionen jährlich bezahlt, stimmen wir ja mit. Nein, die Schweiz ist weltoffen, sie hat mit allen Staaten wirtschaftlich, kulturell und politisch Beziehungen. Sie leistet Hilfe auf dem Boden der Neutralität mit allen Staaten und darum ist das Rote Kreuz bei uns entstanden. Auch aus diesem Grund ist diese Schweiz so erfolgreich. Und diese Weltoffenheit wollen wir hochhalten - aber uns nicht einbinden lassen in eine Organisation, welche über uns bestimmen könnte. Wir sind das einzige Volk, das über den UNO-Beitritt abstimmen kann. Überall sonst haben Regierung und Parlament das Volk in die UNO eingebunden. Und wenn wir keine Volksabstimmung hätten, hätten Bundesrat und Parlament unser Land schon lange in die UNO geführt - und in die EU und die Nato auch gleich. Darum braucht es am 3. März ein Nein. Herr Ziegler, was geschieht, wenn das Volk den UNO-Beitritt erneut ablehnt? Was, Herr Blocher, wenn es Ja sagt? Ziegler: Die UNO-Abstimmung wird mit einem klaren Ja endlich eine aussenpolitische Wende bringen und uns aus der totalen Lethargie und aus der Heuchelei der Neutralität hinausführen - hin zu einer solidarischen Aussenpolitik. Aber es ist eine demokratische Abstimmung. Und es passiert sicher so oder so nicht viel - in Bern schon gar nicht. Der absurde Beton-Konsens der Bundesratsparteien lähmt unser Land seit einer Generation - und so wird es noch 100 Jahre weitergehen. Ich höre nun Spekulationen, wenn das Volk Nein sage, verliere die CVP Herrn Deiss und mit ihm auch noch gleich seinen Sitz im Bundesrat. Das ist Unsinn - da passiert gar nichts. Aber auch umgekehrt nicht. Herr Blocher redet von Unterwerfung unter die Supermacht USA. Auch das ist Unsinn - er malt da einfach einen neuen Gessler an die Wand... Blocher: ...nur dass der neue Gessler eine etwas grössere Kanone hat als der historische. Sollte die Schweiz am 3. März auch noch der politischen UNO beitreten, so würde künftig eine fremde Macht in Sachen Krieg unserem Land befehlen. Die Schweiz gäbe ein Stück Freiheit und Sebstbestimmung ins Ausland. Es würden dem Steuerzahler Millionen abgeknöpft für nichts. Die Neutralität würde unglaubwürdig und verletzt, wodurch Krieg und Terrorismus ins Land gezogen würden. Wer für die Schweiz und eine friedliche Welt ist, stimmt Nein zum UNO-Beitritt.

02.02.2002

L’Etat doit protéger les petits actionnaires

Interview dans Le Temps du 2 février 2002 Le conseiller national et entrepreneur zurichois Christoph Blocher estime que les grandes sociétés cotées en Bourse présentent la même faille que les pays socialistes. Propos recueillis par Jean-Claude Péclet Que pensez-vous des conditions offertes par Swissair à Mario Corti? Christoph Blocher: Si ce qu'on lit est vrai, c'est irresponsable, une absolue stupidité. Je ne suis pas contre les hautes rémunérations, tant qu'elles récompensent le succès. De là à payer d'avance 12 millions de francs sans aucune garantie en cas de faillite... Je suis persuadé que, si les actionnaires de Swissair avaient connu les conditions du contrat d'engagement, ils s'y seraient opposés. Votre dernier discours de l'Albisgüetli était largement consacré à ce thème, et vous réclamez aujourd'hui une transparence totale des salaires pour les hauts dirigeants d'entreprise. Pourquoi? Blocher: J'ai longtemps hésité. La mauvaise gestion et l'incompétence de certaines élites économiques ont pris de telles proportions qu'elles ne nuisent plus uniquement à leur entreprise, mais à l'économie suisse. Ces pseudo-élites doivent être identifiées et remplacées rapidement. Quand j'entends le président du Parti radical déclarer au parlement qu'il faut payer 2 milliards de recettes fiscales pour sauver une compagnie nationale car un refus "provoquerait une perte de confiance dans l'élite économique et politique de ce pays", je trouve cette raison d'Etat étrange. Justement, ne réglez-vous pas des comptes politiques avec les radicaux? Blocher: Non, c'est un problème de fond. Les grandes sociétés cotées en Bourse présentent exactement le même défaut que les Etats socialistes. Elles sont la propriété collective de milliers d'actionnaires actuellement impuissants à faire valoir leurs droits. Or protéger la propriété privée est un devoir de l'Etat. Pour rétablir la confiance, ce dernier doit rendre obligatoire un système de rémunération rigoureux et transparent, dont les principes seront approuvés par l'assemblée générale des actionnaires. Notamment, les salaires des dirigeants d'entreprises cotées en Bourse doivent être publiés dans le rapport annuel. De façon globale pour chaque organe dirigeant, comme le prévoit une nouvelle directive de la Bourse suisse? Blocher: Non, de façon individualisée. Il faut donner les noms, pas seulement le montant global. Et la rémunération doit être clairement liée à des objectifs chiffrés fixés dans le temps. Ces règles doivent être connues et approuvées avant la signature de tout contrat d'engagement. Depuis que je m'intéresse à la question, j'ai découvert des systèmes très raffinés pour camoufler la rémunération des responsables. Par exemple? Blocher: Si la loi oblige à publier les cinq plus gros salaires, certaines entreprises s'arrangent pour que cinq chercheurs - par exemple - déclarent les plus hauts salaires tandis que les dirigeants reçoivent des rémunérations indirectes supérieures. Au fait, quel est votre salaire? Blocher: Il est de 350 000 francs par an. Mais mentionner cette somme hors contexte n'est pas équitable vis-à-vis du chiffre articulé pour Mario Corti. Je possède 70% des actions de ma société et profite donc de sa plus-value. Rémunérez-vous vos cadres dirigeants en actions? Blocher: Nous n'avons pas ce système qui n'est pas sans danger, comme l'a montré le scandale Enron. Nos dirigeants ont des salaires situés plutôt dans le bas de la fourchette, autour de 200 000 francs par an, mais, s'ils travaillent bien et qu'il y a des bénéfices, leur rémunération peut atteindre le million. Une motion socialiste demande déjà une modification de la loi dans le sens que vous désirez. Quelle va être votre intervention au parlement? Blocher: Je n'ai pas encore déterminé le meilleur moyen d'atteindre l'objectif. J'envisage quelque chose ce printemps.