Testi

Immigrazione

25.11.2012

Keine Fahnenflucht

Artikel SonntagsZeitung vom 25. November 2012 von Reza Rafi zum Thema 20 Jahre EWR/EU-Nein

03.10.2012

Aufgalopp gegen den «schleichenden EU-Beitritt» – Blocher warnt und kämpft

Artikel in der NZZ vom 3. Oktober 2012

11.05.2012

Der schwarze Montag

Zitate von Herr Dr. Blocher für ein Interview mit der Handelszeitung … Im Verlauf des Tages war durch eine Indiskretion bekannt geworden, dass der Bundesrat an einer Sitzung beschlossen hatte, bei der Europäischen Union (EU) ein Gesuch um die Aufnahme von Beitrittsverhandlungen zu stellen. Christoph Blocher: «Damit hat die Landesregierung offen ausgesprochen , dass der Beitritt zum EWR nur ein erster Schritt auf dem Weg zur EG-Mitgliedschaft sein könnte. Otto Fischer und ich sahen plötzlich eine geringe Chance, dass Volk und Kantone den EWR-Beitritt ablehnen könnten». …. Unbestritten ist, dass der EWR/EU-Beitritt den Aufstieg der SVP in den 1990er Jahren massiv gefördert hat. «Damit war klar: Man hatte über die Unabhängigkeit unseres Landes abzustimmen », sagt Christoph Blocher. Nur wie ist die Rekordstimmbeteiligung vom 6. Dezember 1992 zu erklären. Mit ihrem Widerstand sei es der SVP gelungen, sich gerade in den konservativen Kantonen der Innerschweiz und der Ostschweiz, wo sie bis dahin praktisch nicht existent war, als die Partei zu profilieren, «welche für die Erhaltung der schweizerischen Souveränität kämpft».

07.05.2012

Die Schweiz als Kolonie der EU

Interview mit der Neuen Zürcher Zeitung vom 7. Mai 2012 mit Herrn Michael Schönenberger Die bürgerliche Zusammenarbeit liegt im Interesse der SVP, sagt Christoph Blocher. Kompromissbereiter will er aber nicht werden. Der Kurs sei zu halten. Herr Blocher, die bürgerliche Zusammenarbeit besteht nur noch auf dem Papier. Dadurch kommt es im Parlament oft zu anderen Mehrheiten. Wann ändert sich das wieder? In Bern regiert jetzt Links! Wir sind an einer Zusammenarbeit mit mehr oder weniger Gleichgesinnten interessiert. In der Asyl- und Ausländerpolitik sieht es momentan etwas besser aus, auch in der Sozialpolitik. Aber in der EU-Politik erkenne ich noch keinen Durchbruch. Vor den Wahlen sprachen sich FDP und CVP zwar gegen den EU-Beitritt, gegen die automatische Rechtsübernahme und gegen eine europäische Gerichtsbarkeit aus. Bei der Legislaturplanung letzte Woche zeigte sich das Gegenteil: Nur die SVP anerkennt noch die Unabhängigkeit der Schweiz und die eigene Gerichtsbarkeit als Schranke in der Aussenpolitik. 
Nicht einmal die Verluste in den Wahlen haben Sie nachdenklich gestimmt? Doch schon. Aber auch wenn die SVP etwas weniger provokativ sein sollte, wird sie die Schweiz nicht opfern. 
Kommen wir also zur Sachpolitik. Die Schweiz ist international unter Druck. Müsste sie nicht den Ausgleich suchen? In untergeordneten Dingen ja, bei den Staatssäulen nein. Dem Druck ist zu widerstehen, denn es geht um Freiheit und Unabhängigkeit: Die Schweiz braucht mehr Selbstbestimmung, und nicht mehr Integration in die EU, so insbesondere bei der Personenfreizügigkeit, Schengen, der Wahrung des Bankgeheimnisses und der Steuersouveränität. Der dauernde Bückling führt dazu, dass die Säulen, die unser Land stark gemacht haben, eingerissen werden. Bereits wollen die inländischen Steuervögte die Privatsphäre der Bürger unterlaufen. Die SVP wird dies alles nicht zulassen können. Die EU will keine weiteren sektoriellen Abkommen schliessen. Die SVP bietet keine Lösung für dieses Problem. Oh doch! Wir brauchen zur Zeit keine neuen Abkommen mit der EU. Auch das Stromabkommen ist nicht überlebenswichtig. Massgebend ist aber eine sichere, kostengünstige, bedarfsgerechte Energieversorgung. Die angesagte „grüne Energiepolitik“ führt die Schweiz wirtschaftlich ins Nichts. Ohne Kernenergie wird es nicht gehen. 
Für die Wirtschaft sind funktionierende Verträge mit der EU zentral. Soweit sie zentral sind, haben wir sie. Sie sind auch in höchstem Interesse für die EU. Leider verteidigen auch die Wirtschaftsverbände die für die Wirtschaft bedeutende Unabhängigkeit und Freiheit nicht mehr. Sie denken wie Manager und nicht wie Unternehmer. Sie sehen nur die nächsten fünf Jahre, nicht die Schweiz als solche. 
Dann lehnt die SVP auch den sogenannten Mustervertrag ab? Musterverträge, die auf die automatische Rechtsübernahme und fremde Richter fixiert sind, sind abzulehnen. Denn de facto machen sie die Schweiz zur Kolonie der EU, d.h. die Schweiz würde sich selbst abschaffen.

22.12.2011

Pronti a un controllo costruttivo con referendum e iniziative

Intervista, Il Corriere del Ticino, 22 dicembre 2011, Davide Vignati L’UDC denuncia la fine della concordanza, ma per ora non va all’opposizione. L’epilogo del consociativismo elvetico è solo rimandato? «A quanto pare c’è chi ha interesse che si vada in questa direzione. Non è certo il nostro obiettivo, ma oggi ci ritroviamo con un Governo di centro-sinistra che ha voluto letteralmente marginalizzare l’UDC, ignorando la volontà espressa da più di un quarto degli elettori del nostro Paese. Non possono venirci a dire che è colpa nostra perché non presentiamo candidati eleggibili. Con Bruno Zuppiger è purtroppo andata male, ma Hansjörg Walter era il candidato della sinistra e malgrado lo abbiamo presentato all’Assemblea federale non è stato eletto. Non nascondiamoci dietro un dito: gli altri partiti non vogliono più l’UDC in Governo, siamo scomodi per loro, ed hanno fatto di tutto affinché non riottenessimo il secondo seggio. Il sistema di concordanza è morto e la stabilità del Paese ne risente». Perché dunque mantenere Maurer in Governo e preannunciare una nuova offensiva con referendum ed iniziative? Inaugurate la «semi-opposizione»? «Il sistema politico svizzero non è ancora pronto per un modello maggioranza-opposizione come c’è invece negli altri paesi. Inoltre con il Consigliere federale Maurer potremo esercitare un controllo costruttivo sull’esecutivo. Dal momento che non ne facciamo parte a pieno titolo, potremo permetterci di criticare apertamente l’esecutivo. Nella prossima legislatura ci sentiremo insomma liberi di attaccare il Governo, specie con gli strumenti della democrazia diretta per correggere le scelte sbagliate. Dobbiamo far fronte ad un’enorme calamità, quella dell’immigrazione e della crisi dell’Ue. Con la libera circolazione abbiamo perso il controllo degli arrivi nel nostro Paese, che sono destinati a crescere esponenzialmente vista la situazione dei paesi che ci circondano. Purtroppo solo l’UDC si sta battendo affinché si affronti seriamente questa emergenza, gli altri partiti e il Governo non sono credibili su questo dossier». Se questa è la vostra priorità, perché Maurer non ha esercitato il proprio diritto di prelazione per dirigere il Dipartimento di Sommaruga? «Sarebbe stato uno sbaglio. Ueli Maurer è da solo in Governo. Se ora fosse in un nuovo dipartimento, qualsiasi proposta portasse al collegio verrebbe messa sistematicamente in minoranza. Al militare, invece, la sua posizione è più solida. Ha cominciato molto bene, il dipartimento a poco a poco si sta riorganizzando, e sono sicuro che se resta al suo posto anche per i prossimi quattro anni l’esercito tornerà nuovamente ad un buono stato di efficienza. Non dimentichiamo che quando è entrato nel Consiglio federale il Dipartimento della difesa era, a dir poco, in condizioni miserabili ». Come spiega allora questo ostracismo da parte degli altri partiti? Invero sono pochi i dossier sui quali l’UDC si è mostrata disponibile al compromesso... «Noi siamo sempre stati aperti al dialogo con tutte le forze politiche, non siamo così settari da temere i contatti con gli altri. In meno di vent’anni il nostro partito ha saputo crescere dal 10-11% di consensi al 26-27%, mentre gli altri hanno continuato a perdere voti. Con le elezioni di quest’anno, PLR e PPD sono scesi ai minimi storici dal 1919, quando è stato introdotto il sistema proporzionale, e anche il PS ha ottenuto uno dei suoi peggiori risultati. Anche noi abbiamo conosciuto una flessione, ma è però da vent’anni che stiamo crescendo ininterrottamente, e questo perché siamo i soli a batterci contro l’adesione all’Ue. E la Storia ci ha dato ragione. È incredibile e politicamente poco serio se si pensa che il solo partito svizzero che ha portato avanti questa posizione, alla quale oggi si accodano anche gli altri partiti, è stato marginalizzato in Parlamento e nel Governo». In pochi però credo abbiano compreso perché il 14 dicembre abbiate attaccato il PLR, giocandovi così il vostro solo alleato. L’UDC ha scelto l’Alleingang per la prossima legislatura? «L’UDC cammina da sola già da tanto tempo. Noi siamo chiaramente un partito di destra, mentre il PLR si è spostato al centro. Evidentemente ci sono degli interessi comuni, come pure delle necessità di alleanza a fini elettorali. Ma il PLR ha avuto un atteggiamento che definirei settario, sbandierando posizioni ideologiche che non gli consentirebbero alcuna congiunzione di liste con l’UDC. Ognuno ha le sue strategie, ma bisogna badare all’interesse della cosa pubblica e non solo alle scadenze elettorali. Insieme potremmo far abbassare le imposte, rafforzare il fronte contro l’adesione all’UE, promuovere la piazza economica elvetica per creare nuovi posti di lavoro. Insomma, lavorare insieme per consolidare un ordine liberale in questo Paese. Ma per fare questo abbiamo bisogno di più mandati politici e senza congiunzioni di liste sarà difficile. Correndo soli noi abbiamo perso otto poltrone. Se ci fossimo potuti alleare con il PLR avremmo alcuni seggi in più, specie nel Consiglio degli Stati. L’elezione del Canton Vaud la scorsa settimana è solo l’ultimo episodio. Noi avremmo fatto più che volentieri un’alleanza e l’avremmo spuntata senza problemi sull’esponente ecologista. Invece ora una nuova maggioranza di sinistra guida il più grande Cantone romando. È stata una scelta del PLR. I liberali preferiscono andare col centro-sinistra piuttosto che con l’UDC». Qual è la sua lettura della vostra sconfitta elettorale? «Ci sono più fattori che hanno contribuito al nostro risultato elettorale. Prima di tutto partivamo da un successo nel 2007 difficilmente ripetibile. In secondo luogo, sulla scena politica si sono affacciati due nuovi partiti, i Verdi liberali e il PBD, che hanno sottratto voti ai partiti tradizionali. Approssimativamente direi che metà dei loro elettori proviene dai partiti di centro, PLR e PPD, e l’altra metà è stata pescata nell’UDC e nel PS. È un processo normale, lo abbiamo già visto più volte in passato, nel ‘67 coi democratici svizzeri, poi sono arrivati i Verdi, poi il Partito dell’auto e via dicendo. Da sempre le nuove forze politiche sottraggono consensi a quelle tradizionali. L’obiettivo principale dell’UDC per le elezioni non era comunque una nuova crescita percentuale, bensì una maggior rappresentanza agli Stati, questo sì, per cercare di far cambiare rotta al Parlamento. Non siamo riusciti nel nostro intento, e questo era prevedibile, anche perché in molti Cantoni gli altri partiti si sono coalizzati contro di noi. Dopo una crescita continua negli ultimi due decenni, una flessione era comunque da mettere in conto. E potrebbe anche rivelarsi un aspetto positivo». Perché positivo? L’UDC pare alle prese con una contestazione interna senza precedenti. «Perché il partito ora è costretto a reagire. Molti miei colleghi sono giunti a Berna nei vagoni letto, vale a dire troppo comodamente, senza sudarsi il seggio. Quando una forza politica ha molto successo, diventa un polo d’attrazione per molte persone, che vi scivolano dentro facilmente e vengono elette senza grosse difficoltà. Ora però non si può più dormire sugli allori. Molte sezioni hanno cominciato a formulare critiche dopo il risultato elettorale. Chiedono qualcosa di nuovo, il partito ne dibatterà al suo interno nei prossimi mesi, e questa dialettica interna secondo me non può che rafforzare l’UDC». Le critiche però sono state rivolte anche alla dirigenza, sono diversi i deputati che hanno contestato la vostra strategia e c’è anche chi vorrebbe che vi faceste da parte. «Mi scusi, ma devo precisare che nessuno è venuto a criticarmi personalmente. Ho sentito e letto critiche nei media, ma nessuno è venuto a dirmi nulla. Sicuramente qualche critica c’è stata, ma è anche vero che dal 23 ottobre i giornalisti inseguono col microfono tutti i membri del gruppo ponendo sempre la stessa domanda. Se il mio ruolo nel partito viene messo in discussione, io non ho nessun problema a farmi da parte. Non cerco a tutti i costi una riconferma del mandato alla vicepresidenza. Ho sempre detto che se il partito ha bisogno di me, allora mi metto a disposizione. Ma se il partito da qui a maggio deciderà che è meglio che lasci la direzione, allora mi farò da parte. Personalmente sento che per me non è ancora tempo di fare bilanci di chiusura. Sono appena stato eletto in Consiglio nazionale, il mio mandato dura ancora quattro anni. E le dirò anche che con i tempi che corrono l’UDC è sempre più necessaria al Paese».