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13.05.2000
Messaggio di benvenuto e valutazione della situazione del 13 maggio 2000
del consigliere nazionale Christoph Blocher, presidente dell'ASNI, in occasione della 15a Assemblea ordinaria dei membri dell'Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI) del 13 maggio 2000 a Berna
Cari membri
Signore e Signori
L'Assemblea annuale dei membri dell'ASNI è anche il giorno in cui numerose cittadine e cittadini manifestano che tengono ai massimi beni del nostro Paese - ovvero all'indipendenza, all'autodeterminazione e alla neutralità - e che si impegnano per mantenerli. A che punto ci troviamo nella nostra lotta per l'indipendenza e la neutralità del nostro Paese?
Lotta per l'indipendenza e la neutralità negli ultimi 15 anni
Rivolgiamo lo sguardo all'indietro: a partire dalla metà degli anni '80, il Consiglio federale e la maggioranza del Parlamento non si sono più impegnanti illimitatamente per l'indipendenza e la neutralità del nostro Paese, anche se questo sarebbe il loro compito, secondo la Costituzione federale e il giuramento che hanno prestato quando sono entrati in carica.
All'inizio degli anni '90 si è verificato un vero e proprio "attacco di debolezza della classe politica": il Consiglio federale e il Parlamento, così come la maggior parte delle associazioni, dei media e di quelli che contano, non erano più disposti a difendere all'estero l'indipendenza e la neutralità. Non solo debolezza, bensì anche una grossa dose di ambizione internazionale, ha portato a questo sviluppo. Il risultato era un ingannevole "stordimento da pace eterna" in seguito alla caduta del muro di Berlino, con dichiarazioni d'amore insensate e ingenue alla comunità internazionale degli Stati. L'adattamento e la rinuncia all'autodeterminazione erano considerati improvvisamente come chic, la neutralità veniva dichiarata come "non più al passo con i tempi". Nell'anno del giubileo per il 700° anniversario della Confederazione il messaggio secondo cui non esisterebbe un caso speciale Svizzera apparteneva al repertorio dei politici; inoltre in occasione di dichiarazioni ricattatorie da parte di ambienti americani per via del comportamento svizzero nel corso della seconda guerra mondiale, la political correctness pretendeva di farci cedere e portare scuse di ogni genere per quello che i nostri padri e nonni avrebbero fatto nel corso della seconda guerra mondiale.
Questo atteggiamento politico ha portato alla fondazione dell'Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI). Nel complesso si può dire che la lotta per l'indipendenza e la neutralità sia riuscita.
Nel 1986 il popolo e i Cantoni hanno rigettato in modo massiccio l'adesione all'ONU.
Nel 1989 l'ASNI ha lottato in primissima linea e con successo contro l'iniziativa popolare di abolire l'esercito.
Nel 1992 il popolo e i Cantoni hanno rigettato il Trattato SEE . Questo prevedeva che l'UE avrebbe influenzato il diritto svizzero in molti campi, senza lasciare al nostro Paese alcuna possibilità di decisione al riguardo. Con ciò il popolo e i Cantoni - a seguito di un forte impegno del nostro movimento - hanno evitato alla Svizzera un trattato coloniale.
Nel 1992 l'ASNI ha aiutato a sbarrare la strada alla riforma parlamentare che avrebbe posto le basi per un Parlamento di professione che avrebbe spalancato le porte alle illusioni internazionali. - Nel 1993 l'ASNI ha lottato con organizzazioni amiche contro l'iniziativa popolare per una Svizzera senza aerei da combattimento
Nel 1994 il popolo svizzero si è pronunciato, seguendo le raccomandazioni dell'ASNI, contro gli avventurosi caschi blu che avrebbero reso poco credibile la neutralità della Svizzera.
Nel 1996 l'ASNI si è impegnata in modo determinante nel rigetto della riforma amministrativa che prevedeva la creazione di un gran numero di segretari di Stato per aumentare notevolmente l'impegno internazionale e le attività internazionali.
Una gran parte di attività in materia di politica estera è stata resa impossibile grazie alla vigilanza esercitata dall'ASNI.
A seguito di pressioni esercitate dall'ASNI e delle sue minacce di referendum, il Parlamento e il Consiglio federale hanno rinunciato ad ampliare, nella nuova Costituzione federale, le competenze in materia di politica estera del Parlamento e del Consiglio federale a spese del popolo.
A seguito di pressioni da parte dell'ASNI, il Parlamento ha rinunciato al previsto smantellamento dei diritti popolari.
A seguito di pressioni da parte dell'ASNI, negli accordi bilaterali non è stato ripreso per intero il diritto UE di transito e di libera circolazione delle persone. È solo grazie a questa iniziativa se sulle nostre strade non varrà la piena libertà di circolazione che vige nell'UE e non sarà necessario adottare la legislazione dell'UE in materia di diritto di voto per regolamentare la libertà di circolazione delle persone.
Riassumendo, possiamo constatare che l'ASNI ha contribuito in modo determinante a far sì che la Svizzera non venisse integrata né nell'ONU politica, né nell'UE, né nella NATO
La benedizione dell'indipendenza e dell'autodeterminazione
L'8 aprile di quest'anno, avete potuto leggere quanto segue su uno dei principali giornali di questo Paese - tra l'altro uno che otto anni fa voleva trascinarci nel SEE - sotto il titolo "Svizzera, miracolo dell'occupazione": in materia di occupazione e di benessere economico la Svizzera occupa un posto di punta nel mondo. Anche su tutte le classifiche internazionali in materia di benessere, sulla capacità di produzione economica del singolo, fino alla qualità della vita in generale, il nostro Paese occupa uno dei primi posti. Un motivo fondamentale per questo deriva dal fatto che finora il sovrano, ovvero le cittadine e i cittadini, ha sempre insistito per mantenere la sovranità, l'autodeterminazione, l'indipendenza e la neutralità.
Obiettivi dell'ASNI
Finora l'ASNI ha avuto successo perché si è limitata a occuparsi delle questioni che le stavano a cuore dell'indipendenza e della neutralità armata e permanente. Questo dev'essere mantenuto, anche se molti membri hanno la tendenza di scambiare l'ASNI con un partito, che deve fare la lotta a tutti e per tutto. L'ASNI non è un partito - non può nemmeno esserlo - bensì una lobby, un difensore dell'indipendenza e della neutralità svizzera, le quali sono gravemente minacciate a seguito della pavidità e della mancanza di orientamento della classe politica.
Secondo l'articolo 2 dello Statuto, i compiti e gli obiettivi dell'ASNI sono univoci
- controllo della politica estera della Confederazione e informazione dei membri e del pubblico sui problemi e sulla problematica della politica estera svizzera
- impegno per la salvaguardia dell'indipendenza, della neutralità e della sicurezza della Confederazione svizzera
- lotta per una politica estera federale, che rispetti la neutralità integrale e tradizionale, atta a garantire l'indipendenza e la sicurezza del Paese
- prevenzione di ogni sorta di attivismo in materia di politica estera e di assunzione di impegni internazionali inutili
Questo non significa, Signore e Signori che nel nostro Paese non vi siano altre questioni politiche di straordinaria importanza da difendere. Io lo faccio sempre nella mia qualità di politico e di cittadino. Però l'ASNI non può prendersi carico anche di queste questioni, perché altrimenti si frantumerebbe e perderebbe forza di penetrazione per i suoi compiti fondamentali.
Accordi bilaterali
Dobbiamo comportarci in questo modo anche riguardo agli accordi bilaterali, nei quali non è in discussione la questione fondamentale della sovranità e neutralità, bensì il fatto, se la politica risultante da questi accordi sia migliore o peggiore per il nostro Paese. Il Comitato dell'ASNI aveva deciso a suo tempo di agire contro gli accordi nel caso in cui sarebbe stato ripreso per intero il diritto dell'UE, in particolare quello relativo alla libertà di circolazione delle persone e al traffico. Dato che fortunatamente questo non è stato il caso, il Comitato dell'ASNI ha deliberato di non promuovere un referendum e di non intervenire attivamente nella lotta per la votazione. Infatti il Comitato dell'ASNI ha ricevuto richieste sia per il Sì che per il No. Gli uni richiedevano un Sì a questi accordi, perché in sostanza questi sarebbero stati sostitutivi dell'adesione all'UE, altri pretendevano un No, perché erano accordi che richiedevano la ripresa nel diritto svizzero di una parte consistente del diritto UE. Per non farci distrarre dai compiti principali previsti dal nostro statuto, il Comitato dell'ASNI ha deciso di non sollevare questioni su questi accordi. Signore e Signori, se vogliamo avere successo, dobbiamo limitarci strettamente ai nostri compiti istituzionali, ovvero al mantenimento della sovranità, della neutralità e della sicurezza.
La forza davanti al diritto
Proprio lo sguardo sull'Europa ci ha mostrato, com'è importante il mantenimento delle colonne portanti del nostro Stato. Il modo in cui l'UE ha esercitato di recente la sua forza è visibile dall'incredibile comportamento dei 14 Stati UE nei confronti del piccolo Stato Austria: un governo eletto democraticamente viene minacciato con motivazioni morali, boicottato e emarginato. Questo deve essere tenuto presente dal piccolo Stato Svizzera, perché un piccolo Stato non può sorreggersi solo sul diritto. Però il cammino del potere per i grandi Stati è spesso più facile e veloce di quello del diritto. Proprio oggi bisogna tenere presente con particolare rilievo questa massima: "Perciò verifichi a fondo chi si lega eternamente!" Anche la dichiarazione del ministro delle finanze tedesco Eichel ci fa drizzare le orecchie. Si è rivolto al Liechtenstein, piccolo Stato membro del SEE per dire che gli Stati UE non avrebbero tollerato nel SEE "vermi nel lardo" (si noti la scelta delle parole!). Le isole fiscali non avrebbero posto nel SEE - e questo nonostante il SEE abbia espressamente escluso dal suo ambito di applicazione il diritto fiscale. In un'intervista pubblicata sullo Spiegel, il cancelliere tedesco ha aggiunto - ovviamente riferendosi alla Svizzera - che ciò non varrebbe solo per il SEE, bensì anche per gli Stati dell'OCSE, ai quali appartiene anche la Svizzera. Vedete: addirittura una cosa così innocua come l'adesione all'OCSE viene strumentalizzata dai grandi Stati e interpretata a loro favore.
Signore e Signori, la lotta per l'indipendenza e la neutralità è oggi più necessaria che mai. La comunità internazionale maltratta sempre di più il diritto di sopravvivenza dei piccoli Stati. Per fortuna, ciò viene riconosciuto da sempre più gente della nostra popolazione. Tutte le ingenue dichiarazioni d'amore reciproche dopo la caduta del muro di Berlino, sono oggi carta straccia. La realtà e la vita quotidiana hanno preso il posto delle illusioni.
Prossime lotte elettorali
In questo momento ci troviamo davanti a un attacco massiccio alla neutralità e alla sovranità da parte della classe politica. Perciò dobbiamo batterci contro un diverse votazioni, che vogliono minare queste colonne portanti dello Stato. Noi dovremo concentrare tutte le forze e i mezzi per vincere questa lotta.
Modifica della legge militare
Già tra poco più di un mese dovremo affrontare questa battaglia referendaria, quella contro il referendum per la modifica della legge militare. Contrariamente alla politica di neutralità, si vuole mandare all'estero i soldati svizzeri e lasciar venire in Svizzera truppe estere. Questa modifica della legge militare apparentemente innocua è una violazione della neutralità della Svizzera e rappresenta un grosso rischio per la sicurezza. È l'apripista per integrare la Svizzera nell'ONU, nell'UE e soprattutto nella NATO, perché si cerca di vincolare la Svizzera alla NATO mediante lo slogan "Sicurezza attraverso la cooperazione"; la Svizzera dovrebbe diventare capace di sottomettersi alla NATO e disponibile a sottomettersi alla NATO. Con una campagna di indottrinamento e propaganda senza precedenti, utilizzando opuscoli patinati e attività militari, accoppiata a manie e voglie di grandezza - e pagata con i soldi dei contribuenti - vengono messi in dubbio il nostro esercito e la nostra neutralità armata permanente. Risultato: minore sicurezza! In una frenesia pericolosa e superficiale verso l'internazionalizzazione e l'adesione, i soldati svizzeri in Kosovo riceverebbero medaglie dalla NATO, le truppe corazzate francesi utilizzerebbero la Svizzera come campo di tiro a segno, questa riforma dell'esercito tiene conto di coloro che lo vogliono abolire, il sistema dell'esercito viene svuotato. Noi dobbiamo concentrare tutte le nostre forze per evitare questo disastroso cambio di rotta.
Adesione all'ONU politica
Subito dopo o in parallelo, ci viene imposta un'altra votazione sull'adesione all'ONU politica. Oggi vogliamo adottare una decisione riguardo a questo affare. Una cosa è chiara: noi non ci lasciamo degradare a tirapiedi del Consiglio di sicurezza dell'ONU.
Adesione all'UE
Contemporaneamente dovremo condurre la lotta contro un'iniziativa di adesione all'UE, eventualmente contro una controproposta inadeguata, che stanno elaborando nei retrobottega di Palazzo federale sotto il sigillo della riservatezza. Noi non ci lasceremo imporre né giudici estranei, né una nuova gabella reale. Il Parlamento e il Consiglio federale hanno l'intenzione o prendono in considerazione di sacrificare l'indipendenza e la neutralità della Svizzera. È fondamentale evitarlo. E l'ASNI deve intervenire al riguardo.
Massimo grado di allarme
Signore e Signori, siamo in presenza di un allarme del massimo grado: mai, dalla fine della seconda guerra mondiale, la sovranità e la neutralità del nostro Paese sono state esposte a un attacco così fitto e concentrato - e questo dall'interno e non dall'esterno. Mai le colonne portanti della Svizzera sono state così minacciate da tanta pressione verso l'adesione e l'adattamento, da ipocrisia, rassegnazione, scetticismo e chiacchiere in materia di solidarietà.
L'ASNI è attrezzata per la lotta
Negli anni passati abbiamo fatto di tutto per raccogliere i fondi necessari per queste lotte elettorali. L'ASNI dispone oggi di un patrimonio di circa 3,7 milioni di franchi. Vi devo però dire che questo importo non sarà sufficiente per tre lotte così difficili. Senza donazioni supplementari non sarà possibile. Allo stesso modo, negli anni scorsi abbiamo fatto di tutto per costruire un'ampia rete di membri che si possa impegnare nelle lotte elettorali. Ci fa piacere che anche quest'anno il numero dei membri sia aumentato dell'11,5%. 3'986 nuovi membri, simpatizzanti e sostenitori si sono uniti a noi. Questa è la crescita netta, ovvero dopo aver tenuto conto delle defezioni. Adesso il numero dei membri è superiore a 38'000. È particolarmente degno di nota che i nostri sforzi orientati maggiormente alla Svizzera romanda abbiano portato in tale regione a una crescita dei membri di dimensioni maggiori, pari a un aumento del 14,5%.
Conclusioni
Sono consapevole del fatto che nelle lotte elettorali ci troviamo contro una cerchia dalla forza quasi spropositata, che dispone di mezzi finanziari enormi e che non ha paura di far un uso spudorato dei soldi dei contribuenti. In merito all'iniziativa riguardo all'ONU abbiamo constatato che l'Amministrazione federale non solo ha permesso l'istituzione di punti di raccolta al suo interno, bensì ha addirittura incitato alla raccolta di firme. La mia lettera al riguardo ha ricevuto una risposta da parte del Consiglio federale, il quale con mio grande spavento è riuscito addirittura a giustificare queste azioni indemocratiche. Signore e Signori, anche se l'alleanza tra governo, la maggioranza del Parlamento e la maggior parte dei media dispone di così tanti soldi (non per ultimi soldi dei contribuenti), di mezzi di comunicazione e di considerazione - noi lottiamo per la cosa giusta. Se decidiamo di impegnarci in modo saggio e concentrato contro questi progetti, vinceremo. Ne sono fiducioso!
15.04.2000
Referat anlässlich der Delegiertenversammlung der SVP in Appenzell am 15. April 2000
Meine Damen und Herren
In einer führenden Wirtschaftszeitung vom 8. April 2000 lese ich in einem Artikel unter dem Titel "Beschäftigungswunder Schweiz", dass der Schweiz punkto Beschäftigung und wirtschaftlicher Wohlfahrt der Spitzenplatz zukommt. Auch auf allen internationalen Ranglisten über die Wohlfahrt, über die wirtschaftliche Leistungskraft, über die politischen Freiheitsrechte, angefangen vom Lebensstandard des Einzelnen bis zur Lebensqualität allgemein, belegt unser Land einer der ersten Plätze.
Diese Bilanz erfolgt gut sieben Jahre nachdem das Schweizervolk und die Kantone die Kraft hatten, den Vertrag über den Europäischen Wirtschaftsraum (EWR) abzulehnen. Der Souverän beschloss dies, obwohl dem Schweizer- volk von Bundesrat, der Mehrheit des Parlamentes, fast allen Verbänden, Gewerkschaften, Medien und allem, was Rang und Namen hatte - kurz von der "classe politique" - prophezeit worden war, die Schweiz würde bei Ablehnung des Vertrages wirtschaftlich ein Hinterwäldner-Dasein fristen. Das Nein zu einem Vertrag, der die Schweiz daran gehindert hätte, an ihrer Souveränität, Selbstbestimmung und Unabhängigkeit festzuhalten, war schliesslich aber - einmal mehr - ein Erfolgsrezept für Freiheit und Wohlfahrt unserer Bürger. Dank dem Festhalten an den besonderen Staatssäulen steht der Kleinstaat Schweiz noch immer besser da als fast alle anderen Staaten.
Was sind denn aber die Besonderheiten des Kleinstaates Schweiz? Ich habe diese Frage oft mit ausländischen Politikern, Industriellen, Oekonomen und Politologen erörtert. Bei aller Hinterfragung und Diskussion, bei aller kritischen Betrachtung kommt man immer zum gleichen Schluss: Es ist der Sonderfall Schweiz, um den man uns beneidet. Eigenartigerweise wissen ausländische Leute, die unser Land kennen, die Vorteile dieses Sonderfalles weit mehr zu schätzen als all die kleinmütigen schweizerischen Politiker, die glauben, das Heil bestehe darin, gleich zu sein wie die anderen und danach zu streben, alles, was uns unterscheidet, abzuschaffen.
Der Sonderfall der Schweiz, das Geheimnis der Schweiz, beruht auf folgenden Säulen:
- der Volkssouveränität (alle Macht geht vom Volk aus, d.h. Führung des Staates
von unten)
- der direkten Demokratie und damit der direkten Einflussnahme des Volkes auch
in Sachgeschäften, was zur Machtbeschränkung der Politiker führt
- dem Föderalismus mit seinem Wettbewerb unter Kantonen und unter Gemeinden,
der ein bedeutendes Mittel gegen Zentralismus und zentrale Bürokratie darstellt
- der dauernd bewaffneten Neutralität, die Grossmachtgelüste der "classe politique"
verhindert, was zur Sicherheit des Landes führt
- der Achtung und Freundschaft, die uns mit allen Staaten dieser Welt verbindet
- dem Widerstand gegen die Einbindung in internationale Grossgebilde
- der freiheitlichen Verfassung, die die Macht von Regierung und Parlament beschränkt
- der Betonung der Selbstverantwortung und Freiheit des Bürgers
Die Aussenpolitik - auch und gerade die Europapolitik - hat diesen zentralen Werten Rechnung zu tragen. Diesen Staatssäulen, die im Laufe vieler Jahrhunderte gewachsen sind und deshalb nicht als toter Buchstabe einer Verfassung betrachtet werden dürfen, verdankt die Schweiz nicht nur ein Mass an Freiheit und Wohlergehen, sondern auch die Tatsache, dass unser Land während 200 Jahren keine Kriege mit anderen Staaten führen musste.
Tragischerweise werden diese Erfolgsgeheimnisse der Schweiz gerade von den führenden Leuten verkannt. Es gehört heute leider zum guten Ton, diese bewährten Erfolgsgeheimnisse für veraltet zu erklären und lächerlich zu machen. Die "classe politique" lähmte die eigenen Bürger in den letzten Jahren mit Selbstanklagen, ein auf diesem Erdball einzigartiger Vorfall. Es ist wohl das Ziel, die Bürger zu verunsichern, um sie für grosse, internationale Organisationen gefügig zu machen und ihre persönliche und wirtschaftliche Freiheit einzuschränken. Durch oberflächliches Nacheifern internationaler Aktivitäten will man sich beliebt machen und merkt nicht, dass dadurch in Wirklichkeit der Respekt verloren geht und man die Eigenständigkeit verliert.
Die Schweiz in Europa
Die Schweiz ist nicht nur mit allen Staaten der Welt, sondern insbesondere mit denjenigen Europas freundschaftlich verbunden. Die europäischen Staaten sind unsere wichtigsten Handelspartner, kulturell wie politisch unsere Nachbarn, und unsere Verbindungen zu den EU-Staaten sind zum Teil wesentlich enger als diejenigen unter den einzelnen EU-Staaten selbst. Eines aber hat die Schweiz nicht getan, nämlich sich einbinden lassen, und sie sollte es auch nie tun. Denn dies hätte dazu geführt, dass unsere Staatssäulen, welche die Stärke der Schweiz ausmachen, geschwächt oder abgerissen worden wären.
Freundschaft in Freiheit statt Integration und Bevormundung!
Deshalb tritt die SVP in ihrem Parteiprogramm gegen jede Einbindung in internationale Organisationen ein, die die Unabhängigkeit und Neutralität schwächen würde.
In Bezug auf Europa heisst dies:
- Nein zum EWR
- Nein zum EU-Beitritt
- Nein zum NATO-Beitritt
- Ja zur Unabhängigkeit
- Ja zu einer sicheren Zukunft in Freiheit
Der EWR-Vertrag
Der EWR-Vertrag ist nichts anderes als ein "Kolonialvertrag". Er sah vor, ganze Rechtsgebiete der Schweiz durch die Europäische Union zu regeln, ohne dass die Schweiz hätte mitentscheiden können. Der EWR-Vertrag hätte der Schweiz auch bei wichtigen Entscheidungen kein Vetorecht eingeräumt. Das hat auch der Bundesrat erkannt und deshalb konsequenterweise noch vor der EWR-Abstimmung erklärt, der EWR-Vertrag mache höchstens als Vorstufe zum EU-Beitritt Sinn und folglich das EU-Beitrittsgesuch eingereicht. Wie gross die EWR-Falle ist, können Sie in diesen Tagen in den Zeitungen lesen. So hat kürzlich der deutsche Finanzminister Eichel erklärt, im EWR dürfte es keine Steuerinseln geben, obwohl die Steuerfragen im EWR-Vertrag expressis verbis ausgeklammert sind. Der deutsche Finanzminister sprach damit Lichtenstein an. Die Schweiz als Kleinstaat hat sich bewusst zu sein, wie sehr in solchen Gebilden schlussendlich die Macht und weniger das Recht eine Rolle spielt. Ein Kleinstaat darf sich nicht einer Organisation anschliessen, in der Macht über Recht gesetzt wird, denn der Kleinstaat kann sich lediglich auf das Recht stützen.
EU-Beitritt
Der EU-Beitritt, den Bundesrat und Parlamentsmehrheit - in tragischer Verblendung - anstreben, hätte einen schwerwiegenden Souveränitätsverlust, namentlich einen Eingriff in die Volksrechte und die Abschaffung der Neutralität zur Folge - von den konkreten Nachteilen, wie beispielsweise den schwerwiegenden finanziellen Verpflichtungen, der Gestaltung der Steuern durch die EU, der Uebernahme der EU-Landwirtschaftspolitik, der Abschaffung des Bankgeheimnisses, der vollständigen Uebernahme der Verkehrspolitik bis zur Regelung und Vereinheitlichung im täglichen Leben gar nicht zu sprechen. Wie sehr auch hier mit der Macht gespielt wird, ersehen Sie aus dem unglaublichen Vorgehen der 14 EU-Staaten gegenüber dem Kleinstaat Oesterreich: Eine demokratisch gewählte Regierung wird unter fadenscheinigen moralischen Begründungen bedroht, boykottiert und ausgegrenzt. Dies hat sich der Kleinstaat Schweiz vor Augen zu führen. Auch hier gilt: Macht und Recht sind zwei Paar Schuhe. Der Weg der Macht ist oft einfacher als derjenige des Rechtes, aber nur letzterer steht dem Kleinstaat zur Verfügung. "Drum prüfe, wer sich ewig bindet!" Die SVP sagt deshalb schon in ihrem Parteiprogramm klar Nein zum EU-Beitritt.
NATO-Beitritt
Wir treten klar für die dauernd bewaffnete Neutralität ein. Die dauernd bewaffnete Neutralität ist einer der wesentlichen Gründe, der es unserem Land während 200 Jahren ermöglicht hat, sich aus all den Kriegen mit fremden Mächten fernzuhalten. Auch deshalb hat die SVP einen EU-Beitritt abzulehnen. Aber ebenso konsequent den Beitritt zur NATO.
Bilaterale Verträge
Meine Damen und Herren, die Schweiz ist gut damit gefahren, sich weltoffen zu verhalten, ohne sich in Machtstrukturen einbinden zu lassen. Weltoffenheit ohne Fesseln - das ist der richtige Weg. Er garantiert Handlungsfreiheit und verhindert, dass Machtübergriffe durch fälschlicherweise eingegangene Bindungen als rechtens erklärt werden. Die Probleme zwischen Staaten lösen wir mit Verträgen. Gerade mit den EU-Staaten und mit der EU selbst besteht eine Vielzahl von Verträgen, Abkommen, Regelungen, Absprachen usw. Man nennt das heute bilaterale Verträge, was nichts anderes heisst als zweiseitige Verträge. Um solche Verträge geht es heute.
Bilaterale Verträge haben nicht die schwerwiegenden Folgen eines Kolonialvertrages wie des EWR, weil die EU-Staaten kein künftiges Recht für unser Land setzen, aber auch nicht die gravierenden Einbindungsfolgen in eine EU. Ob die Verträge gut oder schlecht sind, hat man am Inhalt zu prüfen. Es ist zu fragen, ob wir eine Verkehrs-, Personenfreizügigkeits-, Landwirtschafts-, Wirtschafts- oder andere Politik machen wollen, so wie dies die Verträge vorsehen.
Eines steht fest: Bilaterale Verträge abzuschliessen, macht nur Sinn, wenn man der EU nicht beitreten will. Durch die Weigerung des Bundesrates, nach dem EWR-Nein vom erklärten Ziel des EU-Beitrittes Abstand zu nehmen, ist die Schweiz in ein schiefes Licht geraten. Was will der Bundesrat jetzt eigentlich? Will er in die EU oder will er nicht? Gibt es ein achtjähriges Moratorium, wie dies Bundesrat Couchepin ankündigte und dann unter Druck des Gesamtbundesrates zum Missverständnis erklären lassen musste? Warum zieht der Bundesrat das EU-Beitrittsgesuch nicht zurück? Es sind der Fragen viele und sie fördern die Glaubwürdigkeit in unsere Aussenpolitik nicht. Es ist eine grosse Tragik, dass der Bundesrat mit der EU bilaterale Verträge aushandelte und ihr gleichzeitig stets den Beitrittswillen bekundete. Damit fehlte es der Landesregierung an Kraft, der EU die Bedeutung der schweizerischen Souveränität und Neutralität glaubwürdig zu vermitteln. Und dadurch fehlte eben auch die Kraft, all den Nachteilen, welche die EU der Schweiz überbinden wollte, wirksam entgegenzutreten. Der Nichtrückzug des EU-Beitrittsgesuches nach der für die Regierung verlorenen EWR-Abstimmung war eine Schwächung der Schweiz. Darum hat die SVP diesen Rückzug stets gefordert.
Ob Sie - meine Damen und Herren - diesen Vertragswerken zustimmen wollen oder nicht, haben sie heute frei zu entscheiden, was Sie - wäre die Schweiz Mitglied der EU - nicht tun könnten. Es geht heute nicht um die grosse Frage der Preisgabe von Souveränität und Neutralität, sondern darum, ob Sie die Politik, die diese Verträge unserem Land auferlegen, mit all ihren Vor- und Nachteilen akzeptieren wollen oder nicht.
Ich verzichte darauf, die Vor- und Nachteile dieses Vertrages hier zu behandeln. Die Mehrheit unserer Fraktion hat zwar zu den Verträgen Ja gesagt, aber die Mehrheit der flankierenden Massnahmen abgelehnt. Ich persönlich lehne nicht nur die unbefriedigenden flankierenden Massnahmen, sondern auch die Verträge ab, weil sie meiner Meinung nach zu einer Schwächung des Wirtschaftsstandortes Schweiz und zu einer Zunahme der Arbeitslosigkeit führen sowie ein finanzielles Abenteuer bedeuten. Gleichzeitig habe ich aber auch erklärt, dass ich weder für ein Referendum noch für den Abstimmungskampf zur Verfügung stehe, weil bei weiteren Verhandlungen durch den Bundesrat, der in die EU will, kein besseres Resultat erzielt würde.
Ich freue mich, dass Pro und Kontra dieser Verträge heute durch SVP-Delegierte behandelt werden. Die Behandlung hebt sich wohltuend vom Vorgehen der anderen Regierungsparteien ab. Dort wurden die Vor- und Nachteile nicht hinterfragt, sondern eine Zustimmung zelebriert, ganz so, als wären Parteitage Versammlungen von blökenden Schafen!
11.04.2000
11. April 2000
Die schweizerische Landwirtschaftspolitik ist für die Schweiz, für die Allgemeinheit, von Bedeutung. Die Landwirtschaftspolitik hat folgende Ziele:
- Bebauung des Landes, damit das Land nicht vergandet
- Dezentrale Besiedlung des Landes
- Landesversorgung sicherstellen
Für diese Leistung zum Allgemeinwohl muss der Bauer abgegolten werden. Direktzahlungen sind für die Abgeltung einer Leistung, die man zum Allgemeinwohl erbringt und nicht für die Einkommenssicherung. Direktzahlungen sind keine Sozialleistungen. Der Bauer ist kein Almosenempfänger. Er erbringt eine Leistung. Darum trete ich für die Direktzahlungen ein. Als Sozialleistung sind die Direktbeiträge des Bauern unwürdig!
11.04.2000
Interview für das Bündner Tagblatt vom 11. April 2000
Interview: Christian Buxhofer
Herr Blocher, mehrere Medien, darunter auch das BT, haben in den letzten Tagen behauptet, Sie wollten die Direktzahlungen in der Landwirtschaft abschaffen. Was ist wahr an diesen Behauptungen?
Blocher: Diese Behauptung wurde nicht von Zeitungen in die Welt gesetzt, die sich bei mir erkundigt haben. Die Fehlmeldung beruht auf meiner Aussage, dass Direktzahlungen nicht für die Einkommenssicherung bestimmt sein dürfen. Nicht Direktzahlungen als solche sind falsch, sondern ihre Verwendung zur Einkommenssicherung.
Aber ganz aus der Luft gegriffen scheint die Behauptung nicht zu sein. Wie beurteilen Sie den Sinn und Zweck von Direktzahlungen?
Blocher: Die Landwirtschaft liegt im öffentlichen Interesse. Die Landwirtschaftspolitik hat dafür zu sorgen, dass die Bauern diese Leistungen - nämlich die "Bebauung" des Landes (gegen Vergandung), die dezentrale Besiedlung des Landes und die minimale Selbstversorgung der Schweiz - sicherstellen. Dafür ist der Bauer u.a. mit Direktzahlungen abzugelten. Das ist die Entschädigung für eine Leistung, die der Bauer erbringt. Daher bin ich stets für diese Zahlungen eingetreten und habe als Nationalrat auch dafür gestimmt. Aber: Die Direktzahlungen sind keine Sozialleistungen, keine Einkommenssicherung! Dieser Zweck wäre für den Bauern unwürdig! Der Bauer ist ein Unternehmer, der eine Leistung erbringt, für die er zu bezahlen ist! Direktzahlungen dürfen nicht zur Sozialhilfe degradiert werden.
Wie sollten Direktzahlungen nach Ihrer Auffassung geregelt sein? Welchen Zweck sollten sie haben?
Blocher: Direktzahlungen sind für die Bewirtschaftung der Flächen auszurichten. In ungünstigen Lagen - z.B. im Berggebiet - müssen diese höher sein als im Flachland. Darüber hinaus soll der Bauer - möglichst ohne eine Vielzahl regulierender Bestimmungen - das Produkt erzeugen können. Dies als Unternehmer und nicht als staatlicher Landschaftsgärtner!
Was läuft Ihrer Meinung nach derzeit mit der schweizerischen Agrarpolitik schief? Auch zuviel Staat und Sozialismus?
Blocher: Ja, viel zu viele Regulierungen für die Bauern. Man traut dem Eigentümer - dem Bauern - nichts zu. Es ist das typische Misstrauen, das dem überbetonten staatlichen Denken eigen ist. Der Staat muss die Bewirtschaftung des Landes, das Bebauen des Landes im Interesse der Allgemeinheit durch Abgeltung interessant machen. Früher wurde der Bauer allein über die staatlich regulierten Absatzpreise für die Leistungen zugunsten des Allgemeinwohls entschädigt. Heute werden Direktzahlungen in den Vordergrund gestellt, aber mit zu vielen Regulierungen. Meines Erachtens genügen einfache Schutzvorschriften bezüglich Landwirtschaft und Umweltschutz. Für die Produktion sollten dann unternehmerische Gesichtspunkte und viel Freiheit im Vordergrund stehen.
Welche wirtschaftliche und politische Bedeutung messen Sie der einheimischen Landwirtschaft zu?
Blocher: Die Landwirtschaft ist für die Erhaltung des Bodens, die dezentrale Besiedlung und die Nahrungsmittelerzeugung von grosser Bedeutung. Sie ist ein wichtiger Wirtschaftszweig.
Würde sich die Schweiz nicht in eine gefährliche Abhängigkeit von den internationalen Agrarmärkten begeben, wenn sie ihre eigene Landwirtschaft preisgäbe?
Blocher: Weil man die Landwirtschaft nicht preisgeben kann, kann man sie nicht der freien Marktwirtschaft unterstellen. Das ist aber auch in keinem anderen Land der Fall - nicht einmal in den USA. Im obgen genannten Sinne muss aber dem Bauern - neben der Abgeltung der öffentlich erbrachten Leistung - möglichst viel unternehmerischer Freiraum gewährt werden.
Sie haben ursprünglich den Bauernberuf selbst erlernt. Was für ein Verhältnis hat der ehemalige Bauernstift und spätere Gutsbesitzer heute zur Landwirtschaft?
Blocher: Ich bin von Beruf Bauer. Da mein Vater leider keinen Bauernhof hatte und ich kein Geld, um einen zu kaufen, musste ich - damals zu meinem Leidwesen - eine andere Beschäftigung wählen. Bis vor einigen Jahren hatte die EMS-CHEMIE eigene Bauernhöfe. Heute haben wir das Land in Domat/Ems im Baurecht an den Golfplatz abgetreten. Das restliche Land haben wir entweder veräussert oder verpachtet. Meine heimliche Liebe gehört immer noch der Landwirtschaft, auch wenn ich nicht Gutsbesitzer bin. Unser Unternehmen hat seinerzeit die "Bündner Stiftung für junge Bergbäuerinnen" gegründet und dotiert sie heute noch. Sie trägt noch heute dazu bei, dass zahlreiche Bauernfamilien im Kanton Graubünden, die eine bedeutende gemeinwirtschaftliche Leistung erbringen, einen guten Start haben.
03.04.2000
Documento per la conferenza stampa del 3 aprile 2000
Appello ai socialisti di tutti i partiti
Consigliere nazionale Christoph Blocher
In occasione del congresso Albisgüetli dell'UDC del Cantone Zurigo, tenutosi il 21 gennaio 2000, ho preso posizione sull'intento della sinistra politica, culturale e sociale - situazione in atto da diversi mesi - di voler relegare a movimento fascista gran parte della popolazione svizzera. A quei socialisti che parlano tanto disinvoltamente di fascismo avevo chiesto di rendersi conto che con la loro beatificazione dello Stato onnipresente, con l'accentuazione eccessiva del collettivo e con la violazione della libertà del singolo individuo erano ben più vicini alla concezione che il mondo ha del fascismo che non l'UDC. Come conseguenza, il PSS ha tentato di ostacolare - attraverso minacce e ultimatum - un dibattito sui valori reali alla base del socialismo e sul totalitarismo del secolo appena trascorso. Ciò che a prima vista può essere considerato un batti e ribatti politico tra l'UDC e il PSS, costituisce in realtà un importante chiarimento di fondamentali posizioni politiche e sociali.
In un appello fondamentale ai socialisti di tutti i partiti dal titolo "Libertà al posto di socialismo" approfondisco le mie affermazioni fatte in occasione del congresso Albisgüetli. Evidenzio come le radici ideologiche comuni di nazionalsocialismo e socialismo andavano ricercate nei seguenti obiettivi: un potere possibilmente illimitato dello Stato in ogni settore della vita (statalismo), l'accentuazione eccessiva della collettività (collettivismo) e la violazione della libertà delle singole persone (antindividualismo, antiliberalismo). Contrariamente al totalitarismo bruno e rosso, chiediamo libertà al posto di repressione, democrazia invece di dittatura, economia di mercato al posto di economia pianificata, concorrenza tra più partiti invece di un sistema a partito unico, stato di diritto al posto di terrore, libertà di pensiero al posto di censura.
Sia il nazionalsocialismo, sia il fascismo sono stati vinti militarmente e, quindi, banditi legalmente. Il socialismo, invece, ha vissuto solo una bancarotta sul fronte economico e intellettuale e può dunque risorgere in ogni momento e dappertutto. Contrariamente alle atrocità commesse dai nazisti, quelle dei regimi socialisti, con i suoi 100 milioni di morti, sono conosciute solo a una piccola parte dell'opinione pubblica. E questo benché diversi grandi pensatori del 20° secolo avessero già analizzato seriamente le radici comuni del totalitarismo di entrambi i terribili sistemi. Le reazioni dei socialisti a tali riconoscimenti sono stati e sono tuttora sentimenti di rabbia, in quanto è doloroso dover constatare di avere sostenuto o minimizzato un sistema politico che ha numerosi punti in comune con il nazionalsocialismo.
Negli ultimi tempi, sotto la guida di teorici di sinistra, il PSS si è allontanato sempre più dai principi riformatori della socialdemocrazia trasformandosi in un partito socialista a tutti gli effetti. Contrariamente alla socialdemocrazia britannica o tedesca, questo partito è molto meno disposto a intraprendere nuove vie più moderne. Il suo programma di partito del 1982, con la sua richiesta di "superamento del capitalismo", è tuttora in vigore. Si tratta di un aspetto alquanto inquietante, poiché senza proprietà privata e senza libero mercato non vi è né libertà per i cittadini, né benessere, né sicurezza sociale.
Agli inizi del 1937, la "Neue Zürcher Zeitung" riportava: "L'antifascismo dei comunisti e l'anticomunismo dei fascisti - in fin dei conti si tratta di una lite di famiglia nell'ambito del settore totalitario del mondo". Che il PSS sia rimasto immune alle cause fatali del fascismo, del nazionalsocialismo e del socialismo - l'"anticapitalismo" e i sentimenti rivoluzionari e antidemocratici, come vuole darci a intendere, è una storiella ben orchestrata dalla sinistra. Negli anni Ottanta il PSS cercò la vicinanza delle dittature socialiste dell'Europa orientale, fino al crollo die regimi nel 1989. Oltre al collettivismo e all'onnipotenza dello Stato, la causa del terrore seminato dal nazionalsocialismo e dal socialismo parte da un'immagine pessimistica dell'uomo, stando alla quale l'uomo è troppo debole per provvedere a sé stesso, e ha bisogno di una costante assistenza possessiva dello Stato. L'economia dirigista e il centralismo rappresentano insieme mali fondamentali tanto quanto la solidarietà prescritta dall'alto. Occorre rimanere all'erta, in quanto anche la politica svizzera mostra crescenti tendenze verso il totalitarismo: l'indottrinamento della propaganda di Stato fa scuola anche nel nostro Paese, mentre la richiesta di un "primato della politica" non lascia più spazio privato al singolo individuo. La proposta presentata recentemente al Consiglio nazionale in merito alla creazione di un'istanza pubblica che esamini la veridicità e la falsità degli argomenti presentati nelle campagne elettorali, ricordano il "ministero della verità" totalitario descritto da George Orwell.
Negli ultimi vent'anni il nostro Paese si è gradatamente allontanato dalla via della libertà per incamminarsi sempre più su sentieri socialisti. Oltre a riconsiderare il passato della loro ideologia e le sue radici comuni con altre correnti totalitarie, i socialisti di tutti i partiti sono chiamati a occuparsi della questione di come sarà il socialismo del futuro. Alle soglie del 21° secolo occorre liberarsi, in qualità di uomini liberi in una società democratica retta dell'economia di mercato, da quel socialismo che prova disprezzo per l'umanità. Il nostro Paese non deve farsi integrare in un'Unione europea dalle strutture prevalentemente socialiste, bensì tornare a essere un modello del liberalismo grazie alle prestazioni straordinarie dei nostri cittadini e, quindi, a un caso speciale. In tal modo torniamo al concetto fondamentale dello Stato svizzero: la libertà!
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